CAPO V
SOMMARIO. - S. Zeno
fondatore della chiesa veronese - Sua provenienza - Opinioni sull'epoca del suo episcopato - Epoca ambrosiana provata dalla serie dei vescovi precedenti, dalle
condizioni della chiesa veronese nel tempo di S. Zeno, dalle lettere di sant’ Ambrogio - Opinione contraria, e suoi argomenti - La « Ordinatio Sancti Zenonis » - Operosità di S. Zeno -
Durata dell’episcopato di S. Zeno.
La
fede! « E' questo il gran dono da Zenone largitoci; ossia la fede divina operante per la carità. Essa è donum Dei; è
il dono per eccellenza di Dio; è il dono più prezioso che Dio possa farci;
perocchè la fede, così il Tridentino, è la radice di ogni giustificazione e
salute, e senza fede, come sta scritto, è impossibile piacere a Dio: essa per
conseguente è il dono a Verona per opera di Zenone portato. Vero è che qualche
secolo innanzi il lume della fede avea qui cominciato a spargere i suoi benefici raggi; ma, colpa l'odio
gentilesco e le barbarie de' tempi, dominati sopratutto dalle molteplici
crudeli e spaventose persecuzioni, scarsamente la fede avea potuto metter piede
fra noi ed allargarsi. Cotalchè per vero
fondatore ed apostolo della fede nelle nostre contrade si può e deve proclamare
S. Zenone ».
Così
l'em. cardo Luigi Di Canossa in una
omelia tenuta ad una folla immensa di fedeli stipati nella basilica di S. Zeno
il dì 25 agosto dell'anno 1889
celebrava la grazia immensa fatta da Dio a Verona col mandarle vescovo S. Zeno
(1). Altrettanto aveva detto più
concisamente undici secoli prima l'anonimo pipiniano:
Octavus Pastor
et Confessor Zeno martyr inclytus
Qui Veronam
praedicando perduxit ad baptismum
D'onde
sia a noi venuto S. Zeno, è assai difficile determinare. Il citato anonimo pipiniano dice che egli venne
dalla Siria: secondo il Panvinio, « quamquam
ab aliquibus Graecus fuisse legatur, multorum
tamen opinione Veronensis fuisse
refertur» (2).
Ora
è opinione abbastanza comune che egli sia d'origine africano. Lo stile dei suoi
sermoni nulla ha dell'orientale; esso è latino, e tutto latino: oltrecchè di Apulejo, Clemente Alessandrino, S. Cipriano, Lattanzio, egli ha reminiscenze di Tertulliano, e tali da lasciar travedere che ne conosceva le opere
e ne avea fatto suo lo stile caratteristico. Si aggiunga che nelle sue
citazioni bibliche egli usa sempre un testo africano. Dunque S. Zeno s'era formato alle scuole
africane. La sua provenienza dell'Africa ci è pure confermata dal suo sermone
sul martirio di sant'Arcadio,
martirizzato a Cesarea della Mauritania: egli descrive questo martirio con tali
particolari e con tale vivacità di forma, da lasciar trasparire che egli lo
abbia veduto coi suoi occhi (3).
La
questione più importante intorno a S. Zeno era quella che riguarda l'epoca del
suo episcopato. E diciamo che questa era la
questione; giacché oggi, grazie a Dio, si può dire terminata.
Disputavano
su questo punto gli eruditi veronesi e non veronesi: alcuni volevano che S.
Zeno fosse stato vescovo nella seconda metà del secolo III all'epoca di Gallieno
imperatore; e generalmente eran coloro, che volevano la nostra chiesa fosse
di origine apostolica; perciò ponevano sant'Euprepio nel secolo I, S. Pracolo nella prima metà del secolo
III, S. Zeno nella seconda, S. Lucio
decimo vescovo verso la metà del secolo IV.
Per
questa opinione (epoca gallienana) tra i nostri stavano i vescovi Agostino Valerio, Luigi Lippomano, Innocenza Liruti; inoltre Panvinio, Peretti e Bagata, Campagnola, Cenci, Federici,
Sommacampagna, Gilardoni ed altri: fuor di Verona erano della
stessa opinione Ughelli, Bonacchi, Selvaggi, Baronio e forse qualche altro.
