Il vecchio Altare Maggiore nel tornacoro del Duomo di Verona con il grande stemma del
Canossa; Lodovico di Canossa fu sepolto
il 3 febbraio nel duomo di Verona, nel coro dinanzi all'altar maggiore;
Bernardo Donato pronunziò l'orazione funebre. Sulla tomba venne successivamente
collocata una lapide con il suo stemma, e i suoi nipoti vi aggiunsero poi un
epitaffio; nel 1544 vi venne sepolto il Giberti, deceduto l'anno prima.
VOLUME II -
EPOCA IV - CAPO III
SOMMARIO. - Lodovico di Canossa - Adamo Fumano -
Bernardino Maffei - Sant'Angela Merici - B. Lucia - Francesco Zini - Giovanni
Del Bene - Nicolò Ormaneto - Onofrio Panvinio.
Un erudito scrittore veronese, parlando del secolo XVI, dice
che esso per Verona fu «il periodo più
splendido della nostra cultura classica» (1).
Noi, avendo assunto come compito nostro,
non di esporre la storia di Verona, ma soltanto di dare alcuni cenni storici
sulla sua chiesa, diremo soltanto di quelle glorie che spettano alla chiesa,
sia pér il grado delle persone in sè, sia per la natura delle opere da loro
istituite o favorite; seguendo presso a poco un ordine cronologico.
Il primo personaggio,
celebre, che ci si presenta nei primi decenni del secolo XVI, è il conte Lodovico di Canossa, nato
in Verona l'anno 1476 da Bartolomeo
ed Isabella degli Uberti(2). Ancor
giovane, sia per le sue doti personali, sia per la nobiltà della sua famiglia,
si trovò impigliato in affari politici; prima presso il duca di Urbino, poi in Roma nella Corte Pontificia sottò i papi Giulio II, Leone X, Adriano VI. Nel 1514 da Leone X fu mandato per una legazione a Londra, dove entrò in relazione con Erasmo di Rotterdam. Nel 1515 era in Francia, dove si cattivò
tosto la stima ed il favore del nuovo re
Francesco I, il quale poi nel 1525 lo mandò come suo ambasciatore presso la
Repubblica Veneta. In questo ufficio
tenuto per oltre tre anni lavorò indefesso per gli interessi del suo re, massime
nelle terribili lotte disastrose con l'imperatore Carlo V. Fin qui il conte
Canossa diplomatico.
Ma egli, non sappiamo in quale anno, fu ordinato sacerdote;
anzi nel 1511 fu nominato vescovo di
Tricarico; al quale vescovado rinunziò poi nel 1528: nel 1516 per la
interposizione di Francesco I fu
nominato vescovo di Bayeux in Francia;
al quale vescovado rinunciò nel 1530, quando per la sua malferma salute vide di
non potersi dedicare alla cura della sua chiesa. La vita del Canossa anche nella carriera ecclesiastica,
massime per la correttezza dei suoi costumi, per il suo zelo illuminato e per
la sua operosità, fu assai encomiata da uomini illustri e da nostri scrittori
del secolo XVI.
Sia come diplomatico, sia come vescovo, il Canossa fu in intima e cordiale
amicizia congiunto al nostro vescovo Giammatteo
Giberti; come ci attesta la copiosa corrispondenza epistolare tra di loro.
Si disse che talvolta nelle cose politiche il Canossa abbia avuti alcuni screzi col Giberti. Certamente l'uno e l'altro amavano la Chiesa e la Santa
Sede, e ambedue la volevano libera da qualsiasi prepotenza estranea: il Canossa ambasciatore del re di Francia favoriva gli interessi
del suo rappresentato; ma anche il Giberti
propendeva piuttosto alla Francia
che alla Germania e alla Spagna. Dunque, se tra i due
diplomatici vi fu qualche divergenza, non potè essere che su qualche punto
particolare e di importanza secondaria. La
prova principale di questi screzi si avrebbe nella famosa lettera anonima
scritta da Venezia al Giberti con la data 11 dicembre 1526, della quale
si vorrebbe fosse autore il Canossa(3): ora noi altrove abbiamo dimostrato
che quella lettera certamente non è di lui(4).
