Senza la minima volontà di "assolvere" o peggio
"mitizzare" due dittatori, possiamo sicuramente affermare che
l'immagine che hanno di loro i cittadini occidentali - costruita attraverso la
propaganda mediatica - è senza dubbio peggiore di quella reale.
Premesso che per giudicare un governo è necessario
'contestualizzare', cioè tenere in considerazione la situazione socio-politica,
culturale ed economica del posto, possiamo affermare con tranquillità che le
condizioni di vita in Iraq e in Libia, quando i paesi erano gestiti dai due
dittatori erano molto migliori di quanto comunemente ed erroneamente creduto.
In entrambi i paesi c'era un certo grado di benessere ed era presente un
discreto welfare; infatti erano benvoluti dalla maggioranza dei cittadini.
Proprio per questo motivo Bush "senior", durante la
prima guerra del golfo, rinunciò a far cadere il regime; le truppe americane
arrivarono alle porte di Baghdad, ma gli fu ordinato di non entrare nella Capitale.
L'intelligence USA fermò il presidente, in quanto se avesse destituito Saddam,
la situazione sarebbe diventata ingestibile; l'ostilità del popolo iracheno gli
avrebbe impedito di coltivare i propri interessi e di imporre un "governo
fantoccio". Decisero pertanto di "sfiancare" la popolazione
irachena con un lungo embargo, che bloccò l'economia irachena e isolò il paese,
dove erano introvabili persino specialità medicinali di prima necessità. Pur di
far perdere consensi a Saddam gli USA non hanno avuto remore nell'imporre un
embargo che è costato la vita a moltissimi cittadini, tra cui
bambini.
Con Saddam, un mosaico di popoli di differente etnia e religione
conviveva pacificamente, così come Gheddafi riusciva a tenere a freno i
fanatismi. Sia in Iraq che in Libia la popolazione godeva di un certo grado di
libertà, più di quanta ce ne fosse in altri paesi islamici.
Uno degli episodi per cui è noto Saddam, è l'uso
di armi chimiche contro il popolo curdo iracheno, che
nel 1988 costò la vita a 5.000 persone. Un episodio che conosciamo
marginalmente e che non abbiamo approfondito abbastanza da poter esprimere un
giudizio in merito, ma c'è da rilevare che cercando sul web, si scopre
che c'è chi sostiene che non fu Saddam ad usare il gas. E'
quanto emergerebbe da un rapporto dell'USAWC
sarebbe stato insabbiato. In lingua inglese è disponibile molto più materiale
in merito.
Come premesso, ci asteniamo da esprimere giudizi, ma alla luce
delle recenti manipolazioni e montature, sia circa gli accadimenti in Ucraina
che in Siria, dove
Assad è stato accusato falsamente proprio di aver usato armi chimiche, se
ciò fosse vero non ci sorprenderemmo. Anche le circostanze alimentano i dubbi. Se
Saddam fosse stato accusato di aver usato le armi chimiche in guerra, sarebbe
stato diverso; ma secondo le accuse le avrebbe usate "per
ritorsione", un motivo piuttosto "futile" per decidere di
mettersi contro l'intera comunità internazionale. Così come Assad sarebbe stato
un pazzo se avesse usato armi proibite, in un contesto dove sapeva bene che gli
USA non aspettavano altro che un buon motivo per bombardarlo...
Ma torniamo alle "condizioni di vita" in Iraq e in
Libia durante i regimi di Saddam e Gheddafi. Di seguito vi proponiamo
alcuni articoli che riteniamo essere interessanti...
- - - - -
CONTROSTORIA DI SADDAM
HUSSEIN
Di Leonardo Olivetti
Quando si parla dell’Iraq contemporaneo non si può fare a meno di
pensare alla controversa figura di Saddam Hussein. Il Raìs iracheno
è uno dei massimi oggetti di demonizzazione dell’Occidente, accusato di ogni
sorta di crimine e usato come archetipo della tirannide. Ma alle costruzioni
propagandistiche degli agiografi dell’imperialismo americano, non corrispondono
i fatti; Saddam Hussein fu uno dei più geniali e lungimiranti leader
mediorientali degli ultimi anni, capace di guidare un paese dalla rovina alla
prosperità, di non arrendersi alle minacce e all’arroganza stranieri, per nulla
responsabile di quelle “atrocità” tanto vilmente accostate alla sua figura.
Quando Saddam Hussein prese in mano le redini del paese
mediorientale, aveva di fronte a sé una situazione molto deteriorata, insicura
e sottosviluppata economicamente, culturalmente e socialmente. Il Raìs iracheno
risollevò l’Iraq dalla miseria, creando un regime prospero e culturalmente
avanzato. L’alfabetizzazione, nel 1973, era solo il 35%; solo nove anni più
tardi, le Nazioni Unite dichiararono l’Iraq “libero dall’analfabetismo”, con
una popolazione alfabetizzata superiore al 90%, ed una percentuale del 100% di
giovani che andavano a scuola. Due anni dopo, nel 1984, le stesse Nazioni Unite
ammisero che “il sistema educativo dell’Iraq è il migliore mai visto in un
paese in via di sviluppo”. Il sistema scolastico iracheno era anche tra i
migliori al mondo per qualità; il tasso di studenti promossi era maggiore che
negli altri paesi arabi, e il governo di Saddam, dal 1970 al 1984, spese solo
per l’educazione il 6% del PIL, pari al 20% del reddito annuo del paese. In
pratica, il governo di Baghdad spese per ogni singolo studente circa 620$, una
cifra altissima per un paese in via di sviluppo. E questo dopo che Saddam
Hussein era l’uomo forte di Baghdad da solo un decennio. Più tardi, dal 1976 al
1986, gli studenti delle scuole elementari crebbero del 30%, le studentesse
femmine del 45%, sintomo della crescente emancipazione femminile, e il numero
delle ragazze che studiavano era il 44% del totale, quasi in parità con il
sesso maschile. Un altro risultato del fervore culturale importante nell’Iraq
di Saddam Hussein è quello ottenuto nell’ambito universitario; l’Università di
Baghdad, fondata nel 1957, ebbe oltre 33 mila studenti tra il 1983 e il 1984,
l’Istituto Tecnico oltre 34 mila, l’Università di Mustansirya oltre 11 mila.
Queste cifre altissime, che manifestano la fioritura culturale dell’Iraq
ba’athista, portarono il New York Times, nel 1987, a battezzare
Baghdad come “la Parigi del Medio Oriente”.
Dal 1973 al 1990 furono costruiti migliaia di chilometri di strade,
si completò l’elettrificazione, e si istituirono un sistema sanitario ed un
sistema scolastico completamente gratuiti. Le infrastrutture in Iraq sono tutte opera della leadership di
Saddam Hussein; la maggior parte degli aeroporti ora operanti in Iraq sono
stati costruiti da Saddam Hussein (l’aeroporto internazionale di Basra, quello
internazionale di Erbil, quello di Baghdad), la maggiore autostrada del paese
(la cosiddetta “Freeway 1”, lunga 1.200 chilometri) fu costruita a partire dal
1990. Saddam Hussein si è reso molto popolare in Iraq anche per i suoi continui
viaggi, negli anni ‛70, in tutto il paese, per assicurarsi che ogni cittadino
avesse a disposizione un frigorifero e l’elettricità, una delle basi ed una
delle più grandi vittorie del Partito Ba’ath in Iraq. La sanità irachena era tra le migliori nella
regione; la mortalità infantile passò da 80 persone ogni 1.000 abitanti nel
1974, a 60 ogni 1.000 nel 1982, fino a 40 ogni 1.000 nel 1989. La mortalità al
di sotto dei cinque anni calò da 120 bambini ogni 1.000 nel 1974, a 60 ogni
1.000 nel 1989. Il sistema sanitario iracheno era anche tra i migliori
qualitativamente: dicono l’UNICEF e l’Organizzazione Mondiale della Sanità che
“a differenza di altri paesi più poveri, l’Iraq ha sviluppato un sistema
occidentale di ospedali all’avanguardia che usa procedure mediche avanzate, e
ha prodotto fisici specialisti”. Prima del 1990, sempre secondo i rapporti
dell’OMS, avevano accesso a cure mediche gratuite e di alta qualità il 97% dei
residenti urbani e oltre il 70% di quelli rurali, percentuali infinitamente
alte se confrontate con quelle di altri paesi in via di sviluppo.
La distruzione dell’Iraq fu decisa al Pentagono e cominciò con le
sanzioni economiche del 1990. Poco si parla degli effetti di queste sanzioni
sul popolo iracheno. Parlando a livello di morti, si potrebbe dire che si
trattò di un vero e proprio genocidio. Nel periodo 1991-1998, a causa delle fortissimi limitazioni
imposte dagli Stati Uniti e del conseguente fallimento dell’economia irachena,
morirono circa mezzo milione di bambini, stima l’UNICEF. E non solo: sempre secondo l’UNICEF a causa
delle sanzioni degli anni ‛90, la mortalità nei primi cinque anni di vita
raddoppiò e raddoppiò anche quella infantile. Bellamy, funzionaria
dell’organizzazione, ha constatato che “se la riduzione della mortalità
infantile che si era verificata negli anni ‛80 fosse proseguita anche negli
anni ‛90, ci sarebbero state mezzo milione di morti in meno”. Può essere
certamente plausibile quanto scrissero John e Karl Müller nel 1999, cioè che le
sanzioni economiche “possono aver contribuito a causare più morti durante il
periodo post Guerra Fredda che tutte le armi di distruzione di massa nel corso
della storia”. La sanità irachena calò in qualità, dicono sempre Müller,
dato che, a causa delle sanzioni, “l’importazione di alcuni materiali
disperatamente necessari era stata ritardata o negata a causa delle
preoccupazioni che avrebbero potuto contribuire ai programmi di armamento di
distruzione di massa dell’Iraq. Forniture di siringhe sospese a causa delle
paure legate alle spore di antrace”. Sempre nel campo medico “le
tecniche medico-diagnostiche che utilizzano le particelle radioattive, una
volta comuni in Iraq, erano vietate per effetto delle sanzioni e i sacchetti di
plastica necessari alle trasfusioni di sangue ristretti”. A definire queste tremende sanzioni come un
“genocidio di fatto” ci ha pensato anche Denis Halliday, coordinatore
umanitario delle Nazioni Unite in Iraq. Questa gravissima tragedia voluta
dall’amministrazione americana, fu, successivamente, anche considerata “giusta”
da Madeleine Albright.
