giovedì 19 febbraio 2009

Nel 1861 non conosceva l'emigrazione poi vennero i Savoia

Il Genocidio del Sud

Lettera aperta al Presidente della Repubblica italiana Dott. Azeglio Ciampi 


Sig. Presidente, 

La rivendicazione degli ebrei all'ottenimento del rispetto universale, parte dai terrificanti numeri dei morti deportati dell'olocausto. Terrificanti e raccapriccianti per l'entità. Qui si parla di milioni; non di bruscolini ma di esseri umani. E tutta l'umanità riconoscendo la giustezza delle rivendicazioni ebraiche si schiera dalla sua parte, giustamente, ricercando, nei limiti del consentito, i risarcimenti possibili (oltre la caccia agli ultimi carnefici sopravvissuti).

Lei si sta accingendo a compiere il viaggio della memoria nelle terre dei re chiamati Galantuomo, Buono, Soldato, perché una agiografia e storiografia di parte e una scuola di regime hanno fatto credere a milioni di italiani che la casta sabauda fosse fatta di Galantuomini, di Buoni e di Soldati. Le cose non stanno così purtroppo. 

Per quanto riguarda la questione Savoia il ragionamento dovrebbe essere analogo a quello degli ebrei. A condizione che si possano conoscere i numeri riguardanti: 

1) i morti procurati al Sud con l'invasione barbarica del 1860, quella piemontese appunto; i deportati, i torturati, i fucilati o fatti morire di fame, di freddo e di stenti nei dieci anni e passa di repressione fatta chiamare dal re Galantuomo Vittorio Emanuele II repressione del brigantaggio. Secondo La Civiltà Cattolica del tempo i morti furono assai maggiori dei voti del plebiscito. A conti fatti, più di un milione 

2) i beni depredati al Sud e trasportati nel Piemonte: ricchezze finanziarie, culturali, sociali, sottratte con la forza dai vincitori 

3) gli emigranti diasporati in tutto il mondo per sfuggire alle persecuzioni , alla fame, alla miseria e all'oppressione delle orde piemontesi. Sono 25 milioni Sig. Presidente. Emigrazione biblica dei duosiciliani dopo il nefando 1861 ( medie annue: dal 1863 al 1880, 110.000; fino al 1900, 310 mila; fino al 1905 , 554.000; fino al 1913, 811.000), poi i nostri compatrioti divennero carne da cannone per la prima guerra mondiale ( il Sud ebbe 350 mila morti ) e per la seconda guerra mondiale ( il Sud ebbe 210 mila morti ) dopo quest'ultima guerra sono stati cacciati dal Sud altri 5 milioni di persone e l'emorragia continua con 100.000 nostri connazionali costretti ad emigrare nell'anno corrente. Una vera vergogna per l'Italia repubblicana e democratica. Uno stillicidio. Una diaspora che nemmeno gli ebrei hanno avuto. 

4) miliardi incalcolabili di dollari, sterline, pesos, bolivars, escudos, marchi, franchi procurati ai boiardi liberali, capitalisti e massoni del Nord, nell'arco di un secolo ed oltre da chi prima del 1860 non conosceva cosa fosse l'emigrazione, gli emigranti meridionali appunto. Le rimesse degli emigranti, sicuramente più voluminose del Vesuvio, dell'Etna e dello Stromboli messe assieme, sono finite tutte nelle tasche dei predoni cispadani, totali detentori dei mezzi di produzione. Il Sud, privilegiato bacino di mercato dei magnaccia del Nord liberale, liberista e piduista, condannato soprattutto alla disacculturazione più feroce, sta leccandosi ancora le ferite inferte dalla bestialità savoiarda. 

5) i morti delle guerre coloniali; i morti contadini ed operai nelle varie repressioni a favore del capitalismo liberista ( cattolici, socialisti, comunisti, borbonici, papalini uccisi dai vari Fumel, Della Rocca, Pinelli, Bixio, Bava Beccaris, Lamarmora ecc ecc); quelli procurati dalle cannonate sulla Sicilia nel 1866, quelli dei fasci sicliliani, quelli di Milano con il criminale Bava Beccaris su ordine del re Buono e quelli della Prima e Seconda guerra mondiale per colpa del re soldato detto pippetto. Se qualcuno vuole dare i numeri è libero di darli ma dovrebbe riuscire a dare quelli su richiamati. E se ci riuscisse farebbe un buon servigio al popolo Meridionale e scoprirebbe che le cifre vanno ben oltre quelle, maledette dell'olocausto. 

