SOMMARIO. - Controversie dottrinali nella seconda metà del
secolo IV - Quali si dicono «padri della chiesa» - Scritti di S. Zeno in
materia speculativa - Scritti in materia speculativo pratica - Scritti in
materia pratica - Locuzioni Oscure sulla generazione del Verbo - Spiegazioni
ortodosse - Spiegazioni inaccettabili - Opinione di S. Zeno sul peccato
originale - Codici dei sermoni zenoniani - Edizioni - Sermoni genuini.
L'episcopato veronese di S. Zenone cadeva in un'epoca delle più
importanti nel secolo IV. Il politeismo gentile, non tanto per le leggi
repressive degli imperatori cristiani, quanto per la sua intrinseca debolezza,
per la sua decrepitezza, andava ogni giorno perdendo terreno e si avviava alla
sua finale disfatta. Invano tentò prorogarne la fine l'imperatore
Giuliano (361-363): oramai era una religione senza fede, e quindi non potea
più a lungo sussistere; i suoi cultori si sforzavano a sostenerlo come sistema
politico, ufficiale, reso ornai necessario per le lunghe abitudini; era la
lotta suprema e disperata per l'esistenza. D'altra parte l'arianesimo trionfava nell'Italia superiore; dove le due sedi più importanti, di Milano e di Aquileja, avevano vescovi due Ariani, Aussenzio e Fortunaziano:
il concilio di Rimini, nel quale
parea avesse prevaricato tutto il mondo, erasi tenuto nel 359,
pochi anni prima dell'episcopato di S.
Zeno. In un'epoca tanto fortunosa Dio non mancò di dare alla chiesa sua uomini
insigni per scienza e santità, i quali con la forza della parola evangelica
combattendo da una parte il gentilesimo e l'arianesimo dall'altra, preparassero la via al trionfo definitivo
della chiesa di Gesù Cristo.
Che anche il nostro S. Zeno meriti un posto tra questi
intrepidi propugnatori della fede, si fa chiaro dall'esame dei suoi sermoni. « Quello Spirito Paraclito (così l'e.mo card. Bacilieri. allora
vescovo coadiutore, ai veronesi nella basilica di S. Zeno il dì 16 agosto
1889), che fu promesso agli apostoli nella chiesa docente dal suo divino Fondatore,…. suscita in essa secondo i molteplici bisogni dei tempi
e dei luoghi i fedeli e prudenti custodi e dottori della sua
fede; e Zenone fu illustre dottore di Verona, con quella sua predicazione
romana di lingua, africana di stile, evangelica
nella sostanza, classica e dialettica nella forma, di cui restano monumenti i suoi
trattati, grandiosa sintesi di sapienza cristiana; in cui, se colpisce, è
Tertulliano; se dipinge, Lattanzio;
unisce la logica di Agostino alla concitata veemenza di Cipriano ed alla
magniloquenza di Fulgenzio. Svolge magistralmente le verità del Simbolo e
robustamente le sostiene e difende, opponendo alle irrisioni dei giudei le
scritture dell' antico patto, alle calunnie dei gentili il più serrato
raziocinio, alle falsificazioni degli
eretici il senso dello evangelo ed il suffragio della tradizione. Così abbatte i macedoniani...; conquide i priscillianisti...; e
massimamente forbisce ed aguzza lo stile contro gli ariani; glorioso campione della fede nicena, vanto ed
onore della invitta falange degli Atanasi, dei Basilii, dei Cirilli, dei
Nazianzeni, dei Nisseni, degli Ilarii e
degli Eusebii di Vercelli... Gloria a Zenone; inni e corone di gloria al
difensore della fede, al debellatore delle eresie! ,, (1).