Nella sua più controversa intervista, il 12 maggio 1996, il
Segretario di Stato è intervistato da Lesley Stahl al programma 60
minutes:
- «Abbiamo saputo che mezzo milione di bambini sono morti.
Intendo dire, più bambini di quelli che morirono ad Hiroshima. E, pensa ne sia
valsa la pena?»
- «Pensiamo che sia stato un prezzo giusto da pagare.»
Non contenta dell’apologia di un crimine contro l’umanità, Albright
ha poi accusato l’intervistatrice di “fare propaganda irachena”. E tutti questi
morti e questa miseria per delle armi che Saddam Hussein non aveva mai avuto.
Il primo passo per distruggere il più progredito stato mediorientale si
concluse con un prezzo di vite altissimo, ma non fece crollare l’Iraq
ba’athista.
Saddam Hussein aveva ancora una forte base di potere e godeva di un
ampio sostegno, anche se si è cercato di far credere che fosse “odiato dal
popolo e prossimo al collasso”. Il leader iracheno sapeva bene che con l’inizio
delle sanzioni “era iniziata la madre di tutte le battaglie”, come egli stesso
proclamò al mondo il 17 gennaio 1991. Infatti, senza cedere alle pressioni
americane, egli proseguì la sua battaglia per un Iraq indipendente fino a che
l’America non fu costretta ad intervenire direttamente. Dopo la creazione della fasulla “Asse del
male” iniziò una delle più grandi operazioni di false flag che la storia
ricordi: George W. Bush inventò di sana pianta la storia dei legami con al-Qaida e
delle armi di distruzione di massa, e mentre lanciava assurdi slogan bellici («Saddam
merita questo!»), si creava anche la storia dei “massacri” attribuiti ai
ba’athisti iracheni. Mentre la notizia delle armi di distruzioni di massa si è
oramai rivelata una falsità, diverso è il caso per le notizie dei “massacri” e
dell’uso di armi chimiche di Saddam, che ancora riscuotono un gran successo
mediatico.
Si disse che Saddam Hussein perseguitò i curdi, e, nella sola città
di Halabja, ne fece uccidere 5.000 o più, nel marzo del 1988. Tuttavia furono
ritrovati solo 300 corpi, e la cosa è tutt’altro che sicura; si pensa che la
storia dell’attacco chimico a Halabja sia “ormai appurata”, eppure è l’America
stessa a fornire le prove che scagionano Saddam.
Il Dipartimento di Stato
americano ha mostrato vari rapporti che mostrano che l’Iraq non ha mai
posseduto quel gas, a base di cianuro; in tanti anni, la CIA non aveva mai
reperito questa arma tra gli arsenali iracheni, mentre era presente
nell’esercito iraniano. Il mondo non è mai stato convinto della storia: la CIA,
l’US Army War College, Greenpeace, Stephen Pelletiere
(principale analista della CIA del 1988), Jude Waniski (giornalista e
prestigioso commentatore di notizie economiche), l’Historical Report del
corpo dei Marines hanno tutti accusato l’Iran, ed hanno tutti ritenuto
“infondata” l’accusa rivolta a Saddam Hussein.
Stephen Pelletiere scrisse a tal proposito: «Per quanto ne
sappiamo noi, tutti i casi in cui il gas fu usato corrispondono ad una
battaglia. Queste sono tragedie di guerra. Forse possono esserci
giustificazioni per l’invasione dell’Iraq, ma Halabja non è tra queste», ed
ebbe cura di precisare, nello stesso articolo, che apparve sul New York
Times:
«…la verità è che tutto quello che sappiamo è che i curdi quel
giorno ad Halabja furono bombardati con gas velenoso. Non possiamo dire con
assoluta certezza che furono armi chimiche irachene ad uccidere i curdi. Questa
non è la sola stortura della storia di Halabja.
Io lo so perché, come capo analista politico della CIA sull’Iraq
durante la guerra Iran-Iraq, e come professore al Collegio Militare di Guerra
dal 1988 al 2000, ero a conoscenza di molto del materiale segreto che fluiva
attraverso Washington e che aveva a che vedere con il Golfo Persico. Inoltre
ero a capo di una investigazione militare del 1991 sul come gli iracheni
avrebbero combattuto una guerra contro gli Stati Uniti; la versione segreta di
quel dossier esplorava con dovizia di dettagli l’affare Halabja.
Quello di cui siamo sicuri circa l’uso del gas ad Halabja è che
successe durante una battaglia tra le truppe irachene ed iraniane. L’Iraq usò
armi chimiche per ammazzare gli iraniani che avevano preso la città, che si
trova nell’Iraq settentrionale, non lontano dal confine iraniano. I civili
curdi che morirono ebbero la sfortuna di essere presi in quello scambio. Ma non
erano loro il bersaglio degli iracheni.
Ma la storia si intorbidisce. Immediatamente dopo la battaglia
la DIA investigò e produsse un resoconto segreto, che circolò per conoscenza
tra la comunità dell’intelligence. Quello studio accertò che era stato il gas
iraniano ad uccidere i curdi, non quello iracheno.
L’agenzia trovò che ambedue le parti usarono armi chimiche l’una
contro l’altra nella battaglia di Halabja. Tuttavia lo stato in cui furono
trovati i corpi dei curdi indicava che furono uccisi con un veleno che agiva
sul sangue, cioè un gas a base di cianuro, che si sapeva veniva usato dalle
truppe iraniane. Gli iracheni, che si pensa usassero l’iprite in battaglia, non
erano soliti usare gas che agiva sul sangue, in quel periodo.
È da molto tempo che questi fatti sono di pubblico dominio, ma,
stranamente, ogniqualvolta il caso Halabja è citato, di questo non se ne parla.
Un articolo controverso apparso sul New Yorker lo scorso marzo non faceva alcun
riferimento al resoconto della DIA, né considerava che potesse essere stato gas
iraniano ad aver ucciso i curdi. Nelle rare occasioni in cui se ne parla, ci si
specula sopra, senza prova alcuna, che fosse per favoritismo politico
dell’America verso l’Iraq nella guerra contro l’Iran.»
Secondo la versione suggerita dal New Yorker, e data
per vera da Bush, il generale Alì Hassan al-Majid avrebbe ordinato
all’aviazione irachena di sganciare bombe chimiche su Halabja. Ma Patrick Lang, uno dei maggiori analisti
della DIA (la Defense Intelligence Agency americana), confermò
che i due schieramenti che si contendevano la città, quello iracheno e quello
iraniano, si scambiano bombe chimiche con mortai, e che l’aviazione non fu mai
chiamata in causa. All’inizio, l’intera amministrazione americana accusò l’Iran
della responsabilità, dato che era in corso la guerra Iraq-Iran e gli Stati
Uniti supportavano la prima fazione; tuttavia, quando il nuovo bersaglio
divenne Saddam Hussein, la versione venne stravolta, e fu invece accusato
Saddam Hussein, così da “provare” l’esistenza di armi di distruzione di massa
in Iraq, far approvare le sanzioni, ed avere un qualche motivo propagandistico
per invadere l’Iraq nel 2003.
Nel novembre del 2003, gli Stati Uniti dichiararono che erano stati
rinvenuti 400.000 corpi in fosse comuni dell’Iraq del Sud, da attribuirsi a
Saddam. Ma ci pensò Tony Blair, nel giugno del 2004, a dover ammettere che Bush
“aveva parlato in modo inappropriato”, perché solo 5.000 corpi erano
stati rinvenuti. Solo qualche tempo dopo, altre fonti dimostrarono che erano
dei morti civili causati dall’aviazione statunitense durante l’operazione Desert
Storm nel 1991. Purtroppo tutto questo cadde nell’oblìo, e si decise
di non divulgare più niente su questo argomento.
Saddam Hussein non abbandonò mai il suo popolo come fu detto. Questa operazione propagandistica era volta a
screditare Saddam agli occhi degli iracheni. Si disse che era stato trovato
nascosto in un buco a Tikrit. In realtà questa storia è totalmente priva di
fondamento. Un marine libanese che aveva preso parte all’operazione per
catturare Saddam, Nadim Rabeh, dichiarò nel 2005 (anche se si cercò di coprire
la sua versione) che Saddam fu ritrovato “in una modesta casa di un piccolo
villaggio, non nel buco dove si disse. Lo catturammo dove una feroce
resistenza, e fu ucciso anche un marine sudanese”. Rabeh disse che il Raìs iracheno
in persona aveva iniziato a fare fuoco contro di loro dalla sua finestra, e che
si fermò dopo che gli fu detto di arrendersi perché era circondato. Rabeh disse
anche che “più tardi un team militare di tecnici di ripresa assemblò il film
del buco in cui sarebbe stato catturato che era in realtà un pozzo abbandonato”.
Saddam, al suo processo, espresse una versione che combaciava con
questa. Un colonnello dell’esercito iracheno a riposo che partecipò al processo
disse, sulla sua cattura e sulla sua resistenza attiva:
«La biancheria di Saddam appariva molto pulita dando
l’impressione che egli non avesse potuto stare in un buco. Nel periodo in cui
avevano detto di averlo catturato non vi sono datteri, ma le palme che si
vedevano nei filmati mostratici portavano datteri e questo non è possibile. La
mia casa è nel quartiere di Adhamiya e io ho effettivamente visto Saddam nella
sua ultima famosa apparizione pubblica dopo che Baghdad era già caduta: egli
stava in piedi sul cofano di un’autovettura, sorrideva alla gente intorno a lui
che lo incitava mostrandogli la fedeltà di sempre. Saddam era alla testa delle
truppe durante la battaglia dell’aereoporto. Secondo quello che ho sentito
aveva guidato molti attacchi contro gli americani.»
In realtà, Saddam Hussein combatté fino alla fine, non si arrese né
si nascose, e godette sempre del sostegno del popolo iracheno. Il 9 aprile
2003, conosciuto come il giorno della “caduta di Baghdad”, egli fece la sua
ultima apparizione pubblica, circondato da una folla in delirio, qualche decina
di migliaia di persone che lo sollevò dal tettuccio della sua macchina affinché
potesse parlare alla folla. Parla degli ultimi giorni di Baghdad e del ruolo di
Saddam Hussein anche una ex Guardia Repubblicana, che disse:
«Mentre stavo sparando con i miei compagni, all’improvviso,
trovammo Saddam Hussein con molti dei suoi assistenti dentro l’aeroporto. Fummo
davvero sorpresi perché non ci aspettavamo una simile cosa, ma Saddam venne
avanti e prese un RPG e se lo mise sulle spalle ed iniziò a sparare anche lui.