Il Canossa coadiuvò il Giberti
nella riforma della chiesa veronese e nel mantenimento di opere di
beneficenza istituite a tutela dell' onestà dei costumi. Ancor vivente dava al Giberti somme cospicue a questo scopo:
altre ne lasciò a lui nel suo testamento per la fabbrica dell'ospedale della Misericordia, per la
dotazione del Conservatorio della SS.
Trinità, per la costruzione del tornacoro nella cattedrale.
Una recente biografista del Canossa dice che gli scrittori veronesi non convengono sulla data
della morte di mons. Lodovico di Canossa.
Ora quella data è certa da un manoscritto della Biblioteca comunale spettante
al secolo XVI, che con circostanze minute ci dà l'anno, il mese, il giorno:
questo fu il 31 gennaio 1532. Certi di
far cosa grata ai lettori, lo diamo testuale:
«Reverendissimo Monsignore Vescovo di Bagus morite adi 31 zenarro 1532
et morite in di merchorri, Li soi parenti e neuodi fioli de uno suo fratello
che fu el Conte Bacharin da cha nosso ... li qual parenti e neuodi tene el
corpo morto in chassa fina adi 3 febrarro 1532 et ha hore 22 el fu sepulto Et
fu ... fato un bel sequio a, sua segnoria, et li andò tuti le monesteri di
frati che vano ali corpi, e tuti li preti de domo et tuti li parochian delle
gessie dele contrade et tute le scholle et compagnie delle gessie dela
magnifica cità de Verona. Et li andò monsignor Veschovo de Verona con li
magnifici retorri chamerlenghi et conti et marchesi e zentilhomeni et tuta la
tera. Et li fu fato un belissimo hobito a sua segnoria per eser tanto homo da
ben et ben voludo da la terra. Et fu sepulto sua segnoria in ne la gessia del
domo dela magnifica cita de Verona. El zorno seguene li suoi neuodi et parenti
fece una lemosina a poveri 6000 a tuti segnento pan et uno pocho de salle per
uno»(5).
Si noti l'uso, che aveano le case illustri di fare dopo il
funerale dei parenti, l'elemosina ai poveri dando a ciascuno un pane ed un'po'
di sale. (a)
Una gloria della chiesa veronese e particolarmente del
Capitolo della nostra cattedrale fu Adamo
Fumano.
Nato verso gli anni 1506-1508, studiò le lingue greca e
latina a Padova sotto il magistero
del celebre Romolo Amaseo, ed ancor
giovane fu tra i più accetti famigliari del nostro vescovo Giberti. Da Giberti nel
1535 ebbe la parrocchia di Villafranca:
dello stesso fu socio nella legazione di lui e del Polo in Francia e nel Belgio per lo scisma d'Inghilterra: nel 1541 accompagnò il card. Gaspare Contarini alla dieta di Ratisbona. Defunto il vescovo Giberti, il Fumano ne lesse una bella e commovente orazione funebre che fu più
volte interrotta dalle lagrime dell'oratore e degli uditori(6).
Poco di poi fu ascritto fra i canonici della cattedrale: vi
fu ammesso secondo il rito «ducendo eum
per ipsas ecclesias et ante altare maius genibus flexis orare faciendo, cornua
illius osculari, candelabra de loco ad locum removendo, campanas pulsando,
portas claudendo et reclaudendo et omnes alios actus fieri faciendo qui in
similibus possessibus soliti sunt et requisiti in signum verae et actualis possessionis
et tenutae acceptaes»(7). Questa
immissione in possesso si fece il giorno 16 maggio 1549 nella chiesa di S. Elena.
