L’imponente affresco di San Cristoforo sulla parete di
destra della chiesa di San Zeno in Verona
VOLUME II - EPOCA III – CAPO XVI
SOMMARIO. - Penuria
di documenti - I vescovi - Il capitolo - Il clero secolare - Istituzioni
monastiche preesistenti - Monasteri doppi - Fondazioni religiose recenti -
Spedali - Risveglio religioso del 1260 - Compagnie di Penitenti - Opere d'arte.
Dobbiamo pur troppo confessare che dello stato religioso e
morale del clero e del popolo veronese in questo secolo sappiamo ben poco.
Già, a differenza di altre città non lontane, la città
nostra ha pochi documenti storici di quest' epoca: essi si riducono agli Annales di Paris da Cerea, agli Annales sanctae Trinitatis; e
questi pochi documenti ci parlano di fazioni, di guerre, di congiure, di
delitti: di cose religiose e morali poco o nulla. Perfino gli stessi atti
pontificii e vescovili spettano in generale direttamente a cose politiche e
civili: per quanto spetta al lato religioso, sappiamo che la nostra città col
suo distretto fu più volte colpita da censure ecclesiastiche per il favore che
essa dava ai nemici della chiesa. Delle condizioni religiose e morali
accenneremo a quel poco che sappiamo spesso più per induzione, che per
testimonianze storiche.
Certamente dovette essere deplorevole lo stato del clero,
soprattutto per le vicende disastrose, a cui era esposta l'autorità vescovile.(1) I vescovi spesso erano imposti dal
partito prevalente, per lo più dal ghibellino. I vescovi eletti canonicamente, e quelli
stessi creati direttamente dai Papi, ordinariamente non poteano risiedere a
Verona; qualcuno non vi fu forse mai; qualcuno non ebbe neppure la
consacrazione episcopale: si aggiunga che parecchi di essi erano più uomini
politici o condottieri militari, che pastori di anime.
Il Capitolo della
cattedrale era composto spesso di sacerdoti e chierici devoti alla causa
imperiale e ghibellina.(a) Per questo motivo i papi talvolta avocarono a
sé la nomina del vescovo; tal altra scomunicarono alcuni dei canonici: il papa Alessandro IV commise al card. Ottaviano di S. Maria in Via Lata
e al priore degli Agostiniani di S.
Leonardo di assolvere dalle censure i canonici della cattedrale; forse le
aveano incorse per le questioni della elezione del vescovo dopo la morte di Jacopo di Breganze.
Sappiamo che sussisteva in Verona la Congregazione del clero intrinseco: che essa fosse
animata da buono spirito possiamo dedurlo da ciò, che il vescovo di Brescia avrebbe voluto costituirne una
simile nella sua città, e che Onorio III
approvava tale divisamento.(2) di
essa si dice che avesse nientemeno che la facoltà « visitandi excommunicandi, absolvendi sibi subditos ».(3) Quanto all'istruzione del clero, si
dice bensì che al principio del secolo XIII esisteva in Verona la scuola per i
sacerdoti, che v' erano « magistri »
e « lectores »(4): ma tali notizie poco
valgono ad affermare che il nostro clero fosse istruito quanto esigerebbero i
suoi ministeri: le poche opere teologiche, che abbiamo, sono di due vescovi, prima
regolari.
Poco sappiamo altresì della moralità del clero: ma verso
l'anno 1220 il card. Ostiense Legato
della S. Sede promulgò in Verona un decreto « contra simoniacos »: in forza di tal decreto parecchi sacerdoti
furono scomunicati; ed in seguito lo stesso Onorio III con breve 6 febbraio
1224 concesse al nostro vescovo
Norandino la facoltà di assolverli dalla scomunica, e di dispensare dalla
irregolarità coloro che l'avessero contratta celebrando.(5) Sappiamo che anche al tempo di Ezelino alcuni per aver favorito il tiranno furono puniti con
censure da Alessandro IV. È chiaro che trovandosi spesso proibite le
sacre funzioni e chiuse le chiese, anche lo spirito religioso si dovea
illanguidire ogni dì più nei fedeli.
Passando al clero regolare, dobbiamo distinguere le
istituzioni monastiche preesistenti dalle fondazioni religiose nuove.