I piemontesi furono degli assassini spietati, invasero il Regno delle Due Sicilie a tradimento e senza dichiarazione di guerra; rasero al suolo 54 paesi, incendiarono villaggi, bruciarono i raccolti dei contadini per anni, scannarono armenti e bambini, donne, vecchi. Il generale Pinelli negli Abruzzi incendiò 14 paesi in pochi giorni, Bixio eseguì 700 ( settecento) fucilazioni di contadini ed operai con l'assenso dei Savoia. Vi furono eccidi disumani, tremendi, barbari, truculenti. Quegli assassini dei fratelli d'Italia cominciarono a Genova nel 1849 ove il generale Lamarmora soffocò nel sangue il rigurgitare repubblicano dei genovesi, ne morirono circa 700 e la città messa a sacco e fuoco, la violenza dei bersaglieri i liguri se la ricordano ancora. Poi il garibaldino Bixio su ordine del suo generale pirata dei due mondi massacrò i siciliani a Bronte, Recalbuto, a Linguaglossa, e in tutta la fascia etnea, il tutto coordinato dal console inglese che stava a Messina e in nome dei Savoia. 
Gaeta, simbolo del martirio del Sud fu sprofondata da 160 mila bombe dal generale Cialdini, ritenuto macellaio dal popolo del Sud. Gaeta fu rasa al suolo e i morti furono migliaia, sia civili che militari; i gaetani, dopo l'assedio chiesero i danni di guerra al governo torinese, stiamo ancora aspettando quei soldi, due milioni di lire del 1861. Noi li vogliamo. Se questa repubblica, ha ereditato quella italietta artificiale dai Savoia che paghi Sig. Presidente. 

Gli eccidi si susseguirono senza soluzione di continuità per oltre dodici anni; gli stati d'assedio erano la regola dei Savoia per scannare i nostri compatrioti Meridionali; la Legge Pica emanata nel 1863 è stata la legge più infame che un parlamento avesse potuto emanare, sotto l'egida savoiarda. Con quella legge furono istituiti tribunali di guerra in tutto il Sud, i soldati avevano carta bianca, le fucilazioni erano cosa ordinaria e non straordinaria. A causa di quella legge furono fucilati vecchi di 90 anni e bambini di dieci e dodici anni. Eccidi vi furono a Vieste, a Venosa, a Bauco, ad Auletta, a Gioia del Colle, a Sant'Eramo, a Pizzoli, a Pontelandolfo e Casalduni ove il generale Negri su comando di Cialdini arrostì e fucilò quasi mille persone; a Nola il generale Pinelli fece fucilare 232 paesani; a Montefalcione fu ecatombe, a Montecillone pure; a Teramo in una settimana furono trucidati 526 contadini; a Isernia i garibaldini ne trucidarono altri 1500; in Basilicata i morti non si contarono, solo il cielo sa quanti furono, in Calabria il generale Gaetano Sacchi fucilò a centinaia i calabresi paesani fino al 1870 e passa, il generale Fumel in un memoriale disse di aver fucilato almeno trecento tra briganti e non briganti; il generale Della Rocca disse che i suoi ufficiali fucilavano solo i capi dei briganti (come venivano chiamati i nostri patrioti e partigiani), e siccome erano migliaia le fucilazioni telegrafava a Torino dicendo di aver fatto fucilare uno,due tre sessanta capi briganti; in Sicilia vi furono migliaia di morti, nel basso Lazio, nel beneventano, nel Molise, nell'avellinese, in Capitanata. 