Nell'anno 1562 accompagnò il nostro vescovo Bernardo Navagero, Legato di Pio IV al Concilio di Trento, e poco di poi col consenso del Pontefice fu
ascritto tra i segretari del Concilio(8)
in quella occasione portò con sé e fece conoscere ed apprezzare ai Padri del
Concilio le costituzioni dei nostri vescovi, Tebaldo e Giberti.
Stette pure a Trento insieme al
vescovo nostro Agostino Valier, al
quale nei ritagli di tempo interpretava e commentava le omelie di S. Gregorio Nazianzeno. Terminato il Concilio,
tornò a Verona, ed ivi nel 1566 fu
eletto vigilatore degli Accoliti.
Oltrecché sacerdote integerrimo, il Fumano fu insigne letterato, autore di opere insigni e traduttore
di varie omelie di S. Basilio e di S. Giovanni Crisostomo. Opera sua originale
è un poema sulla logica «Logices
libri quinques»;
il quale non fu pubblicato che due secoli più tardi nel 1739. Altre due
opere autografe ed inedite si trovano nella Biblioteca capitolare: «Observationes verborum seu nomenclator
verborum obscuriorum» e «Collectanea
rerum ad Ecclesiam Veronensem et Canonicorum Capitulum pertinentium». Morì
ottuagenario nei primi mesi del 1587(9).
(b)
Romano, ma pur anco veronese, fu Bernardino Maffei. romano, perchè nato a Roma da Girolamo ed Antonia de
Maffei l'anno 1514: veronese, sia perchè oriundo di famiglia veronese, sia
perchè ebbe la sua educazione ecclesiastica in Verona, ed ivi sercitò parecchi officii.
Fatti i primi suoi studi a Padova, venne a Verona
presso il vescovo Giberti, dal quale
fu nominato parroco di Zevio e poi
canonico della cattedrale. In seguito tornato a Roma, fu segretario del card. Alessandro
Farnese e poi anche dello stesso Farnese
creato Papa col nome Paolo III: fu
vescovo di Massa Carrara e poi di Chieti. Anche in questi offici lungi da Verona conservò amicizia e
relazione col Giberti, con Francesco della Torre, col Flaminio. Nell'ufficio di segretario
del papa ebbe frequenti corrispondenze per occasione del Concilio di Trento e per i dissidii con l'imperatore Carlo V (10): dallo stesso Paolo III nel concistoro 8 aprile 1549
fu creato cardinale del titolo di S.
Ciriaco. Di questo onore dice il
Flaminio: «sumrna quem virtus tibi
tradidit»: il Consiglio di Verona deliberò: «Bernardino Maffeo civi veronensi Cardinali electo publicae congratulationis litterae scribantur»(11).
Morì in età ancor fiorente il 16 luglio 1553, e fu sepolto
nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
Avea scritto una vita di Paolo III,
e notizie sul conclave in cui fu eletto; alcuni commentari sulle lettere di Cicerone, un trattato sugli antichi
vasi, rilievi e basso-rilievi, sulle medaglie antiche, ecc. Il Tiraboschi lo encomia come insigne
erudito e grande latinista(12)
Una gloria della nostra diocesi fu Sant'Angela Merici nata a Desenzano nel 1474 da Giovanni Merici e Biancosa Biancosi(13). Passò i suoi primi quaranta anni,
parte in Desenzano, parte a Salò e poi nuovamente a Desenzano: ascritta al Terz'Ordine di S. Francesco, votò a Dio
la sua verginità, e fu modello di ogni virtù ai suoi famigliari ed a quanti
avevano la grazia di avvicinarla.
Nell'anno 1516 andò a
Brescia; di dove nel 1524 andò in
pellegrinaggio in Terra Santa, poi a
Roma per il giubileo del 1525, e più
volte al santuario di Varallo.