Nelle istituzioni preesistenti si hanno spesso a deplorare
discordie e lotte interne, causate parte dalle ricchezze, parte dalle discordie
e lotte cittadine: di qui un rilassamento nella disciplina monastica.
Accenneremo a pochi fatti.
Nel monastero di S.
Zeno verso l'anno 1220 un monaco di nome Avanzio uccise l'abate Riprando
suo fratello, e poi ricorse a mille astuzie e prepotenze per averne l'impunità:
ne tratta una lettera di Onorio III
al vescovo di Verona, all'abate di S. Nazaro ed all'arciprete della
cattedrale, data il 17 marzo 1225(6).
Dell'abate Giuseppe
Della Scala si dice che abbia avuto tre figli: inoltre verso la metà di
questo secolo vi troviamo contemporanei due abati.(7)
Nel monastero di S. Fermo i Benedettini andarono sempre
diminuendo di numero: obbligati per questo motivo a cedere quel monastero ai Frati Minori, resisterono finché
visse il loro patrono, Ezelino.
Dopo il 1253 troviamo gravi discordie nel monastero di S. Maria in Organo: (b) dove nel 1282 i monaci erano ridotti
a due: e nel principio del secolo seguente alcuni monaci insultarono e ferirono
l'abate Alberto; cosicché il vescovo
Tebaldo mandò come inquisitore a
quel monastero un suo vicario Giovanni
con Paolo arciprete.(8)
Nel monastero di S.
Martino di Avesa l'anno 1234 due novizii si opposero con le armi alla
elezione del priore: di essi dice il pontefice Gregorio IX in un breve 22 giugno che erano « novitii pestilentes et infames; quorum unus, dum esset in saeculo de
ponte in Actesim fluvium fratrem suae praecipitavit uxoris, et alter homicida
dicitur manifestus ».(9)
Anche fra le Benedettine
di S. Michele troviamo gravi disordini. Il monastero fu invaso e
orribilmente devastato da Ezelino
nel 1226: le monache disperse, e di esse una buona parte non tornò più nel
monastero. Tra quelle ritornate sorse tosto una scissura, tanto che una buona
parte di esse si mise sotto il protettorato di Federico II. Al principio del 1237 furono elette due badesse:
ambedue ricorsero a Roma, ed il Papa
Gregorio IX le sospese ambedue, e sottopose il monastero ad un interdetto
che durò venticinque anni: lo scisma durò ancora sino al 1270, cosicché al
capitolo generale indetto per la elezione della badessa nel 1274 non
intervennero che nove monache. Sotto queste scissure lavoravano i canonici
della cattedrale; i quali, dopo composta in qualche modo la pace tra le monache
avanzarono pretese sul loro regime e sui loro diritti: la contesa fu portata a
Roma nel 1278; fu risolta a favore delle monache da Onorio IV nel 1286.(c)
Né si può negare che alcuni monasteri fossero doppi:
contenessero, cioé, con qualche interna divisione frati e suore. Tuttavia non
abbiamo documenti, che ci attestino disordini di ordine morale; benché
qualcuno, ansioso di far conoscere « Verona
sconosciuta» abbia riferito, senza recar documenti, disordini enormi. Ai disordini verificatisi sul principio del
secolo XII nell'unico monastero di S.
Giorgio avea efficacemente rimediato il vescovo Bernardo.
Assai migliori erano le condizioni delle fondazioni nuove,
forse più consentanee alle esigenze del secolo XIII.
Di queste nella seconda metà del secolo i Frati Minori cresciuti di numero
passarono nel monastero assai ampio di S.
Fermo. Per lo stesso motivo gli Agostiniani vennero a Sant'Eufemia, i Domenicani presso l'antica chiesa di Sant'Anastasia. I canonici
di S. Marco, diminuirono bensì nel convento di S. Maria Maddalena in Campo Marzo; ma aumentarono in quello di S. Leonardo sul monte Donnico; cosicché nel 1281 erano
sessanta. Verso la metà di questo secolo gli Umiliati avevano almeno dodici case, parte nella città, parte nel distretto.