A quanto insegnano gli autori di patrologia, perchè uno
scrittore sia da annoverare tra i «padri
della chiesa" è
necessario anzitutto che egli sia stato illustre per santità ed abbia
appartenuto ai primi secoli della chiesa; e sarà padre in senso ancora
più vero, se avrà goduto nella chiesa d'una paternità spirituale, cioè della
autorità episcopale. Si richiede inoltre
che abbia lasciato degli scritti di qualche mole e di somma importanza per
dottrina ortodossa, proposta e difesa con erudizione. Siccome poi l'unanime consenso dei padri, non
già la dottrina isolata di ciascuno, è testimonio autentico della fede della
chiesa, così uno scrittore ha diritto di essere annoverato tra i padri anche se
su qualche punto particolare di dottrina non fosse immune da errore.
Non potendosi dubitare che S. Zeno abbia le qualità
personali richieste per essere padre della chiesa, un breve sguardo ai suoi
sermoni dimostrerà che questo titolo gli competa adeguatamente. Per maggiore
chiarezza, nei sermoni di S. Zenone distinguiamo la parte speculativa, dalla
parte pratica (2).
Nella parte speculativa S. Zeno propone e difende la verità
rivelata contro il gentilesimo, il giudaismo e l'arianismo.
Contro il politeismo gentile, insegna esservi un Dio solo,
principio assoluto, eterno, immutabile di tutte le cose. Dio per sua libera
volontà creò tutte le cose: ultimo creò l'uomo, composto di corpo mortale, ma destinato alla risurrezione, e di anima
spirituale ed immortale. Questo Dio ha
pure parlato all'uomo; e la sua divina parola si trova nei libri santi; ha
parlato per mezzo dei profeti, ed in ultimo per mezzo del Figlio suo.
Contro il giudaismo, insegna che Gesù Cristo è il Salvatore
del mondo promesso nell'antica legge; che Dio omai ha riprovato i sacrifici, la
circoncisione, e tutto il culto giudaico.
Ma soprattutto ha in mira gli errori dell'arianesimo:
sostiene la eterna generazione del Verbo, la sua consostanzialità col Padre; così
pure la consostanzialità dello Spirito Santo col Padre e col Figliuolo: di Gesù
Cristo insegna espressamente che è lo stesso Figlio di Dio fatto uomo; generato
Dio dal Padre, nato uomo da Maria.
Del resto combatte
pure gli altri errori del secolo IV. Così egli difende la perpetua verginità di
Maria contro Elvidio o forse contro
qualche antecessore di lui: dall'insistenza, con cui proclama che chi è nato da
Maria Vergine è Dio e il Figlio stesso e proprio di Dio, sembra che abbia
inteso confutare Fotino; forse in
qualche luogo ha anche in vista l'antropomorfismo degli audiani.
Nella parte, diremo così, speculativo-pratica i sermoni di
S. Zeno ci danno chiare testimonianze circa i sacramenti. Del Battesimo vi troviamo espressamente
insegnata la necessità e l'efficacia. Questo fonte sacro «vero sacramento homines suscipit mortuos, et inspiratos aqua coeIesti
mox efficit vivos». CosÌ ce ne indica
pure la initerabiIità: «hanc aquam nec effundere
licet, nec rursus
haurire» (3). Riguardo all'Eucarestia, è vero che nei sermoni di S. Zeno non ne ricorre mai il nome, come con altri protestanti ha osservato il pastore
Schiitz;(4) ma ne ricorre più volte la realtà, sia quanto al sacramento, sia quanto al
sacrificio.
S. Zeno parla più volte del convivium
e del prandium coeleste, nel quale il Padre di
famiglia «panem vinumque pretiosum
sua de mensa largitur»;
egli spesso ricorda ai suoi fedeli il
gran dono, nel quale « omnibus unus panis cum signo datur, acqua cum vino» (5).
In queste forme di
dire S. Zeno custodisce gelosamente la disciplina dell'arcano; ma in altro
sermone, dice più chiaramente: « calix Sanguinem, mensa Corpus significat
»(6). Al sacramento ed al sacrificio
spetta quel grave ammonimento: «Videat unusquisque quemadmodum sacrificium aut sumat aut offerat;
sicut enim indigne offerre sacrilegum est, indigne manducare mortiferum» (7); è chiaro che le voci sumere,
manducare, non si possono riferire alla mortificazione delle proprie
passioni. E' pure abbastanza chiara l'allusione al sacrificio per i defunti in
queste parole: «Solemnia ipsa divina quibus
a sacerdotibus Deo (al. Dei) quiescentes commendari consueverunt» (8).
