Monumento dedicato al vescovo Agostino
Luigi Valier (o Valerio ): sta sulla
parete del Duomo di Verona a lato della
cappella del SS. Sacramento.
VOLUME II -
EPOCA IV - CAPO VIII
SOMMARIO. - Agostino
Valier - Suo modello e consigliere - Visite - Seminario - Scuola degli Accoliti
- Dottrina cristiana - Culto del SS. Sacramento - Monache - Opere di
beneficienza - Contagio del 1575 - Giubileo - L'arte sacra - Amicizia con S.
Carlo - Visita le diocesi della Dalmazia, dell'Istria, ecc. - Creato cardinale
- Suo coadiutore il nipote Alberto - Nuovi Ordini in Verona - Scissura tra la
Repubblica e la S. Sede - Morte di Agostino Valier. - Successore Alberto Valier
- Sue opere - Morte.
Il vescovo Agostino
Velier, o Valeria, nipote e già coadiutore del Navagero, entrò in Verona nel giorno 15 luglio 1565.
Egli avrebbe voluto venire a Verona in forma privata: ma il Consiglio dei XII e L nella seduta
del 14 giugno avea predisposto di solennizzare l'ingresso, e preparato anche i
regali consueti in vettovaglie per il valore di circa 75 ducati. Così l'ingresso fu celebrato con l'incontro o
le consuete ceremonie usate verso i vescovi precedenti. Agostino Valier è il vescovo centesimodecimo; e tenne
la sede di Verona per anni circa 41.
Nato in Venezia
il 7 aprile 1531 da Bertuccio e da Lucia Navagero, fu sempre
affezionatissimo allo zio Bernardo,
che intensamente lo amava per le sue esimie doti di mente e di cuore. Dopo
compiuti gli studi di lettere e filosofia, accompagnò lo zio a Roma nel 1562 e poi a Trento: abbracciò la carriera
ecclesiastica sulla fine del 1564 in età di circa 33 anni; dopo quattro mesi
per dispensa avuta dal Pontefice fu ordinato sacerdote, e dopo due altri mesi
fu consacrato vescovo e coadiutore dello zio nel regime della chiesa veronese (a); vescovo poi residenziale dal 31
maggio 1565. Noi tratteremo di lui nel suo ufficio di vescovo, accennando sommariamente alle sue
gesta fuori della chiesa veronese: seguiremo approssimativamente l'ordine
cronologico; ma la immensa operosità del Valier ci rende impossibile seguirlo
precisamente (1).
Appena venuto a prender possesso della sua chiesa, si
prefisse a modello il vescovo Giberti,
risoluto di seguirne le orme, allo scopo di mantenere il clero ed il popolo in
quello stato di meravigliosa riforma, a cui lo avea ridotto il Giberti. Perciò tenne a suo vicario Filippo Stridonio, creatura del Giberti, già richiamato a Verona dal suo zio, benchè sapesse quanto poco ne fossero devoti i
sacerdoti; lo tenne fino alla morte di
lui, che fu il 18 ottobre 1591, prendendosi poi un di lui nipote Pietro Stridonio. Così pure dietro
l'esempio del Giberti moltiplicò le
visite pastorali; alcune ne fece egli personalmente, altre per i suoi vicari e
delegati. In un punto sorpassò il Giberti,
nella celebrazione dei sinodi diocesani: mentre un solo ne ave a tenuto il Giberti, il Valier ne tenne almeno otto nei primi otto anni del suo regime
episcopale: da alcuni atti esistenti sulla fine del secolo XVIII, ora
irreperibili, parrebbe ne avesse tenuto trentatre(2) (c)
Inaugurò il suo episcopato con la visita di una buona parte
della diocesi. Nel giorno 22 settembre 1565 visitò la chiesa di Monteforte, «consociantibus Carolo Lisca archidiacono et
Adamo Fumano canonico Ecclesiae Veronensis, Vincentio Ciconia praelato
ecclesiae oratorii sancti Zenonis et Francisco Varugola archipresbytero Lacisii»(3). Il metodo fu quello usato dal Giberti: «visitavit sanctissimum sacramentum Eucharistiae, Baptisterium et alia
sacramenta: oravit solemniter pro defunctis, ... ». Parte vedeva egli
stesso, parte facea vedere dai suoi convisitatori, le chiese particolari, gli
arredi, i registri, ecc.; interrogava i sacerdoti sullo stato della parrocchia,
i parrochiani sulla condotta dei sacerdoti. Nei giorni 9, 10, 11, 12 ottobre
visitò Colognola, Illasi, Cazzano,
Tregnago. Nel novembre 1566 visitò Arbizzano,
S. Floriano ed altre chiese della Valpolicella:
nel gennaio e febbrajo 1567, Bussolengo,
Caprino, Pazzon, Pesina, Castion,
Albisano, Torri, Malcesine: dal maggio al luglio 1568, la plebe «sancti Joannis Lovatoti», Zevio, Albaredo, Ronco, Oppeano, Angiari, Isola
della Scala, ecc.: altre ne visitò nel 1573. Nelle relazioni delle singole
visite si trovano spesso notiziette, curiose ed interessanti.