Noi non affermeremo che sia del tutto provata la perfetta
ortodossia di questi religiosi presso di noi e la loro vita intemerata; ma
certo non abbiamo alcun documento in contrario. Avevano essi pure monasteri
doppi, ma non senza qualche divisione tra frati e suore: che se Giovanni XXII(10) con breve del 21 ottobre
1328 prescrisse a loro una conveniente separazione « per intervalla distantia », ciò egli fece interpellato dallo stesso
Maestro degli Umiliati ed allo scopo
di reprimere certe intrusioni forzate tra le suore, imposte loro dai tiranni, «
per vim et metum tiranpnorum aliorumque potentium »; i quali talvolta
voleano intrudere « concubinas et
mulieres alias inhonestas ».(11)
Fioriva pure il monastero delle suore Minori a S. Maria delle Vergini in Campo Marzo.
Di esse affermava Innocenzo IV in un
breve 28 luglio 1246 che « divinis
laudibus frequenter invigilant et piae vitae studio sine intermissione desudant
». In quel breve concedeva loro che potessero usar vino e brodo, « excepta sexta feria, qua semper pane et
acqua jejunetur » e così pure che per dormire potessero usare sacchi e
capezzali di paglia.(12) Una prova
della stima che esse godevano presso la Santa Sede abbiamo in questo, che entro
lo spazio di circa cinquant'anni (1230-1279) si hanno almeno sessanta bolle e
brevi alle loro badesse rivolte dai Romani
Pontefici.(13)
Sappiamo pure quale concetto della loro santità avessero i
veronesi, mentre anche tra le famiglie nobili moltissime donne e fanciulle si
ritiravano a vita solitaria nel monastero di S. Maria delle Vergini: tra queste furono parecchie delle famiglie Del Palazzo, De Grippi, Della Scala.
Nel 1283, non bastando a contenerle tutte il monastero, il comune di Verona
donò loro un tratto di terreno contiguo, perché fosse ampliato.(14)
Anche il recente monastero delle suore Domenicane presso il luogo detto Acqua traversa poco lontano dalla chiesa di S. Giorgio in Braida ci dà nei suoi
pochi documenti tutti gli indizi di vita veramente religiosa.
La sua prima istituzione venne certamente dai Domenicani, che stavano presso la
chiesa vicina di S. Maria Mater
Domini: il vescovo Jacopo
di Breganze le approvò e le prese sotto la sua protezione con decreto dato
da Mozambano il 22 gennaio 1244;(15) al suo incremento provvide con
donazione di terreni Clementino
arciprete di S. Giorgio di Valpolicella.
Questo fiorire delle nuove fondazioni prova che esse
s'aveano cattivato la stima dei buoni, e che molti di essi, uomini e donne,
bramosi di provvedere alla pace delle loro anime, vedeano non darsi altra via
che quella di fuggire dal mondo e ritirarsi nei nuovi chiostri(d).
Al medesimo scopo si moltiplicarono in questo secolo quelli,
che già dal secolo precedente si diceano conversi.
Erano uomini e donne ordinariamente provetti in età, che portavano i loro
beni a qualche monastero, e quivi prestavano l'opera loro nell'amministrazione
dei beni, nel lavoro dei campi od in qualche officina del monastero. Altri si
ritiravano dal mondo chiudendosi in qualche casetta (romitaggio) della
campagna, o nelle adiacenze di qualche monastero: si dicevano, inclusi inclusae.
Un'altra opera buona troviamo ben radicata in Verona e nel
suo distretto: è quella degli ospitali.
Scopo di parecchi era
dare ospizio per qualche giorno e qualche notte a coloro che passassero di qui
per andar in pellegrinaggio in Terra
Santa od ai sepolcri degli apostoli in Roma
od a. S. Giacomo in Compostella;
tali erano quelli del santo Sepolcro,
di Sant'Antonio al Corso, di Sant'Alessio, ed altri.