Per il sacramento
della Penitenza ci basti riferire quella magnifica sentenza, in cui S. Zeno ne
espone l'efficacia: «Novum judicii genus; in quo reus, si excusaverit crimen,
damnatur; absolvitur, si fatetur!...
Pretiosa indulgentia, quae et veniam praestat et medicinam» (9). Anche le dottrine della necessità di
appartenere alla chiesa, della comunione dei santi, della universale
risurrezione, del finale giudizio, della eterna felicità riservata ai giusti e
delle pene eterne per i peccatori, ed altre trovano un'autorevole testimonianza
nei sermoni di S. Zeno.
Nella parte
puramente pratica, S. Zeno inculca la necessità della fede nelle verità da Dio
rivelate; ma non meno insiste sulla necessità delle opere buone per conseguire
l'eterna salvezza. Tra le virtù
necessarie ad ogni uomo, raccomanda ed inculca la carità verso Dio ed i
prossimi; poichè nella carità, più che nella fede e nella speranza, consiste «omne
christianitatis depositum»; cosic;
chè la stessa fede e la speranza, qualora «a dilectionis fundamento velluntur»,
ad altro non servono che a seminare scismi ed eresie. Raccomanda pure ed inculca l'umiltà, la
pazienza, la liberalità, la pudicizia propria dei vari stati: particolarmente
elogia la continenza perfetta, come
quella che, consigliata e non comandata, avvicina ed unisce l'uomo a Dio e lo
rende felice anche qui in terra.
Da questo breve riassunto apparisce quanto estesa fosse
l'erudizione dottrinale di S. Zeno nelle verità cristiane; della quale
erudizione ci lasciò monumento imperituro i suoi sermoni(10).
Tuttavia non dobbiamo dissimulare che nei sermoni di S. Zeno
occorrono alcune espressioni, che, almeno a primo aspetto, non sono conformi
alle dottrine della chiesa. Lasciamo pur
da parte le forme di dire, che sembrerebbero infette di errori a lui
posteriori: come quella, dove del Figlio di Dio dice « inter Deum hominemque quem sumpsit»; e l'altra, dove della
carità dice « Deum in hominem demutare
valuisti». Di queste e di simili espressioni è facile provare che
possono e devono intendersi in senso ortodosso, sia per il loro contesto e
confronto con luoghi parallelli, sia tenuto conto dell'epoca in cui furono
scritte, prima cioè, che le controversie
monofisite e nestoriane introducessero nell'uso degli scrittori ecclesiastici
una terminologia definita ed esatta.
La difficoltà sta in altre espressioni, che sembrano avere senso ariano, benchè furono scritte dopo le controversie ariane. In
riguardo di queste il Petavio, forse
un po' troppo acre contro gli stessi
padri anteniceni, muove i suoi lamenti
particolarmente contro S. Zeno
posteriore all'arianesimo: « De
antiquioribus quidem (Patribus antenicaenis) minus est mirandum:... Zenonem
Veronensem Episcopum satis mirari nequeo, qui eadem cum priscis illis
existimasse videtur»(11).
Diamo i luoghi più difficili: « De Deo nascitur Deus... totum Patris habens: ... procedit in nativitatem qui erat, ante quam nasceretur,
in Patre; aequalis in omnibus, quia Pater in ipsum alium se genuit ex se». «Cuius (Patris) ex ore, ut rerum natura quae non erat fingeretur,
prodivit unigenitus Filius, cordis ejus nobilis
inquilinus, exinde visibilis necessario
effectus». «Principium Dominus noster est Christus, qui ante omnia saecula Pater uterque
in semet ipso Deus... amplectebatur: sed excogitatarum
ut ordinem instrueret rerum, ineffabilis
illa virtus... e regione cordis eructat
Verbum: De Deo nascitur Deus» (12).