La nostra terra è inseminata di croci, di morti senza nome. Non vi fu villaggio non insozzato dalle orde piemontesi. A Gaeta, nel 1960 trovarono una foiba con duemila morti fucilati sullo spiazzo di Montesecco, li ricordava una stele, una piramide tronca, anche quella è sparita, la gente non deve ricordare, Cavour diede ordine a Cialdini di sparare cannonate anche dopo l'armistizio, durante l'assedio di Gaeta. I piemontesi si comportarono da veri assassini e criminali di guerra. Sig. Presidente, ci fa piacere che stia ricordando agli italiani di San Martino e Solferino dove i francesi si comportarono da eroi, in cambio vollero Nizza e la Savoia e i nostri statisti, ritenuti sommi, li accontentarono. Per molti quegli statisti furono solo dei traditori della patria. Vendettero la moglie al diavolo. 
Ci fa piacere Sig. Presidente, veramente. Il Sud si rallegra di questo, capiamo la sua voglia di unire la Patria sotto un inno nazionale che non capiamo, sotto una bandiera tricolore a cui abbiamo giurato fedeltà e che rispettiamo comunque; tre colori: verde uguale a prosperità dei padani, bianco come la neve delle alpi, rosso come il sangue versato dai meridionali durante la costruzione artefatta di questa Italia che amiamo tanto. I secessionisti hanno tentato la fuga, lo sappiamo. 
L'Italia era costituita da sei staterelli poveri, e da un grande Stato, il Regno delle Due Sicilie, ricco e prospero ove non si conosceva l'emigrazione e la disoccupazione era parola sconosciuta. Per Noi Meridionali l'Italia è nata il 2 giugno del 1946 e in quel giorno nacque il patto tra Nord e Sud che ormai sembra scemare. Non per colpa Nostra. Il Risorgimento piemontese e nordista non ci appartiene, quella genia di malfattori siano incensati da altri. 

Lei Sig. Presidente deve essere Super Partes, Noi non possiamo santificare chi ha commesso eccidi nefandi, chi ha derubato il Sud di tutto, chi ha commesso crimini contro l'umanità. È contro la storia, è contro il nostro essere Meridionali. 
Il Sud, nella sua memoria storica ricorda gli eccidi piemontesi, ricorda le stragi, ricorda i crimini commessi in nome e per conto dei Savoia e si sente offeso quando gli si vuole imporre una storia non veritiera; la gente del Sud ribolle rabbia quando gli si ricorda dei Savoia o dei nazisti. 

Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele II di Savoia non sono i nostri eroi Sig. Presidente, non si può far studiare nelle scuole che quei signori ci hanno liberato dalla barbarie e dal tiranno, la ragione è solo una, tiranni e criminali erano loro, i savoiardi appunto. Il Sud era industrioso, laborioso e soprattutto pacifico, mai i nostri governati han dichiarato guerre ad alcuno. Da noi si costruì la prima ferrovia d'Italia, le prime navi a vapore e in ferro, da Noi vi erano le più grandi fabbriche d'Italia.... 

.... da noi vi era lo stabilimento di Pietrarsa, quello della Mongiana o i cantieri navali di Castellammare, da noi vi erano fabbriche di tessuti, di specchi, industrie metallurgiche; vi lavoravano 1,600,000 persone e da Noi vi era un'agricoltura fiorente all'avanguardia; da Noi vi erano banche dei Merdionali, società di assicurazioni, società di mutuo soccorso; da Noi vi erano capitali; da noi nacquero le prime comunità di tipo collettivo e le prime case per gli operai; da noi venne introdotta, per prima, la pensione ; da Noi vennero inventati gli assegni bancari; da Noi scomparì per prima la povertà: si costruirono gli alberghi dei poveri per dare loro un riparo ed un mestiere. 
Da Noi arrivò il gas nel 1836 e nel 1852 il telegrafo elettrico, primissimi in Italia; da Noi la terra fu tutta bonificata e data ai contadini del Sud, ciò che non fecero i sabaudi prosciugando parte della pianura pontina che regalarono ai veneti e friulani mentre i nostri contadini erano costretti all'emigrazione. Tutto questo è stato distrutto dai savoiardi. 