C'eran però anche
ospitali destinati ad ospitare e curare gli infermi: tra questi era principale
quello dei Santi Jacopo e Lazzaro
nel suburbio detto Tomba; il quale
fu poi spogliato di tutti i suoi beni da Ezelino
nel 1257, e ben tosto rimesso per la generosità dei veronesi, incoraggiati
da un breve di Alessandro IV l'anno
1263. Altri ospitali fondati nel secolo XID furono quelli di S. Daniele e S. Croce presso la porta
Rofiolana l'anno 1281: così pure quello di S. Gregorio fondato da una confraternita di penitenti verso il
1270. Altri pure se ne trovano fondati in questo secolo o nel precedente in
parecchi luoghi del distretto.
L'anno del risveglio religioso in Italia fu il 1260.
In tale anno i popoli d'Italia si sentirono quasi spaventati
delle loro condizioni: al vedere città distrutte, terre deserte, famiglie
sterminate, sotto l'incubo di tanti disastri ed il timore d'un avvenir peggiore
cominciarono a dare ascolto alle parole di religiosi, che nelle vie e nelle
piazze predicavan la pace e, come via alla pace mostravano la necessità di
pubbliche preghiere e di penitenze straordinarie. Tra queste fu assai diffusa nell'Italia
Superiore quella detta batimentum,
betisterium, scova, scopula, ecc.(16).
In Verona nulla troviamo di simile: gli stessi Annales
Veronenses all'anno 1260 parlano di queste pubbliche
processioni penitenziali in Perugia,
Bologna, Modena, Reggio, Parma, ma Verona non vi è nominata.(17)
Verona avea ancora a pensare alle censure, dalle quali fu
colpita anche dopo il 1260 da Clemente
IV, Gregorio IX, Giovanni XXI, e dallo stesso Nicolò III in “coena Domini"
nel 1278(18): più tardi fu assolta
dai Legati dello stesso Pontefice.
Qui invece abbiamo notizie di una forma penitenziale più
seria; una compagnia di Penitenti
esisteva almeno dal 1270 nella chiesa di S.
Gregorio nella via, che ora conduce alla chiesetta del Terraglio: qui le penitenze si facevano in chiesa, anziché per le
pubbliche vie; ed in pari tempo si provveddeva ad un'opera penitenziale insieme
e caritatevole, quale è l'assistenza agli infermi. Simili compagnie troviamo nel secolo seguente
presso le chiese di S. Procolo, di S.
Maria Novella, di S. Maria della Fratta, di S. Bovo: ma di nessuna tra queste
abbiamo dati certi nel secolo XlII.
Chiuderemo questa relazione sommaria con un accenno ad
alcune opere d'arte ideate ed eseguite dagli ultimi decenni del secolo XII a
tutto il secolo XIII.
Nella basilica di S. Zeno appartengono a quest' epoca la
decorazione della fronte e degli archi della cripta opera di Adamino di S. Giorgio: così pure le
statue del Redentore e dei dodici Apostoli poste sopra i detti archi or son
pochi anni: ed anche la rozza Madonna
bizantina, il grande S. Cristoforo
ed 'altri affreschi della cripta e della chiesa superiore: la Ruota della fortuna è opera del Brioloto sulla fine del secolo XII.
Son pure di quest'epoca il magnifico battistero di S. Giovanni in Fonte, la Madonna con S. Giovanni e S. Zeno nella chiesa del santo Sepolcro (S. Toscana); alcuni affreschi
nella chiesa di S. Maria Antica; i
due rilievi del maestro Poia o Pulia
nel cortile di S. Giovanni in Foro e
nella chiesa di S. Giovanni in Valle.
Né è da trascurare la celebre mitra
detta di S. Zeno: né l'altra della
chiesa di S. Stefano. Aggiungeremo
che in questo secolo si dié principio alle due chiese grandiose di S. Pietro martire (Sant'Anastasia), Sant'Eufemia.
Queste ed altre opere minori sono ben molto per il secolo XIII, che si può dire
il più degradato nella storia della chiesa veronese.
NOTE
1 - Vedi sopra Capo
XIV. pag. 111-117
2 - BIANCOUNI, Serie
dei Vescovi. Docum.IX, pag. 84.
3 - UGHELU, Italia
sacra. Tomo V, col. 803; Notizie spettanti al Capit. di Verona, pag.
77.
4 - SPAGNOLO, Le
scuole acolitali in Verona, pag. 8.
