Dal testo di Francesco Zanotto
"Sempre più incalorito nel desiderio
della vittoria, pieno d'ardore marziale, avanzavasi velocemente per lo canale.
Stava egli appoggiato al suo stendardo, e con la voce e col gesto comandava e
animava i suoi, quando una palla nemica, come sembra caduta nelle munizioni,
fece scoppiar la galea, che quasi tutta avvampò. Nel precipitare l'antenna, schiacciò
il capo al Mocenigo, che tostò cadde estinto. Il caso inopinato fe' arrestar
subitamente i veneti legni, ed ogni tentativo fu abbandonato. Si curò peraltro
religiosamente di ricuperare le reliquie della galea capitana, lo stendardo, il
fanale, ed ogni altra cosa preziosa ... "
ANNO 1657
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il
disegno di Gatteri.
Dopo esser stato
il protagonista vittorioso di mille battaglie combattute sul mare, muore quasi
banalmente colpito da una cannonata sparata da terra il temerario comandante
veneziano ...
LA SCHEDA STORICA - 123
Poteva essere un altro eccezionale e vittorioso scontro con
i turchi quello combattuto dalle navi di Lazzaro Mocenigo nel 1657 nell'ormai
famigerato stretto dei Dardanelli. In parte lo fu.
L'uomo aveva già partecipato a numerosissime battaglie
navali, era un comandante esperto e, a dir poco, temerario. Aveva avuto una
parte rilevante nell'ultima vittoria veneziana sui turchi a fianco del più
sfortunato Lorenzo Marcello e, solo un anno dopo, era già pronto con le sue
navi per le nuove sfide sul mare.
Mocenigo tornava a navigare questa volta in qualità di
capitano generale - posto che era stato del defunto Marcello - e con in più il
titolo onorifico di Cavaliere, datogli dal senato.
Nel frattempo erano anche proseguite le vittorie
"terrestri" veneziane con la conquista di Tenedo e di Lemno sul
finire del 1656.
Alla corte di Istambul si tiravano le somme e il nervosismo
cresceva, specie verso la fine di quell'anno quando le vittorie veneziane
raggiunsero il loro apice. Tutto questo, per i turchi, doveva finire al più
presto. Per buona parte del 1656 e dei primi mesi dell'anno seguente i turchi
si impegnarono nella costruzione di una nuova, potente flotta. In primavera
anche i veneziani erano pronti ad affrontare il nemico.
Lazzaro Mocenigo infatti, si portò presto nelle acque del
Mediterraneo Orientale con l'esplicito scopo di impedire alla flotta turca di
uscire dal Bosforo. Per farlo aveva dato l'ordine di allertare anche gli uomini
e le flotte presso Tenedo e Scio mentre un'altra nave veniva spedita nelle
acque dello stretto dei Dardanelli.
Non restava a quel punto che attendere il passaggio della
flotta nemica ed in particolare quella comandata da Capitan Pascià che
puntualmente comparve infatti all'orizzonte.
Le navi turche stavano tornando da Rodi e vennero presto in
contatto con quelle veneziane. Il Mocenigo riuscì in poco tempo a catturarle e
con esse lo stesso comandante turco con altri 400 uomini del suo equipaggio.
Questo ennesimo trionfo procurò al Mocenigo l'ulteriore, prestigioso titolo di
Procuratore di S. Marco.
Il comandante, però, era solo all'inizio del suo scontro con
i turchi. Giunse infatti la notizia che un altro corpo d'armata nemico uscito
da Istambul si era portato nello stretto dei Dardanelli, lungo le cui sponde
aveva piantato le tende anche l'esercito del Gran Visir, di ben 50.000 soldati.
Il Mocenigo non perse tempo. Si portò immediatamente nel
canale detto dei Castelli dove si trovavano anche le navi di Marco Bembo. I due
capitani, consultatisi fra loro, decisero infine di proseguire e di inoltrarsi
lungo lo stretto.
Le manovre tuttavia dovettero essere ripetutamente
posticipate per le pessime condizioni atmosferiche, con venti tanto impetuosi
da mettere in seria difficoltà la flotta veneziana costretta a rimandare di
parecchi giorni l'atteso scontro con i turchi.
Questi presero a muoversi la mattina del 17 luglio
approfittando del fatto che il vento era leggermente calato. La loro flotta
contava 33 galee, 22 navi e moltissimi altri legni minori.
Lo scontro con le navi veneziane fu praticamente immediato e
non si svolse certo in condizioni favorevoli alla flotta veneziana che si era
ritrovata con il vento contrario. La nave del Bembo venne presto circondata, ma
sostenuta da una seconda nave ebbe comunque la meglio.
Il resto della flotta veneta, intanto, assunta una posizione
più favorevole si scontrava con quella turca in una battaglia dall'esito
incerto. Fino alla sera le forze si bilanciavano ma poi giunsero anche le navi
del Mocenigo, fino ad allora impedite da una forte burrasca. Le condizioni
atmosferiche però peggioravano ancora e il mare era talmente mosso che le navi
veneziane furono costrette a gettare le ancore per non essere travolte e
inghiottite dalla forte mareggiata.
Passò la notte e con essa anche il nuovo giorno prima che il
tempo consentisse la ripresa della battaglia che si riaccese solo verso
l'imbrunire. Anche allora, tuttavia, il vento non si era ancora placato del
tutto. Ma questa volta il Mocenigo, divenuto ormai troppo impaziente, si mosse
ugualmente seguito però da sole 11 galee. Superata vittoriosamente la prima
batteria nemica, le navi del comandante veneziano si lanciarono nello stretto a
forte velocità.
Il capitano vittorioso sul mare trova una morte quasi
banale ...
Niente sembrava più in grado di fermarle, niente sembrava
poter arrestare il Mocenigo in questo suo furore alimentato dalla certezza della
vittoria. Le navi turche in ritirata venivano così tallonate ed inseguite inesorabilmente
venendo alla fine costrette a rientrare nel Mar di Marmara, con rotta verso
Istambul.
Fu a questo punto che accadde però l'imprevisto,
l'impensabile. Le batterie turche, che erano state disposte lungo le coste del
canale, entrarono in azione e aprirono il fuoco sulla nave capitanata dal
Mocenigo. Questi si trovava sul ponte di comando da dove stava impartendo gli
ordini ai propri uomini. Un'improvvisa palla di cannone nemica colpì in pieno
la Santabarbara della nave che, con l'immane esplosione, venne in gran parte
distrutta. Nello scoppio si spezzarono anche gli alti alberi delle vele e uno
di questi cadendo centrò in pieno lo sfortunato comandante che morì sul colpo.
Così, in un modo in fondo che non aveva nulla di eroico,
quasi banale, moriva il cavaliere, il capitano generale e Procuratore di S. Marco,
Lazzaro Mocenigo.
Vittima di una cannonata turca certamente, ma forse anche
della sua stessa vocazione di uomo temerario e sempre vittorioso comandante.
I veneziani, poi, riuscirono in tre giorni di dura battaglia
a catturare o distruggere alcune navi nemiche, ma sicuramente niente poteva a
quel punto ripagare la perdita di uno dei migliori comandanti della marina da
guerra della Serenissima.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani,
Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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