Verso il 1530 diè principio ad un sodalizio di vergini
viventi in seno alla propria famiglia, le quali e con l'esempio e con la parola
fossero apostole della fede e della vita cristiana. La nuova congregazione
sorta sotto il patrocinio di Sant'Orsola
si può dire legalmente costituita nel 1534, canonicamente approvata dal card. Andrea Cornaro vescovo di Brescia con decreto dato l'8 agosto
1539. Però poco sopravvisse la santa
fondatrice: essa santamente morì in Brescia il 27 gennaio dell'anno seguente
nella casa del sodalizio presso la chiesa
di Sant'Afra; le sacre sue spoglie
furono sepolte nel sotterraneo della stessa chiesa; ora si trovano nella chiesa
superiore. ( c)
A superiora della Congregazione fu allora eletta la contessa
Lucrezia di Lodrone; la quale
avrebbe voluto che le vergini Orsoline
a segno della loro verginità portassero una cintura di cuoio. Questa novità
incontrò una forte opposizione: ma il papa Paolo
III con una bolla data il giorno 9 giugno 1544 confermava la società di
vergini fondata in Brescia sotto il patrocinio di Sant'Orsola: ed in seguito concedeva una speciale indulgenza a
tutte quelle, che portassero sul vestito quel simbolo della verginità. La bolla
è indirizzata “Episcopo Veronensi
(dovea essere Pietro Lippomano non
ancora entrato nella diocesi), Archidiacono,
Archipresbytero Ecclesiae Brixiensis”(14):
la sede vescovile di Brescia era
vacante.
Il santo arcivescovo
di Milano, S. Carlo, favorì la nuova
Congregazione, istituendola a Milano l'anno 1560: pare che l'abbia pur fatta
conoscere ad apprezzare anche a Verona. Qui però fu istituita soltanto
nell'anno 1570: la prima protettrice e governatrice fu la contessa Lucrezia da Sacco: le vergini, abitando
nelle proprie famiglie, si adunavano, ora in una chiesa, ora in un'altra, per i
loro esercizi di pietà. A principio del
secolo seguente poterono avere una casa comune con annesso oratorio in Cittadella, (15) detta della Madonnina.
Il nostro solerte investigatore di cose veronesi pone qui la
B. Lucia.
Nata a Verona nel
1500, entrò ancor giovanetta nell'Ordine
delle Mantellate dei Servi di Maria:
si dedicò tutta nell'assistenza degli infermi nell' ospedale della Misericordia; e specialmente in
occasione d'una pestilenza nel 1574. Morì essa pure di questo morbo in una casa
del Campo Marzo, forse presso la
chiesetta, che ivi esisteva. Nel calendario dei Serviti la memoria della B. Lucia si celebra il giorno 31 del
mese di marzo.(16)
Francesco Zini
nacque a Verona nel secondo decennio del secolo XVI. Ancor giovane ebbe la
grazia di essere ammesso tra i famigliari del Giberti; grazia, che egli stesso riconosceva essere il più grande
beneficio a lui dato da Dio.
Fatti i suoi studi a Padova,
fu qualche tempo maestro nella scuola degli Accoliti: poi fu chiamato a Padova
ad insegnarvi etica in quella accademia. Dal vescovo Luigi Lippomano fu mandato a reggere la parrochia di Lonato; e forse da allora contrasse
intima relazione col card. Reginaldo
Polo, che talvolta si ritirava a vita privata a Maguzzano. Fu pure canonico della nostra cattedrale; e poi nel 1544
il vescovo gli diè a reggere la parrocchia di S. Stefano, nella quale terminò la sua vita mortale l'anno 1580. (d)
Quanto alle sue doti letterarie era eruditissimo nelle due
lingue, greca e latina: tradusse in latino alcune omelie di S. Giovanni Damasceno sul culto delle
sacre immagini: tradusse pure alcune opere di S. Gregorio Nazianzeno, di S.