Noi siamo un popolo civile Sig. Presidente, l'annessione dell'Italia, quella vera, quella della civiltà, quella di Archimede, di Parmenide, di Zenone, di Epicuro, di Pitagora) operata dalle orde barbariche delle ex province di Roma, secondo alcuni storici ha dato vita all'unità. L'unità d'Italia fatta dai Galli. Incultura o dabbenaggine? L'Italia di Pitagora, quella dei numeri, è stata cancellata dalle menti di certi meridionali e dai cuori dei felloni, ne hanno fatto uso i Crucchi e i Longobardi che sanno fare bene i loro conti, sempre pagati dal Sud. 
Vi è stato sempre chi ha creduto nelle favole, come certo Mussolini, stampella dei Savoia e del vapore padano, che avendo chiamato i veri italici a difendere la patria nell'ora della pugna e del pericolo, se li vide arrivare in Sicilia, ad Anzio e a Salerno. Tutti figli dei diasporati in America dai Savoia. Arrivarono eccome gli italici! E Sciaboletta fuggì, come si conviene ad un re Savoia. Lei Sig. Presidente ha sofferto la fuga del Savoia infingardo, l'hanno sofferta milioni di italiani, milioni di europei, milioni di americani, australiani, neozelandesi, africani. L'Italia ridotta a maceria, alla fame, all'emigrazione. 

Sig. Presidente, 
A Sand Creek gli americani assassinarono 165 Cheyenne ed Aràpaho ma dopo 136 anni, sentendo i lamenti di Antilope Bianca, di Donna Sacra e di Pentola Nera massacrate sulle rive di quel di torrente di sabbia il Congresso americano ha sentito il dovere di approvare all'unanimità l'erezione di una stele che ricordasse al mondo tale nefando eccidio. Non fu certo l'unica strage perpetrata dai soldati blu americani quella di Sand Creek e il lontano west oggi è pieno di stele e monumenti che ricordano le barbarie commesse per costruire quel gigante economico che è oggi l'America. 

Lei sta visitando i luoghi e i siti cari alla leggenda risorgimentale: San Martino, Solferino, Novara, Goito, Torino, le case dei cosiddetti padri della Patria per infondere negli italiani l'amore per la bandiera, per l'inno nazionale, per unire gli italiani. Fa bene Sig. Presidente, glielo diciamo col cuore. 
Nel 1860 l'Italia il Regno delle Due Sicilie era il più ricco tra gli Stati italiani, il suo debito pubblico era tenuissimo, la sua riserva aurea pari al doppio di quelle degli altri stati della penisola messi assieme. Il Tesoro italiano, costituito nel 1861, era di 668 milioni di lire di cui 443 appartenevano al Reame e solo 8 alla Lombardia e 27 al Piemonte che ci lasciò un debito pubblico di oltre un miliardo di allora, debito che il Sud sta ancora pagando con lacrime e sangue. Nel vituperato regno dei Borbone non esisteva quasi la disoccupazione, la povertà era stata estirpata, i poveri censiti  messi nei vari alberghi dei Poveri a imparare un mestiere e l'emigrazione era parola inesistente nel vocabolario delle nostre popolazioni. Il primo ad emigrare fu Francesco II di Borbone che il 14 febbraio del 1861 dopo aver difeso la sua patria fino alla morte, da vero eroe dovette andare in esilio a Roma, ospitato dal papa nel palazzo ove Lei oggi risiede, e fatto morire all'estero dai Savoia. 

Sig. Presidente, 
per dodici anni il Sud fu immolato alla causa dell'Italietta artificiale ed artificiosa dei Savoia, i Meridionali trattati da quegli assassini dei fratelli d'Italia come maiali da appendere e spennare. Un grande meridionalista di nome Antonio Gramsci, il cui padre era di Gaeta che conoscendo a menadito la storia ebbe a dire che Lo Stato italiano (leggasi sabaudo) è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti. 

I veri briganti erano loro, i Savoia. Il Sud divenne un inferno, il Piemonte era stato delegato dalle potenze di allora a creare una borghesia vorace, liberale, senza scrupoli. A spese del Sud. Il Piemonte accentrò il potere, l'economia, annullò l'autonomia impositiva dei comuni; annullò tutte quelle istituzioni, sia pubbliche che religiose, che per secoli avevano consentito un equilibrio unico al mondo, che consentiva ai deboli di difendersi dai soprusi dei ricchi; annullò l'ordinamento fiscale in vigore nel Reame dei Borboni ritenuto il migliore del mondo; annullò lo stato Sociale del Sud e che i Borbone avevano eletto a patrimonio morale; annullò la libertà e impose gli stati d'assedio perenni, negò la libertà di stampa facendo chiudere tutti i quotidiani di opposizione. Il Piemonte, grazie alla vendita dei beni ecclesiastici e demaniali espropriati alla comunità incamerò centinaia di miliardi che hanno sostentato l'industria del Nord; il Piemonte con le leggi protezionistiche a danno del Sud decretò la morte del sistema industriale meridionale. 