Quando poi ad Agostino
Valier fu assegnato, come coadiutore perpetuo, il di lui nipote Alberto, anche questi visitò più volte
varie chiese della diocesi, accompagnato dal suo vicario Pietro Stridonio e da altri convisitatori: nell'Archivio della
Curia abbiamo varie relazioni delle visite fatte dal coadiutore Alberto Valier negli anni 1592-1596.
Nell'estate del 1593 il vescovo Agostino,
già cardinale, visitò personalmente le chiese di Peschiera, Desenzano ed altre di quei dintorni.
In conformità alle prescrizioni del Concilio di Trento (Sess. XXII Cap. 18 De reform.) con
decreto 23 gennajo 1567 istituì il Seminario,
nel quale fossero educati ed istruiti alcuni giovani, che davano speranza di
essere un giorno degni operai nella vigna del Signore. Questa istituzione
suscitò gravi malumori; essendochè in
Verona esisteva la Schola Acolythorum,
la quale, massime per l'opera dei vescovi Giberti e Luigi Lippomano,
era divenuta una specie di seminario.
Il vescovo Valier stette
fermo nel suo proposito; e nel giorno di Pasqua (6 aprile) trasferì alcuni
accoliti nella sede del Seminario a S. Antonio della Ghiaja, vicino alla chiesa di S. Luca: ad essi affidò
l'ufficio di reggere la nuova casa e sorvegliare e dirigere i primi
seminaristi. Provvide il nuovo Seminario di esimii professori, che insegnassero
lettere, filosofia, teologia, diritto: egli stesso vi si recava di frequente e,
come buon padre, li stimolava a crescere nella virtù e prepararsi ad essere un
giorno degni ministri di Dio.
Però quest' opera, cosa santa in se stessa e conforme alle
prescrizioni del Tridentino, creò
anche in appresso dei nemici al vescovo Valier;
e pare che frutto di queste inimicizie fosse l'attentato alla vita di lui
perpetrato nella cattedrale, mentre egli assisteva ad una predica(4). Oltre la gelosia per la coesistenza
di due seminari, si aggiungeva il fatto, che il vescovo assegnò al nuovo Seminario
alcune rendite della scuola degli Accoliti; non però senza il consenso del
Capitolo.
In pari tempo il vescovo Valier si interessava per il buon andamento della scuola degli
accoliti. «Il nome del cardinale
Agostino Valerio si congiunge con il nome degli Accoliti, come quello di un
padre ai figli. Dal 1565 per tutto il tempo del suo lungo episcopato il Valier
usò del suo zelo illuminato e
prudente, della sua scienza profonda, della sua paterna bontà, per il bene di
questa parte eletta del suo gregge». Così uno scrittore nostro(5). Ed in vero, già nel suo primo anno
di sua residenza fece una visita alla scuola insieme con due canonici; in
appresso stabilì un regolamento per il regime della scuola e per
l'amministrazione dei suoi beni: quasi ogni giorno impartiva agli accoliti più
eletti una lezione di dogmatica o di morale, o la facea dar loro da un dottore
in teologia.