Queste forme di dire e tra esse la più dura «procedit in nativitatem qui erat, antequam nasceretur, in Padre»
sembrano affermare che il Verbo, sia
bensì esistito ab aeterno nel Padre, ma non sia generato ab aeterno; e così
sembrano negare la immutabilità di Dio e insieme l'eternità, e quindi anche la
divintà, del Figlio.
I teologi, veronesi e non veronesi, si studiarono di dare a
queste espressioni una interpretazione, che fosse abbastanza conforme al
sentimento del nostro santo ed insieme rispondesse alla dottrina cattolica. Tra le molteplici interpretazioni date alle
espressioni più difficili, sia di alcuni padri anteniceni, sia del nostro S. Zeno, a noi sembra più
accettabile quella data dal card. Franzelin; tanto più che essa fu
accettata da quasi tutti i teologi recenti(13): «Se il
Verbo si consideri in relazione al Padre, si dice che egli è in sinu Patris, in corde Patris; benchè sia veramente
Figlio e veramente generato ab aeterno:
se all'incontro si consideri in relazione ad extra, in quanto nel Verbo
si considera il divisamento e l'idea della creazione, comunicata ab aeterno dal
Padre nel Figlio, oppure la stessa manifestazione ed operazione ad extra e la
missione di lui dal Padre che è libera, allora si dice nato, cioè manifestato ad
extra ante saecula, ma non ab aetern »(14). A questa interpretazione si
avvicina nella sostanza quella data già da
Giorgio Bullo, dai Ballerini, da
Gilardoni e da altri.
Il Bonacchi tentò di interpretare per
natività del Verbo quella, per cui egli nacque dal seno di Maria; la quale senza
dubbio è posteriore all'esistenza del Verbo nel seno del Padre (15). Ma è un'interpretazione evidentemente aliena e
contraria all'intendimento di S. Zeno, il quale parla sempre di natività ex
corde, ex sinu Patris, ex ore Patris, ecc.
Contro l'interpretazione dei Ballerini, un'altra ne escogitò Bartolomeo
Perazzini, che fu arciprete di Soave nella seconda metà del secolo XVIII; e
questa, con nostra meraviglia, troviamo adottata dal can. Giuliari nella recente
edizione dei sermoni di S. Zeno. Secondo costoro, la natività del Figlio si
deve distinguere dalla sua origine ed
esistenza nel seno del Padre; cosicchè
si deva dire che il Verbo esistette bensì ab
aeterno nel seno del Padre, ma non è nato né fu generato dal Padre ab aeterno e per conseguenza non è propriamente
Figlio ab aeterno. A
conferma recano quanto avviene nelle cose create; nelle quali l'esistenza precede la nascita. Perciò
asseriscono che il Verbo, esistito ab
aeterno nel seno del
Padre fu generato allorchè doveansi
creare le cose.
Conclude il Perazzini:
«Paucis verbis tota
sanctissimi et doctissimi Episcopi nostri, de Filii Dei origine et nativitate, purissima et tutissima doctrina comprehenditur: Origo aeterna, Nativitas divina ante tempus, Nativitas humana temporalis »(16). Dicono che questa interpretazione,
oltrecchè rispondere alla mente di S. Zeno, è conforme alla verità cattolica.
Qui sarebbero a farsi due questioni.
La prima è critica: se tale esposizione risponda al testo e
contesto dei luoghi allegati dai sermoni di S. Zeno. Questione difficilissima,
e d'utilità forse secondaria per la maggior parte dei lettori: perciò crediamo
opportuno ometterla.