Ci raccogliemmo intorno a lui e lo pregammo di mettersi da parte e lasciare noi
a combattere perché se fossimo stati uccisi noi eravamo comuni ufficiali, ma se
lui fosse stato ucciso avremmo perso il nostro leader. Saddam si rivolse a noi
e disse, “Ascoltate, io non sono meglio di chiunque tra voi e questo è il
momento supremo per difendere il nostro grande Iraq e sarebbe grandioso essere
ucciso come martire per il futuro dell’Iraq”.»
In un sondaggio del novembre 2006, condotto dal Iraq Centre
for Research and Strategic Studies e Gulf Research Center,
alla domanda se “si stesse meglio con Saddam o ora”, il 90% disse che si
stava meglio meglio prima, e solo il 5% disse di preferire la situazione
odierna. Un vero e proprio plebiscito. Per descrivere l’Iraq invaso dagli yankee,
l’Iraq ipocritamente definito “libero”, non ci sono parole più precise di
quelle usate da Riverbend – Blog da Baghdad:
«Non esiste alcuna maniera per descrivere la perdita di cui
abbiamo fatto esperienza con questa guerra e questa occupazione. Non esiste
compensazione per la densa nube nera di paura che penzola sulla testa di ogni
iracheno. Paura degli americani nei loro carri armati, paura delle pattuglie
della polizia con le loro bandane nere, paura dei soldati iracheni che indossano
le loro maschere nere ai checkpoint.»
Per quanto riguarda il processo di Saddam Hussein, una delle più
grandi finzioni giudiziarie degli ultimi anni, sarebbe fin troppo lungo
elencare gli errori, le mancanze giudiziarie e le assurdità. Basti ricordare
che il primo giudice fu costretto a dimettersi perché permetteva a Saddam di
parlare e sembrava troppo equo, e ne subentrò uno che mostrava una totale
tendenziosità; molte volte Saddam fu allontanato dall’aula senza motivo, gli
avvocati difensori espulsi, testimoni a difesa torturati, furono distrutti vari
video mostrati dalla difesa, ed in soli due giorni la corte disse di aver letto
le 1.500 pagine della deposizione della difesa. La condanna a Saddam Hussein fu
nient’altro che una montatura, un processo politico per liquidare un uomo
scomodo, umiliare fino in fondo quell’implacabile nemico dell’Occidente,
accusato di ogni sorta di crimine e screditarlo agli occhi del suo popolo che,
invece, era ancora affezionato a lui. Delle ottime parole per descrivere
l’ultimo giorno di Saddam Hussein prima della sua impiccagione furono quelle
usate da Malcolm Lagauche: «Oggi, Saddam Hussein è l’uomo più libero
dell’Iraq, nonostante sia dietro le sbarre. La sua mente è limpida e la sua
integrità incredibile. Attende la morte con dignità. Non una sola volta ha
ceduto sotto tortura o pressione. Anche quando gli fu offerta dagli USA una
tessera per “uscire gratis di prigione” se avesse fermato la resistenza, Saddam
rifiutò di capitolare.»
Leonardo Olivetti
Fonte: visto su NOCENSURA del 112 agosto 2014
LA LIBIA DI GHEDDAFI: LA LIBIA CHE NON
SI LEGGE SUI GIORNALI
Testimonianza di un tecnico
ENI (anno 2011)
Sono stato in Libia, da lavoratore, fino al 21 febbraio scorso
quando, costretto dagli eventi, ho dovuto abbandonarla con l’ultimo volo di
linea Alitalia.
Ho avuto modo di conoscere gran parte del Paese, da Tripoli a
Bengasi, a Ras Lanuf a Marsa El Brega a Gadames, non frequentando gli ambienti
dorati, ovattati e distaccati dei grandi alberghi, ma vivendo da lavoratore tra
lavoratori e a quotidiano contatto con ambienti popolari, sempre riscontrando
cordialità e sentimenti di amicizia per certi versi inaspettati e sorprendenti.
Non era raro per strada sentirsi chiedere di poter fare assieme una fotografia
da chi si accorgeva di stare incrociando degli italiani, peraltro numerosissimi
anche per le tantissime imprese che vi operavano, dalle più grandi (ENI,
Finmeccanica, Impregilo ecc.) alle più piccole (infissi, sanitari,
rubinetterie, arredamenti ecc.), in un ambiente favorevolissimo, direi
familiare…
Da quello che ho potuto constatare il tenore di vita libico era
abbastanza soddisfacente: il pane veniva praticamente regalato, 10 uova
costavano l’equivalente di 1 euro, 1 kg di pesce spada circa 5 euro, un litro
di benzina circa 10 centesimi di euro; la corrente elettrica era di fatto
gratuita; decine e decine di migliaia di alloggi già costruiti e ancora in
costruzione per garantire una casa a tutti (150-200 m2 ad alloggio….); l’acqua
potabile portata dal deserto già in quasi tutte le città con un’opera
ciclopica, in via di completamento, chiamata “grande fiume”; era stata avviata
la costruzione della ferrovia ad alta velocità e appaltato il primo lotto tra
Bengasi e il confine egiziano della modernissima autostrada inserita
nell’accordo con l’Italia; tutti erano dotati di cellulari, il costo delle
chiamate era irrisorio, la televisione satellitare era presente sostanzialmente
in ogni famiglia e nessun programma era soggetto a oscuramento, così come
internet alla portata di tutti, con ogni sito accessibile, compreso i social
network (Facebook e Twitter), Skype e la comunicazione a mezzo e-mail.
Dalla fine dell’embargo la situazione, anche “democratica”, era
migliorata tantissimo e il trend era decisamente positivo: i libici erano
liberi di andare all’estero e rientrare a proprio piacimento e un reddito era
sostanzialmente garantito a tutti.
Quando sono scoppiati i primi disordini, la sensazione che tutti lì
abbiamo avuto è stata quella che qualcuno stava fomentando rivalità mai sopite
tra la regione di Bengasi e la Tripolitania, così come le notizie che
rilanciavano le varie emittenti satellitari apparivano palesemente gonfiate
quando non addirittura destituite da ogni fondamento: fosse comuni,
bombardamenti di aerei sui dimostranti ecc.
Certamente dal punto di vista democratico i margini di
miglioramento non saranno stati trascurabili, del resto come in tanti altri
paesi come l’Arabia Saudita, la Cina, il Pakistan, la Siria, gli Emirati Arabi,
il Sudan, lo Yemen, la Nigeria ecc. ecc… e forse anche un po’ da noi! Pertanto
prima o poi qualcuno dovrà spiegare perché in questi Paesi non si interviene…
Sono triste e amareggiato al pensiero di come sarò considerato
dagli amici libici che ho lasciato laggiù dopo questa scellerata decisione di
stupidissimo interventismo!
Guido Nardo -Ingegnere Gruppo ENI
LA DISTRUZIONE DEL TENORE DI VITA DI UN
PAESE: QUELLO CHE LA LIBIA AVEVA RAGGIUNTO, QUELLO CHE È STATO DISTRUTTO
22 settembre 2011
By coriintempesta
di: Prof. Michel Chossudovsky
“Non c’è domani” sotto una
rivolta di Al Qaeda promossa dalla NATO .
Mentre veniva insediato un governo di ribelli “pro-democrazia”, il
paese è stato distrutto.
Sullo sfondo della propaganda di guerra, le conquiste economiche e sociali
della Libia nel corso degli ultimi venti anni sono state brutalmente
rovesciate:
La Giamahiria Araba Libica ha avuto un alto tenore di vita e un
robusto apporto calorico pro capite giornaliero di 3144 calorie. Il paese ha
fatto passi da gigante nel campo della sanità pubblica e, dal 1980, il tasso di
mortalità infantile è sceso dal 70 ogni mille nati vivi al 19 nel 2009.
L’aspettativa di vita è salita dai 61 ai 74 anni durante lo stesso arco di
anni. (FAO, Roma,Libya, Country Profile)
Secondo settori della ”sinistra progressista” che hanno avallato il
mandato R2P (responsabilità di proteggere) della NATO, per non parlare dei
terroristi che vengono accolti, senza riserve, come “liberatori“:
“ La gente è entusiasta di ricominciare da capo. C’è un vero senso
di rinascita, una sensazione che le loro vite stanno ricominciando
nuovamente“.(DemocracyNow.org, 14 settembre 2011- enfasi aggiunta)
“Ripartire“ sulla scia della distruzione? Paura e disperazione
sociale, innumerevoli morti e atrocità, ampiamente documentate dai media
indipendenti. Nessuna euforia ….Si è verificata una storica inversione nello
sviluppo economico e sociale del paese. I risultati ottenuti sono stati
cancellati.
L’invasione e l’occupazione della NATO contrassegnano la rovinosa
“rinascita“ del livello di vita della Libia. Questa è la verità proibita e
taciuta: un intera nazione è stata destabilizzata e distrutta, la sua gente
spinta verso un abissale povertà.
L’obiettivo dei bombardamenti della NATO è stato sin dall’inizio
quello di distruggere lo standard di vita del paese, le sue infrastrutture
sanitarie, le sue scuole e gli ospedali, il suo sistema di distribuzione
dell’acqua. E poi “ricostruire” con l’aiuto di finanziatori e creditori sotto
la guida del FMI e della Banca mondiale.
I diktat del ”libero mercato” sono una condizione indispensabile
per l’ installazione di una “dittatura democratica” in stile occidentale.
Circa 9.000 sortite d’attacco, decine di migliaia di obiettivi
civili: aree residenziali, edifici governativi, impianti di approvvigionamento
idrico e di energia elettrica. (Vedi comunicato della Nato, 5 settembre 2011. –
8.140 sortite d’attacco dal 31 marzo al 5 settembre 2011)
Una nazione intera è stata bombardata con gli ordigni più avanzati,
tra cui munizioni all’uranio impoverito.
Già nel mese di agosto, l’UNICEF ha avvertito che i bombardamenti
della NATO sulle infrastrutture idriche della Libia “potrebbero trasformarsi in
un’epidemia sanitaria senza precedenti“. (Christian Balslev-Olesen ,
responsabile dell’ Ufficio Unicef in Libia, agosto 2011).