La prova più evidente del suo interessamento per gli
accoliti la diede nella classica operetta de
Acolythorum disciplina, divisa
in due libri, stampata la prima volta in Venezia
sulla fine (d) dell'anno 1571: in
quest'operetta non si saprebbe se più ammirare la prudenza e saggezza con cui
fu redatta, o l'amore di un padre verso i figli, per i quali fu compilata.
Avrebbe anche voluto fondere in solo ente il Seminario con la scuola degli
accoliti; ma non vi riuscì.
Gli stette pur a cuore l'istruzione dei giovanetti nelle
verità della fede, già promossa nella diocesi di Verona dal vescovo Giberti,
mediante la scuola della Dottrina
cristiana, da lui detta «pio
et antico istituto di questa cattolica città»(6). Per l'insegnamento della dottrina egli seguì
le norme date dal Giberti: distribuì
le scuole in diverse chiese della città(7):
nominò priori e sottopriori, maestri, separando «i putti e le putte».
In esecuzione della bolla di S. Pio V Ex debito pastorali,
per il buon andamento delle scuole istituì la Congregazione della Dottrina cristiana, e ne stabilì
le regole: inoltre dietro le orme del celebre Tullio Crispoldo fece stampare la Istruzione cattolica della fede e della vita cristiana per i
fanciulli della Città e della Diocesi di Verona, e più tardi il
libro Dottrina cristiana per la Diocesi di Verona.
Introdusse pure in Verona una specie di Oratorio, del quale abbiamo parlato nel capo IV. Anzi al principio del secolo XVII vi erano
in città cinque oratori; nei quali si radunavano molti giovani, e vi recitavano
le Ore della SS. Vergine; indi un Gesuita o qualche altro pio sacerdote ci teneva un breve sermone,
ordinariamente sul Vangelo.
Promosse nella nostra diocesi la devozione verso la SS.
Eucaristia e le confraternite del SS.
Sacramento. Nel giorno 11 febbrajo
1578 diede il suo nome alla confraternita del Corpo di Cristo nella chiesa di S. Libera: anzi nel 1583 ne approvò gli statuti, forse
quanto alla sostanza compilati da S.
Gaetano. Quella confraternita riconobbe le benemerenze del vescovo Valier verso di essa; quando,
saputo della morte di lui in Roma, decretò che gli fossero fatti suffragi speciali
oltre quelli ordinari per tutti i confratelli(8).
Anche la adorazione di Gesù nelle Quarant'ore ebbe incrementi per opera del vescovo Valier; massime nel 1604, quando egli
invitò a predicare la Quaresima nella cattedrale il P. Fedele: solenne fu l'esposizione fatta nella chiesa di Sant'Elena, alla quale
intervenne e predicò il vescovo. Verso quest'epoca ebbe principio il Collegio delle Quarant'ore nella chiesa di S. Luca: ma l'erezione in
forma canonica fu fatta nel 1647. Dagli atti delle visite apparisce come egli
fece istituire la Società del Corpo di
Cristo, dove non fosse già istituita antecedentemente per le visite del Giberti e di Luigi Lippomano.
Riformò le monache
Umiliate del convento di S.
Cristoforo, mandandovi cinque
Benedettine di S. Maria degli Angeli.
Nel 1583 fondò il nuovo convento di S. Bartolomeo a Legnago, facendovi entrare come prime
istitutrici tre Benedettine del
convento di S. Caterina. Di spesso
visitava i conventi di monache, e per la formazione dello spirito religioso nelle
monache scrisse e dedicò ad esse istruzioni riboccanti di vero spirito religioso.
Fu assai benemerito della pubblica beneficenza. Nel 1572
fondò l'ospizio dei Derelitti in una
casa posta nella via, che conduce al Terraglio
tra la chiesa di S. Stefano e quella
di S. Gregorio: nel 1589 vi aggiunse
l'opera dei Mendicanti. Così pure
aiutò anche con beneficenze in denaro la casa
della Pietà, l'asilo della
Misericordia, l'ospedale di S.
Giacomo ed altre.
Nell'estate del 1575 si diffuse la voce in Verona che vi
fosse penetrata la peste: lo
scompiglio dei veronesi fu forse esagerato; ma intanto il vescovo, dopo aver
fatto quanto poteva per tranquillizzare i cittadini, prestava tutto sé stesso
per l'assistenza agli infermi: li visitava, ascoltava le loro confessioni, dava
loro i sacramenti della Comunione e dell'Estrema Unzione: andava di spesso a
celebrare la messa nella basilica di S.
