Una lunga intervista al Presidente Giorgio
Napolitano fatta al quotidiano polacco, la Gazeta Wyborcza, uscita anche su Repubblica alla
vigilia della visita del Capo dello Stato in Polonia. Un'intervista in cui,
sostanzialmente, Napolitano rinnega tutta la sua storia, prendendo le distanze
dal comunismo e dall'intervento dell'Unione Sovietica a Budapest.
A 88 anni Napolitano rimette in discussione il suo passato
da comunista "Il sentiero della mia vita è un processo passato attraverso
prove ed errori. Sono partito dagli ideali che in gioventù ho sposato -
più che per scelta ideologica - per impulso morale e sensibilità
sociale, guardando alla realtà del mio paese. Nell'arco dei decenni, ho cercato
di andare al di là degli schemi entro i quali all'inizio era rimasta chiusa la
mia formazione. Ho attraversato delle revisioni profonde, molto meditate e
intensamente vissute. Ho riassunto questo mio percorso nel titolo della mia
autobiografia Dal Partito Comunista Italiano al socialismo europeo. Le ultime
parole del mio libro (uscito nel 2005), nelle quali ancora mi riconosco, sono
state che per l'età che avevo ero destinato alla testimonianza e alla
riflessione. Non immaginavo che poco dopo sarei stato richiamato in servizio!
Finivo dicendo "è il tempo del ricordo affettuoso dei tanti con i quali ho
combattuto buone battaglie e sostenuto
cause sbagliate, e cercato via via di correggere errori, di esplorare
strade nuove".
L'intervento sovietico a Budapest Quando il
direttore gli chiede se, parlando di errori lui si riferisce al periodo
staliniano, Napolitano risponde: "Intendo il periodo in cui ero membro
attivo di un Partito Comunista che non era un partito stalinista come molti
altri in quanto aveva una fondamentale matrice antifascista e democratica e
comprendeva forti componenti liberali, ma era pur sempre nato nel solco
dell'Internazionale Comunista, e quindi portava nel suo Dna il mito dell'Unione
Sovietica e il legame col movimento comunista mondiale. Questi elementi
originari, a un dato momento, sono diventati una prigione dalla quale il
Pci doveva liberarsi". E, alla domanda sul 1956, quando da un lato
apparivano sentimenti antistaliniani nel partito e dall'altro si verificava
l'appoggio all'intervento sovietico a Budapest, Napolitano risponde:
"Innanzitutto fu una tragedia, anche per il Pci, un errore grave e
clamoroso del gruppo dirigente, a partire da Togliatti. Poi, anche prima che si
ammettesse l'errore, si comprese la lezione: per cui, quando nel 1968
(Togliatti era già deceduto da 4 anni) ebbe luogo l'intervento armato dell'Urss
e degli altri paesi del blocco sovietico in Cecoslovacchia, il Pci
ufficialmente si schierò contro quell'intervento".
Unità della Ue Dal passato al
futuro: su quale sarà il destino dell'Unione eupea Napolitano non ha dubbi:
"Mi è rimasta in mente l'opinione espressa un mese fa da Angela Merkel
durante l'incontro con il nostro premier Mario Monti e con me: dobbiamo capire
che gli europei costituiscono appena il 7% della popolazione mondiale; o
riusciamo ad operare uniti o diventiamo irrilevanti. E' molto importante che
l'abbia detto la leader della Germania, paese in cui potrebbe facilmente
trovare terreno l'illusione dell'autosufficienza. Invece nemmeno il paese
europeo più popoloso, dinamico e competitivo può contare davvero nel mondo se
non si integra con gli altri paesi dell'Unione. Penso che il futuro dipenderà
dalla piena consapevolezza che ne avranno tutti i governi nazionali, e
dipenderà dalla loro volontà e capacità di condividerla con i cittadini, con
gli elettori".
Fonte: da Libero, di lunedì 11 giugno 2012
Link:
http://www.liberoquotidiano.it/news/1035098/Comunismo-e-carri-armati--Napolitano-si-rimangia-la-sua-storia.html
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