Gregorio Nisseno, di S. Efrem Siro
ed altri. Opera tutta sua, e breve, ma classica, è «Boni Pastoris exemplum» (17): il Pastore modello è il vescovo Giammatteo Giberti; e dell'opuscolo considerato in se stesso dice
uno scrittore nostro che esso dovrebbe esser nelle mani di ogni sacerdote
preposto alla cura delle anime.(18)
Anche Giovanni Del
Bene fu istruito ed educato alla scuola del vescovo Giberti; fu poi arciprete di S. Stefano, e di lui si giovarono per
servizi alla chiesa veronese Giberti
e Luigi Lippomano. Scrisse un' opera
dogmatica contro le eresie del suo tempo, e varie poesie. Ma l'opera principale
di lui sono i Sermoni sopra gli
Evangeli di tutto l'anno. Dopo averli scritti per ordine del
vescovo Lippomano, li mandò a lui
che si trovava a Roma: questi li
vide e li ritoccò, e li fece rivedere e ritoccare a Tullio Crispoldi: ma intanto l'autore Giovanni moriva nella seconda metà dell'agosto 1559; il suo
fratello Niccolò arciprete di Isola della Scala li fece poi stampare
a Venezia l'anno 1575: il nostro Scipione Maffei dice che quei Sermoni erano
opportunissimi al clero anche nel secolo XVIII: noi aggiungiamo che sarebbero
utilissimi ai sacerdoti preposti alla cura delle anime anche al presente, qualora
fossero un pò modernizzati nelle diciture. Il Del Bene fu assai famigliare al card. Seripando; il
quale celebra la munificienza principesca, con cui egli lo avea ospitato nella
sua villa a Volargne, mentre tornava
da Lovanio.(19)
Alla scuola del vescovo Giberti
attinse pure la sua formazione sacerdotale e diplomatica Nicolò Ormaneto, nato a Verona al princìpio dello stesso secolo
XVI.
Ancor giovane fu conosciuto, stimato, amato dal Giberti, che lo ordinò sacerdote, e più
volte lo volle socio nelle visite della diocesi, affidando a lui gli affari più
scabrosi. Nel 1540 per ordine del suo vescovo accettò la parrocchia di Bovolone, e la resse con tanta sapienza
e carità, che quei parrochiani, dopo la sua morte, ne vollero perennare la
memoria, benchè già da molti anni ne avesse dovuto abbandonare la cura.(20) Morto il vescovo Giberti, fu stimatissimo e carissimo ai due vescovi Lippomani, Pietro e Luigi.
I dissidii religiosi e politici che agitavano l'Europa nella seconda metà del secolo
XVI, e le doti singolari ond'era adorno l'Ormaneto,
esigettero che egli, anzichè alla cura della sua parrocchia, dovesse trovarsi
avvolto in affari di ordine pubblico. Già nel 1554 dovette adattarsi alle
insistenti preghiere del card. Polo,
ed accompagnarlo nella legazione a lui commessa dal papa Giulio III per far
tornare l'Inghilterra all'unità
della Chiesa cattolica: quella
legazione lo tenne lontano dalla sua parrochia per circa tre anni, mandato dal
cardinale una volta a Roma,(21) altra volta all'imperatore. Per le
rare doti da lui spiegate in questa legazione il card. Alessandro Farnese gli esibì l'arcivescovado di Avignone: ma egli rispose che preferiva
la sua parrochia di Bovolone, alla
quale tornò nel settembre 1557. Nel 1562, riapertosi il Concilio il nostro
vescovo card. Navagero, legato al
Concilio, volle condur seco l'Ormaneto;
il quale trattò con scienza profonda della comunione sotto le due specie, e fu
mandato al duca di Baviera per
indurlo a recedere dalle sue pretese, come di fatto recesse. Tornato a Verona insieme col cardinale nel
dicembre 1563, molto si adoperò per la celebrazione di un sinodo allo scopo di
attuare i decreti del Concilio di Trento.