Nel frattempo gli investitori e i finanziatori si sono posizionati.
”La guerra fa bene agli affari“. La NATO, il Pentagono e le istituzioni
finanziarie internazionali basate a Washington (IFIs) operano in stretto
coordinamento. Quello che è stato distrutto dalla NATO verrà ricostruito,
finanziato da creditori esteri della Libia sotto la guida del ” Washington
Consensus ”:
“In particolare, la Banca Mondiale è stata incaricata di esaminare
la necessità di riparazione e ripristino dei servizi nei settori dell’acqua,
dell’energia e dei trasporti [bombardati dalla Nato] e, in collaborazione con
il Fondo Monetario Internazionale, sostenere la preparazione del bilancio [le
misure di austerità] e aiutare il settore bancario a rimettersi in piedi [la
banca centrale libica è stato uno dei primi edifici governativi adessere
bombardato]. ” (World Bank to Help Libya Rebuild and Deliver Essential Services
to Citizens enfasi aggiunta).
I risultati dello sviluppo
della Libia
Qualunque siano le proprie opinioni riguardo Gheddafi, il governo
libico post-coloniale ha giocato un ruolo chiave nell’eliminazione della
povertà e nello sviluppo delle infrastrutture sanitarie ed educative del paese.
Secondo la giornalista italiana Yvonne de Vito: “A differenza di altri paesi
che hanno attraversato una rivoluzione - la Libia è considerata la Svizzera del
continente africano ed è molto ricca, le sue scuole ed i suoi ospedali sono
gratuiti per il popolo. Le condizioni per le donne sono molto migliori rispetto
ad altri paesi arabi ”. (Russia Today, 25 agosto 2011)
Questi sviluppi sono in netto contrasto con quello che molti paesi
del Terzo Mondo sono stati in grado di “conquistare” sotto la ”democrazia” e la
“governance” in stile occidentale nell’ambito del programma di aggiustamento
strutturale (SAP) del FMI-Banca Mondiale .
Assistenza Sanitaria
pubblica
L’ assistenza sanitaria pubblica in Libia prima dell’ ”intervento
umanitario” della NATO era la migliore in Africa. ”L’assistenza sanitaria è
[era] a disposizione di tutti i cittadini gratuitamente dal settore pubblico.
Il paese vanta il più alto tasso di alfabetizzazione e di iscrizioni alle
strutture educative in Nord Africa. Il governo sta [stava] in modo sostanziale
aumentando il budget di sviluppo per i servizi sanitari … . (OMS- Libya Country
Brief )
Confermato dalla Food and Agriculture Organization (FAO), la
denutrizione era inferiore al 5%, con un apporto calorico giornaliero pro
capite di 3144 calorie. (I dati FAO dell’apporto calorico indicano la
disponibilita anzichè il consumo).
La Gran Giamahiria Araba Libica forniva ai suoi cittadini quello
che è negato a molti americani:assistenza sanitaria e istruzione gratuita, come
confermato dai dati OMS e dall’UNESCO.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): l’
aspettativa di vita alla nascita era di 72,3 anni (2009), tra le più alte nel
mondo sviluppato.
Il tasso di mortalità sotto i 5 anni ogni 1000 nati vivi è
diminuito da 71 nel 1991 a 14 nel 2009
LIBIA
INFORMAZIONI GENERALI – 2009 - FONTE: UNESCO - LIBYA COUNTRY PROFILE -
Crescita demografica annua (%) ^
2,0
Popolazione 0-14 anni (%)^ 28
Popolazione rurale (%) ^ 22
Tasso di fertilità (nati per donna) ^ 2,6
Tasso di mortalità infantile (0 / 00) ^ 17
Speranza di vita alla nascita (anni) ^ 75
PIL pro capite (PPP) US $ ^
16 502
Tasso di crescita del PIL (%) ^
2,1
Servizio del debito totale come% del RNL ^
…
I bambini in età scolare primaria che non frequentano la scuola (%) (1978)
2
LIBIA
(2009) - Fonte OMS
Aspettativa di vita totale alla nascita (anni) 72,3
Aspettativa di vita uomini alla nascita (anni) 70,2
Aspettativa di vita donne alla nascita (anni): 74,9
Neonati sottopeso (%): 4.0
Bambini sottopeso (%): 4,8
Tasso di mortalità perinatale per 1000 nati vivi: 19
Tasso di mortalità neonatale: 11,0
Tasso di mortalità infantile (per 1000 nati vivi): 14.0
Tasso di mortalità sotto i cinque anni (per 1000 nati vivi): 20.1
Rapporto di mortalità materna (per 10.000 nati vivi): 23
Educazione
Il tasso di alfabetizzazione degli adulti era dell’ordine del
89%,(2006), (94% per i maschi e 83% per le femmine). Il 99,9% dei giovani sa
leggere e scrivere (dati UNESCO del 2006, vedi Libya Country Report)
La percentuale lorda delle iscrizioni alle scuole primarie era del
97% per i maschi e 97% per le ragazze.
Il rapporto insegnante-allievo nella scuola primaria della Libia
era dell’ordine di 17 ( dati UNESCO- 1983), il 74% dei bambini che hanno
terminato la scuola elementare sono stati iscritti alla scuola secondaria (dati
UNESCO- 1983).
Sulla base di dati più recenti, che confermano un marcato aumento
delle iscrizioni scolastiche, il Gross Enrolment Ratio (GER) nelle scuole
secondarie era dell’ordine del 108% nel 2002. Il GER è il numero di alunni
iscritti a un determinato livello di istruzione indipendentemente dall’età,
espressa in percentuale della popolazione nella fascia di età teorica per quel
livello di istruzione.
Per le iscrizioni all’educazione terziaria (post-secondaria,
college e università), il Gross Enrolment Ratio (GER) era dell’ordine del 54%
nel 2002 (52 per i maschi, 57 per le femmine).
I diritti della donna
Per quanto riguarda i diritti della donna, i dati della Banca
Mondiale indicano il raggiungimento di risultati significativi .
“In un periodo di tempo relativamente breve, la Libia ha raggiunto
l’accesso universale all’istruzione primaria, con il 98% lordo di iscrizioni
per la secondaria, e il 46% per l’istruzione terziaria. Negli ultimi dieci
anni, le iscrizioni delle ragazze sono aumentate del 12% a tutti i livelli
dell’istruzione. Nell’istruzione secondaria e terziaria, le ragazze hanno
superato in numero i ragazzi del 10%. ”(Banca mondiale- Libya Country Brief,
enfasi aggiunta)
Il controllo dei prezzi sui
generi alimentari di prima necessità
Nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, i prezzi dei
prodotti alimentari di prima necessità sono saliti alle stelle, a causa della
deregolamentazione del mercato, la soppressione dei controlli dei prezzi e la
eliminazione dei sussidi, sotto i consigli di “libero mercato” della Banca
Mondiale e del FMI.
Negli ultimi anni, gli alimenti essenziali e i prezzi del
carburante sono aumentati a spirale a causa del commercio speculativo sulle
principali borse delle materie prime.
La Libia è stato uno dei pochi paesi in via di sviluppo che ha
mantenuto un sistema di controllo dei prezzi degli alimenti essenziali.
Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, ha riconosciuto
in una dichiarazione dell’ aprile 2011 che il prezzo degli alimenti di prima necessità
era aumentato del 36 per cento nel corso dell’ultimo anno. (Vedi Robert
Zoellick, World Bank )
La Grande Giamahiria Araba Libica aveva stabilito un sistema di
controllo dei prezzi sugli alimenti di prima necessità mantenuto fino
all’inizio della guerra guidata dalla NATO .
Mentre l’aumento dei prezzi alimentari nella vicina Tunisia ed in
Egitto era alla base del disagio sociale e del dissenso politico, il sistema di
aiuti alimentari in Libia era mantenuto.
Questi sono i fatti confermati da numerose agenzie specializzate
delle Nazioni Unite.
“La diplomazia dei missili”
e “Il Libero Mercato”
La guerra e la globalizzazione sono strettamente correlate. Il FMI
e la NATO lavorano in tandem, in collegamento con i think tanks di Washington.
I paesi che si mostrano riluttanti ad accettare i proiettili
rivestiti di zucchero della “medicina economica” del FMI saranno eventualmente
oggetto di una operazione umanitaria della NATO.
Déjà Vu? Sotto l’Impero britannico, la “ gun boat diplomacy“ era un mezzo per imporre il “libero commercio“.
Il 5 ottobre 1850, il rappresentante in Inghilterra del Regno di Siam, Sir
James Brooke consigliò al governo di Sua Maestà che:
“Se queste giuste richieste
[di imporre il libero scambio] dovessero essere rifiutate, dovrà essere inviata
una forza, per appoggiarle immediatamente con la rapida distruzione delle
difese del fiume [Chaopaya]. Il Siam deve imparare la lezione che già da lungo
tempo doveva essergli impartita- il suo Governo può essere rinnovato, un Re
disposto con più favore può essere posto sul trono, e così verrà acquisita
grande influenza nella regione che per l’Inghilterra assumerà un’importanza
commerciale immensa. ”(The Mission di Sir James Brooke, citato in M.L.
Manich Jumsai, King Mongkut and Sir John Bowring, Chalermit, Bangkok, 1970, p.
23)
Oggi lo chiamiamo “cambio di
regime” e ”diplomazia dei missili“,
che prende inevitabilmente la forma di una “No Fly Zone“ sponsorizzata dalle
Nazioni Unite . Il suo obiettivo è quello di imporre la mortale “medicina
economica” del FMI di misure di austerità e privatizzazioni.
I programmi di “ricostruzione“ dei paesi dilaniati dalla guerra
finanziati dalla Banca Mondiale sono coordinati con i piani militari di
USA-NATO. Essi sono sempre formulati prima dell’offensiva della campagna
militare …
La confisca delle attività
finanziarie libiche
Le attività finanziarie libiche all’estero congelate sono stimate
nell’ordine di 150 miliardi dollari, con i paesi della NATO che sono in
possesso di più di 100 miliardi.
Prima della guerra, la Libia non aveva debiti. In realtà tutto il
contrario. Era una nazione creditrice che investiva nei vicini paesi africani.
