sabato 5 dicembre 2015

STORIA VENETA – 115: 1645 - PER AFFRONTARE UN ALTRO FRONTE DI GUERRA. IL CARDINALE MOROSINI OFFRE I SUOI AVERI


Dal testo di Francesco Zanotto


"Primo fra tutti, diede esempio nobilissimo e splendidissimo il patriarca Giovan-Francesco Morosini, il quale recavasi davanti alla maestà del Senato, donando, innanzi tratto, il suo vasellame prezioso, indi offerendo l'annua somma di ducati cinquemila per tutto  il tempo che durava la guerra. La quale azione magnanima trasse seco anche gli altri prelati, il clero e i regolari a promettere considerabili aiuti, e fe' sì che concorressero, con ardore più intenso, nobili e popolo e finanche le primarie matrone a recare i propri monili, spogliandosi volonterose di quegli ornamenti, allora che la patria era in lutto."


ANNO 1645


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Nel 1645 Venezia si prepara a scendere in guerra ancora una volta contro i turchi. Il bisogno disperato di denaro fa registrare gesti eroici, ma non solo ...


LA SCHEDA STORICA  - 115


Nell'aprile del 1631 moriva dunque il doge Nicolò Contarini,  veniva posta le prima pietra del Tempio della Salute, mentre i primi di quello stesso anno veniva firmato a Cherasco il trattato di pace che poneva fine alla prima fase della guerra del Monferrato alla quale Venezia aveva ampiamente partecipato. La città, colpita inoltre da una violentissima pestilenza aveva ora più che mai bisogno di pace.
E 12 anni di pace furono quelli del dogato di Francesco Erizzo, eletto praticamente all'unanimità dai Quattro Grandi Elettori.
Tuttavia la sorte sembrava ancora una volta portare Venezia verso una nuova guerra, una guerra certo non voluta e nemmeno cercata, ma una guerra che per alcuni decenni aveva solo rimandato il suo cruciale, nuovo appuntamento, quello coi turchi.
Dopo la perdita anche di Cipro, a Venezia restava in realtà ben poco dei suoi antichi domini d'oltremare. L'avanzata turca nel giro di poco più di un secolo aveva spazzato via violentemente un dominio che non aveva avuto pari in nessun altro stato europeo.
Ma ad essere minacciata direttamente dall'avanzata ottomana, specie dopo le ultime, clamorose conquiste nei Balcani e di Cipro, non era più la sola repubblica veneta, ma l'intera Cristianità.
A riaccendere il fatale confronto coi turchi ci pensarono questa volta proprio i cristiani e precisamente i Cavalieri di Malta.  Nel XVII secolo gli esponenti del glorioso Ordine di S. Giovanni avevano perso per lo più il loro prestigio e anche le loro azioni contro i turchi nel Mediterraneo sembravano sempre più dei deliberati atti di pirateria che altro.


I pirati della croce: i Cavalieri di Malta


Un'attività quella dei "pirati-cavalieri" che si spingeva fino al cuore dell'Adriatico tanto che agli occhi dei  turchi. Venezia era la vera responsabile di quegli attacchi.
 Come se non bastasse, nell'ottobre del 1644 accadde inevitabile il fattaccio. Allargo dell'Egeo i Cavalieri catturarono un galeone turco. C'era solo un particolare. Sulla nave infatti viaggiavano il capo degli Eunuchi Neri di Corte, 30 donne dell'Harem e il calì della Mecca.
Quando con il prezioso carico i Cavalieri si diressero a Candia,  Veneziani si rifiutarono di farli approdare per non attirarsi le ire del Sultano; così la nave e i passeggeri vennero lasciati infine alloro destino in pieno mare aperto senza più comando. Avuta la notizia il Sultano Ibrahim montò ovviamente su tutte le furie e colse l'inaspettata occasione per riorganizzare la sua flotta e vendicarsi.
Venezia si sentiva, e giustamente, estranea all'accaduto tant'è che si aspettava un attacco su Malta contro i Cavalieri dell'isola, gli unici veri responsabili dell'atto di pirateria, ma il Sultano in realtà puntava invece su un altro ben più importante obbiettivo: l'isola di Candia.
Dopo un attacco diversivo contro Malta, infatti, le navi turche nel giugno del 1645 cambiarono improvvisamente rotta e il 25 di quello stesso mese gli uomini del Sultano sbarcavano sull'isola, veneziana dal lontano 1211 e antico cuore di tutti i possedimenti della Serenissima nel Levante. Sbarcarono nella parte occidentale, la Canea, conquistando il forte di S. Teodoro nell'omonima isoletta.


Una guerra infinita quella con i turchi nel Mediterraneo


Venezia così, era ancora in guerra coi turchi, ancora una volta l'Occidente si svegliava troppo tardi tentando di organizzare in fretta e furia una flotta comune in grado di porre rimedio ad una situazione che di giorno in giorno si faceva sempre più critica. C'era bisogno di uomini, navi e munizioni.
Il papa permise in via eccezionale al governo ducale di trattenersi dalle rendite del clero 100.000 scudi inviando anche 5 galee, mentre anche la Spagna inviava un pari numero di navi. Si aggiunsero via via quelle dei Cavalieri di Malta e 2000 fanti del duca di Parma mentre la Francia si limitò ad un contributo finanziario di soli 100.000 scudi con la promessa di un maggiore impegno futuro!
Ma Venezia non poteva certo aspettare. Le sorti dell'isola si giocavano in quei giorni. Come da copione, lo sforzo maggiore in termini di uomini, denaro e navi fu sopportato alla fine dalla sola Venezia e ancora una volta lo sforzo fu corale.
Primo fra tutti a dare l'esempio fu il patriarca della città Giovan Francesco Morosini che presentatosi davanti all'assemblea del senato donò tutto il suo prezioso vasellame e la sua rendita annuale di 5.000 ducati per tutto il tempo che sarebbe durata la guerra. Seppur generoso il suo gesto però era come una goccia in un oceano.
Allo scopo di raccogliere ulteriori fondi il governo ducale si vide costretto ad istituire tre nuove cariche di Procuratore di S. Marco, messe letteralmente sul mercato a 20.000 ducati ciascuna.
Le offerte superarono ogni aspettativa dal momento che le cariche erano più che mai ambite dalla nobiltà veneziana (e non solo).  Se ne offrirono così altre tre al prezzo questa volta di 80.000 ducati. Come se non bastasse ai rampolli dell'aristocrazia venne concesso di diventare senatori all'età di 18 anni, anziché 25, previo pagamento di 200 ducati, mentre in febbraio veniva posto in vendita niente meno che lo stesso titolo di "patrizio" veneziano.
Lo stato veneziano si stava letteralmente svendendo al miglior offerente per far fronte ad un impegno bellico e quindi finanziario senza precedenti. Per affrontare il Turco Venezia minava le sue stesse radici ...


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  4,  SCRIPTA EDIZIONI




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