Ma fu breve, pur troppo, la sua permanenza nella diocesi di Verona. Il santo arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, da Roma
pregò il nostro vescovo Navagero,
che volesse cedergli per qualche tempo l'Ormaneto
allo scopo di porre un argine per opera di lui ai gravi disordini della
diocesi di Milano. Avutolo a Roma,
lo mandò a Milano nel luglio 1564
con autorità di vicario generale. Quivi l'Ormaneto
fece veri prodigi di apostolato: celebrò un sinodo, che fu davvero
provvidenziale; fondò il Seminario,
visitò varie chiese e monasteri della città e della diocesi: dove l'opera sua
riuscì vana, fu la riforma dell'ordine degli Umiliati.
Quando si recò a
Milano S. Carlo, trovò ben
avviata la sua diocesi, e ne ringraziò Dio ed il vicario Ormaneto; il quale allora per invito del pontefice Pio V dovette
andar a Roma, ed ivi trattenersi alcuni anni (1565-1570) per dedicarsi alle
visite ad alla riforma del palazzo apostolico. Così il Papa conobbe ancor
meglio i meriti dell'Ormaneto, e nel
1570 lo nominò vescovo di Padova.
Entrato in Padova nel giorno 26 ottobre(22), si dedicò tutto al bene della sua diocesi, cominciando la
visita, ed istituendovi il Seminario
per la formazione di buoni sacerdoti: ma poco potè risiedere nella sua diocesi.
Il Papa Gregorio XIII nel luglio 1572 lo mandò nunzio alla Corte di Filippo II re di Spagna.
Troppo avremmo a dire della sua operosità nei quasi cinque
anni di quella nunziatura(23).
Diremo invece che fin dal 16 aprile 1573
supplicò il Pontefice a volerlo ridonare alla sua diocesi,
e, riuscita a nulla la sua supplica, raccomandò la sua chiesa a S. Carlo, che a lui molto dovea per
l'opera di lui nella riforma della diocesi
di Milano. Sempre egli sospirò a
Padova; ma dopo lungo malore in Madrid
nella notte dal 17 al 18 giugno del 1577 volò a ricevere la ricompensa dei suoi
meriti in cielo.
Di lui scrisse S.
Teresa: «Passò di vita un Nunzio
santo, che favoriva molto la virtù: ..... ne venne un altro in suo luogo (M.
Filippo Sega) che pareva l'avesse mandato Iddio per esercitarci nella pazienza»(24), (f)
Un vero prodigio di abilità negli studii filosofico-storici
fu Onofrio Panvinio (25).
Nato a Verona il giorno 24 febbraio 1530 ed ivi battezzato
col nome «Iacobus», appena dodicenne
entrò nell' ordine degli Agostiniani a
Sant'Eufemia. Pochi anni appresso fu mandato a studiare a Padova, fu indi a Roma per ordine del
suo Generale Girolamo Seripando poi
cardinale.
Oltrecchè al Seripando,
fu famigliare al card. Cervini ed al
card. Farnese, presso il quale
stette ben trattato per dieci anni. Pare
sia intervenuto al conclave in cui fu eletto Paolo IV: di questo pontefice scrisse anche una Vita, mostrandosi forse
troppo severo ed acre contro di lui.
Nel 1557 lo troviamo ancora a Verona, poi a Venezia,
poi in varie città della Germania,
dovunque assiduo scrutatore di documenti storici, codici, pergamene, ecc.
Non fu troppo devoto alla vita claustrale, e forse per
questo motivo ebbe dispiaceri da parte del pontefice Paolo IV(26): egli però
avea un mecenate validissimo nel card.
Farnese.
Al principio del 1568 andò in Sicilia: ivi nell'età ancor vegeta di trent'otto anni morì il
giorno 7 aprile nel convento degli Agostiniani
di Palermo(27): e fu sepolto
nella loro chiesa.