Ma non possiamo omettere la seconda teologica: se la data
esposizione sia conforme alla verità cattolica. A questa rispondiamo negativamente per le
seguenti ragioni:
a) essa è troppo nuova e singolare: è contraria alle
sentenze dei padri, almeno di quanti scrissero dopo il concilio di Nicea,
contraria alla dottrina dei catechismi e delle scuole cattoliche.
b) In questa esposizione è impossibile salvare
l'immutabilità di Dio e la verità del mistero della SS. Trinità:
antecedentemente alla natività del Verbo non si può concepire la Trinità delle
Persone, la quale consiste unicamente nelle relazioni.
c) L'argomento desunto dalle creature è troppo inetto;
l'esistenza anteriore alla nascita non è essenziale al concetto di generazione,
ma proviene dall'imperfezione delle cose create. Perciò stimiamo che si devano,
quanto è possibile, addurre interpretazioni conformi all'insegnamento
cattolico; che se tali interpretazioni
non fossero possibili, noi lasceremmo a parte in questo punto l'autorità del
nostro santo dottore: «amicus Plato, sed
magis amica veritas ».
Altrettanto ci è
d'uopo avvertire su altra opinione del nostro santo. Trattando egli del peccato
originale, troppo chiaramente afferma che il peccato di Adamo fu un peccato
carnale; opinione, che egli conferma dal
precetto della circoncisione (17).
Sembra che tale opinione egli abbia ereditato da Clemente Alessandrino: ma essa è troppo aliena dalle parole della
sacra scrittura; è troppo singolare; inoltre ripugna all'insegnamento comune
dei padri e particolarmente di sant'Agostino,
secondo i quali Adamo nel paradiso terrestre era immune dal fomite della
concupiscenza (18).
I Sermones
di S: Zeno, quali ora li abbiamo, alcuni abbastanza lunghi e completi,
altri appena abbozzati, certamente non furono scritti da lui, specialmente i
secondi. Probabilmente furono raccolti da qualche sacerdote o chierico, mentre
egli li teneva ai fedeli: quindi nessuna meraviglia che alcuni non riferiscano
letteralmente ciò che il santo vescovo intendeva e diceva. Essi per molti
secoli rimasero in qualche ripostiglio dell'episcopio di Verona, senza che
alcuno ne avesse conoscenza. Il primo,
che li conobbe e li fece conoscere, fu il nostro vescovo Nottingo (840-844), il quale ebbe alla mano un apografo del secolo
IX e nel suo viaggio in Germania ne diede una copia ad Incmaro vescovo di Reims. Questi lo ripose nell'archivio di S.
Remigio (19). Di altro esemplare rimasto nell'episcopio di
Verona usò pure il nostro vescovo Raterio;
il quale spesso nelle sue opere cita e riporta alcuni tratti dei sermoni di S.
Zeno. Non crediamo opportuno seguire le ulteriori peripezie dei codici
zenoniani.
I dottissimi fratelli Pietro
e Girolamo Ballerini nell'anno 1739
diedero un'edizione di questi sermoni che si riteneva omnibus numeris absoluta, e l'adornarono con
eruditissimi prolegomeni e dissertazioni: ma essa ben tosto trovò avversari
gravissimi massime nel clero veronese; tra questi specialmente Antonio M. Cenci, Bartolomeo Campagnola, e Bartolomeo
Perazzini, il quale francamente pose la tesi: «Nova et vera S. Zenonis editio curanda est» (20).
Recentemente diede una nuova edizione il can. G.B. Giuliari: oltre che dell'edizione Balleriniana si giovò di altri
codici inesplorati ai Ballerini e
degli studi di Perazzini, Da Prato, Sparavieri, ecc.(21).
Secondo il parere di Giuliari,
i sermoni di S. Zeno genuini nel senso sovraesposto sarebbero novantatre. Il Commentarium
intorno alla vita, al culto ed ai sermoni è della massima importanza, sia
per la copia di notizie, sia per la critica erudizione, con cui sono sceverate
le notizie storicamente certe dalle incerte e dalle leggendarie.
Non dobbiamo dissimulare che intorno alla genuinità
obbiettiva dei sermoni furono mosse in passato e recentemente risuscitate gravi
difficoltà (22). Lasciando ora a parte le controversie antiche,
un recente scrittore alemanno asserisce e con argomenti di critica interna si
studia dimostrare che i sermoni novantatre attribuiti a S. Zeno dalla
tradizione sono tutti genuini (23);
mentre altro recente scrittore francese, celebre cultore delle cose
ecclesiastiche africane, sembra tuttora dubitarne (24).