L’intervento militare R2P ha lo scopo di guidare la Gran Giamahiria
Araba Libica nella morsa di un paese indebitato in via di sviluppo, sotto la
sorveglianza delle istituzioni di Bretton Woods basate a Washington.
Con amara ironia, dopo aver rubato la ricchezza petrolifera della
Libia e aver confiscato le sue attività finanziarie all’estero, la “comunità
dei donatori“ ha promesso di prestare il denaro (rubato) per finanziare la ”
ricostruzione” della Libia.
Il FMI ha promesso ulteriori $ 35 miliardi in finanziamenti
[prestiti] ai paesi colpiti dalle rivolte della Primavera araba e ha
formalmente riconosciuto il Consiglio Nazionale di Transizione come potere
legittimo, aprendo l’accesso a una miriade di istituti di credito
internazionali mentre il paese [Libia] cerca di ricostruirsi dopo sei mesi di
guerra….
L’aver ottenuto il riconoscimento da parte del FMI è importante per
i leader provvisori della Libia in quanto significa che le banche
internazionali per lo sviluppo e i donatori, come la Banca Mondiale, possono
ora offrire i loro finanziamenti.
I colloqui di Marsiglia sono venuti pochi giorni dopo che i leader mondiali,
a Parigi, hanno concordato per liberare miliardi di dollari in beni congelati
[denaro rubato] per aiutare [attraverso prestiti] i provvisori governanti della
Libia a ripristinare i servizi essenziali e la ricostruzione dopo un conflitto
che ha posto fine a 42 anni di dittatura.
L’accordo di finanziamento da parte del Gruppo delle Sette
principali economie più la Russia è mirato al sostegno delle iniziative di
riforma [ aggiustamento strutturale promosso dal FMI] sulla scia delle rivolte
in Nord Africa e del Medio Oriente.
Il finanziamento è per lo più sotto forma di prestiti, piuttosto
che contributi a fondo perduto, ed è fornito per metà da paesi del G8 e da
paesi arabi e per metà dagli istituti di credito e da varie banche per lo
sviluppo.
(Financial Post 10 settembre 2011)
LA
LYBIA DI GHEDDAFY
- Elettricità domestica gratuita per tutti
- Acqua domestica gratuita per tutti
- Il prezzo della benzina è di 0,08 euro al litro
- Il costo della vita in Libia è molto meno caro di quello dei
paesi occidentali. Per esempio il costo di una mezza baguette di pane in
Francia costa più o meno 0,40 euro, quando in Libia costa solo 0,11 euro. Se
volessimo comprare 40 mezze baguette si avrebbe un risparmio di 11,60 euro.
- Le banche libiche accordano prestiti senza interessi
- I cittadini non hanno tasse da pagare e l’IVA non esiste.
- Lo stato ha investito molto per creare nuovi posti di lavoro
- La Libia non ha debito pubblico, quando la Francia aveva 223
miliardi di debito nel Gennaio 2011, che sarebbe il 6,7% del PIL. Questo debito
per i paesi occidentali continua a crescere
- Il prezzo delle vetture (Chevrolet, Toyota, Nissan, Mitsubishi,
Peugeot, Renault…) è al prezzo di costo
- Per ogni studente che vuole andare a studiare all’estero, il
governo attribuisce una borsa di 1 627,11 Euro al mese.
- Tutti gli studenti diplomati ricevono lo stipendio medio della
professione scelta se non riescono a trovare lavoro
- Quando una coppia si sposa, lo Stato paga il primo appartamento o
casa (150 metri quadrati)
- Ogni famiglia libica, previa presentazione del libretto di
famiglia, riceve un aiuto di 300 euro al mese
- Esistono dei posti chiamati « Jamaiya », dove si vendono a metà
prezzo i prodotti alimentari per tutte le famiglie numerose, previa
presentazione del libretto di famiglia
- Tutti i pensionati ricevono un aiuto di 200 euro al mese, oltre
la pensione.
- Per tutti gli impiegati pubblici in caso di mobilità necessaria
attraverso la Libia, lo Stato fornisce una vettura e una casa a titolo
gratuito. Dopo qualche tempo questi beni diventano di proprietà dell’impiegato.
- Nel servizio pubblico, anche se la persona si assenta uno o due
giorni, non vi è alcuna riduzione di stipendio e non è richiesto alcun
certificato medico
- Tutti i cittadini della libia che non hanno una casa, possono
iscriversi a una particolare organizzazione statale che gli attribirà una casa
senza alcuna spesa e senza credito. Il diritto alla casa è fondamentale in
Libia. E una casa deve essere di chi la occupa.
- Tutti i cittadini libici che vogliono fare dei lavori nella
propria casa possono iscriversi a una particolare organizzazione, e questi
lavori saranno effettutati gratuitamente da aziende scelte dallo Stato.
- L’eguaglianza tra uomo e donna è un punto cardine per la Libia,
le donne hanno accesso a importanti funzioni e posizioni di responsabilità.
- Ogni cittadino o cittadina della Libia si puo’ investire nella
vita politica e nella gestione degli affari pubblici, a livello locale,
regionale e nazionale, in un sistema di DEMOCRAZIA DIRETTA (iniziando dal
Congresso popolare di base, permanente, fino ad arrivare al Congresso generale
del popolo, il grande Congresso nazionale che si riunisce una volta all’anno) .
Se questo era lo stato di un dittatore non democratico allora
preferisco la dittatura alla democrazia dei colonizzatori e alle GUERRE di
pace! Onore al Colonello Gheddaffi.
COSA
SAI DELLA LIBIA?
Dallo scoppio della guerra in Libia, opinionisti, giornalisti,
perbenisti e filistei vari hanno iniziato un attacco feroce contro quello che
viene chiamato “regime dittatoriale”, asserendo che per il rispetto dei diritti
umani il sanguinoso governo di Muammar Gheddafi, in vigore dal 1969 dovesse
essere abbattuto in favore dei rivoltosi dissidenti.
Di contro progressisti, terzomondisti, euroasiatici e
anti-imperialisti si sono schierati a favore e in difesa della “dittatura
rivoluzionaria” libica, sostenendo l’autodeterminazione dei popoli e battendosi
contro questa impresa neo-colonialista, sostenendo che l’unico governo
possibile non può che essere quello di Gheddafi e che i ribelli libici non sono
altro che un esigua parte della popolazione.
Nel mezzo delle due posizioni, c’è chi non sa se sostenere Gheddafi
come eroe dell’emancipazione degli stati in via di sviluppo o controbatterlo
come beduino arroccato al posto di comando che ormai ha fatto il suo tempo.
Analizziamo così luci ed ombre del governo libico, facciamo le
nostre considerazioni e traiamone le dovute conclusioni.
1.Cosa c’era prima di Gheddafi
Alla fine del 2° conflitto mondiale, la Libia, ex-colonia italiana,
era caratterizzata da un assenza di uno stato nazional-territoriale ben
delineato politicamente e dalla parcellizzazione delle autorità secondo linee
tribali, nonch’è dalla totale mancanza di coscienza nazionale da parte del suo
popolo. Il paese era, ed è, costituito da 3 regioni assai differenti tra loro,
sia riguardo l’aspetto demografico, che politico, che economico: La
Tripolitania, regione più ricca e pervasa da uno spirito anti-italiano e
anti-colonialista, con un tessuto demografico-economico solido, ma minato dai
clan e dalle separazioni e dai privilegi gentilizi; la Cirenaica, dominata
politicamente dalle autorità tribali senussite e il Fezzan, regione povera, a
ridosso del deserto e caratterizzato da una popolazione principalmente nomadica
e quindi privo di un carattere nazionale e politico competente.
Riguardo al paese per intero e alla sua condizione, Giorgio Assan
scrisse “Il paese appariva privo di quadri, il 94% del popolo era analfabeta,
la condizione igienica era allarmante, la mortalità si elevava al 40%, non vi
era alcuna base economica e la struttura sociale era arretrata di almeno
trecento anni”.La proposta iniziale era quella di dividere lo stato e di
“spartirlo” tra l’Italia, a cui sarebbe andata la Tripolitania, l’Inghilterra
che avrebbe preso la Cirenaica e la Francia a cui sarebbe toccato il Fezzan,
tutto ciò secondo principi autogovernativi della varie regioni sotto
l’influenza dei paesi a cui sarebbero state “assegnate”. Questo non avvenne,
infatti nel 21 Novembre del 1949 l’ONU bocciò la richiesta e nel 1° Gennaio del
1952 venne proclamata l’indipendenza della Libia come stato unitario
monarchico.
Secondo la nuova costituzione federale, veniva riconosciuto il
regno di Libia, composto da tre regioni, sottoposta ciascuna ad un governatore
di nomina regia, con il governo federale sempre di nomina regia e responsabile
di fronte al parlamento. Il sistema era bicamerale e prevedeva una camera dei
deputati elettiva. I membri del Senato erano 24, otto per regione, dei quali
una metà era elettiva, l’altra di nomina regia. Il voto alle donne era negato,
sulla questione costituzionale l’ultima parola spettava alla corte suprema. La
lingua ufficiale era l’arabo e la religione l’Islam.
La Libia era un stato, in realtà, già diviso tra le due capitali,
Tripoli e Bengasi, e questo dualismo storico-antropologico adesso veniva rafforzato
dalla costituzione federale. Il re Idris, appartenente alla tribù dei senussi,
era stato messo al comando dalle nazioni straniere e ne era politicamente
dipendente, così come il paese intero che veniva mantenuto dagli ingenti
finanziamenti esteri e dall’affitto di basi militari alle potenze straniere
inglesi e americane (1). Le tribù
senussite, storicamente sono sempre state accondiscendenti alle pretese
straniere e vi entravano in accordo, così fecero anche con il regime fascista e
così fecero con i britannici, appoggiandoli.
La situazione Libica cominciò a farsi incandescente quando nel
vicino Egitto vi fu la rivoluzione panaraba dei “Liberi Ufficiali” nel 1952,
questo aveva stimolato l’opposizione anti-monarchica e anti-senussa, che
rivendicavano la sovranità e l’indipendenza della nazione libica contro il
colonialismo straniero.
