San Zeno con
in mano un cesto di pesci ed una canna, all'interno di un riquadro con una Crocifissione, la Vergine e San Giovanni Evangelista.
Chiesa di Santa Maria alla Pieve
di Colognola ai Colli, Verona.
CAPO VII
SOMMARIO. - Stato
della questione - Opinione oggi comune - Scrittori antichi di cose nostre -
Documenti liturgici - Obbiezioni dal culto riservato ai martiri; dal titolo di
confessore - Monumenti - S. Zeno non fu martire in senso proprio - S. Zeno
martire nel senso meno proprio - Giorno ed anno della morte di S. Zeno.
La voce « martire» nell'uso ecclesiastico si prende in due
sensi. Martire in senso proprio è quel confessore della fede di Cristo, che per
la stessa fede morì martire, ossia fu ucciso precisamente per la sua fermezza
nel professarla. Martire in senso meno
proprio è colui, che molto ha faticato per la fede di Gesù Cristo e per essa
andò incontro ad accuse a calunnie ed a corporali patimenti, però non alla
morte (1). Ciò posto, S. Zeno fu martire in senso proprio,
ossia fu egli ucciso dai persecutori per la sua fermezza nel professare la fede
di Cristo?
Così in passato opinavano molti dei nostri; massime coloro,
che voleano assegnare l'episcopato di S. Zeno alla seconda metà del secolo III.
Argomento principale era la
testimonianza di S. Gregorio; il quale, parlando del miracolo avvenuto in
Verona l'anno 589 (17 ottobre) narra
che l'acqua dell'Adige inondante Verona salì verso le finestre della chiesa « beati Zenonis Martyris atque Pontificis
», ma stette come un muro davanti alla porta ed alle finestre «ad
ostendendum cunctis meritum Martyris (2).
Inoltre martire è
detto S. Zeno da Paolo Diacono,
dall'autore del Ritmo Pipiniano, dai
martirologi Rabano, Notkero, ecc. Appoggiato a queste testimonianze il nostro
vescovo Luigi Lippomano poco dopo la
metà del secolo XVI al rito di confessore, con cui era fino allora onorato S. Zeno nella liturgia della Chiesa
veronese, sostituì il rito di martire.
Sennonchè al presente gli eruditi, accertata l'epoca
ambrosiana dell'episcopato di S. Zeno,
convengono nel negare che S. Zeno sia morto martire, e si studiano di attribuire all'appellativo di
martire nel testo di S. Gregorio ed
in altri il senso meno proprio.
Argomento gravissimo e perentorio per questa opinione è il
fatto constatato, che la Chiesa veronese per oltre dieci secoli ha ignorato che
il suo santo fondatore e patrono sia morto martire. Questo fatto si dimostra e
dagli antichi scrittori di cose nostre, e da documenti liturgici, e da alcuni
monumenti.
Il nostro vescovo S.
Petronio quarant'anni circa dalla morte di S. Zeno, parlando ai veronesi tesseva loro l'elogio del santo
patrono. In quel sermone, pubblicato recentemente, S. Petronio esalta l'eloquenza di S. Zeno, il suo zelo per il bene
spirituale dei veronesi, la santità della sua vita; ne magnifica i miracoli
operati da lui in vita e dopo la morte; lo encomia « Sacratissimum confessorem ... Pontifex signorum virtutibus approbatus ... beatissimus vates »: ma neppur
un cenno del martiri (3). Eppure
l'aureola del martirio sul capo di S.
Zeno avrebbe diffuso tale splendore da offuscare tutti gli altri meriti.
Verso la fine del secolo
VII il notaio Coronato nella sua
Cronaca riferì le tradizioni della
Chiesa veronese e vi inserì quanto di onorifico correva sulla lingua dei
veronesi. Eppure, non solo non ha un
cenno sul martirio di S. Zeno, ma espressamente afferma che egli morì di morte
naturale: « Dum haec (miracula)
instanter ageret, non multo post
receptus in pace Domini est». Sulla
fine poi, riferendo il miracolo narrato da S.
Gregorio, modifica la dicitura di
lui in questo modo: « ad ostendendum cunctis meritum confessoris »(4). E' chiaro che Coronato intende modificare e correggere il testo
di S. Gregorio.
Anche il nostro vescovo
Raterio nel secolo X parla di S. Zeno, e lo elogia come dottore e
protettore, ma neppur un cenno ha del martirio. « Cum specialis noster doctor
ac provisor, beatus utique
Zeno, dicat... »(5).
