Nella mappa a riscio
anche Thiene e Bassano
Un ricercatore del Cnr di Padova aveva pubblicato un
articolo scientifico con la previsione poi avverata. «Siamo in uno
schiaccianoci: non si può dire quando arriverà il sisma, ma l'area sì»
PADOVA. Mirandola è un rettangolino con i contorni
bianchi stretto tra gli Appenini e le Alpi. Sotto al nome della città emiliana
tristemente assurta alle cronache per il terremoto devastante del 20 e del 29
maggio scorsi c'è un numerino tra parentesi: 6.2. La cifra rappresenta «the
maximum expected magnitude», cioè la massima magnitudo attesa. Lo studio è del 2007, cinque anni prima del
terremoto di 10 giorni fa che ha avuto il suo epicentro proprio Mirandola e ha
sfiorato magnitudo 6.
Il dott. Dario
Camuffo, classe 1941, dirigente di Ricerca del Cnr - Istituto di Scienze
dell'Atmosfera e del Clima a Padova ci aveva visto giusto. In quella mappa
pubblicata nel febbraio 2007 in un suo articolo nel Global and Planetary Change, bibbia delle riviste scientifiche,
Camuffo aveva indicato proprio a Mirandola - dove si è sbriciolata la chiesa di
San Francesco, il centro è ancora zona rossa e ci sono stati 5 dei 26 morti -
la possibilità di un terremoto di magnitudo 6.2 della scala Richter.
Nella stessa carta vengono indicate anche altre zone: per Mantova, ad esempio, una magnitudo 5.9, nel Veronese 6.5, a Conegliano 6.4 e nel Montello 6.5. I numeri più alti riguardano però Thiene e Bassano, nodi principali della Pedemontana vicentina, per i quali
viene indicata la magnitudo 6.6. È
la scossa che potrebbe arrivare, non si sa quando.
Eppure se guardiamo alla carta del rischio sismico Thiene e
Bassano vengono identificate come località in fascia 3 (rischio basso), come
del resto quasi tutti i comuni berici. Cosa c'è da aspettarsi visto quanto
previsto (e poi accaduto) a Mirandola? E perchè questo contributo è stato
tenuto nel cassetto?
LA NOCE. Va
premesso che lo studio di Camuffo, redatto insieme all'archeologa Silvia Enzi e al sismologo Eugenio Carminati aveva altro obiettivo
che gettare facili allarmi. Mettendo insieme dati storici (i terremoti del
passato) e sismologici (quelli dell'Invg, Istituto nazionale di geofisica e
vulcanologia) i ricercatori volevano valutare gli effetti della sismicità sul
movimento di sprofondamento di parte della crosta nell'area veneziana. Di fatto
l'incrocio dei dati, in cui le faglie di Ferrara e di Mirandola non erano certo
emerite sconosciute e dove storicamente si erano verificati terremoti, ha fatto
emergere il fenomeno che sta vivendo sempre di più la Val Padana. Ma che non è
una novità. E che Camuffo affida ad un'immagine: la Val Padana è come una noce
dentro uno schiaccianoci, stretta tra Alpi e Appennino. Da una parte l'Italia
del Sud e del Centro che premono verso Nord, quindi la catena dell'Appennino
che preme alle zone tettoniche della Val Padana ed essa, dall'altro lato,
schiacciata dalle Alpi sede di faglie. Vecchie, presenti e future. Ed su questi
bordi la maggiore probabilità che avvengano i terremoti.
CONOSCENZE
SOTTOVALUTATE. Non sono una sorpresa - dice Camuffo - le scosse dell'altra
notte a Belluno e in Friuli, ben considerate nelle previsioni delle carte
sismiche. Non altrettanto considerate invece per altre aree del Ferrarese e
dell'Emilia. E oggi, alla luce dello studio del 2007 con Mirandola ben
evidenziata con magnitudo 6.2, fanno anche una certa stizza. Nelle carte
sismiche sono scoperte anche Thiene e Bassano, mentre nello studio del
ricercatore padovano rappresentano le città più a rischio nella zona padana,
tanto da assumere il triste primato di possibili epicentri. Quanto c'è da
preoccuparsi? «Il nostro studio non deve allarmare i poveri cittadini di
Thiene, Bassano, Mantova, Verona - specifica Camuffo - e non perché c'è stata
una previsione di magnitudo 6.6 devono pensare di dormire fuori strada. Però
quello che mi viene da dire è che ci sono zone a rischio molto serio, ma
purtroppo sottovalutate. Direi che questo può rappresentare un contributo per
assumere comportamenti di prudenza. Non siamo in grado di dire quando e se
verranno questi terremoti a Thiene, Bassano, Verona. L'ultimo a Bassano si è
verificato nel 1695, a Verona nel 1117. Però se riguardasse me prenderei
qualche precauzione». Vicenza? Più rincuorante il messaggio dello studioso:
«Vicenza come Padova sono più centrate nella Val Padana e le scosse che si
avvertono qui derivano da epicentri dislocati altrove».
RESPONSABILITÀ.
«Chi ha responsabilità ai vari livelli deve tenere conto di tutti i risultati e
non far finta di non sapere. Il rischio di queste città deve essere tenuto
nella giusta considerazione, non si possono considerare zone non sismiche. Le
Sovrintendenze dovrebbero stare un po' più attente, mettere in sicurezza le
opere migliori che poi rappresentano il nostro “petrolio” dal punto di vista
turistico. E poi i capannoni e le case, avere accortezza nel fare eseguire
verifiche».
Ma perché uno studio
così non è stato recepito in modo ufficiale? «Oggi l'unico modo per comunicare
i risultati oggetto di studio è la pubblicazione sulle riviste internazionali
più serie. Quello che arriva dalla dignità dei canali scientifici ha il dovere
di essere ascoltato. Il servizio di Protezione civile, l'Arpav, l'Invg hanno la
responsabilità di tradurli in interventi e informazione scientifiche. Poi se
devo dirla tutta il Cnr è l'Istituto ufficiale per la consulenza dello Stato.
In 43 anni che lavoro al Cnr non è mai stato richiesto il mio contributo».
Fonte: srs di DARIO CAMUFFO, da il Giornale di Vicenza del 10 giugno 2012
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