Sig. Presidente, 
per oltre un secolo scrittori salariati e storici infami di regime hanno denigrato il Sud e i Borbone...
tanto che la parola borbonico nell'accezione imperante è diventata sinonimo di arretrato, di inefficiente. Quei signori prezzolati , pennivendoli di parte, hanno infangato la Nostra terra, un Regno in salute, efficiente, ricco e prospero; quei signori hanno infangato la sua amministrazione, la sua efficienza amministrativa e tributaria, hanno infamato i contadini del Sud chiamandoli briganti, la sua storia. È ora di rendere giustizia al Sud. 

Sig. Presidente, 
il Sud sta prendendo coscienza del suo male, l'Italia potrebbe dividersi veramente se non si mette fine ad una divisione di fatto, quella operata dai Savoia nel 1861. Il pericolo non è Bossi che siede da ministro tra gli scranni governativi, il pericolo viene dal Sud, dal Sud martoriato da 140 anni di bugie risorgimentali, da quel Sud scannato e colonizzato dai piemontesi. Al Sud sta nascendo un partito che vuole giustizia dei torti subiti dalle orde savoiarde, che vuole giustizia dei suoi morti, delle ruberie perpetrate ai suoi danni, dei danni di guerra ancora non pagati, dei demani messi in vendita dai vari governi per far fronte alla voragine debitoria del Paese. Non possiamo avere strade e piazze intitolate a Cavour che fece radere al suolo intere città mietendo migliaia di vittime, non possiamo avere strade e piazze intitolate agli infingardi Savoia e ai loro generali macellai e criminali di guerra che scannarono le nostre popolazioni. Questo è colonialismo puro. Il Sud vuole riappropriarsi della sua storia, delle sue ricchezze depredate, delle sue tradizioni, della sua bandiera da esporre a fianco di quella italiana, come avviene in tutto il mondo civile. In America accanto alla bandiera a stelle e strisce, in tutti gli uffici pubblici degli stati confederati, vi è quella del Dixie, cioè la bandiera degli stati del Sud sconfitto. 

Sig. Presidente, 
la invitiamo a Gaeta, città simbolo del Sud martoriato, città ove è nata quell'Italia artificiale; anche i nostri morti vogliono essere ricordati con pari dignità, i nostri eroi vogliono essere ricordati e riconosciuti dalla massima autorità dello Stato, come quelli di Novara, di Solferino. Perfino i repubblichini di Salò sono stati legittimati, forse anche loro combattevano per una patria serva dei tedeschi, molti erano in buona fede , altri no. 

La cittadina tirrenica è ancora un cimitero senza croci dopo 140 anni, le cannonate dei Savoia le sentiamo ancora, l'assedio di Gaeta grida vendetta; venga al Sud Sig. Presidente, venga a Pontelandolfo e Casalduni, venga a a Montefalcione, a Nola, a Isernia, a Bronte. 

Il Sud intero aspetta una Sua autorevole visita nei luoghi della Nostra memoria; venga a visitare le mille città meridionali immolate al Risorgimento piemontese e savoiardo. Ognuno, sotto un'unica bandiera innalzi monumenti ai propri eroi, intitoli loro piazze e strade. Un giorno potremmo cancellare le lapidi intitolate ai vari Garibaldi e ai vari felloni che strangolarono e divorarono il Sud, non possiamo assistere al ritorno di quelle ideologie del Nord che hanno infamato l'Italia, non possiamo assistere allo spettacolo pietoso di immoralità che pervade la nostra patria, allo spettacolo vergognoso di pregiudicati che siedono sugli scranni del parlamento italiano, questo non succede nemmeno nelle Repubbliche delle Banane e il mondo ci schifa, ci rifiuta. 

Sig. Presidente,
La imploriamo da italiani veri, venga a Gaeta a rinsaldare i veri valori italici; i nostri soldati, morti da veri eroi sulla fortezza ove si fece l'Italia, aspettano una parola, un conforto, aspettano soprattutto giustizia. L'Italia non sia più matrigna ma madre di tutti. 