Similmente il nostro vescovo
Tebaldo nelle costituzioni date per il clero l'anno 1305 distingue espressamente
S. Zeno dai martiri: «Cupientes devotione congrua et debitis
honoribus gloriosum confessorem Zenonem patrem et
patronum hujus civitatis
et dioecesis Veronensis, et beatos
Georgium, Firmum et Rusticum
a grege nobis
credito venerari ... (6).
Altra prova gravissima sono i documenti liturgici della
nostra Chiesa; dai quali apparisce che S. Zeno fu sempre venerato con la
liturgia dei confessori, non con quella propria dei martiri. I documenti liturgici recati dai Ballerini « ex vetustissimis manuscriptis Sacramentorum libris Ecclesiae Veronensis» sono in tal numero e di tale
autorità, che noi crediamo non essere ai
nostri tempi necessario recarli tutti: fu
appunto questo cumulo di documenti liturgici, che fece inchinare tutti i nostri
eruditi a negare al nostro santo l'aureola del martirio propriamente detto;
benchè i Ballerini abbiano proposta, non sostenuta, questa opinione (7). - Accenneremo pochi documenti tra i
più importanti.
I Ballerini
recano cinque messe intiere e pochi frammenti, nei quali si dà sempre a S. Zeno
il titolo di confessore, ed egli viene onorato ed invocato come confessore, non
come martire. Sia saggio l'orazione prima della prima messa: « Sancti Zenonis sacerdotis tui et confessoris hodiernae festivitatis etc. ».
In un canone S. Zeno è posto tra i confessori non martiri: «
Communicantes et memoriam venerantes ... Laurentii, Firmi et Rustici, Chrysogoni, Joannis et Pauli, Cosmae et Damiani, Hilarii, Martini, Augustini, Gregorii, Hieronymi, atque Benedicti, Proculi et Zenonis, etc. ». In una
liturgia forse posteriore si ha l'introito Statuit
ei Dominus, il graduale Ecce confessor Zeno pastor Domini, la
lezione Ecce sacerdos magnus,
etc.
Nella liturgia degli officii S. Zeno è invocato « Confessor
sancte, Sacerdos magne, Pastor dominici gregis,
sancte confessor Zeno, etc. »; nell'invitatorio «
Confessorum regem venite
adoremus »,
In antichissime litanie (sec. IX-XII) dopo I’invocazione degli apostoli è posta quella dei
martiri, indi quella dei confessori, e tra questi insieme con Sant'Ambrogio, Sant'Ilario, S. Benedetto,
sono invocati S. Procolo, S. Zeno e S. Massimo vescovi veronesi.
Si aggiunga il fatto che nessun documento liturgico veronese
anteriore al secolo XVI accenna al martirio di S. Zeno; essendo troppo debole argomento quello che taluno vorrebbe
desumere dal vangelo Ego sum vitis
vera, che si legge in
qualche messa di S. Zeno per il tempo pasquale: se la Chiesa veronese onorava S. Zeno come martire nel tempo
pasquale, perchè mai lo onorava come
confessore per tutto il resto dell'anno?
Nè si dica che il culto strettamente liturgico (officio e
messa) era riservato ai soli martiri, e che perciò il fatto che S. Zeno fu venerato con vero culto
liturgico riesce a prova del suo martirio. Imperochè consta
da documenti certi che almeno dal principio del secolo VI, e molto più in
seguito, si diè vero culto nella Chiesa anche ai santi confessori non martiri. Così certamente nel secolo V si trova un vero
culto liturgico dato a S. Martino di
Tours, a Sant'Ilario di Poitiers;
nel principio del secolo VI fu a Roma edificata la basilica «Sylvestri et Martini », e nessun dei
due fu martire(8). Anzi Benedetto XIV, sia con prove dirette,
sia con l'autorità di altri scrittori, dimostra che si hanno esempi di culto
attribuito a santi non martiri nel secolo
IV (9).
Neppure si obbietti che il titolo di confessore veniva
dato ai martiri; tanto è vero che nel Carpsum
di Stefano Cantore son detti
confessori S. Biagio, Sant'Adalberto e S. Bonifaccio, che son martiri. - Rispondiamo che dal Carpsum nulla si può ricavare,
nè a favore del martirio di S. Zeno,
nè contro di esso. La ragione è, che ivi son detti confessori non solo i tre
martiri accennati, ma anche i due vescovi di Verona, S. Simplicio e S. Procolo,
ed altri, che certamente non sono martiri. Altrettanto si dica a riguardo di altri
documenti coevi od anteriori al Carpsum,
nei quali non è ben determinata la significazione della voce « confessore ». Ma l'asserzione nostra è
provata da altri documenti liturgici; nei quali, come nelle litanie, il nome del nostro santo vescovo Zenone è invocato tra coloro,
che non furono veri martiri.
