Ricostruzione
dell’ambiente naturale originario del sito di Ca’Belvedere a Monte Poggiolo.
Illustrazione di Gabriele Nenzioni
Una nuova datazione conferma il sito di Monte Poggiolo come
la più antica testimonianza della presenza umana in Italia. I primi ominidi
arrivarono in Pianura Padana, circa 850 mila anni fa, in seguito a un drastico
cambiamento climatico
I primi ominidi giunsero in Italia probabilmente seguendo
le rotte migratorie dei grandi mammiferi, come l’elefante africano, che dalle
savane africane si spostarono verso l’Europa meridionale alla ricerca di un
“buen retiro”.
Lo rivela una ricerca, i cui risultati sono pubblicati sulla
rivista Earth and Planetary Science Letters, secondo cui con la parziale
emersione della Pianura Padana, avvenuta 850 mila anni fa, si aprì una nuova
via di passaggio per uomini e animali che si diffusero poi in Francia e in
Spagna.
Il sito di Monte Poggiolo
Il sito di Cà Belvedere di Monte Poggiolo (Forlì), indagato
da Carlo Peretto, antropologo dell’Università di Ferrara, a partire dal 1984
fino ai primi anni Novanta, rappresenta una delle più antiche testimonianze
della presenza umana in Italia e in Europa. Il sito ha infatti restituito
un’importante serie di manufatti in pietra fabbricati dai primi abitanti
d’Italia. Secondo Peretto, gli abitanti di Monte Poggiolo, appartenenti alla
specie Homo erectus o forse Homo antecessor, avevano “un’economia
di sussistenza essenziale ma altamente produttiva. L’industria
litica ritrovata a Monte Poggiolo è costituita da ciottoli
di pietra e schegge dai margini taglienti che venivano ottenute in modo rapido
e usate per depezzare le prede animali”. Una ricerca precedente aveva datato il
sito a circa un milione di anni fa, ma la scarsa precisione del risultato ha
spinto i ricercatori a effettuare delle nuove datazioni.
Recentemente quindi è stato intrapreso un nuovo studio che
ha consentito di datare con estrema precisione il sito. I ricercatori, guidati
da Giovanni Muttoni, geologo dell’Università degli Studi di Milano, hanno
applicato una particolare tecnica di datazione, la magnetostratigrafia. La
tecnica si basa sulla proprietà di alcune rocce e sedimenti di fissare la
direzione del campo magnetico terrestre al momento della loro deposizione. Nel corso
della storia della Terra il campo magnetico ha subito numerose inversioni che
già da tempo sono state studiate e datate. La sequenza delle magnetizzazioni
delle rocce che si vogliono datare può essere quindi confrontata - un po’ come
si fa con i codici a barre - con le sequenze note delle inversioni del campo
terrestre.
I risultati ottenuti dalle analisi magnetostratigrafiche
hanno rivelato che i sedimenti che contenevano i reperti archeologici si sono
depositati circa 850 mila anni fa. In quel periodo il sito di Monte Poggiolo
sorgeva di fronte al mare che in parte occupava la Pianura Padana, ma non era
il solo ad essere frequentato: infatti altri luoghi del margine meridionale,
come Covignano (Rimini) o Serra (Castelbolognese) erano abitati da diversi
gruppi di ominidi. Il popolamento di quella parte della pianura, spiega
Peretto, “non era affatto sporadico ma diffuso, come testimoniano gli altri
siti del margine preappenninico”.
In fuga dal cambiamento climatico
I ricercatori hanno anche ricostruito gli ambienti di
deposizione dei sedimenti e delle rocce che costituiscono la stratigrafia del
sito. In particolare, sono riusciti a descrivere la fluttuazioni del livello
del mare che all’epoca occupava la Pianura. Queste fluttuazioni sono state poi
correlate con le curve che descrivono i cambiamenti climatici globali. Il clima
terrestre, nell’ultimo milione di anni, è andato incontro a continue alternanze
di periodi glaciali, in cui i ghiacci arrivavano a ricoprire gran parte
dell’America settentrionale e del continente euro-asiatico, e periodi
non-glaciali.
Circa 900 mila anni fa iniziò una fase di raffreddamento
globale che provocò l’aumento delle masse glaciali e di conseguenza
l’abbassamento del livello del mare. Le calotte glaciali ricoprirono quasi
tutta l’Europa centro-settentrionale, mentre i ghiacciai alpini arrivarono a
lambire il margine settentrionale della Pianura Padana. L’Europa
centro-orientale venne occupata da estese steppe, mentre a sud, il Nord Africa,
si fece sempre più arido. La Pianura Padana, che fino a quel momento era stata
un grande golfo marino, iniziò ad emergere progressivamente.
Secondo l’ipotesi proposta dagli autori, la regione
Mediterranea, caratterizzata da un clima più moderato, diventò il rifugio
ideale per animali come l’elefante africano e il mammuth asiatico, in fuga da
ambienti sempre meno ospitali e per i primi ominidi che giunsero in Italia e
poi, attraverso le nuove terre emerse delle pianura padana, nel resto d’Europa,
al seguito degli animali in migrazione.
Fonte: srs di Alice
Danti, da NATIONAL GEOGRAPHIC Italia del
20 gennaio 21012
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