Alcuni giorni fa sono ritornato in Italia per partecipare
come guest speaker ad un convegno sulle opportunità di delocalizzazione
all’estero e sugli incentivi fiscali che alcuni paesi in questo momento
riconoscono a chi è disposto ad intraprendere un’attività imprenditoriale o
professionale al di fuori dei confini italiani. Terminata la tavola
rotonda, il giorno dopo sono prontamente rientrato a Malta, senza soffermarmi
ulteriormente in Italia, solo ascoltare per alcuni minuti il tele giornale o
leggere una prima pagina di un quotidiano italiano ormai mi fa venire la
depressione e un senso di autocommiserazione. Per cui via dall’Italia il
prima possibile. Nel pomeriggio seguente decido di prendere un treno regionale
che mi avrebbe portato a Brescia dove avrei trovato lo shuttle per Orio al
Serio. Acquisto il biglietto alla stazione e salgo sulla prima carrozza
individuando subito il controllore per chiedergli di timbrarmi il biglietto in
quanto l’obliteratrice esterna era fuori servizio. Non vi erano molti
occupanti, soprattutto persone anziane e qualche studente. Il treno parte e con
la mente inizio a ripensare alle difficoltà dell’economia italiana, ai casi di
studio affrontati il giorno prima, alla rabbia di chi fa impresa e si vede
abbandonato a se stesso, alle richieste di giovani laureati che vorrebbero
emigrare alla ricerca di un futuro più gratificante.
Dopo qualche fermata sale sulla mia carrozza un giovane
diversamente bianco, vestito come un damerino, anelli di varia fattezza sulle
dita, cappellino alla Puff Daddy e scarpe sportive da almeno 100 euro.
Fa entrare nella carrozza anche una bicicletta sportiva nuova fiammante, stile
city bike, che sembrava appena comperata e la posiziona senza farsi tanti
scrupoli al mio fianco lungo il corridoio. Il controllore lo vede salire e gli
si avvicina per chiedergli il biglietto. Risposta del giovane diversamente
bianco: “No biglietto”. Il controlore a quel punto gli fa presente che deve
fare il ticket sul treno con l’aggravante della sanzione. Risposta del
diversamente bianco: “Capo no soldi, ma io bene”. Il controllore chiede a quel
punto un documento di riconoscimento per avvisare la stazione di polizia alla
prossima fermata. Risposta: “Capo, no documenti, io bene, io lavora”. A quel
punto, dopo aver notato che nella tasca destra aveva uno smartphone di qualche
centinaia di euro, mi sono alzato e sono intervenuto con una certa
decisione. “Adesso basta, ne ho fin sopra di queste scene: adesso o paghi il
biglietto come tutti gli altri o smonti dal treno”. Risposta del diversamente
bianco: “Che cazzo vuoi biondo stronzo di merda”.
Faccio notare che improvvisamente questa persona ha
dato dimostrazione di conoscere e parlare molto bene la ingua italiana,
rispetto alla pantomima che ci aveva offerto quando è salito. Inteviene con non
poca soggezione il controllore che mi invita cortesemente a sedermi e di
lasciar perdere, allo stesso tempo fa segno con la mano al giovane diversamente
bianco che deve smontare subito dal treno, il quale era ancora fermo in attesa
di una coincidenza. A quel punto inizia il turpiloquio “Pezzo di merda
che vuoi da me, vai a fare in culo”. Il controllore a quel punto con veemenza
lo incita ad abbandonare la carrozza. Risposta del diversamente bianco:
“Italiani razzisti, siete tutti figli di puttana”. Dopo altri “complimenti” che
evito di riportare per decoro editoriale, finalmente il treno riparte dopo aver
scaricato il passeggero candestino il quale a treno in movimento ha voluto
salutare tutti i viaggiatori con il dito medio alzato e svariati sputi
sui finestrini della carrozza. Si avvicina il controllore il quale mi ringrazia
per il “supporto” psicologico che gli ho dato, ma al tempo stesso mi mette
anche in guardia: “Faccia attenzione, eviti in futuro di ripetere tale
comportamento, se per caso ci fosse stato uno o più conoscenti del diversamente
bianco (lo ha indicato non con questo termine) avremmo rischiato il
linciaggio o un coltello sulla schiena.
Queste sono scene quotidiane sui treni italiani,
sostanzialmente esiste la discriminazione al contrario: gli italiani devono
pagare il ticket, mentre i diversamente bianchi hanno il privilege pass,
persino sulle tratte delle Frecce. Oltre a loro ci sono anche gli zingari ed i
rom che godono di una Exclusive Carta Viaggi che consente loro di poter
salire su un treno senza mai pagare. Grazie alla stampa radical chic e al ridicolo
buonismo di alcuni partiti politici questi diventano ulteriori motivazioni per
andarsene da un paese alla sbando privo di leadership e soprattutto
autorità. Magari in un altro articolo vedrò di raccontare una vicenda analoga
ma con esito tutt’altro diverso che ho visto di persona in Germania. I
passeggeri della carrozza che hanno assistito alla vicenda sono rimasti
sgomenti, vedevo nei loro occhi un senso di paura ed anche disagio. Quando
siamo arrivati al capo linea ho avuto tuttavia una piacevole ed inattesa
sorpresa: mentre stavo scendendo dalla carrozza con le valigie, una signora
anziana, abbronzata e molto elegante dall’accento toscano, mi si è avvicinata
furtivamente dicendomi: “Ero seduta in fondo alla carrozza, ma ho assistito a
tutta la scena, ho sempre votato per il centro sinistra e sono sempre stata a
favore dell’immigrazione, ma dopo quello che ho visto e sentito oggi con i miei
stessi occhi, alle prossime elezioni voterò per chi vuole mettere un freno
a queste vergognose situazioni”.
Fonte: srs di Eugenio Benetazzo 15 agosto
2014
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