A
questi per primo si oppose Scipione
Maffei, mostrando le contraddizioni storiche inevitabili nell'assegnare a
S. Zeno l'epoca di Gallieno; (4) e
quindi la necessità di differirne l'episcopato d'un secolo intiero: (epoca
teodosiana od ambrosiana): a Maffei in seguito aderirono i Ballerini, Biancolini, Perazzini, Carli, Venturi,
Cavattoni, Brunati, Zenti, Giuliari,
e recentemente il ch.mo prof. Cipolla;
inoltre molti non veronesi. Il can. G. Jac. Dionisi tenne una via di
mezzo, ponendo l'episcopato di S. Zeno dall'anno 300 circa all'anno 344; e
credette di averlo dimostrato. (5)
Noi non entreremo in una questione ormai antiquata
ed eliquata. Indicheremo brevemente i
più gravi fondamenti, sui quali si appoggia l'opinione oggi comune (6), accennando poi quanto sia debole il
fondamento principale dell'opinione contraria.
Da quanto abbiamo detto nei capi precedenti, S. Procolo fu vescovo di Verona sulla
fine del secolo III e sul principio
del secolo IV; S. Lucillo fu vescovo
verso la metà del secolo IV. D'altronde dai tre documenti, che sono la base
della storia della chiesa veronese, S. Procolo fu il vescovo quarto, S. Lucillo
fu il vescovo sesto, S. Zeno fu il vescovo ottavo; dunque necessariamente S.
Zeno fu vescovo di Verona dopo la metà del secolo IV.
Un secondo argomento ci vien dato dai sermoni di S.
Zeno. Evidentemente S. Zeno avea in mira la confutazione dell'eresia di Ario,
quando diceva «unam substantiam, virtutem, deitatem Patris et
Filii » - « de Deo nascitur Deus...
totum habens Patris,... aequalis in omnibus,
qui a Pater in ipsum alium se genuit ex
se »(7). Nè è meno evidente che egli
intendeva confutare l'eresia di Gioviniano, quando di Maria diceva « fuit virgo
post connubium, virgo post conceptum, virgo post filium » (8).
Da
altri sermoni consta che in quell’epoca il culto cristiano era liberamente
permesso nella città, il culto degli idoli era rilegato nelle campagne di
proprietà privata, il mondo era quasi tutto cristiano, gran numero di neofiti
ricevevano nella Pasqua
il santo Battesimo: questi ed altri fatti accennati nei sermoni di S. Zeno sono
altra prova gravissima che S. Zeno li scrisse dopo l'èra costantiniana e propriamente nella teodosiana.
Che
i sermoni attribuiti a S. Zeno siano opera del secolo IV, era cosa talmente
certa al card. Baronio, che, volendo
egli ad ogni costo ascrivere all'epoca di GaIIieno
il S. Zenone vescovo e martire e patrono
di Verona, escogitò un secondo Zenone, vescovo esso pure di Verona verso la
metà del secolo IV, autore dei sermoni attribuiti per errore al S. Zeno patrono
di Verona. Sennonchè egli stesso dovette ben tosto sconfessare il suo infelice
ritrovato.
Terzo
argomento è il celebre caso della vergine
Indicia. Il nostro vescovo Siagrio (sarebbe l'undecimo nel Velo di Classe), non sappiamo per quali accuse, sottomise una certa Indicia
vergine ad una ispezione, ed in seguito a questa la condannò alla penitenza.
La
vergine, ritenendosi trattata ingiustamente, ricorse al vescovo di Milano sant'Ambrogio; il quale, scrivendo poi
a Siagrio, lo riprese acerbamente, perchè avesse ardito sottomettere a tale
prova e poi condannare una vergine provata, anzi velata e consecrata da Zenone di santa memoria: «puellam Zenonis sanctae memoriae iudicia probatam, eiusque sanctificatam benedictione »(9).
Ora
qui sono evidenti tre cose: La prima; che lo
Zenone «sanctae memoriae», che
avea provata e velata la vergine Indicia,
dovea esser morto poco tempo prima della
lettera di sant'Ambrogio a Siagrio; la seconda, che lo stesso Zenone era stato vescovo di Verona, constando di certo da tutti i
documenti di quell'epoca che la
velazione delle vergini era riservata esclusivamente ai vescovi; la terza,
che lo stesso Zenone, da
sant'Ambrogio era stimato uomo di tanta autorità, che essa sola avrebbe dovuto
bastare a garantire l'innocenza di Indicia.
Dunque questo Zenone deve essere il santo vescovo e patrono di Verona: la
chiesa veronese non ha mai conosciuto tra i suoi vescovi che un solo Zenone.
Quanto
all'opinione contraria, avvertiamo che essa oltrecchè alla presunta
apostolicità della nostra chiesa, si appoggia principalmente alla cronaca del notaio Coronato (10). Essa racconta che, avendo S, Zeno cacciato da due buoi un
demonio, questo entrò nel palazzo del principe GalIieno e cominciò a tormentare
l'unica sua figlia:
S. Zeno, chiamato al palazzo, con un
segno di croce liberò quella giovane dal demonio; ed allora Gallieno in segno di riconoscenza gli
donò la sua corona regale e permise di edificar chiese al nome di Cristo. Ora questa cronaca già per molti capi è
giudicata leggendaria.