Fin qui lo stato Libico appare come un fantoccio nelle mani
straniere, privo di una personalità nazionale, di un sentimento comune del
popolo, diviso anche storicamente, visto che le due grandi regioni,
Tripolitania e Cirenaica, erano sempre state orientate una verso il Maghreb e
l’altra verso l’Egitto. Inoltre la divisione e la lotta tra tribù rendevano
difficili la costruzione di un sentimento che giovasse all’intera nazione,
piuttosto che alle singole tribù e permaneva un contrasto forte tra sedentari e
nomadi, tra gente costiera e dell’entroterra e tra modernizzazione e
tradizione. Inoltre l’infeudamento della monarchia al capitale permetteva la
formazione di settori borghesi commerciali e finanziari che si legavano
all’apparato burocratico corrotto e al nobilitato di corte(2). La mancata coesione nazionale era anche da imputare alla
monarchia centralista Senussa, particolarmente arrendevole verso le politiche e
le influenze straniere.
Come già detto prima i Senussi sono sempre entrati in contatto e a
patti con gli invasori stranieri, così fecero con i colonizzatori italiani nel
1911, con cui repressero una rivolta anti-coloniale, e contribuirono alla
trasformazione della Libia in uno stato di “servitù militare” ai tempi del
fascismo(3).Questa condotta si fece
particolarmente sentire quando negli anni 50 fu scoperto il petrolio e le
nazioni straniere, con le multinazionali, cominciarono a depredare il paese,
ciò fomentò l’ostilità neocoloniale diffusa nella popolazione, tale scontento
era capeggiato dai gruppi sindacali e popolari.
Perciò nel 1961 Idris represse svariati gruppi nesseriani e
filo-baathisti, bandisce i partiti e comincia ad eseguire condanne, tant’è che
le rivolte studentesche del 1964 vengono represse col sangue dalla polizia,
Tripoli divenne l’epicentro di tali manifestazioni. Tra il m1952 e il 1964 si
contarono ben sette crisi ministeriali e vi erano impossibilità di praticare
riforme. Così nel 1963 si redasse e si istituzionalizzò una nuova carta
costituzionale, che sanciva la nascita di uno stato libico unico e non più
federale.
Lo scontento aumentava sempre di più, tra la borghesia, gli
studenti e gli operai e anche diverse file dell’esercito, nel 1967 il regime ha
un piede nella fossa e, nella speranza di salvare la monarchia e la dinastia,
Idris abdica a favore di Hassan Rida.
“La tribù, il clan, la grande famiglia hanno cominciato a
disgregarsi a causa delle migrazioni esterne. Sono all’ordine del giorno le
parole: lavoro; coscienza nazionale; impegno; responsabilità, individualismo;
mescolanza.”(4)
2.0 La rivoluzione
La monarchia è in caduta libera, il paese al tracollo e soffia il
vento della rivoluzione. In questo contesto il militare ventisettenne Muammar
Gheddafi, nato in un piccolo villaggio berbero della Sirte, tra nomadi, letture
del corano (5) e vita spartana. Nel
1956 si trasferisce nel Fezzan, a Sebha, dove parteciperà a svariate
manifestazioni anti-coloniali (1956-1961). Il nazionalismo di Gheddafi va a
formarsi, assumendo connotazioni panarabe idealizzate, costituisce una cellula
studentesca di protesta e si muove in modo politicamente attivo, ciò non sfugge
alla polizxia, che costringe lui e i familiari a trasferirsi dal Fezzan a
Misurata. Un suo amico e commilitone in quegli anni (1961-1963) così lo affermò
“Gheddafi mi disse di aver riflettuto e che voleva incontrare gli
esponenti del partito Baas e di Georges Habbache (ancora non avevano
connotazioni marxiste tali partiti), in seguito vi rinunciò perché si perdevano
in discussioni sterili e si perdeva solo tempo. Organizzammo la prima seduta
del movimento nel 63’ e si decise che tre dei nostri (tra i quali Gheddafi)
dovessero entrare nell’accademia militare per creare una cellula di ufficiali
liberi, incaricati di portare al movimento il sostegno di parte dell’esercito,
indispensabile.(6)
Il punto di riferimento ideologico è il panarabismo di Nasser,
all’età di 22 anni Gheddafi entra nell’accademia di Bengasi. Perciò Gheddafi
punta sulla costruzione di cellule, soprattutto militari, e piuttosto che
organizzare una rivoluzione civile e di preparazione popolare, si concentra su
quella sovversiva militare, ispirato dalla rivoluzione egiziana. Ciò perché la
borghesia era molto debole e il proletariato troppo giovane e senza una
coscienza di classe formata. Il tutto venne chiamato “Operazione Gerusalemme” e
si tenne il 24 marzo del 1969. Alla radio viene annunciata la rivoluzione in
nome di Allah dallo stesso Gheddafi, ciò sarebbe servito per rafforzare
l’aspetto anti-coloniale e arabo della rivoluzione e per cementare un
arabizzazione islamizzata che avrebbe dovuto portare la Libia al panarabismo.(7)
La rivoluzione si compì senza spargimento di sangue e con il re
fuori dal paese. A nome del CCR(consiglio della rivoluzione) viene
ufficializzata la nascita della Repubblica araba libica. Il programma prevede
la piena sovranità nazionale della Libia e il rispetto dei diritti della
comunità internazionale. Il principe in carica si dimette a favore dei
rivoluzionari, mentre il re Idris chiede l’intervento di Londra, impossibile
dato il trattato del 1953 che prevedeva un attacco solo se la Libia fosse stata
soggetta ad attacchi esterni.
Le reazioni estere sono diverse; i sovrani degli stati circostanti
temevano l’influenza della rivoluzione, che avrebbe potuto portare
destabilizzazione anche nei loro stati; Mosca applaudiva a tale evento che
avrebbe ridimensionato l’assetto britannico-statunitense nella zona; gli USA
ritenevano la spinta islamica e religiosa dei nuovi rivoluzionari ottima per
rafforzare l’anti-comunismo e impedire l’avanzata dei sovietici nelle zone
circostanti il mediterraneo.
Viene posta l’economia al primo posto e vengono emanate una serie
di riforme volte a diminuire l’inflazione tagliando le spese sui ministeri,
imponendo il controllo statale sui prezzi, si aumentano i salari minimi e si
dimezzano gli affitti. Le rendite subiscono un taglio del 30% e nel 1972 viene
introdotta una legge di imposta progressiva sul reddito.
2.5 Gheddafi ed il socialismo islamico
Gheddafi dichiara “Tutti sanno che io sono sempre stato impegnato
contro il sionismo, l’America e l’alleanza atlantica” ciò certamente lo rende
un terzo mondista e progressista, ma certo non un socialista. Difatti Gheddafi
non è socialista, o almeno il suo concetto di socialismo non ha nulla a che
fare con quello occidentale e può sembrare più una sorta di terzo posizioniamo
e fusione di elementi socialisti e capitalisti, prova di questo è la crisi
mondiale che investì anche la Libia negli anni Ottanta e che causò una larga
privatizzazione delle imprese e degli enti libici, cosa che in uno stato
socialista non sarebbe mai accaduto. Ma Gheddafi dichiara anche
“La nostra concezione del socialismo implica che tutti possano
prendere parte alla produzione, al lavoro e alla distribuzione dei prodotti. Il
nostro è un socialismo islamico, patrocinato dall’Islam. Mentre la parola
socialismo è stata designata in Occidente per rappresentare il possesso della
produzione e dei suoi mezzi da parte della società, in arabo vuol significare
associazione e lavoro svolto in comune. Vuol significare l’associazione dei
prodotti e dei beni di un gruppo di un popolo tanto nella ricchezza quanto nei
doveri e nella responsabilità”(8)
Discorso assai ambiguo e confuso, che lascia trasparire una società
inter-classista e al di fuori delle teorie marxiste e sovietiche. Infatti verrà
dichiarato ancora dallo stesso Gheddafi:
“Si assiste oggi ai tentativi dei paesi comunisti di esercitare una
dominazione economica. Sono amico dei paesi comunisti ma mi limito a questo. Si
pretende che il mio paese sia dominato nel campo di una grande potenza. Una
sorta di manomissione del Terzo mondo, con l’intenzione di seminare il dubbio.
Il comunismo è completamente diverso dal comunismo”(9)
Questo discorso si tenne alla conferenza dei paesi non allineati di
Algeri del 1973, in opposizione a Fidel Castro che sosteneva l’impegno
dell’URSS nell’emancipazione e nello sviluppo dei paesi africani. Ciò lascia
trasparire la totale ignoranza di Gheddafi sul campo teorico marxista-leninista
e la totale confusione su questa filosofia anche in campo teorico e dimostra
come egli guardava all’URSS non come vero alleato ma come utile peso della
bilancia per farsi largo nella comunità internazionale e aumentare la
competitività tra le due nazioni per accaparrarsi il suo sostegno, fondamentale
per l’assetto geopolitico africano.
Ma Gheddafi affermò anche
che:
“L’islam è certamente il messaggio eterno, la rivoluzione continua,
la madre del progresso. La nazione araba è la madre del socialismo perché esso
è presente e trova la sua origine nel corano. Né Marx, né Lenin, né i teorici e
filosofi, nessuno è riuscito a stabilire un regime migliore di quello
dell’Islam sul piano economico e morale”(10)
Si è passati alla totale denigrazione dei grandi socialisti e del
suo stesso fondatore, e Gheddafi si è eretto come unico vero sostenitore del
socialismo.
E ancora
“Se è vero che il capitalismo, dando briglia sciolta all’individuo,
ha trasformato la società in una vera e propria baraonda; il comunismo
pretendendo di trovare la soluzione ai problemi economici con la soppressione
della proprietà privata ha finito per trasformare la popolazione in un branco
di pecore”
“La vera legge della società
è costituita dalla tradizione e dalla religione. Ogni tentativo di elaborarla
al di fuori di queste due fonti è inutile e illogico. Le leggi non religiose e
non tradizionali sono creazioni dell’uomo, pertanto sono ingiuste […] la legge
della società non può quindi essere oggetto di redazione o codificazione. L’importanza
della legge sta nel criterio di distinzione del vero dal falso, il giusto
dall’ingiusto, come pure i diritti e i doveri degli individui.”
Queste citazioni sono tratte direttamente dal libro verde, e
costituiscono la conferma incontestabile del fatto che Gheddafi non solo non è
socialista (o come lui afferma comunista, ma si sa che essere l’uno comporta
l’essere anche l’altro) ma neanche materialista, e annulla l’importanza delle
leggi scritte. Più che socialismo islamico quello di Gheddafi è
terzo-posizionismo arabo, ma nonostante egli nei suoi discorsi teorici sia
estremamente contraddittorio e con oscillazioni che vanno dal capitalismo al
socialismo, dalla privatizzazione alla pubblica proprietà, certamente è
innegabile il fatto che abbia rappresentato una vera svolta per il popolo
libico, sicuramente positiva e che ha portato ad una evoluzione, con luci ed
ombre che ogni evoluzione comporta.
