Dunque, Napolitano, ’o re, con le fanfare, i gagliardetti
e i tricolori, va in Emilia e viene fischiato dai terremotati che gli gridano:
“Vattene, buffone”.
Ma sui grandi giornali, Corriere, Repubblica, Stampa, la
notizia non compare, e se non c’è, vuol dire che non è vero. Perché
meravigliarsi! In fondo la stampa italiana, padronale o di partito, è sempre
stata organica al sistema politico istituzionale, però con la cura di
scegliersi il padrone “migliore”, Prodi invece di Berlusconi, ed ora Paperon
Monti che non dev’essere contrariato essendo, oltre tutto, permalosissimo. E se
qualcuno fischia o’ re basta non dirlo ed è come se il misfatto non fosse
accaduto.
Si direbbe che la stampa italiana tra i suoi doveri non
abbia quello fondamentale di informare ma piuttosto di correggere una opinione
invalsa nel popolo-bue.
Se l’impressione è quella che via sia ormai, a parte la
crisi economica, anche un problema di emergenza sicurezza e che il cittadino
comune non sia tutelato nei suoi fondamentali diritti individuali e che le
donne e gli anziani, perché più deboli, siano le vittime predestinate di
stupratori e rapinatori, ebbene non è vero niente. Viviamo nel migliore dei
mondi possibili. Così, con le medesime intenzioni del Minculpop, organi
ministeriali, grazie alla stampa compiacente e servizievole, diffondono
l’impressione opposta di un Paese tranquillo, dove i reati contro la persona e
contro il patrimonio non sono affatto in aumento, ma di converso, in diminuzione.
Giornalisti di punta, più pennivendoli che combattenti dell’ideale, continuano
imperterriti sui grandi giornali a rimestare il letame e solo con l’obbiettivo
voluttuoso e improvvido di colpire l’avversario per compiacere il padrone. Ogni
arma è permessa, purché ignobile.
Qualcuno può stupirsi che il fascismo abbia avuto un così
vasto consenso in Italia?
I fascisti c’erano già, solo che non sapevano di esserlo.
C’è libertà di stampa in Italia? Bisognerebbe ribaltare la domanda: se non c’è
l’abitudine a usarla è come se la libertà di stampa non ci fosse, e i primi a
farne a meno sono proprio i giornalisti. Nell’Ottocento i grandi giornali erano
organi di potentati politici: Crispi, Giolitti, Salandra, poi Mussolini. I
diritti dei lettori non venivano nemmeno per ultimi. I giornali della
repubblica non sono migliori, per certi versi sono peggiori perché non hanno
l’alibi della costrizione e della fedeltà. Sotto il fascismo martiri dell’idea non se ne
videro.
Il giornalista più eclettico del Ventennio fu senz’altro
Davide Lajolo volontario in Spagna dalla parte dei franchisti, direttore
della Sentinella Adriatica, foglio
della federazione fascista di Ancona e pochi anni dopo direttore dell’Unità, organo del partito comunista.
Il più impunito è
lo storico (storico!) Roberto Vivarelli, repubblichino diventato
comunista (come Dario Fo), senza mai rinnegare il passato fascista, che si presenta
in TV con la pappagorgia, la faccia da schiaffi e la maglietta con l’effigie
del Che. E insieme a loro una legione di voltagabbana e di trasformisti passati
senza fare una piega da un dispotismo all’altro, secondo una consolidata usanza
di abiezione e piaggeria, senza che re Ferdinando II di Borbone riuscisse mai a
fidarsi interamente dei “pennaruli”.
I giornali d’oggi non godono di grande stima.
La Stampa di Torino è chiamata la “busjarda” e nessuno si
offende essendo un epiteto che si rifà a una gloriosa tradizione di sudditanza.
Anche il torvo cardinale Antonelli rivalutava la bugia chiamandola,
all’occorrenza, santa. Perchè i
giornalisti dovrebbero essere diversi? Voltagabbana come i reduci del 68 che
volevano abbattere lo Stato e se ne sono fatti mallevadori dai più alti fastigi
della politica e del giornalismo “borghese”. Stessa palingenesi negli ex
comunisti d’annata. Sentire Fassino che in TV da del “romeno” all’avversario,
fa scompisciare. Ma Ceaucescu non era roba loro? Fessino parmi. Negli anni Cinquanta la stampa borghese stava
con l’America, la stampa fiancheggiatrice del PCI con l’URSS. Nel 1951 in piena
guerra fredda, la DOXA chiese a circa 3.000 lettori quale fosse, secondo loro,
il quotidiano più serio e più obiettivo dell’Italia settentrionale. Il 28%
rispose il Corriere della Sera, l’8% La Stampa, il 5% l’Unità.(L’Unità!). Come
si vede il concetto di libertà, ieri come oggi, resta relativo e confuso. Se
gridavi “viva la libertà” sulla piazza Rossa ti ricoveravano in manicomio.
L’Italia non cambia.
Dove se non in Italia i comitati di redazione hanno il
potere di veto e di interdizione? Dove se non in Italia si creano le
icone sante del giornalismo corretto e sgrammaticato, come è accaduto in RAI
col tabernacolo di San Michele martire e gli altri stronzi, con la benedizione
dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti RAI? Purché dalla parte giusta, come
comanda il Minculpop “democratico”!
Fonte: srs di ROMANO BRACALINI, da l’Indipendenza, del 9
giugno 2012
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