Zeno: indiceva preghiere e processioni, alle quali interveniva egli stesso:
in breve egli si faceva tutto a tutti. (e)
Si aggiunse che in quell'anno ricorreva il giubileo
per Roma, e nell'anno seguente per
Verona: anche questo fu per il vescovo Valier
un anno di lavoro eccezionale: predicava in diverse chiese, raccomandava opere
di penitenza, ed egli per primo le praticava; interveniva alle processioni
pubbliche e preghiere, «factus forma
gregis ex animo».
Per la sua paterna condiscendenza riuscì a mantenere un
perfetto accordo col Capitolo della cattedrale; anzi nel 1581, dietro missione
affidatagli dal Papa Gregorio XIII
con breve 2 settembre 1580, egli con atto del 15 febbraio compose una lite
sorta tra il Capitolo e la città per alcune prestazioni in livelli di frumento,
olio ed altri generi(9).
Amante, quale era, dell'arte sacra, fin dal principio del
suo episcopato, nel salone superiore dell' episcopio fece dipingere dal celebre
Domenico del Riccio (Brusasorzi) la serie dei nostri
vescovi: pur troppo vi si veggono anche
gli scismatici aquileiesi.
Si adoperò per il restauro della chiesa di S. Tommaso e particolarmente del coro crollato in parte
nel 1572; con la sua interposizione ottenne che il Comune stanziasse una somma
da convertirsi per un quinquennio nella riparazione della chiesa (10).
Adornò pure la cattedrale d'una nuova ed artistica cantoria,
e ne compì la parte centrale della facciata, facendovi apporre il suo stemma
con la scritta «A VG VAL. CARD. EP.
VERON.»: si volle da alcuni che S.
Carlo al vederlo abbia rinfacciato al
Valier «recepisti mercedem tuam»:
ma dopo che il Valier fu creato
cardinale, S. Carlo non venne mai a Verona (11).
All'insigne arcivescovo di
Milano, S. Carlo, fu sempre
affezionatissimo il nostro Valier.
Si avvicinarono più volte a Roma,
dove S. Carlo volle ascrivere il Valier fra i soci dell'accademia Notti Vaticane. Dice poi
lo stesso Valier che ben sei volte
egli si recò a Milano per ossequiare
quell'arcivescovo e ricopiarne in sè le doti; aggiunge che «non semel» egli lo avea ospitato nel
suo episcopio a Verona: l'ultima
venuta di S. Carlo a Verona fu
nell'ultimo giorno del carnevale del 1580, quando il Valier si trovava in Dalmazia
per la visita di quelle chiese(12).
Dall'anno 1578 troviamo che il nostro vescovo fu occupato
assai di frequente fuori della diocesi veronese: il suo cuore però era sempre
per la sua chiesa. In questo anno il pontefice Gregorio XIII con breve dell'8 ottobre lo destinava Visitatore Apostolico delle diocesi
della Dalmazia. Con altro breve 6
giugno 1579 gli affidava la visita delle chiese dell'Istria; poi nel ritorno gli commetteva pure la visita delle diocesi
di Venezia, di Padova, di Vicenza. Così
il Valier fu assente dalla sua
chiesa per circa tre anni. (f)
Lo stesso Pontefice con breve del 13 dicembre 1583, in vista
delle sue doti egregie e delle sue benemerenze lo creò cardinale col titolo presbiterale di S. Marco(13): titolo
mutatogli poi in altro episcopale dal pontefice Paolo V. Quindi nuovi motivi
per allontanarsi da Verona: dovette recarsi a
Roma per sette conclavi, per alcuni concistori, per il giubileo del 1600,
per negozi della Repubblica veneta;
e perciò si vide sempre più la necessità che gli fosse dato un coadiutore; e lo
ebbe dal pontefice Gregorio XIV, con
breve del 1592, nella persona del suo nipote Alberto Valier, vescovo
di Famagosta.