Per
quanto spetta alla narrazione presente, dal contesto apparisce che Gallieno
dovea abitare in Verona, od almeno non lungi da Verona; ciò, che non si può
dire di Gallieno imperatore. Del resto Coronato non dà mai al suo Gallieno il
titolo «imperator » lo dice soltanto «rex... princeps». Secondo il Dionisi, la giovane guarita da S. Zeno non sarebbe stata una figlia
di Gallieno, imperatore, ma Giulia
figlia di Quinto Julio Salonino Gallieno,
secondogenito di Gallieno imperatore: così egli porta il fatto ai primi
decennii del secolo IV (11). Secondo altri questo Gallieno padre della
giovane guarita sarebbe stato un regolo della Rezia. Tutto considerato,
questa leggenda potrà avere un fondo di vero, come vedremo: ma da essa non si
può trarre argomento alcuno per fissare l'epoca di S. Zeno.
Ancor
meno può giovare alla predetta opinione la vita di S. Zeno scritta da un monaco
del monastero zenoniano nel secolo XII: essa in gran parte non è che la
trascrizione di quella di Coronato.
Quanto
al Ritmo pipiniano, avvertiamo che
esso fu scritto un secolo dopo la cronaca di Coronato e quindi assai
probabilmente deriva da essa. Riportiamo qui quanto esso dice di S. Zeno;
osservando che, dove il codice che riportiamo ha «Gallieni », altri hanno « Galli
», altri « Aeliani ». - A suo luogo
lo daremo intiero con le varianti.
Octavus Pastor et Confessor Zeno Martyr inclitus
Qui Veronam praedicando reduxit ad baptismum.
A malo spiritu sanavit Gallieni filiam.
Boves cum plaustro vergente reduxit a pelago.
Et quidem multos liberavit ab hoste pestifero
Et e fluvio ereptum suscitavit mortuum.
Multa idola destruxit per crebra ieiunia.
Non queo tanta narrare huius Sancti opera,
Quae a Syria veniendo usque in Italiam
Per ipsum omnipotens Deus ostendit mirabilia.
La
« Ordinatio » di S. Zeno fu « VI. id. dec. », ossia il giorno 8
dicembre, al qual giorno la assegnano gli antichi nostri codici liturgici;
alcuni sotto il titolo « Dedicatio
sancti Zenonis », altri sotto il titolo « Natale sancti Zenonis ». Sappiamo che nel medioevo era detto « dies natalis » di un vescovo quello, in cui egli iniziava il suo episcopato
(12); anzi un tal giorno il pontefice S. Leone Magno lo diceva «servitutis
nostrae natalitium diem ».
Non sappiamo dove e da chi sia stato ordinato
vescovo S. Zeno. Se a Roma, nell'anno 362 era Pontefice Liberio: se l'ordinazione fu a Verona, si dubita da qual
vescovo; se da Aussenzio vescovo di
Milano, o da Fortunaziano vescovo di
Aquileia: le ragioni più gravi militano per quello di Milano, come vedremo
in seguito.
Dell'immensa
operosità di S. Zeno e dei frutti copiosi, che ne ritrassero i veronesi,
abbiamo prove indubitate. Dopo circa cinquant'anni dalla morte di lui un suo
successore, S. Petronio, ne tesseva
un breve, ma eloquente, panegirico.
« La sua
voce, egli dicea, risuona ancor così viva nella chiesa veronese, che io non
comprendo come voi, sacratissimi e carissimi fratelli e voi popolo beato del
Signore, vogliate ancor degnarvi della mia pochezza. La grandezza delle sue
virtù non può trattenersi tra gli angusti confini della chiesa nostra, ma
penetra fino nelle estreme regioni del mondo e tocca la sublimità stessa del
cielo ».
La
sua operosità lasciò traccie in Verona per più secoli. La cronaca di Coronato, benchè infarcita di leggende,
ci riferisce le tradizioni veronesi del secolo VIII; le quali ancor ricordavano
la straordinaria santità di Zenone, la
sua fermezza nel predicare la fede, le molteplici conversioni di pagani da lui
operate, la sua potenza contro i demoni, i suoi innumerevoli miracoli. Sulla fine del medesimo secolo il Ritmo
pipiniano attribuiva a lui la conversione di tutta Verona al cristianesimo.
