Atrio della chiesa
della Santissima Trinità. Nel 1536 il vescovo di Verona Matteo Giberti ottenne
da papa Paolo III che il complesso della
chiesa della SS. Trinità diventasse una casa di ritiro per donne in difficoltà,
le cosiddette "Convertite". Perché assistessero alle funzioni senza
essere viste, fu eretta la loggia, un tempo protetta da grate. Un'iscrizione posta nell'atrio della chiesa
della SS. Trinità dall'arciprete Gaetano Giacobbe ricorda quest'opera insigne
del Giberti: «lo Matth. Gibertus Ep. N. coenobium puellis nuptisq. e vitae
coeno revocand. ad frugemque bonam reducendis vectig. ad tributa certisq.
legibus constituit».
VOLUME II - EPOCA IV - CAPO V
SOMMARIO. -
Santa casa della Misericordia - Conservatorio delle convertite - Compagnia
della Carità - Istituzioni rinnovate o ricostituite e migliorate.
Quanto Verona abbia sempre favorito le opere di beneficenza
per i pellegrini, per i poveri, per gli infermi comunque bisognosi dell'altrui
carità, apparisce, non fosse altro dalle Notizie
storiche delle Chiese di Verona del nostro Biancolini, nella quale opera
vengono registrati circa quaranta ospizi, eretti presso a poco entro i sette
secoli dal decimo al decimosettimo, oltre non pochi nel territorio(1).
Noi qui diremo delle opere di beneficenza erette in Verona
al principio e verso la metà del secolo XVI.
Nei primordi di questo secolo troviamo un'opera insigne di
beneficenza, l'Ospedale della
Misericordia; al quale, assai umile nel suo principio, diedero
occasione alcuni scandali di donne corrotte e corruttrici. Un semplice operaio, Giannantonio Ferrari, mantovano, lavoratore di spade, fu mosso a
pietà di due povere fanciulle tradite; ne assunse la cura ed il mantenimento, e
provvisoriamente le collocò sotto i portici della chiesa di Sant'Agnese, prossima all'anfiteatro, i covoli del quale erano, pur troppo, il
ricapito delle corruttrici. In seguito, mediante il concorso ed i sussidii di
altri benefattori, poté acquistare alcune case adiacenti alla stessa chiesa, ed
oltre le povere giovani pericolanti, vi accolse alcuni uomini e donne, che
vivevano limosinando per le vie ed alcuni infermi. Questo primo nucleo di
persone indigenti della carità altrui apparisce formato verso l'anno 1516.
Per quest'opera fu provvidenziale la venuta di S. Gaetano a Verona nel 1519. Egli ben
conobbe quanto vantaggiosa fosse questa istituzione, non solo al bene materiale
di tanti infelici, ma insieme e più ancora al loro bene spirituale e morale.
Tosto vi prestò l'opera sua, visitando, ajutando, confortando gl'infelici ivi
raccolti; ed inoltre si interessò per essi presso i rettori della Città, e poté
ottenere che fosse loro assegnata una casa più comoda ed adatta allo scopo, la
quale era di ragione all'ospitale dei ss.
Jacopo e Lazzaro di Tomba. Da allora l'istituzione fu detta Santa Casa della Misericordia,
e, nonostante le varie peripezie a cui in questi secoli andò soggetta
esiste tutt' ora e conservò lo stesso nome sino al principio del secolo scorso.
Tra gli insigni benefattori di questo ospitale fu il conte Provolo Giusti, il quale con generose
largizioni lo soccorse in vita, e più ancora col suo testamento del 12 marzo
1524.
Alla santificazione dell'opera coadjuvò molto S. Girolamo Emiliani, venuto da Venezia a Verona l'anno 1530. La sua
vita era tutta fra i poveri, coi quali e per i quali girava accattando come
essi il pane, cogliendone occasione di istruirli e promuovere in essi la vita
cristiana. Prese cura particolare dei giovani orfani (e per qualche pestilenza
e carestia erano molti), e cercò di farli ospitare nella Casa della Misericordia. Questa aggiunta di nuovi indigenti non
pregiudicò agli interessi della chiesa; anzi ne vantaggiò le condizioni per la
cooperazione che le acquistò di insigni benefattori, mons. Ludovico di Canossa ed il nostro vescovo Giammatteo Giberti. Pare che S. Girolamo abbia compilato gli statuti dell'ospitale, e che ad
istanza del vescovo Giberti abbia
concesso alcuni dei suoi chierici (detti più tardi Somaschi) all' educazione e direzione spirituale
degli orfanelli, che accolti tra gli anni 7 e 12, vi rimanevano fino ai 18.
La nuova opera era sotto la protezione di Maria, come ci
dice una incisione di Gaetano Zancon:
essa rappresenta in alto la ss. Vergine con due angeli che le tengono sollevato
il manto, e di sotto i letti degli ammalati e gli orfanelli in atto di
preghiera, con la iscrizione: «Regina
misericordiae - aegrotantium pupillorum mater - nosocomii civitatis Veronae
Mater»(2)
Verso la metà di questo secolo, essendo aumentato il numero
degli indigenti accolti nell'ospitale, e forse anche diminuiti i proventi, per
decreto del Consiglio delle Città furono assegnati alla Casa della Misericordia i beni di altre istituzioni
della città e del territorio.
Nel 1600 gli infermi degenti in quell'ospitale erano
sessanta.