5 - BIANCOLINI, Serie
... Docum. Pag. 86; POTTHAST, Regesta RR. PP. Num. 7160. PRESSUTI, Regesta
Honorii III. Num. 4752, VoI. II, pag. 204 (Romae 1895).
6 - BIANCOLINI, Serie
... Docum. Xv. Pag. 89-91; POTTHAST, Op. cit. Num. 7549; PRESSUTI, Op.
cit. Num. 5804, II, pag. 410.
7 - BIANCOLINI, Chiese.
IV pag. 770.
8 - BIANCOLINI, Chiese
I, pag. 303, 304.
9 - BIANCOLINI, Serie
dei Vescovi Docum. XVII, pago 83 - I monaci ridotti ai minimi termini
furono dispersi in altri monasteri: quello di S. Martino fu riservato tutto
alle suore. BIANCOLINI, Chiese VII. 109.
10 - FINETTI, l'antico
monastero ... a S. Michele in Campagna, pag. 20-24.
11 - BIANCOLINI, Chiese
VI Docum. LXX, pag. 223.
12 - BIANCOLINI, Chiese
IV, pag. 692.
13 - ARRIGHI, Cenno
storico intorno al monastero di S. Maria delle Vergini, pag.30.
14 - ARRIGHI, Op.
cit. Docum. VI, pag. 74-76.
15 - BIANCOLINI, Chiese
VII. Docum. XXXVII, pag. 192-195.
16 - MURATORI, Rerum
Italic. Script. Tom. IX, col. 748
17 - CIPOLLA, Antiche
cronache veronesi, pag. 410.
18 - GAY, Les
Registres de Nicolaus III, pag. 93 (Paris 1898).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE
AL CAP. XVI (a cura di Angelo Orlandi)
a) Per i canonici
e la situazione del Capitolo si possono vedere vari documenti pubblicati da W.
Hagemann e da D. Savoia: W. HAGEMANN, Documenti sconosciuti dell'archivio
Capitolare di Verona per la storia degli Scaligeri (1259-1304), in Scritti
in onore di mons. Giuseppe Turrini, Verona 1973, pp. 319-397. D. SAVOIA, Verona
e Innocenzo III. Nuovi documenti sulle
chiese veronesi. Parte I, e Parte II, in Studi Storici Luigi Simeoni Vol. 35 (1985), pp. 81-410 e Vol. 36
(1986), pp. 233-287.
b) G. M.
VARANINI, La Valpolicella dal Duecento al Quattrocento, Verona 1985,
Alle pp. 281-282 e 285-286 pubblica documenti in cui appaiono difficoltà di
rapporti tra il monastero di S. Maria in Organo e i vassalli e altri dove sono
esposte e lamentate le alienazioni di beni fatte dall'ab. Bernardo, riguardanti
questo periodo.
c) Già al
principio del sec. XIII vi erano state discordie tra il monastero di S. Michele
e quello di S. Pancrazio ed anche con i canonici. Se ne vedano documenti in D.
SAVOIA, Verona e Innocenzo III .. cit., p. 277, doc. III.
d) Un segno della
stima che godevano gli ordini nuovi si può vedere nel testamento di Ottone da
Bure del 1286, che tra i primi destinatari dei lasciti elenca i recenti
conventi dei Minori, dei Domenicani e degli Agostiniani. Dallo stesso documento
si sa che un figlio del testatore era tra i canonici di S. Leonardo. G. M.
VARANINI, La Valpolicella dal Duecento ... cit., pp. 284-285. Si tenga
presente pure: G. M. VARANINl, Per la storia dei Minori a Verona nel
Duecento, in Civis. Studi e testi, A. VII (1983), pp. 91-125. Sull'argomento delle istituzioni monastiche e
religiose si possono trarre notizie e indicazioni bibliografiche da Chiese e
monasteri di Verona (a cura di G. Borelli), Verona 1980, pp. XXX-734; e Chiese
e monasteri nel territorio veronese (a cura di G. Borelli), Verona 1981,
pp. 741, ili.
e) Per l'arte in
questo periodo si veda: ANGIOLA MARIA ROMANINI, L'arte romanica, in Verona e il suo
territorio, II, Verona 1964, pp.
583-777.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II
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