È impossibile dare un catalogo delle sue opere; delle quali
molte sono edite, alcune inedite. Di interesse generale è la storia della
creazione di tutti i papi, e la vita di alcuni di essi(28). Per noi veronesi sono importanti
due opere: Antiquitates Veronenses
e De Urbis Verona e viris doctrina illustribus. (g)
A questi aggiungeremo i nomi di altri ecclesiastici, che per
la loro scienza o per il loro ufficio onorarono in quest'epoca la chiesa
veronese: Galesio Nichesola
fu vescovo di Belluno; Del Bene
Nicolò, fratello di Giovanni,
arciprete di Isola della Scala, dal
nostro Maffei è annoverato tra gli
illustri scrittori ecclesiastici; Rambaldo
Gerardo fu vescovo di Civita
nella Puglia, famigliare al card. Cervini, ed intervenne al
Concilio di Trento; Marco Medici
intervenne egli pure al Concilio e fu vescovo di Chioggia; Girolamo
Nichesola fu vescovo di Teano;
Marco Antonio Maffei fu
cardinale del titolo di S. Callisto;
Andrea Corner, Arciprete
di Porto-Legnago, fu arcivescovo di Spalatro in Dalmazia.
È chiaro che la chiesa veronese ha di che gloriarsi per i
personaggi illustri, che la decorarono verso la metà del secolo XVI: il fattore
della maggior parte di loro fu il vescovo Giammatteo
Giberti.
NOTE
1 - BIADEGO, Bernardino
Donati, (Verona 1895).
2 - Di lui
scrissero: FEDERICI, Elogi di illustri ecclesiastici veronesi, Tom. I,
pag. 107-112 (Verona 1818); ORTI-MANARA, Intorno alla vita del Conte
Lodovico di Canossa, (Verona 1845); CORINNA MIGLIORANZI, Lodovico di
Canossa, (Città di Castello 1907).
3 - FUMI, Una
lettera del Bayus ... in Archivio della Società Romana di storia patria,
Vol. XXIII, pag. 284 (Roma 1900); MIGLIORANZI, Op. cit. Docum. L.
4 - Nella nostra
monografia Giammatteo Giberti, Capo IV; pag. 31 (Ediz. seconda).
5 - Biblioteca
comunale di Verona. Ms. 914.
6 - Pubblicata
dai BALLERINI, Giberti opera, pag. 253-296 (Verona 1733).
7 - Documento sul canonicato
di Adamo Fumano (Verona 1900).
8 - PALLAVICINO, Storia
del Concilio di Trento, Libro XXI, Capo II.
9 - FEDERICI, Elogi
... , Tom. I, pag. 68-70.
10 - PASTOR, Storia
dei Papi, Vol. VI, pag. 25, 520, 553, ecc; BALAN, Storia d’ltalia, VI,
pag. 391, 397.
11 - Atti del
Consiglio Tomo FF. c. 102; MAFFEI, Verona illustrata, P. II. Vol.
III, pag, 269 (Milano 1825).
12 - Tratta di lui
diffusamente MERKLE, Concilium Trident., Tom. II, Prolegomena, pag.
XXIV-XXX.
13 - SALVATORI, Vita
della Santa Madre Angela Merici, (Roma 1807); GIRELLI, Vita di S. Angela
Merici Brescia 1888: Sac M. GRANCELLI, Di S. Angela Merici e del suo
Istituto (Verona 1919); PASTOR, Storia dei Papi, Voi. V, pag.
352-355.
14 - Presso
Salvatori, Op. cit., pag. 317; GIRELLI, Op. cit. , pag. 219.
Questa Bolla nel Bullarium Romanum non si trova, neppure nella edizione
recente pubblicata a Torino.
15 - BIANCO LINI,
Chiese di Verona, IV, pag. 427-429.
16 -Sac. ANT.
PIGHI, in Verona Fedele, 13 marzo 1915.
17 - Lo
pubblicarono i BALLERINI, Giberti opera, pag. 253-296.
18 - FEDERICI, Elogi
.... , Tomo II, pag.20.
19 - SERIPANDI, Commentarli,
presso MERKLE, Op. cit. pago LXVIII, 546. (e)
20 - L'iscrizione
è riportata da FEDERICI, Elogi .... , I, pag. 140, seg.
