sabato 8 gennaio 2011

Le cartine irriverenti che mappano gli stereotipi europei

L'Europa vista da Yanko Tsvetkov, l'artista bulgaro è di stanza a Londra

Bella idea, disegnare mappe degli stereotipi europei. Significa (a) che esistono (b) che possiamo scherzarci sopra. Chiunque abbia  ascoltato un francese parlare di un inglese, un inglese descrivere un tedesco, un   tedesco raccontare di un polacco, un polacco commentare un russo, e tutti quanti parlare di noi italiani, lo sa: i popoli possono essere perfidi. Se sono amici tra loro, il gioco sarà divertente. Se sono nemici, non è più un gioco: è la vigilia di una guerra.


L'Europa vista dagli americani


E' la storia tragica d'Europa ad averci tolto il gusto dell'ironia. E' la preoccupazione di ricadere in vecchi errori che ci ha levato il piacere di studiare le diversità, e riderei sopra La correttezza politica ci ha imposto una patetica falsità: non ci sono popoli, solo persone! Non esistono caratteri nazionali, solo caratteri individuali!


L'Europa per gli italiani. A est di Trieste una combinazione di pornostar e baby-sitter, ladri e bizantini, bevitori di birra e danzatrici del ventre. A nord prevale lo sport (rugby in Irlanda e Wembley in Gran Bretagna), a ovest la visione italocentrica (Carla Bruni in Francia, dialetti italiani in Spagna). E il nostro Paese è diviso a metà: il sud è Africa

Sciocchezze. Guardate una strada italiana e una strada tedesca e ve ne renderete conto. Qualcuno dirà: «Ma i tedeschi arrivano in Italia e, dopo un po', sono più indisciplinati di noi». Certo: è la prova che sono gli ambienti a produrre i comportamenti, e non esiste alcun determinismo antropologico. A Berlino hanno ragione: «Se a Napoli guidassero come noi - dicono - sarebbe meglio». A Napoli risponderanno: se via Tasso fosse larga e diritta come Unter den Linden, magari lo faremmo.


L'Europa per gli inglesi. Una visione che tradisce l’assenza di «sentimento europeo» e attribuisce ai Paesi del Continente o una funzione vacanziera-consumistica (crema solare in Spagna, droghe in Olanda, torta in Austria) o un certo disprezzo (ex Jugoslavia: non pervenuto). L’Italia, per gli inglesi, sarebbe terra di uomini abbronzati e canuti.

Sono piene di splendida, inoffensiva ferocia, le mappe del bulgaro Yanko Tsvetkov, residente a Londra. Occorreva un outsider per ricordarci che; per molti francesi, noi italiani siamo amichevoli casinisti, i greci sono casinisti pelosi e i polacchi sono soprattutto idraulici. E per tanti inglesi l'Europa - tutta, da Calais a Cipro - è l'Impero Federato del Male. E per molti italiani a est di Trieste vive una combinazione di pornostar, baby-sitter, ladri, bizantini e bevitori di birra. E per gli americani i francesi si lavano poco, gli svizzeri pensano solo ai soldi, gli scandinavi sono socialisti e noi, ovviamente, mafiosi.


L'Europa per i francesi. O con noi o contro di noi sembra essere il motto della République: gli odiati inglesi sono assassini di vergini (Giovanna d’Arco...), l’Austria gli ex arcinemici, la Germania i migliori amici. La Russia è il sogno napoleonico, la Turchia non è certo europea. Ma l’Italia è semplicemente gente rumorosa.

Poi ci incrociamo, ci incontriamo, ci conosciamo, ci stimiamo, ci innamoriamo, lavoriamo insieme. E gli stereotipi si sciolgono davanti a una birra A un bicchiere di vino, diciamo noi. A una coppa di champagne, dicono loro. A una bottiglia di vodka, propongono russi e polacchi. A un whisky liscio, decidono gli scozzesi.


L'Europa secondo i tedeschi. Stereotipi tecnologico-economici per l’Europa interpretata dai tedeschi: Ikea in Svezia, telefoni cellulari in Finlandia, riserve di gas in Russia, forza lavoro in Turchia. E proletariato nell’ex Ddr. Ma altri sono più d’ordine culinario: pizza in Italia e cotolette in Austria, gulasch in Ungheria e whisky in Irlanda

E si ricomincia, per fortuna, a essere diversi,  polemici e sospettosi. L'Europa, come la vita, è bella perché è varia Se fossimo tutti uguali, come sogna qualcuno a Bruxelles, saremmo sepolti da un immenso sbadiglio. Più grande del debito pubblico, ed è tutto dire.

Fonte: srs di BEPPE SEVERGNINI  dal Corriere della Sera del 22 settembre 2010



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