Benchè assente spesso da
Verona, si occupò sempre con zelo pastorale per il bene della sua chiesa. Particolarmente negli ultimi due decennii del
suo episcopato procurò che si stabilissero nella città e diocesi nostra altri
ordini religiosi: così ai Gesuiti
venuti a Verona nel 1573 assegnò nel
1578 la chiesa di S. Sebastiano; ai Teatini quella di S. Nicolò nel 1602: nel 1593 fece venire a fondare un convento in Campo Marzo i Minimi di S. Francesco di Paola: nel 1597 diede ai padri Camaldolesi la chiesa di S. Maria della Pace.
Pensò anche ai fedeli della diocesi, concedendo che i Minori conventuali fondassero una
casa a Bussolengo; e procurando che
parecchi eremiti si collocassero presso alcuni oratori isolati nelle campagne.
Di queste e di altre istituzioni religiose diremo in altro capo.
Negli ultimi mesi della sua vita il vescovo Valier si trovò impigliato nella
rottura avvenuta tra la Repubblica di
Venezia e la Santa Sede.
In Venezia i
primi anni del secolo XVII lavoravano subdolamente due frati apostati: Paolo Sarpi e Fulgenzio Micanzio; e riuscirono a far emanare dal Senato alcuni atti lesivi della libertà
della Chiesa: così il Senato proibì
l'alienazione dei beni laici a favore degli enti ecclesiastici, e commise altri
arbitrii contro persone e cose di chiesa (14).
Clemente VIII esitò un poco: ma Paolo V pensò essere il caso d'agire
con energia; molto più che il Senato
avea messo in prigione due ecclesiastici e rifiutava di rimetterli nelle mani
del Nunzio pontificio.
Paolo V nel giorno 17 aprile 1606 radunò a concistoro i
cardinali: erano quarantuno; e tutti col Papa convennero di venire a misure
estreme: alla scomunica del doge e dei senatori ed all'interdetto di tutto il
dominio, se entro il termine di ventiquattro giorni non si fosse ubbidito alle
prescrizioni della Santa Sede: unico voto contrario fu quello del card. Agostino Valier, il quale, come
veneziano, forse troppo sentiva il suo attacco alla (15).
Tuttavia, pubblicato il decreto, il Valier non fece la minima opposizione: anzi scrisse subito ai
veneziani una lunga lettera, in cui li esortava all'ubbidienza; la cui lettura,
come dice uno scrittore contemporaneo, fatta nel Senato «fere omnibus excussit lacryrnas»: altra ne scrisse il 20 maggio al Doge, nella quale lo assicurava «retta esser la mente del Papa Paolo V»,
e lo esortava a mandare o lasciar andare a Roma il patriarca Vendramin, per mezzo del quale sperava ottenersi la
cessazione delle censure(16): ma la sua esortazione riuscì a
nulla. La riconciliazione si fece per l'intervento del re di Francia Enrico IV, e fu conchiusa il giorno 21 aprile 1607.
Intanto pochi giorni dopo scritta la lettera al doge, il Valier colpito da morbo repentino,
ricevuti i santi sacramenti, moriva in Roma il 23 o 24 maggio, compianto da
tutta la Corte Pontificia, dai veneziani e dai veronesi. La sua salma fu
sepolta nella chiesa di S. Marco a Roma,
e nel 1609 fu trasportata a Verona e
sepolta nella cattedrale, vicino all'ingresso del tornacoro, e presso la tomba
del vescovo Navagero, suo zio.
I Rettori della città con deliberazione del 10 giugno 1606
stabilirono che a spese del Comune gli fosse eretto un monumento nella
cattedrale; ma l'esecuzione fu differita sino al 1639: il monumento grandioso
sta sulla parete della cattedrale a lato della cappella del SS. Sacramento. Il
nostro Podestà in una relazione fatta al Doge nel 1606 ben a ragione diceva del
vescovo Agostino Valier che «con la sua
vigilanza, con la sua dottrina e con la predicazione, ma molto più con il
continuo esempio dell'innocentissima e religiosissima sua vita, avea impresso
in tutti l'amore, il timore e l'onore di Dio»(17). Certamente egli fu uno dei più dotti e zelanti fra i vescovi
di Verona.
