Roma - La spilla "prenestina", risalente al VII
secolo a.C., da un secolo era oggetto di una disputa accademica
Roma - La “Fibula prenestina”, risalente alla metà
del VII secolo a.C. e recante la più antica iscrizione latina prevenutaci, è
autentica e adesso ci sono anche le prove scientifiche.
Si chiude così un dibattito che va avanti dal 1887, quando
la preziosa spilla etrusca venne rinvenuta a Palestrina dall’archeologo tedesco
Wolfgang Helbig, suscitando accese polemiche sulla sua effettiva attendibilità.
Controversie che raggiungessero il culmine nel 1979, quando la celebre
epigrafista Margherita Guarducci la dichiarò apertamente un falso e ne attribuì
l’iscrizione allo stesso Helbig.
A mettere la parola fine al “giallo” sono state le indagini
condotte dall’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del
Cnr e dalla Sapienza, che hanno fugato ogni dubbio. Gli accertamenti condotti
da Daniela Ferro dell’Ismn e dal restauratore Edilberto Formigli, che da anni
conducono analisi multidisciplinari sulla tecnologia orafa antica, ne hanno
confermato l’attendibilità. Il gioiello d’oro, lungo 10,7 cm ed esposto al
Museo nazionale etnografico “Luigi Pigorini” di Roma, sulla parte esterna della
staffa riporta l’incisione “Manios med
fhefhaked Numasioi”. In latino classico, “Manius me fecit Numerio”, ovvero “Manio mi fece per Numerio”.
Per giungere a stabilire l’autenticità della Fibula, i due
studiosi hanno utilizzato un microscopio a scansione elettronica e una
microsonda elettronica a raggi X a dispersione di energia, che consente
osservazioni ad alta risoluzione della superficie e, contemporaneamente,
permette di acquisire dati sulla composizione chimica degli elementi. “Abbiamo
studiato la fibula con una strumentazione dotata di una camera porta-campioni
che permette di muovere agevolmente l’oggetto, investigandone ogni parte senza
danneggiarlo”, spiega Daniela Ferro. Non essendo ancora stati trovati metodi di
datazione dell’oro, gli studiosi sono ricorsi a una contestualizzazione della
Fibula attraverso le tecnologie applicate alla sua costruzione. E proprio
l’accertamento delle metodologie impiegate e la composizione chimica della
spilla hanno confermato la congruenza tra l'età del materiale e le tecniche di
lavorazione dell'oro, nonostante gli interventi di pulitura e lucidatura
eseguiti nell’800.
“Abbiamo anche individuato una riparazione originale che
conferma l’uso prolungato dell’oggetto in età antica - continua la Ferro -. È improbabile che un falsario ricostruisse
tali dettagli senza una conoscenza delle procedure dell’oreficeria antica che,
tra l’altro, non avrebbero potuto essere rilevate se non con sofisticate
strumentazioni tecnologiche disponibili solo ai nostri giorni”.
Nel corso del tempo, la spilla è stata oggetto non solo di dibattiti
sull’autenticità, ma anche di numerose traversie. Donata nel 1889 al Museo
nazionale etrusco di Villa Giulia, nel 1900 fu trasferita al Museo nazionale
preistorico etnografico e kircheriano del Collegio Romano e riunita, nonostante
l’appartenenza non sicura, al corredo della principesca Tomba Bernardini di età
orientalizzante, scoperta a Palestrina nel 1876. Nel 1960 il corredo di questa
tomba fu trasferito al Museo di Villa Giulia, mentre la fibula rimase al
Collegio romano.
Fonte: da il Velino.it del 6 giugno 2011
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