Aggiungeremo infine pochi monumenti storici. Presso i Ballerini è riportata un'iscrizione
esistente un tempo nella Chiesa Montis
aurei: in essa quella chiesa si dice edificata ad onore della S.
Croce, di S. Michele, dei santi martiri Castorio
e Vittore, e dei santi
confessori Martino, Zenone, Remigio: sembra sia stata
consacrata dal vescovo Teobaldo
l'anno 1060.
Nel medesimo anno Peregrino
patriarca di Aquileja riconsacrò la
chiesa di Sant'Elena, e vi pose le
reliquie dei santi martiri Ermagora
e Fortunato ... dei santi confessori
Zenone ed Eusebio, delle sante vergini Cecilia,
Anastasia e Maria Maddalena.
Nella medesima chiesa il patriarca Andrea verso l'anno 826
ave a riposto reliquie di S. Fermo
martire, di S. Rustico martire,
di S. Giorgio martire, di S. Procolo confessore, di S. Zeno confessore, di S. Filastrio confessore, ecc. Non
crediamo necessario trascrivere letteralmente queste iscrizioni (10)
Più antica (ma meno efficace) è un'iscrizione riferita dal Maffei: «Regnante Domino nostro Desiderio ... Basilica beatissimi et confessoris
Christi Zenonis in vico Campellione a parentibus meis edificata. Magnerada Dei
ancella ... donatrix ejusdem oraculi »(11).
Il Maffei reca pure un'altra iscrizione dell'anno 1139, trovata da lui: in essa sono
indicate reliquie di vari santi, ai quali tutti si aggiunge il titolo di
martiri, tranne che al nome di S. Zeno (12).
In altro luogo, parlando il Maffei dei
martiri veronesi, afferma che nei codici della Capitolare, «oltre a Fermo e
Rustico ... S. Zeno comparisce sempre, benchè non come martire »(13). E si avverta che Maffei suppone
martire S. Zeno, benchè non dell'epoca di Gallieno: perciò egli parla qui
contro la sua sentenza.
Per brevità omettiamo altri documenti, che si possono vedere
citati nell'edizione dei sermoni di S. Zeno fatta da mons. Giuliari (14);
sembrandoci storicamente provato che il nostro santo vescovo non fu martire nel
senso stretto della parola ossia non morì ucciso dai persecutori della fede
professata ed insegnata da lui 15. Aggiungeremo soltanto che lo stesso Dionisi nega il martirio di S. Zeno, ammettendo che il titolo di
martire non è che un distintivo di culto e di maggior onore, e che i veronesi
con questo appellativo lo distinsero, perchè Veronam praedicando perduxit ad baptismum (16).
Tuttavia ci pare sia storicamente certo che egli fu martire
in senso meno proprio; in quanto cioè non solo lavorò e faticò molto per la
diffusione della fede, ma altresì in odio della fede soffrì calunnie e forse
anche vessazioni corporali. In questa opinione ci conferma il suffragio non
solo di un dottissimo consultore della sacra congregazione dei Riti, quale fu il P. Generoso Calenzio, ma altresì quello della stessa sacra
congregazione.
Già S. Zeno è
detto martire da S. Gregorio nel
luogo riferito sopra. Lo dice pur martire il Ritmo Pipiniano: « Octavus pastor et confessor martyr inclytus », Martire lo dice Paolo Diacono, valendosi assai
probabilmente dell'autorità di S.
Gregorio. Più esplicitamente afferma
che S. Zeno soffrì vessazioni dai persecutori il nostro Giovanni Mansionario nella Historia imperialis esistente
nella biblioteca Capitolare: «pro Christi nomine temptus a paganis
multocies fuit verberibus caesus ». Della stessa asserzione abbiamo
una conferma dalle liturgie di alcune chiese in Germania e d'Italia che davano
a S. Zeno il culto di martire anche allora che a Verona avea il culto di
confessore. Che se la Chiesa veronese nelle sue liturgie onorò S. Zeno come
confessore, ciò prova soltanto che essa non lo riconobbe mai martire nel senso
proprio.
Basata su questi argomenti la sacra congregazione dei Riti con decreto del 13 marzo 1881 confermò a S. Zenone il culto di
martire, conferitogli già da Sisto V
nel Breve Regi Martyrum del
26 novembre 1588(17), con cui il
Pontefice approvava il nuovo officio di S. Zeno proposto dal cardinale Agostino Valerio (18). Mentre però nell'officio approvato da Sisto V si appellava semplicemente a S.