21 - Lo mandò
nuovamente a Roma nel settembre 1557, affinchè presso Paolo IV lo giustificasse
dalle accuse di eresia mosse contro di lui: ma questa missione riuscì inutile.
PASTOR, Storia dei Papi, VI, pag. 507.
22 - Nell'
orazione gratulatoria il p. Quaino Servita gli diceva: «Alumnus abieras,
nutricius advenisti; abieras discipulus, ad venisti magister; doctoris insignia Patavii receperas, nunc eadem
aliis collaturus revertisti».
3 - Ne tratta
diffusamente e con documenti da lui editi CARINI, Mons. Niccolò Ormaneto, nei
Cap. II-XIII. (Roma 1894).
24 - S. Teresa, Fondazioni
Capo XXVIII (Nell'edizione recente di Modena, Vol. III, pag. 436). Mori in tanta
povertà, che il re Filippo II dovette pagare le spese del suo funerale.
25 - PERINI, Onofrio
Panvinio e le sue opere (Roma 1899); MERKLE, Concilium Trident; II,
pag. CXXXIII-CXXXV (Friburghi 1911).
26 - MERKLE, Op.
cit., pag. CXXXIV. Nota 5; PASTOR, Storia dei Papi, VI, pag.
661 (Roma 1922).
27 - La data
della morte è certa presso MERKLE, Op. cit.; FEDERICI, Elogi..., Tom.
II, pag. 68 in nota.
28 - Lo scritto De
creatione Pii IV papa e fu pubblicato da MERKLE, Conco Trid. Vol.
II., pag. 575-601.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. III (A cura di Angelo
Orlandi)
a) Per ulteriori
notizie e ricca bibliografia su mons. Ludovico di Canossa si veda: C. H.
CLOUGH, Canossa Lodovico, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol.
18, Roma 1975, pp. 186-192.
b) Il casato di
famiglia di Adamo Fumano era Rigi (pronuncia Righi), ma fu designato con un
cognome indicante il paese di provenienza, cioè Fumane. cf. P. BRUGNOLI, Il
canonico Adamo Fumano, in La Valpolicella nella prima età moderna:
1500-1630, Verona 1987, p. 339.
c) Su Sant'Angela
Merici esiste una vasta bibliografia. Si limitano le informazioni
bibliografiche a due opere recenti di notevole impegno. T. LEDOCHOWSKA, Angèle
Merici et la Compagnie de Sainte Ursule, Milano-Roma, 1967, t.2.; L.
MARIANI - E. TAROLLI - M. SEYNAEVE, Angela Merici. Contributo per una
biografia, Milano 1986, pp.
XXII-694.
d) Per il
canonico Pier Francesco Zini si veda: U. DA COMO, Umanisti del secolo XVI
Pier Francesco Zini, suoi amici e congiunti nei ricordi di Lonato, sacro e
amato recesso su la riviera del Benaco, Bologna 1928, pp. 254.
e) La studiosa
canadese Penelope C. Brownell nelle sue ricerche sulla pittura nella villa di
Volargne ha precisato che il Giovanni Del Bene, che accolse il Seripando non si
identifica con questo don Giovanni Del Bene: quello infatti è un laico e,
sembra, di altro ramo della famiglia.
f) Su mons.
Nicolò Ormaneto si veda: C. MARCORA, Nicolò Ormaneto Vicario di S. Carlo
Borromeo, in Memorie storiche della Diocesi di Milano, vol. VIII e X,
Milano 1961-63.; L. TURRINI, L'Ormaneto dalla canonica di Bovolone alla
Corte di Madrid, Bologna 1974, pp. XV-431. In queste pubblicazioni è
reperibile anche parecchia bibliografia.
g) Le Antiquitates
Veronenses del Panvinio furono pubblicate postume nel 1648, per cura di
altri studiosi, tra cui si ricorda mons. Cozza de' Cozzi, canonico e vicario
generale del vescovo di Verona.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II
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