Monticello, a Charlottesville, in Virginia
«We recognize his tremendous influence on architecture in the United States».
Il Congresso degli Stati Uniti d'America ha ufficialmente adottato una Risoluzione che riconosce in Andrea Palladio il «padre» dell'architettura americana. E successo il 6 dicembre scorso, con voto unanime dei due rami del Congresso Usa e la sottoscrizione della Concurrent Resolution 259. Insomma, dopo le parole, arrivano i fatti.
Dopo l'ammirazione, l'imitazione e la riproduzione, viene messo nero su bianco, dalle più alte cariche d'Oltreoceano, che l'architetto veneto ha ispirato negli States una vera e propria filosofia progettuale e sociale. Quel «palladianesimo» colorato a proprio piacere in tutto il mondo e cucito addosso ad esigenze altrui ora sancisce il copyright al geniale ex scalpellino padovano, con gli Usa che ringraziano «per l’arricchimento che la sua vita è la sua carriera hanno conferito all'ambiente costruito della Nazione americana» e ne «riconoscono il 500esimo anniversario dalla nascita».
Un amore coltivato da sempre quello dall'altra parte dell'Atlantico da dove si guardava a Venezia, alla Repubblica Serenissima e al corollario di ville con l'ammirazione con cui si scruta qualcosa di rivoluzionario, di pregio ma anche di profondamente laico, con omaggi di altissima architettura smarcatasi ufficialmente dall' obbligo dell'ornamento religioso.
Insomma: la Serenissima fu un modello e Palladio uno dei suoi veicoli di diffusione più riusciti, come testimonia anche l'atto congressuale firmato a Washington. «Si trattò, spesso, di un'opzione politica, - ha spiegato in più occasioni Guido Beltramini, direttore del Centro Internazionale di Studi Andrea Palladio -: gli americani scelgono il modello della Casa Bianca perché per loro la villa è lontana dalle architetture di potere tirannico. La villa è vissuta come idea di libertà. Un modello che si perpetua nel tempo e che riesce abilmente ad intrecciarsi ai mutamenti sociali e politici che si alternano nel tempo. Lo dimostra il boom di visitatori che hanno collezionato le diverse mostre palladiane organizzate all'estero per il cinquecentenario, come pure l'imitazione mai sopita delle forme palladiane in qualsiasi parte del mondo.
Lo sanciscono pure gli Usa che, vedendoci giusto, hanno già chiesto al Cisa di prorogare l'attuale esposizione in patria, consapevoli dell'interesse e del volano turistico che sta generando.
Palladio, l'eterno contemporaneo, dunque. L'artista che, come ricordano gli esperti Cisa, «promuoveva razionalità ed etica dell'architettura, mettendo al bando gli elementi sovrabbondanti secondo un concetto di economia come austerità che tanto piacque agli americani fin dall'inizio visto che li riavvicinava ai principi "nobili" dei padri pellegrini».
Una conquista, quella statunitense, riuscita soprattutto se paragonata a quella inglese, prevalentemente gotica, o ai trionfi di religione esagerati al barocco romano. «Come ogni nuovo ricco - spiega Beltramini - gli States scelgono Palladio come modello à la page e lo adottano in pieno». '
Un' adozione che non conoscerà più lontananze: magari, nel tempo, verrà rivisitata, vista con occhi di altri, ma mai abbandonata (le ville «palladiane», create negli stati del Sud degli Stati Uniti nel '700 ripercorrono il modello veneto con la casa del padrone immersa nei poderi e gli alloggi per gli schiavi occupano lo spazio che in Palladio era destinato alle barchesse).
Tuttora è simbolo di un linguaggio razionale e limpido per gli edifici di stato.
«Un riconoscimento che ci riempie di orgoglio - spiega la presidente Cisa Amalia Sartori -. Non credo siano molti i precedenti di un simile riconoscimento all'arte italiana da parte del Congresso degli Stati Uniti».
Nelle premesse al documento, si definiscono i «Quattro Libri dell'Architettura come la più importante pubblicazione di architettura d'ogni tempo», si citano gli edifici-simbolo del palladianesimo americano (dalla villa di Monticello di Thomas Jefferson alla Casa Bianca) e si sottolinea l'impegno del Cisa, del Comitato nazionale italiano per le celebrazioni dei 500 anni di Palladio e l'Istituto Italiano di Cultura negli Usa.
Fonte: srs di Silvia Maria Dubois da il Corriere della Sera edizione Verona di martedì 14 dicembre 2010
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