Zeno « mtrepidus Christi martyr »,
nel nuovo officio approvato l'anno 1881 è detto che S. Zeno « multa ab infidelibus et haereticis invicta
pectoris fortitudine passus est», e che « propter
persecutiones fidei causa
toleratas gloriosum Martyris titulum promeruit; qua et a beato Gregorio
Magno decoratus est »: della sua morte poi è detto che «circa saeculi quarti finem miraculis quoque illustris in coelum
migravit »,
La morte di S. Zeno assai verosimilmente fu il giorno 12 del
mese di aprile: così risulta dai
monumenti liturgici, che riferiscono la festa principale di S. Zeno al «pridie Idus Aprilis »: sia nella Chiesa
veronese ed in altre d'Italia e di Germania, sia specialmente in varii
monasteri dell'ordine di S. Benedetto. L'anno dovrebbe essere «circa finem saeculi quarti »:
probabilmente l'anno 380.
NOTE
1 - S. THOMAS In IV, Sentent. Distinct. XLIX, Qucest. 5 ad 7;
BENEDICTUS XIV. De canon. Sanctorum, Lib. III. Cap.
XII, Num 3, seqq.
2 - S. GREGORIUS
M. Dialog. Lib. III. Cap. 19.
(a).
3 - Presso GIULIARI,
S.
Zenonis Sermones-Monum. Zenon. (b)
pag. CXLVII.
4 - Un Codice della
nostra Biblioteca Capitolare ha: «ad ostendendum Sancti meritum », - Questa Cronaca si trova
presso UGHELLl, Italia sacra, Tom. V; BOLLAND., Acta SS. 12 Aprilis; BALLERINI
nei Prolegomena ad Opp. S. Zenonis, pago CXLVII.
5 - RATHERIUS Episc. Veron. Synodica ad Presbyteros. (c)
6 - THEBALDI, Constit., cap. LXI, presso
BALLERINI, pag. CLXX (d).
7 - BALLERINI, Prolegomena, pagg. CLI, CLVIII,
seqq. (e).
8 - DUCHESNE Liber Pontif, Tom. I pag. 262. - Secondo il Fragmentum laurentianurn conservato
nella nostra Capitolare, del quale
parleremo a suo luogo, il Pontefice Simmaco avrebbe eretta la basilica di S.
Martino « juxta sanctum Sylvestrum »: anzi dal confronto dei due testi pensa il
Duchesne che Simmaco abbia restaurata ed adornata la basilica di S. Silvestro. Comunque sia, questa esisteva nel secolo V. DUCHESNE, Op. loc. cit., Note 36.
9 - BENEDICTUS XIV, De canan. Sanctorum, Lib.
III, Cap. V.
10 - Vedi
BALLERINI, Op. loc. cit.; UGHE5Ll,
Italia sacra, V. 787, 788.
11 - Oraculum è « Iocus orandi », Vedi Lib.
Pentii. in Leo III.
12 - MAFFEI, Verona illustr., Storia, nell'Append., Iscriz: LXVII (f).
13 - MAFFEI, Verona illustr., Lib. XI
(g).
14 GIULlARI, S. Zenonis Serm., Commento Cap. I., pagg,
XVI-XX.
15 - Tutti gli argomenti per questa opinione e le
soluzioni di tutte le obbiezioni si possono vedere nelle due Dissertazioni del
P. Calenzio e del P. Lana, scritte in occasione della proposta fatta dal Card.
Canossa alla S. Sede per il nuovo Officio di S. Zeno. Di esse abbiamo usato
largamente.
16 - DIONISI, Dissert. cit., presso
ZACCARIA, Dissert. di Storia eccles., Tom. III. Pag. 41.
17 - Si trova nelle Opere del Gilberti edite dai Ballerini a pag. 16 (Veronae 1733).
18 - La maturazione del rito da confessore in
martire era stata introdotta in Verona dal Vescovo Liugi Lippomano verso la
metà del secolo XVI. Lo riferisce PANVINIUS Antiqu. Veronenses Lib. IV. (h).
ANNOTAZIONI AL CAP. VII (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 52, nota
2: cfr. P.L. 77, 268-269. - S. GREGOR., Dialogorum liber, III, C. 19, edito da U. MORICCA, Roma,
1924, pp. 185-186.
(b) pag. 52, nota 3: stampato
a Verona, 1883.
(c) pag. 53, nota 5: cfr. P.L., 136, 558.
(d) pag. 53, nota 6: ZENO (S.), Opera ... , ed.
Ballerini, Verona 1739, p. CLXX.
(e) pag. 53, nota
7: id., ibid., pp. CLVIII-CLXX.
(f) pag. 55, nota 12: Milano,
1825, p. 627.
(g) pag. 55, nota 13: Milano, 1825, T. II, p. 587.
(h) pag. 56, nota
18: Padova, 1648, p. 108.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI
SULLA CHIESA VERONESE, volume I
Nessun commento:
Posta un commento