Dal testo di Francesco Zanotto
''Non è a dire qual nuovo e sanguinoso
combattimento si ridestasse giacche' prossimi i barbari a montare sulla puppa,
facean cadere i marinai ed i soldati che resistevano. Nulla però valse loro per
conseguirla; imperocchè animati tutti dall'intrepido valore del Cornaro, col
fuoco incessante dei bronzi e dei fucili non poterono vincerla, e si chè gloriosamente uscita da quella orrida
mischia, potè collo aiuto del Cielo e per l'indomito animo de' suoi
difenditori, giungere ed unirsi alla flotta ormai per lungo tratto da essa
divisa".
ANNO 1698
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Dopo la morte di
Francesco Morosini, Venezia prosegue nello scontro contro i turchi nell'Egeo. A procurare una straordinaria vittoria alla Serenissima
il nuovo comandante Jacopo Cornaro ...
LA SCHEDA STORICA - 135
La situazione per le
navi veneziane di stanza nell'Egeo, si era dunque sensibilmente aggravata tanto
da dover richiedere ancora una volta la presenza dell'ormai malato ed anziano
Morosini. Questi nel 1690 aveva lasciato il comando della sua flotta a Girolamo
Cornaro, che pur avendo conquistato la fortezza di Malvasia, mori poco dopo, a
Valona, di malattia.
Il suo successore, Domenico Mocenigo, si rivelò ben presto
un incapace e nel 1692 abbandonò l'impresa di conquista della Canea.
I turchi intanto, approfittando della pausa invernale
(92-93), avevano rinforzato le difese proprio di quella regione intuendo le
intenzioni dei veneziani. Non solo. Anche a Negroponte e a Corinto gli ottomani
si erano ulteriormente organizzati mentre anche dei forti venti contrari
persuasero il Morosini a non intraprendere alcuna azione.
I mesi intanto trascorrevano vuoti e nell'immobilismo più
totale, quasi un triste preludio all'imminente fine dello stesso comandante
veneziano.
Per l'inverno del 1693 i veneziani ripararono a Nupulia
dove, dopo un mese di sofferenze causate da calcolosi biliare, il vecchio doge
infatti si spegneva il giorno dell'Epifania del 1694.
Con lui sembrò spegnersi anche l'ultima speranza per Venezia
di concludere dignitosamente la campagna nel Peloponneso che aveva avuto
proprio nel Morosini il suo principale e più valoroso protagonista.
Moriva da comandante, Morosini, nelle zone che lo avevano
visto solo pochi anni prima trionfatore ed ora invece spegnersi nel silenzio
delle armi.
Venezia perdeva così uno dei suoi ultimi eroi, sicuramente
il suo ultimo doge-guerriero.
La Serenissima infatti, non perdeva allora solo il suo
comandante generale, ma anche il proprio doge, cariche che Francesco Morosini
infatti aveva praticamente riunito nella sua persona.
Per ovviare quindi al ripetersi di questo inconveniente -
erano in molti fra l'altro a vederne una pericolosa concentrazione di potere -,
si pensò bene d'ora in poi di tenere accuratamente separate le due cariche.
E così, se il nuovo doge di Venezia fu Silvestro Valier, il
comando della flotta venne invece conferito ad Antonio Zen che imbarcatosi
nell'estate del 1694 approdò all'isola di Scio i primi giorni di settembre.
Attese a lungo tuttavia il nuovo comandante prima di
scontrarsi con i turchi, scontro che ebbe inizio infatti solo il 9 febbraio
dell'anno successivo, il 1695.
Fu una battaglia durissima che contò solo nella sua prima
fase 465 morti tra le fila dei veneziani una battaglia incerta fino alla fine
nel suo esito, quando, il 19 febbraio i capitani veneti decisero di abbandonare
ai turchi l'isola conquistata neppure sei mesi prima.
L'inettitudine e la codardia del comandante Antonio Zen,
vennero severamente punite dal Senato della Repubblica. Tradotto in ceppi a
Venezia, lo Zen morirà infatti in
prigione nel 1697.
Morto un comandante, se ne fece un altro. Ad Alessandro
Molin spettò l'arduo compito di ridare fiducia ai veneziani e possibilmente
altre vittorie.
L'abilità del nuovo comandante rispose in parte a queste
aspettative sbaragliando una flotta nemica al largo di Scio e respingendo poco dopo un
tentativo di sbarco nell'Argolide da parte dei turchi che vennero nuovamente
sconfitti nel settembre del 1698.
Venezia riacquistava così, grazie alle nuove vittorie, il
parziale controllo dell'Egeo.
In quel medesimo anno però, per il Molin scadevano i tre
anni previsti per la carica di comandante, carica che veniva assunta ora da
Jacopo Cornaro.
Questi riunì subito un consiglio generale di guerra per
stabilire le future strategie. Il cavaliere Dolfin prendeva così il comando
delle navi che condusse fino all'isola di Lemno mentre anche i turchi
iniziavano a loro volta a muoversi nuovamente uscendo con una flotta, comandata
da Capitan Bassà, detto Mezzomorto, dal porto di Istanbul.
Nel frattempo si ricongiungevano alle navi del Dolfin quelle
del comandante generale Cornaro, pronte a dar battaglia alla flotta nemica che
sembrava più temporeggiare che cercare lo scontro con le navi venete
numericamente molto superiori.
Tanto indietreggiò la flotta turca da arrivare in prossimità
dello stretto dei Dardanelli dove per le secche, la capitana di Tunisi si
ritrovò irrimediabilmente incagliata e quindi persa.
Trascorse comunque ancora un mese durante il quale le due
flotte, pur non perdendosi mai di vista, evitarono lo scontro.
Solo il 21 settembre del 1698 le navi veneziane presero finalmente
l'iniziativa stringendo quelle turche nelle acque presso Metellino dove scoppiò
presto una furibonda battaglia.
Tuttavia a mettere in difficoltà le navi veneziane, non
furono solo le navi nemiche, ma incredibilmente anche una nave veneta, quella
comandata da Marc'Antonio Diedo che incocciando di poppa con quella del Dolfin
nella mischia della battaglia, si ritrovò sospinta dall'urto nel bel mezzo del
fuoco nemico, in uno scontro che si protrasse per circa due ore.
Fortunatamente arrivarono i primi soccorsi, con la nave
comandata da Fabio Bonvicini.
Non andavano meglio nel frattempo, le sorti per la nave
ammiraglia comandata dal Cornaro che quasi subito dopo l'inizio della
battaglia, era stata gravemente danneggiata in più punti, tanto da dover
iniziare le manovre di ritiro.
I turchi accortisi delle disastrate condizioni della nave
veneziana, malgrado fosse ormai imminente la sera, decisero di attaccarla a
suon di cannonate.
Si scatenò così un'ultima, cruenta battaglia, che vide
trionfare alla fine il valore ed il coraggio degli equipaggi veneziani che
riuscirono, seppur malconci, ad imboccare la rotta del ritorno riagganciando il
resto della flotta ormai già a debita distanza.
Ma altre questioni in quel momento stavano surriscaldando
l'orizzonte politico in Europa, questioni dinastiche relative al trono spagnolo
al quale aspiravano contemporaneamente due alleati della Lega cristiana:
l'imperatore ed il re di Francia, Luigi XIV.
Una profonda crepa si stava aprendo così nel fronte
anti-turco mentre anche Venezia, dopo molti anni di rinnovato impegno militare,
anelava ad una pace duratura.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 5, SCRIPTA EDIZIONI
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