Alla morte di lui succedeva senz'altro il suo nipote,
coadiutore perpetuo, Alberto Velier,
nel quale di certo non possiamo riscontrare le esimie doti dello zio: egli
è il vescovo di Verona centesimo decimoprimo. Già nelle lunghe assenze dello
zio egli era di fatto il vescovo di
Verona. Così nel 1596 avea consacrato la chiesa di S. Francesco di Paola in Campomarzo; avea approvato i
Capitoli del comune di Legnago per
le monache di S. Bartolomeo; avea
autorizzato i frati di S. Bernardino
a fondare un convento a Bussolengo:
nel 1601 avea concesso il fonte battesimale alla chiesa di S. Eufemia: nel 1604 avea consacrato la chiesa di S. Caterina da Siena nella via ora
detta XX Settembre.
Degli atti del suo episcopato abbiamo poche memorie. Il principio di esso fu assai funesto per la
nostra chiesa, colpita dall'interdetto, che dal principio del giugno 1606 durò
sino al 21 aprile 1607(18). Nei
primi mesi di quest'anno il vescovo stese una relazione sullo stato della
chiesa veronese, documento assai importante, che fu pubblicato recentemente(19).
Nel 1609 compose e fece stampare il Rituale Ecclesiae Veronensis. Procurò che nella
collazione dei benefici i chierici veronesi, purché idonei, fossero preferiti:
si interessò per la buona educazione dei chierici, sia nella scuola degli Accoliti, sia nel Seminario.
Nel 28 ottobre 1628 consacrò la chiesa della S. Croce, ufficiata dai Cappuccini: nel 1629 ottenne dal Senato Veneto alcune esenzioni e privilegi al vescovado di Verona (g).
Nella primavera del 1630 anche Verona fu invasa dalla famosa
pestilenza. Per evitar pericoli il vescovo Alberto
Valier pensò di rifugiarsi nella sua
Venezia: ma, giunto a Lusia,
presso Padova, fu colpito dal morbo,
ed ivi in pochi giorni morì il dì 1 settembre. Il suo corpo fu poi trasferito a
Verona, e sepolto nella cattedrale.
NOTE
1 - Della sua
erudizione e delle sue opere scritte diremo in altro capo; e così pure delle
istituzioni religiose e benefiche da lui promosse o favorite nel suo lungo
episcopato - Scrisse una Vita di lui il chierico GIOVANNI VENTURA a lui
coevo; la quale si trova presso CALOGERÀ, Raccolta di opuscoli. .. , TONO XXV (Venezia 1741). Più recentemente FEDERICI, Elogi di
illustri ecclesiastici Veronesi, II, 31-54; CAVATTONI, Due opere latine
di Agostino Valerio, pag. V-LX (Verona 1862). (b)
2 - Come vedremo
in seguito, erano adunanze dei parrochi della diocesi, che il vescovo teneva
quasi ogni anno dopo le feste di Pasqua.
3 - Visitationes dioecesis
Veron., Tom. XIII. c, 2; nell'Archivio della Curia Vescovile.
4 - Lo riferisce
egli stesso De occultis Dei beneficiis Lib. I Cap. XII. -
FEDERICI, Op. cit., pag. 45.
5 - SPAGNOLO, Le
scuole acolitali, Capo IX
6 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, I, pag. 240, segg.
7 - Nel 1607
queste scuole in città erano sessanta. ALB. VALERIO, De statu Ecclesiae
Veronensis relatio, pag. 6 (Verona 1850).
8 - SALVARO, La
Chiesa dei Ss. Siro e Libera, pag. 19 e Docum. V.
9 - UGHELLI, Italia
sacra, Vol. V, col. 996-1001.
10 - GEROLA, Gli
oggetti d'arte nelle chiese parrochiali in Verona, in Madonna Verona, 1917,
pag. 51.
11 - CAVATTONI, Op.
cit., pag. XLVI.
12 - Fu in questa
occasione, che i veronesi, facendo chiudere la porta S. Zeno, costrinsero il
santo a fermarsi in Verona: nel giorno seguente, primo della Quaresima, egli
benedisse le ceneri nella cattedrale e le impose sul capo ai moltissimi fedeli
presenti. GIUSSANO, Vita S. Caroli,
Lib. IV, Cap. III; ANT. PIGHI, S. Carlo in Verona, pag. 15
(Villafranca 1911).