3.0 La svolta della Libia con Gheddafi
Il nuovo stato libico era stato messo in piedi con principi
ispiratori ben precisi, quali la decolonizzazione, l’emancipazione dagli stati
esteri e la lotta al razzismo e al sottosviluppo, tutto questo affermando che
lo stato è di ispirazione socialista e fondato sui principi del corano{1*}
Ciò comporto la liquidazione della presenza straniera del
territorio (smantellamento delle basi straniere e delle organizzazioni) e
l’inserimento dello stato del movimento terzomondista neutrale.
Riguardo all’aspetto economico Gheddafi ribadiva la sua posizione
anti imperialista e socialista, prevedendo la possibilità del contatto tra
proprietà privata e politica di piano. L’organo supremo della repubblica era il
consiglio rivoluzionario CCR, che deteneva il potere legislativo, vengono
istituiti tribunali speciali sempre con a capo il CCR.Il consiglio dei ministri
aveva compito consultivo, per poi far passare il decreto nelle mani del CCR che
aveva sempre l’ultima parola e decideva di ufficializzarli e metterli in
pratica.
Nel 1970 Gheddafi riesce ad accumulare una serie di cariche che gli
consentono di diventare la guida del paese, capo di stato; capo di governo;
capo del CCR; ministro della difesa e del comitato supremo di piano.
In seguito prende piede la costruzione di un nuovo sistema statale,
detto Jamahiriya istituito nel 1976, e lo stato libico prende un nuovo nome
“Repubblica popolare araba di Libia”. Essa prevede una articolazione incentrata
sui congressi popolari, associazioni professionali e federazioni della società
civile. I ministri assumono il nome di segretari e si riuniscono in un comitato
generale del popolo. Nel 1979 Gheddafi rinuncerà alla carica di direttore del
congresso generale del popolo.
Nel 1991 vengono introdotti provvedimenti giuridici per la libertà
degli individui. L’art.8 prevedeva libera espressione a patto che questa fosse
esercitata nelle pubbliche assemblee e sotto gli organi di stampa governativi;
l’art. 16 riconosceva il rispetto della vita provata e gli articoli 11 e 12 la
proprietà privata.
La prima cosa che il governo fece fu la nazionalizzazione delle
banche (Banco di Napoli, Banco di Roma, Barclays Bank) poi vi fu la presa di
controllo della produzione delle basi petrolifere, a scopo della reciproca
intesa e ricchezza (Così disse Gheddafi in un intervista con la giornalista
Mirella Bianco), per favorire la Libia nelle azioni commerciali e far si che
traesse vantaggio dalla competizione tra imprese, potendo anche scegliere il
prezzo dei barili.
Ciò andava in netto contrasto con la volontà americana di favorire
le imprese a scapito dei paesi possessori di petrolio, contro il quale Gheddafi
tuonerà “Gli americani sono convinti di
dominare il mondo con le loro flotte e basi militari. L’imperialismo americano
appare come un sostegno illimitato alle compagnie monopolistiche a scapito dei
paesi possessori di petrolio che così non possono amministrare il loro bene”(11)
La Libia così potè amministrare il suo bene più prezioso e
finanziare le sue opere pubbliche, ma tutto cambiò negli anni Ottanta, con la
periodica crisi di produzione e al crollo dei prezzi del petrolio (1982). {2}
La situazione libica peggiora con i bombardamenti del governo Regan e il
successivo isolamento economico.
3.0 L'impegno per l'emancipazione degli stati Africani e nord
Africani
Checchè se ne dica Gheddafy si è sempre mosso concretamente per
l'emancipazione e la costruzione degli stati arabi e Africani. Tale condizione
è dovuta all'identità religiosa e culturale dei paesi arabi, che secondo il
rais avrebbero potuto abbattere le barriere etniche tra berberi e arabi e
sarebbe riuscita a fare da collante per la creazione di una unità araba.
Ovviamente ciò non poteva che andare a vantaggio degli stati nord Africani che,
uniti dall'Atlantico al Golfo persico avrebbero formato un blocco abbastanza
forte da poter respingere il neo-colonialismo occidentale che fino ad allora
contribuiva alla divisione di questi stati. Oltre a queste spiegazioni,
Gheddafy, ricorse anche al corano, investendo in questo compito di
ricomposizione degli stati arabi in una comunità, per poi passare all'unione
intera del mondo musulmano un dovere divino(12)
In merito è importante citare il vertice di Rabat del 1969, dove
Gheddafi criticò aspramente le posizioni conservatrici, filo-imperialiste e
egofamiliari dei sultani sauditi e ribadì le sue posizioni antisioniste e
filo-palestinesi. Con la carta di Tripoli del 1971 si generò una federazione
anti imperialista e antisionista rivoluzionaria che però non si concretizzerà
operativamente dei quali facevano parte Egitto, Libia e Sudan. Gheddafi
intraprese anche rapporti con il Siriano Hafez Al-Assad, cercando di formare un
progetto unitario, ma perse l'appoggio di Nimeiry il sudanese (da notare che in
Gheddafy consegnò a Nimeiry alcuni comunisti che vennero poi impiccati tra i
quali vi era Abdel Chalet Majhoub) a causa di un incidente riguardo un gruppo
destabilizzatore che ha trovato la sua base di addestramento in Libia. Nonostante questo nel 1971 viene annunciata la
federazione delle repubbliche arabe componenti Libia, Egitto e Siria, per scopi
difensivi. In seguito (1972). Gheddafy propose a Sadat di passare dalle
federazione alla fusione tra Libia ed Egitto. Ciò però non avvenne a causa
dell'allontanamento di Sadat dall'URSS e all'avvicinamento di questo agli USA
che sfociò in incidenti diplomatici con la Libia e resero la possibilità di
fusione impossibile.
Gheddafy così lancia un offerta alla Tunisia cui prospetta una
fusione in forma di Repubblica araba islamica (1974) ma anche questo tentativo
fallì, insieme all'aggancio con la Siria di Al-assad più propenso verso l'URSS. Falliti i tentativi
di aggancio ad est e in generale la creazione di un grande Magrebh Gheddafy si
orientò a sud. Da qui Gheddafy cominciò una politica di sostegno agli stati
africani sottosviluppati e riversò su questi una vasta quantità di
petrodollari. L'emancipazione degli stati africani implicava la formazione di
classi dirigenti e sovrastrutture politiche capaci di spezzare le antiche
dipendenze coloniali, cosa che non andava molto giù alla Francia che vide
minacciati i suoi interessi ufficialmente spenti ma ufficiosamente presenti in
Africa. Questa tentava perciò di destabilizzare da tempo la Libia, per la
difesa dei propri interessi e contro l'esportazione della rivoluzione libica.
Dall'altra parte cominciavano anche le interferenze di Washington che cercava
di sorvegliare controllare le situazioni in Africa temendo sbilanciamenti verso
i sovietici del continente.
La propaganda di Gheddafy per l'esportazione della rivoluzione
aveva caratteri anche religiosi, con i quali Gheddafy rilanciava la cultura
africana e musulmana in opposizione al colonialismo e alla religione cristiana
che diceva rappresentasse proprio un vecchio ostacolo per l'emancipazione dei
popoli africani. In occasione del vertice dei capi di stato saheliani Gheddafi
lancia la prospettiva in un unione degli stati africani, detti Stati uniti del
Sahara nel 1997 dichiarando "I porti libici saranno aperti ai nostri fratelli
africani, voglio creare una nuova potenza economica (13) dei quali avrebbero fatto parte Libia, Niger, Burkina Faso,
Mali, Nigeria e Ciad. Questa proposta era dettata anche dallo scioglimento
dell'URSS e dal monopolio che adesso aveva Washington.
Nel vertice di Lomè, Tripoli si farà carico delle maggiori spese
per la realizzazione di un progetto che avrebbe riparato al degrado materiale
ed economico causato dalle politiche neoliberiste del fondo monetario
internazionale e dalla Banca mondiale. Gheddafy proporrà anche la creazione di una banca
africana per lo sviluppo ed il commercio. Nel 2003 viene eletto dagli altri
stati africani come Alto commissario alla presidenza delle nazioni unite per i
diritti dell'uomo.
4.0 Alleato di
convenienza, nemico per eccellenza
Contrariamente a quanto si possa pensare Gheddafi non è sempre
stato nemico degli USA, e lo stesso vale al contrario. Inizialmente gli USA
appoggiarono e consentirono l'ascesa del governo del rais libico e certo se non
si vuole ammettere che si è provato ad instaurare un rapporto tra i due paesi,
certo gli USA gli hanno lasciato gioco facile e hanno chiuso gli occhi su
alcuni suoi atteggiamenti. Infatti una cosa che non si potrà mai negare
riguardo Gheddafi è che ha sempre sostenuto il popolo palestinese ed è sempre
stato impegnato contro il sionismo, ma ciò non scoraggiava gli USA che non
premevano per una sua caduta. Infatti ai tempi in cui l'URSS era ancora integra
gli USA vedevano Gheddafi come un ottimo alleato in funzione anti-sovietica,
date le persecuzioni ai partiti e ai movimenti della fratellanza mussulmana,
degli afro-marxisti, del movimento baathista e dei sostenitori sovietici in
generale. Il tutto accadeva sotto la
presidenza Nixon, che guardava positivamente tali azioni e considerava Gheddafi
un ottimo muro contro il movimento sovietico, prova di questo fu il sostegno
che Gheddafi diede al dittatore "socialista" sudanese Nimeiry nello
sventare un colpo di stato comunista (1971).
Cosa accadde? Per ripicca e avversione verso le trattative di pace
tra Israele ed Egitto (dopo Nasser, sotto Sadat), Gheddafi firma con Mosca un
accordo strategico, 18 Gennaio 1974, ciò per denunciare l'Egitto come complice
delle ingerenze dei paesi occidentali in Africa. In seguito Gheddafi
rivendicherà l'estensione del territorio libico sul golfo della Sirte (1973).
