Il Trevigiano è da
sempre soggetto a questi fenomeni (usatoday.com)
L'allarme dei geologi: sulla pedemontana potrebbe
verificarsi
un terremoto fino ai 7 gradi Richter, in pianura fino ai 5.1 gradi
TREVISO - E adesso? Ci saranno altre scosse? E l'epicentro
potrà spostarsi anche verso il Veneto? Sono racchiuse in queste domande, senza
risposte certe, le preoccupazioni dei trevigiani ingigantite dai terremoti che
nelle ultime settimane hanno devastato l'Emilia.
In realtà la Marca a rischio sismico lo è da sempre. Lo
sa bene Giovanni Toffolon, geologo di Motta che da anni lavora come
consulente per la Protezione civile e per i Comuni impegnati nella
pianificazione territoriale.
Insomma, cosa ci dobbiamo aspettare? «Le scosse,
purtroppo, sono ancora impossibili da prevedere. Ma è certo che l'Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia ha già inserito la nostra provincia nella
classificazione di rischio. La Marca è essenzialmente divisa in due: da una
parte c'è la pedemontana, di livello due, che potrebbe anche risentire
di forti terremoti provenienti dalle aree ad alto rischio del Friuli,
dall'altra la pianura, di livello tre, dove - anche se con epicentri più
superficiali - le scosse potrebbero farsi sentire comunque».
Tradotto? «Tradotto prendendo la scala Mercalli, che
misura gli effetti che il terremoto ha sulle strutture, l'intensità
macrosismica massima prevista in pianura può arrivare al 7. grado (magnitudo
compresa tra i 4.7 e i 5.1 gradi scala Richter, ndr), mentre quella messa in
conto nella pedemontana è maggiore e, verso nord, può teoricamente raggiungere
anche il 10. grado» (oltre 7 gradi scala Richter, ndr)".
Settimo grado vuol dire difficoltà a stare in piedi,
danni alle murature, suono delle campane e formazione di onde sugli specchi
d'acqua, mentre decimo significa distruzione di gran parte delle murature. Ma
la pianura, a partire da quella emiliana, non era al sicuro? «La zonazione
è da rivedere. Poi bisogna dire che sotto il modenese esiste una struttura
geologica particolare dell'Appennino presa in considerazione già 30 anni fa».
Nel trevigiano ci sono punti più critici di altri? «Sotto
il Montello, ad esempio, ci sono delle faglie attive: è una
collina giovane uscita in mezzo alla pianura ed è passato tanto tempo
dall'ultimo terremoto importante. Se la compressione non si scarica di continuo
a un certo punto potrebbero esserci scosse anche di forte entità. È il
rischio più elevato, sulla carta».
Come ci si può riparare? «Senza allarmismi o
sensazionalismi, ma investendo nel territorio e studiando le mappe di
microzonazione sismica. Senza dimenticarsi di quanto accaduto, tranne poi
ritirarlo fuori al prossimo terremoto».
E anche con strutture antisismiche, come purtroppo
insegnano i capannoni emiliani. «La normativa è vincolante dal 2003 e le
norme tecniche per la costruzione sono del 2008. Tutto quello che è stato
costruito prima, se non adeguato, è stato fatto senza la classificazione. E
così rimane, perché non c'è alcun obbligo di adeguamento». Insomma,
bisognerebbe mettersi a lavorare tra un terremoto e l'altro, senza mai
dimenticare.
Fonte: srs di Mauro Favaro; da Il Gazzettino.it di Giovedì 31 Maggio 2012
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