Noi non odiamo il tricolore, vogliamo veramente una Italia unita, vogliamo veramente una economia unita; non più ricchezza solo al Nord, non più banche strozzine nei confronti del Sud; non più razzismi; non più emigrazione; non più disoccupazione; chiediamo solo lavoro, salute, ospedali, scuole, infrastrutture come chiediamo una programmazione scolastica degna di una nazione civile. Il Congresso americano non si è vergognato di chiedere scusa agli indiani per gli eccidi commessi, ma oggi l'America è una sola nazione, il suolo americano ritenuto sacro da tutti, sia dagli indiani che dagli invasori europei, dagli italiani fatti emigrare dai Savoia come dagli spagnoli e portoricani. Quando andrà a visitare Torino vada a visitare anche il carcere lager di Fenestrelle, quello di San Maurizio e quello di Alessandria, vi morirono 56 mila soldati napolitani che non vollero tradire il giuramento fatto alla loro bandiera e al loro re. 

Sig. Presidente, 
esiste in Italia una realtà territoriale senza territorio, come l'isola che non c'è di Peter Pan abitata da amebe che, nell'ignavia più totale, lasciano che la catastrofe socio-economica si consumi fino in fondo, conservando, comunque, sentimenti patriottici che vedono deperire il territorio all'ombra del tricolore italiano. Il demanio intende vendere la nostra storia al miglior offerente e dalle nostre parti il miglior offerente è quasi sempre la Camorra, i nostri legislatori han messo in vendita tutte le batterie borboniche, strade, castelli, caserme. Il Piemonte invece incassa 606 miliardi per riattare i suoi siti storici. Questo è colonialismo. Gaeta deve pagare il pizzo allo Stato per far passeggiare i suoi abitanti, per far studiare i suoi figli, da Noi tutto è demaniale e mentre i Borbone pagavano al nostro comune 5 grana al giorno per ogni militare di stanza sul suolo della nostra comunità i Savoia hanno preteso una tangente fissa che si continua a pagare. 

Gaeta è città piena di storia, anello di congiunzione tra Nord e Sud, pur avendo avuto per oltre un millennio una sua moneta, leggi proprie veramente federaliste, un governo democratico, navigatori come Giovanni Caboto ed Enrico Tonti che esportarono democrazia e leggi del Ducato di Gaeta (vera repubblica marinara) nelle lontane Americhe, una Città-Stato che ha avuto un ruolo rilevantissimo e determinante nella battaglia di Lepanto ( di cui conserva lo Stendardo). La battaglia che insieme a quella di Poitiers ha permesso di salvare la Civiltà Occidentale, Cristiana, Umanista e laica di stampo Greco-Romana si trova nella grottesca situazione per cui, chissà a quale misterioso sortilegio, le sue strade, le sue piazze, le sue scuole, la Casa comunale, i suoi litorali, i suoi castelli, i suoi palazzi, le sue montagne e quant'altro risultano proprietà dello Stato. 

Alle soglie del 2002 d.c., mentre troppi, salvo Lei Sig. Presidente della Repubblica italiana che perora la Causa Costituzionalmente sancita del decentramento, si sciacquano la bocca con la parola federalismo e fanno gargarismi con la locuzione autonomie locali, ci troviamo a Gaeta ancora in presenza dell'occupazione sabauda operata dal generale Cialdini, il quale completava il disegno colonialista portato avanti in Italia dai Savoia. La continuazione di tale nefanda situazione a quale ragionevole reazione dovrebbe condurre un cittadino di questa plaga così umiliata nella sua storia, nelle sue radici culturali? Deve invocare il federalismo o la secessione per riscattare la propria dignità? Noi siamo per un confederalismo serio, che dia a Gaeta e a tutte le città del Sud il maltolto e la propria storia. Confidiamo in una sua risposta positiva alla richiesta di invito del Partito del Sud per ristabilire la verità storica e il dovuto tributo ai nostri morti. Viva l'Italia, viva il tricolore, viva la bandiera del Sud.

Fonte: da  IL PARTITO DEL SUD  -ANTONIO CIANO- 
Via Piave, 15 - Gaeta  (LT)

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