Non ci pare opportuno entrare in questione tanto intricata e
di poca utilità pratica. Ci basti accennare che tra i diversi sermoni
attribuiti a S. Zeno si trovano grandi varietà nei termini e nelle frasi e
nello stile; talchè in alcuni la forma è
chiarissima e piana, in altri enigmatica e talvolta incomprensibile: ragioni,
che se non volgono a negare l'unicità dell'autore, ci autorizzano a dubitarne (a).
NOTE
1- Nella
raccolta: S. Zenone - Panegirici, Omelie, ecc.. pag. 168, 3.
2 - Noi citeremo
sempre l'Edizione GIULlARI, anche in riguardo alle Note; benché sovente
queste siano letteralmente identiche a quelle dei Ballerini.
3 - S. ZENO, Sermones,
Lib. II, Tract. XXVII, 3, XXXVI, XXXVII.
4 - SCHÜTZ, S. Zenonis Doctrina Christiana, pag. 18 (Lipsiae
1854).
5 - S. ZENO, Lib.
I, Tract. XIV 4, II. 38. - Cf. GIULlARI, Op. cit., pagg. 106. 242.
6 - S. ZENO, Lib.
II, Tract. XIV 4.
7 - S. ZENO, Lib.
I, Tract. XV 5.
8 - ZENO, Lib. I, Tract. XVI 6.
9 - S. ZENO, Lib.
II, Tract. XXXIX, XL, XLI.
10 - Vedi GIULIARI, S. Zenonis... Comment., Cap. V., Catechismus Zenon.
11 - PETAVIUS, De Trinitate, Lib. I, Cap. V, Num. 7.
12 - S. ZENO, Serm.,
Lib. Il, Tract. III,
IV, V, 1;
etc.
13 - Vedi
JUNGMANN, Dissert. in Ristor. eccles. Dissert. V, Num. 59-74.
14 - FRANZELIN, De
Deo trino, Thesis XI. III, 2.
15 - BONACCHI, Dissert. crit. de S. Zenonis Ep. Veron. epoca,
Cap. I, § 22.
16 - Presso
GIULlARI, S. Zenonis Serm. Monitum, pago
138 segg.
17 - S. ZENO, Sermones, Lib. I, Tract. II, 8, Tract.
XIII, 5. - Del resto, in altro luogo di Adamo avea detto «sacrae arboris
pomum male dulce delibasse », Tract. XI,
3.
18 - Vedi
BALLERINI Dissert. II, Cap. IV.
19 - Ricuperato
dal nostro Maffei, perì nell'incendio della Biblioteca Zenoniana l'anno 1775.
20 - PERAZZINI, Correctiones
et explicationes..., pag. 48 (Veronae
1774).
21 - Che questa
Edizione dei Sermones del nostro S. Zenone prostet libella una cum dimidio, certo non torna a
decoro del Clero Veronese.
22 - Trattato
FESSLER. Inst. t. patrol. Tom. I,
Cap. IV 130 (Innsbruck 1890); BARDENHEWER,
Patrol. Epoca § II
87 n. 10 (Roma 1903); SCHÜTZ, S. Zenonis doctrina christiana (Lipsiae 1854); JAZDZEWSCHI, Zeno Veron. Ep. Commento patrol.. pag.
40-42 (Ratisb. 1862).
23 - BIGELMAIR. Zeno von Verona (Miinster 1904).
24 - MONCEAUX, Hist.
lettèr. De l'Afrique chretienne, Tom. III. Le IV siecle d'Arnobe a Victorine (Paris
1906).
ANNOTAZIONI AL CAP.
VI (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 5O. - Da
una decina di anni è a disposizione la moderna edizione critica dei sermoni di
S. Zeno: ZENONIS VERONENSIS, Tractatus - Edidit B. Löfstedt. Turnhout 1971.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI
SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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