Quanto
egli abbia operato per il suo gregge, ce lo manifesta ancor più chiaramente S.
Zeno nei suoi sermoni. Appena venuto a
Verona, fu sua prima cura abbattere il
culto degli idoli; e da lui
sappiamo che riuscì a rilegarlo nelle campagne, e là pure entro i possedimenti
privati, e che ogni anno nella ricorrenza della Pasqua moltissimi ricevevano il
Battesimo.
Con
eguale ardore combattè l'arianesimo,
che pochi anni prima era penetrato nell'Italia superiore, e massime in Aquileia e Milano sotto i vescovi Fortunaziano
ed Aussenzio: di qui i suoi sermoni sulla Trinità, sulla eterna generazione
del Verbo, sull'Incarnazione.
In
pari tempo si studiava di informare i suoi veronesi ad una vita veramente
cristiana: di qui le invettive severe contro l'avarizia e la lussuria, le
paterne ammonizioni ai neofiti dopo il Battesimo, le festive allocuzioni nella
Pasqua, le esortazioni frequenti all'umiltà, alla pazienza, alla carità, alla
cristiana perfezione. A rendere più efficaci le sue parole, diede a tutti l'esempio
d'una vita intemerata e santa; si allevò un drappello di irreprensibili
sacerdoti, che a lui compagni, e fors’anco domestici, lo coadiuvassero nelle
fatiche del ministero.
Tra
le donzelle veronesi diffuse l'amore alla santa verginità, e con esempio forse nuovo nell'occidente
raccolse un coro di vergini, che, uscendo dalle loro case, vivessero vita
comune, e, sottratte agli occhi del mondo, rifulgessero di vita angelica
agli occhi di Dio.
Quindi
è che la chiesa veronese riconobbe sempre come suo fondatore e padre S. Zenone,
e per l'immenso beneficio della sua conversione al cristianesimo gli fu sempre
riconoscente e devota.
La
durata dell'episcopato di S. Zeno sembra essere di circa diciotto anni: dall'anno 362
all'anno 380. Un recente scrittore
tedesco la limita a dieci anni incirca (362-371, 372); e ciò per la ragione che
i Sermones
paschales di S. Zeno sono
otto (13): ma questa opinione nel
suo complesso è giudicata « più ingegnosa che solida» (14).
Il
giorno della morte di S. Zeno
dovette essere «pridie Idus Aprilis »,
ossia il 12 aprile; come consta
dalla quasi generalità dei documenti liturgici, sia della chiesa nostra, sia di
altre d'Italia e di Germania, sia dei monasteri benedettini. - In seguito
vedremo con quale morte S. Zeno abbia coronato la sua vita.
NOTE
-l Vedi la raccolta: S. Zenone - Panegirici, Omelie ecc., pag. 205 (Verona 1889).
-2 PANVINIUS, De Urbis Veronae viris etc.
-3 S. ZENONIS, Sermones Lib. II. Tract. VIII. (Ed.
Giuliari).
-4 MAFFEI, De priscis Veronae Episcopis Epist. ad Nic. Coletum, presso Istor. Teolog. Append. Opusc. eccles., pag. 237-242.
-5 DIONISI, L'epoca
di S. Zeno, presso ZACCARIA, Dissert. di Storia eecles., Tom. III, pag. 26-42, e Dei Santi Veronesi, pag. 84-94.
-6 Chi desidera queste ed altre prove sviluppate
più diffusamente vegga i BALLERINI, S. Zenonis
Serm. Dissert. I, Cap. II, § 3; GIULlARI,
S. Zenonis
Serm. Comment., Cap. II.
-7 S. ZENO, Sermones Lib. I, Tract. XII; II,
III.
-8 S. ZENO, Sermones Lib. I. Tract. V.
-9 S. AMBOSII, Opera omnia - Epist. ad
Syagrium, Tom. V., pag. 335-342, 342-488 (Mediolani 1881) (a).
-10 Si trova presso BALLERINI, Proleg. ad Opp. S. Zenonis, pag. CXLVII.
-11 DIONISI, Dissert. Cit. Nota 1., presso ZACCARIA, Op. cit., pag. 27, 36-38.
-12 Cf. MACRI, Hierolexicon alla voce Episcopus.
-13 BIGELMAIR, Zeno von Verona (Miinster 1904).
-14 Così la giudica la Revue d'histoire ecclesiastique. - Del
resto, della stessa opinione, e per analoghi motivi, era pure il Brunati.
ANNOTAZIONI AL CAP. V (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 38, nota 9: cfr. P.L. 16, 891-904.
Fonte:
srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume
I
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