13 - Questa
elevazione del Valier, per decreto del Consiglio del Comune 17 dicembre, fu
festeggiata in Verona «medio lampadum accensarum super turri magna et ignium
magnorum super plathea Dominorum, qui ignes vulgo falodia nuncupantur,
per triduum adveniente nocte facienda ... cum campanae majoris pulsatione,
tubarum clangore, etc.» Parti del Consiglio Registro c. 12 negli Archivi
comunali.
14 - Due abusi
sono esposti presso CECCHETTI, La Repubblica di Venezia e la Corte di Roma, Vol.
I, pag. 342 (Venezia 1874). L'A. si studia di sostenere la Serenissima.
15 - FERREIRA, Storia
apologetica dei Papi, X, pag. 11-17 (Torino 1906).
16 - CAVATTONI, Op.
cit., pag. XL VI.
17 - Se ne ha una
copia nei nostri Archivi comunali.
18 - Ne
tratteremo in altro capo.
19 - ALBERTI
VALERII, De statu Ecclesiae Veronensis relatio. Fu pubblicata dal sac.
Cesare Cavattoni l'anno 1850. - Ne tratteremo nel capo seguente.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. VIII (a cura di Angelo
Orlandi)
a) Come si è
osservato al cap. precedente, qui va corretto ciò che dice mons. Pighi: il
Valier non fu eletto come coadiutore dello zio card. Navagero, ma come vescovo
di Verona, per la rinuncia «cum resignatione» dello stesso Navagero. Cf.
nota (a) al cap. VII.
b) La più
organica ed estesa catalogazione degli scritti del vescovo Valier fu fatta nel
1795 da Giacinto Ponzetti nel pubblicare un'opera inedita del Valier; dopo di
allora si è trovato qualche altro scritto, mentre qualche inedito fu
pubblicato. Quel catalogo sarebbe da verificare e aggiornare. Cf. A. VALIER, Commentarius
de consolatione Ecclesiae libri VI; quos
nunc primum edidit Hyacinthus Ponzetti, Roma 1795, pp. XLI-LXXX.
c) E controverso
quanti siano i sinodi tenuti dal card. Agostino Valier. Nella biblioteca
Saibante se ne conservavano otto, ora nel fondo Asburnham alla Laurenziana di
Firenze. Per l'argomento cf. A. ORLANDI,
Sinodi diocesani veronesi. Cenni
storici, in Bollettino della Diocesi di Verona, A. LXII (1975), pp. 727-730.
d) La prima
stampa del De Acolythorum disciplina fu fatta a Verona nel 1570 e
successivamente altrove. Un elenco di edizioni di questo libretto è dato in A.
VALIER, De Acolythorum disciplina, Verona 1836, nella introduzione
premessavi.
e) Sulla peste
del 1575-77 si veda anche G. SANCASSANI, La peste nel dominio veneto nel 1576,
in Vita Veronese, A. XXIX (1976), pp. 127-128; e A. ORLANDI, Altre note sulla peste del 1575-77, in Vita
Veronese, A. XXX (1977), pp. 4-6, dove si parla anche dell'opuscolo scritto
dallo stesso vescovo su quel fatto: A. VALIER, Commentariolus quo explicatur
qua ratione Dominus pestilentiae suspicione comminatus sit Veronae anno
sanctissimi Jubilaei MDLXXV, Verona 1576.
f) Alcune di
queste visite apostoliche furono studiate per ricerche di tesi di laurea. Fu
pubblicato lo studio sulla visita apostolica a Trieste: L. TACCHELLA _ M.
MADELINE TACCHELLA, Il cardinale Agostino Valier e la riforma tridentina
nella diocesi di Trieste, Udine 1974, pp. 243.
g)
L'atteggiamento di legame e di favore del vescovo Alberto Valier verso il
governo della Repubblica Veneta è ampiamente attestato dalle relazioni dei
Rettori veneti di Verona. Cf. ISTITUTO DI STORIA ECONOMICA - UNIVERSITA' DI
TRIESTE, Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma, Vol IX: Podestaria e Capitanato di Verona, Milano
1977, pp. 188; 236; 246, 251, 298, 304.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II.
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