Altra istituzione di beneficenza corporale, ma più ancora
spirituale, fu il Ritiro o Conservatorio
delle Convertite. Nei primordi quest'opera era una sola con la
precedente: ebbe esistenza da sè, quando per l'opera del vescovo Giberti e di S. Girolamo Emiliani si aumentò di molto il numero di donne
ravvedute. Prima necessità parve quella di trarle fuori dei pericoli: il Giberti prima le collocò in una casa di
Cittadella, poi con la sua destrezza riuscì ad avere l'ex-convento dei Benedettini Vallombrosani adiacente
alla chiesa della SS. Trinità; ed
ivi poté collocarle nel 1536. In seguito collocò tra esse le orfanelle, che
prima erano insieme con gli orfani nella Casa della Misericordia a Sant'Agnese. Un'iscrizione posta nell'atrio della
chiesa della SS. Trinità
dall'arciprete Gaetano Giacobbe
ricorda quest'opera insigne del Giberti:
«lo Matth. Gibertus Ep. N. coenobium
puellis nuptisq. e vitae coeno revocand. ad frugemque bonam reducendis vectig.
ad tributa certisq. legibus constituit»(3).
Quanto alla direzione del Conservatorio, il Giberti la affidò a Dorotea Quistelli dei principi di Mirandola; donna, che al dir di Francesco Zini, pare a venuta dal cielo
per cooperare in questa santa opera al vescovo: lo stesso Zini minutamente descrive quanto fosse corretta e quasi monastica
la vita delle donne e fanciulle ricoverate in quella casa(4). La Quistelli profuse
a pro di quella casa i suoi beni in vita e poi anche nel suo testamento: morì
nel 1551.
Altra opera di beneficenza per Verona fu la Compagnia della Carità, istituita
a sollievo spirituale e corporale dei veri indigenti. Autore primo di essa fu
il vescovo Giberti, il quale di
comune accordo con Luigi Contarini
Provveditore di Verona ne pose i primi fondamenti nel 1531. In quest'anno
insieme con alcuni deputati della città riuscì a comporre gli Statuti della Compagnia, i quali furono
poi a pieni voti accettati ed approvati dal Consiglio della città nella seduta
dell'11 maggio 1539(5).
Scopo della Compagnia
era sovvenire ai bisogni degli infermi o comunque bisognosi nella propria casa:
ma sopra il bene corporale la Compagnia tendeva allo spirituale; intento della
compagnia, dice lo stesso Zini, era
che nessuno offenda Dio, nessuno amareggi il suo prossimo, nessuno pecchi, e
nessuno manchi del cibo e delle cose necessarie, cessi ogni contrasto, ogni
odio, ogni rancore, e nell'adorare ed onorare il sommo Iddio omnium sit cor unum et anima una.
Questo intento della Compagnia apparisce chiaro anche dai suoi Statuti; i
quali suonano, non filantropia, ma vera carità cristiana. Essa fu arricchita di
indulgenze dai pontefici Clemente VII
e Paolo III, e dal 1539 in poi si
diffuse anche in molte parrocchie della diocesi. Così a Verona nel secolo XVI
si preludeva alle Conferenze di S.
Vincenzo de' Paoli. (b)
Il Monte di Pietà,
istituito a Verona sulla fine del secolo precedente, ebbe notevoli incrementi,
massime per i consigli ed i sussidi del vescovo Giberti. Inoltre per opera dello stesso vescovo in diversi luoghi
della diocesi si fondarono simili istituti: i quali tendevano soprattutto ad
impedire il dissanguamento usuraio dei contadini da parte degli Ebrei, fungendo da casse di prestito»,
A queste possiamo aggiungere altre istituzioni di
beneficenza, come l'ospedale di S. Bovo,
quello di Ognissanti, l'ospizio di S. Giovanni in Sacco ed
altre, le quali, erette antecedentemente, furono rinnovate o ricostituite e
migliorate verso la metà del secolo XVI.
NOTE
1 - BIANCOLINI, Notizie
delle Chiese di Verona, IV, pag. 786, sego Si vegga anche BAGATTA, Storia
degli spedali e degli istituti di beneficenza in Verona (Verona 1862). (a)
2 - Sac. ANTONIO
PIGHI, Origine del civico ospedale, in Verona Fedele, 23 ma9gio
1912.
3 -GIACOBBE-CINQUETTI,
Elogi funebri ecc. pag. L VIII. (Verona 1915).
4 - FR. ZINI, Boni pastoris exemplum, presso
BALLERINI, Jo M. Giberti
opera, pag. 284-288.
5 - Furono
pubblicati dai BALLERINI, Op. cit., pag. 228-221.
6 - GOTHEIN, Die
Kulturantwink. suditaliens ... , pag. 192 (Breslau 1886)
ANNOTAZIONI AGGIUNTE
AL CAP. V (a cura di Angelo Orlandi)
a) Sull'argomento
di ospedali e di assistenza si veda: V. FAINELLI, Storia degli ospedali di
Verona dai tempi di San Zeno ai giorni nostri, Verona, 1962, pp. XIII-505.;
G.F. VIVIANI, L’ assistenza agli "esposti" nella provincia di
Verona (1426-1969), Verona, 1969, pp. IV-153.
b) La
"Compagnia della Carità" si diffuse non solo nelle parrocchie della
diocesi, ma anche in altre diocesi. Nel 1542 se ne trova una a Salò: Cf. A.
CISTELLINI, La "Confraternita della Carità di Salò (1542), in Rivista
di Storia della Chiesa in Italia, A. I (1947), pp. 392-408. La diffuse poi
il card. A. Valier in alcune diocesi in cui fece la visita apostolica. Cf. A.
G. MATANIC, Il Cardinale Agostino
Valier (†1606) iniziatore della Compagnia della S. Carità in
Dalmazia ed Istria, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, A.
XXII (1968), pp. 492-495; G. MANTESE, Il card. Agostino Valier († 1606) e l'origine delle
Compagnie della Carità, in Archivio Veneto, s. V, vol. XC, pp. 5-26.
L'autore illustra le origini delle Compagnie della Carità di Vicenza e di
Sarmego.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II
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