Il rapporto andò sempre a peggiorare, prima a causa degli accordi di Camp David
e in fine con l'incendio a Tripoli dell'ambasciata statunitense(1979). La
situazione peggiorò con l'insediamento alla casa bianca di Regan (1981), che
Gheddafi accusava di ingerenze nelle questione degli stati africani, di contro
cercherà di raffreddare i rapporti opponendosi all'insediamento di basi
militari sovietiche, ma ciò senza successo poiché Washington già preparava
movimenti per il rovesciamento del regime libico e aveva espulso vari esponenti
libici dall'America accusandoli di terrorismo. Tutto ciò però non interruppe
gli scambi commerciali tra Libia e America, e lo scambiò di greggio fluì senza
troppe ripercussioni.
Cominciò così il movimento contro Gheddafi e la Libia, forte anche
dell'intenzioni della CIA che premeva per una capitolazione del rais (14), cominciò a praticare addestramenti
nelle acquee vicino Tripoli, si mosse per l'armamento di diverse cellule
sovversive, praticò una informazione sul regime volta a spingere le masse a
vedere di buon occhio la possibile caduta di Gheddafi, diffondendo anche
diverse voci sul suo conto. Da qui a poco tempo l'accerchiamento della Libia e
le sanzioni economiche fatte contro questa portò alla rappresaglia e al
bombardamento americano sui civili nel 1986, ciò però non trovò molti consensi
e anche il ministro della difesa italiana del tempo, Spadolini, si dissociò da
tali atti. L'attenzione poi si concentrò altrove, senza però tenere in disparte
la Libia, ormai etichettato come stato canaglia.
Gli USA non allentarono la loro morsa, nonostante le proposte
economiche di Gheddafi riguardo al petrolio, la sua marcia indietro sui finanziamenti
alle rivoluzioni di liberazione in Africa e al sostegno che le imprese
petrolifere davano alla Libia per poter commerciare liberamente. L'embargo
continuava imperterrito, ciò danneggiava la Libia e Gheddafi e fomentava le
opposizioni e i tumulti nel paese. Gheddafi certo non lasciò nulla al caso,
perciò coglieva sempre la palla al balzo quando vi erano suoi sostenitori in
campo internazionale, e a quel tempo le manovre USA furono molto criticate
dalle cancellerie europee e dal Vaticano, che condannavano le sanzioni imposte
al paese, senza contare che molti accusavano Clinton di favorire, così, di
rafforzare il clima anti-occidentale e di favorire movimenti terroristici,
Gheddafi disse "Se crollo io il
mediterraneo diverrà un mare insicuro e l'Europa conterà i morti, il nord
Africa diverrà un covo di terroristi islamici" alimentando le paure
delle popolazioni e dei governi europei.
Il disgelo con la Libia cominciò solo dopo l'11 settembre, poiché
rappresentava un ottimo alleato contro il radicalismo islamico ed il terrorismo
internazionale jihaddista.
5.0 Analisi e riflessioni finali
Avendo analizzato buona parte della politica estera e interna della
Libia, del suo passato e delle azioni che il suo rais ha compiuto che l'hanno
portata a questo punto, non rimane che tirare le somme e concludere analizzando
il presente stato in cui riversa il paese libico. Abbiamo ribadito come in
Libia non esista una forte coscienza ed unità nazionale, a causa di ciò non
esiste neanche un forte movimento che raggruppi grandi fasce di popolazione, ne
è stato presente una forte coscienza di classe e movimenti legati a queste. In
Libia tutt'ora esistono tribù alleate e nemiche, che hanno come solo scopo il
controllo e l'affermazione propria e di quelle alleate, così non può
considerarsi altrimenti per Gheddafi e per il movimento ribelle, capeggiato
dalla storica tribù dei senussi, ostili da sempre a quelle tripolitane.
E perciò cosa mai potrà offrire un possibile governo alternativo
dopo quello di Gheddafi? Certo non cambierebbe molto tra un passaggio di tribù
ad un altra per la popolazione, se non per la politica estera libica che
sarebbe innegabilmente più aperta alle ingerenze straniere e alle infiltrazioni
di basi militari e lobby, cosa che potrebbe danneggiare le condizioni della
Libia molto di più rispetto al governo di Gheddafi, che si è sempre impegnato
per la sua indipendenza, portandola ad essere uno stato africano emergente
rispetto a tutti gli altri e superando o raggiungendo stati del continente
africano quali Sud africa ed Egitto.
Senza contare che l'intervento dei bombardamenti stranieri ha
decisamente fatto più vittime del regime, dei ribelli e delle guerre intestine
che si sono svolte nel corso degli anni il Libia. Come bisognerebbe considerare
quindi Gheddafi? Un salvatore del suo popolo o un dittatore spietato che nuoce
ad ogni causa meno che alla sua?
Dopo aver analizzato la storia e le politiche libiche degli anni
addietro e recenti non possiamo che affermare che Gheddafi, nonostante abbia
avuto posizioni oscillanti tra Washington e Mosca, nonostante sia stato sempre
soggetto al populismo e all'irretimento delle masse con la sua ottima
conoscenza del corano e anche se ha ridotto a silenzio gran parte degli
oppositori e con colpi di mano eccellenti ha sventato minacce per la sua
politica anche in modo decisamente violento ed aggressivo, si è sempre
dimostrato un convinto sostenitore dell'indipendenza e dell'affermazione degli
stati arabi ed africani, calpestati dagli occidentali e ridotti o al colonialismo
o a barbari con cui non si può intraprendere un dialogo.
Ha sempre cercato di assicurare al suo paese una condizione di
spicco rispetto agli altri, e conseguentemente anche a lui, visto che la storia
della Libia dagli anni 70 a oggi è legata a se, cercando di farlo emergere da
condizioni di sudditanza e arretratezza, modernizzandolo e portandolo avanti,
nel bene e nel male, cercando di legare il popolo diviso in tribù attraverso il
corano e la sua politica nazionalista e così anche il mondo arabo e africano in
generale diviso, per farsi che fosse forte contro l'egemonia straniera. Non ha
quindi deragliato da questo obbiettivo di riscatto e le sue politiche non sono
state che correlate a questa sua ambizione, portare la Libia e l'Africa ai
livelli dei vecchi colonizzatori, rilanciando le tradizioni e cercando di
contrastare le contraddizioni che si vengono a creare tra usanze e metodi
passate e azioni future.
Troppo facilmente è stata presa una posizione da tutti i critici
della domenica, che si sono schierati superficialmente con o contro Gheddafi a
priori senza mai considerare o le sue luci o le sue ombre nel complesso, ma
solo una parte di questo. Per riuscire a capire davvero questa guerra e la
situazione libica non si può formulare giudizi dell'ultimo momento, con qualche
azione recente, ma solo con uno studio complessivo della vita libica e della
politica di Gheddafi, e dopo, tirando le somme delle sue luci e delle sue
ombre, esprimere un giudizio consapevole. Tale giudizio non potrà non tenere conto
dell'oggettività delle azioni fatte nel corso del tempo dal rais.
E perciò doveroso dire che il futuro che si prospetta per la Libia
con i ribelli, pronti a svenderla alle nazioni straniere, è più oscuro di
quello che potrebbe avvenire sotto Gheddafi. E bisogna sempre considerare come
l'ingerenza nei paesi stranieri, senza una reale presa di coscienza della
popolazione, e quindi l'importazione della democrazia è un fallimento che già è
stato sperimentato e che rischia di ripetersi anche il Libia. Contando anche
sul fatto che una dittatura ufficiale è più facile da combattere di una
silenziosa, e che per questo molti che erano schierati contro Gheddafi ora sono
passati dalla sua parte, poiché temono l'avanzata di un controllo più feroce da
parte degli stati stranieri, depredatori di terre, ed una più difficile
condizione per la lotta contro l'oppressione dell'uomo sull'uomo in generale.
Il danno fatto dalla guerra di "liberazione" è molto più alto di
quello che Gheddafi ha compiuto nel corso dei suoi anni di governo e si rischia
di distruggere anche le conquiste che questo è riuscito a portare al suo paese.
Ragionando, quindi, per il favore della popolazione libica e per il
suo futuro, non si può che rifiutare ferocemente la guerra, senza timore di
difendere anche Gheddafi, poiché in questo momento egli rappresenta la lotta di
Tripoli e della popolazione libica contro il neo-colonialismo straniero. Ciò
senza sprofondare in un sostegno cieco e ideologico, poiché gli errori di
Gheddafi ci sono stati, sono stati molti e vanno criticati, ma essi non possono
pregiudicare la sua funzione attuale di difensore della libertà di decisione
libica. Non si può pretendere di schierarsi contro la guerra e con
l'indipendenza della Libia senza schierarsi anche dalla parte di Gheddafi,
poiché sarebbe come sperare nella sconfitta di una squadra senza voler
ammettere che si fa il tifo per la seconda, il sostegno all'altra è implicito
ma momentaneo date le circostanze.
Bibliografia
(1)[Del Boca: op.cit;p 427.]
(2)[Alessandro Aruffo, in Gheddafi, storia di una dittatura
rivoluzionaria;p.16]
(3)[ Mehdi Mustafa, in Libia: storia di una servitù militare, n.12
del Dicembre 1970]
(4)[Ch.Sourian, in “Annuaire del’Afrique du Nord]
(5)[Il padre lo affida ad un maestro che gli insegna a memoria i
passi del corano; Alessandro Aruffo, in Gheddafi, storia di una dittatura
rivoluzionaria;p.23]
(6)[Ivi.pp.47-8]
(7)[testo della dichiarazione preso dal Midle est journal vol.24]
(8)[Cit. in Bianco p.147]
(9)[Cit. in Quaderni internazionali; p147]
(10)[Cit. in A.Savioli in Sono un rivoluzionario non un politico]
(11)[Le Monde; 13 Giugno 1973]
(12)[Sura III, 104]
(13)[Jaune Afrique n1992 ediz. 1997]
(14)[B.Woodward; "le guerre segrete della CIA", pp180;
Milano 1978]
*{1}[v.d paragrafo 2.5]
*{2}[il misto tra capitalismo e socialismo di Gheddafi fa rientrare
la Libia nella routine delle crisi di sovrapproduzione, ulteriore prova del
fatto che lo stato non avesse basi socialiste]
Altro materiale sul tenore
di vita:
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Scritti di Moammar El Gheddafi:
Fonte_ visto su NOCENSURA del 12 agosto 2014
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