Dal testo di Francesco Zanotto
"La mattina del
dì 25 marzo 1631 era stata stabilita per collocare la prima pietra; ma ciò non
potè mandarsi ad effetto, attesa la grave indisposizione del Doge, che dovea in
principalità compier quell' atto. Ebbe luogo, in questa vece, il primo giorno
dell' aprile susseguente. Ne compì il sacro rito il patriarca Giovanni Tiepolo,
e poscia il consigliere decano,
appellato talvolta vice-doge, Giulio Giustiniani, collocò la pietra benedetta,
a base del fondamento, e con essa vi gettò undici medaglie coniate espressamente
per quella circostanza: dieci d'argento e una d'oro. Rappresentavano, nel loro
dritto, la Vergine in gloria col divin Paracleto ... ".
ANNNO 1631
ANNNO 1631
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
La peste del 1631
(quella descritta pure dal Manzoni) arriva
anche a Venezia e come sempre è strage. L'eccezionale durata dell'epidemia spinge i veneziani ad
erigere un tempio alla Vergine ..
LA SCHEDA STORICA - 114
Che il clima della Venezia del Seicento non fosse sereno, lo
si può dedurre da più di un episodio, non ultimo, e forse solo il più
eclatante, quello di Antonio Foscarini.
Sospetti, denunce anonime, calunniatori, spie, la città
sembrava imbrigliata in una rete che, paradossalmente però, garantiva una certa
sicurezza e stabilità all'interno.
Non così all'esterno, invece, dove l'attenzione di Venezia
veniva richiamata ancora una volta per motivi, alla superficie, apparentemente
nebulosi.
Pochi giorni prima della
fine del 1627, moriva a Mantova il duca Vincenzo II Gonzaga, senza
lasciare eredi maschi. Il duca, tuttavia, prima di morire, aveva indicato nel
cugino Carlo Gonzaga-Nevers il suo erede. Contro questa prospettiva, di vedere
cioè un francese sedersi sul trono di uno dei ducati italiani, reagì prontamente la Spagna, impegnata proprio
contro la Francia nella estenuante guerra dei Trent'anni.
Venne così opposto a Carlo un contro erede spagnolo,
Ferrante II duca di Guastalla, appartenente ad un ramo collaterale dei Gonzaga.
A complicare ulteriormente la delicata ed esplosiva
situazione dinastica si aggiunsero le sorti del Monferrato. Vincenzo Gonzaga
per tenere unito al ducato di Mantova quel territorio, aveva fatto sposare
l'erede, Maria, a un esponente dei duchi di Nevers.
Si stavano così
ricreando le premesse per un nuovo scontro in Italia fra le due potenze, Spagna
e Francia, scontro a quel punto ormai divenuto inevitabile e che verrà poi
chiamato "guerra del Monferrato".
Ma in tutto questo che faceva Venezia? Certo la città e la
sua classe dirigente non potevano stare a guardare.
Un momento delicato per il dominio di terraferma
La repubblica veneta
aveva portato i suoi confini occidentali proprio fino al ducato di Mantova e l'idea di
ritrovarsi come vicino di casa un duca spagnolo, non doveva certo essere cosa
tanto gradita al governo ducale (l'eco della recente congiura spagnola di
Bedmar era ancora assai vivo!). La situazione, dunque, non offriva molte
alternative e così Venezia si schierò prontamente e senza esitazioni con il
candidato appoggiato dalla Francia e dal papa, Carlo di Nevers.
Sull'altro fronte, intanto, anche la Spagna aveva racimolato
il suo alleato italiano nella persona del duca di Savoia, Carlo Emanuele, che
già da tempo aveva appuntato la sua attenzione sulle terre del vicino
Monferrato.
Si aggiunsero infine anche gli imperiali e, quando questi
presero a muovere contro Mantova, Venezia non poteva più stare solo a guardare.
Il governo ducale inviò prontamente nella città lombarda
uomini, denaro e rifornimenti arrivando a spendere ben 638.000 ducati! Tutto fu
però inutile. Dopo una durissima sconfitta a Valeggio sul Mincio, Mantova
infatti veniva conquistata e saccheggiata dalle truppe imperiali. Era il 18 luglio del 1630 e nella città che
aveva resistito ad un assedio di dieci mesi, infuriava anche la peste.
La conquista della città da parte dei tedeschi, tuttavia,
durò solo pochi mesi. I francesi infatti, riorganizzati, stavano avanzando
tanto che nel 1631, il 6 aprile, gli imperiali furono costretti a chiedere e
firmare la pace riconoscendo quale nuovo duca di Mantova Carlo di Nevers.
Questi entrava finalmente nella "sua" città, o meglio in quella che
sembrava essere Mantova. Nove mesi di brutale occupazione da parte
dell'esercito tedesco e la violenta pestilenza, avevano ridotto infatti la
città allo spettro di sè stessa.
Come se non bastasse, quando l'esercito imperiale lasciò
finalmente Mantova, portò con sè oltre al bottino anche il terribile morbo
disseminandolo così nell'intera pianura padana. Da qui giunse inesorabile
infine anche in laguna.
Ci mancava pure la peste
Venezia doveva ancora recuperare il sensibile calo
demografico registrato si in occasione dell'ultima pestilenza quando la nuova
ondata portò nella tomba altre 46. 500 vite, senza contare i 35.000 morti delle isole vicine. Venezia si
sarebbe ridotta a soli 102.000 abitanti, il minimo storico dal XV secolo.
Di fronte al dilagare del morbo che sembrava inarrestabile,
la popolazione e le autorità, impotenti, si rivolsero ancora una volta alla
pietà celeste.
Come in precedenza era stata eretta una chiesa (il
Redentore) quale ringraziamento per la fine della peste, ora si erigeva un
nuovo tempio affinché la peste cessasse, un tempio da dedicare alla Vergine e
chiamato significativamente della Salute.
Anche in questa occasione Venezia non badò a spese e volle
per l'impresa uno dei massimi architetti del tempo: Baldassarre Longhena.
La prima pietra venne posta dal doge Nicolò Contarini,
malgrado le gravi condizioni di salute in cui versava da tempo. Era il I° aprile del 1631 quando il doge si recò sul
posto prescelto per l'edificazione del nuovo tempio, proprio all'imboccatura
del Canal Grande sul luogo dell'antico Ospizio della Trinità.
Per Contarini sarebbe stato l'ultimo gesto per la sua città.
Moriva infatti il giorno dopo alle sette del mattino.
Alle casse dello stato la chiesa costò ben 400.000 ducati,
una somma generosamente sborsata nella speranza che il morbo finalmente si
placasse. E coincidenza o fatalità, la peste che fino ad allora aveva infuriato
in laguna, prese a scemare progressivamente per tutta l'estate fino a quando il
28 novembre la città venne ufficialmente dichiarata libera dalla peste.
La costruzione del tempio, che era proseguita
inevitabilmente a rilento, era solo agli inizi. Dovevano passare anzi ancora
molti decenni prima che la chiesa venisse consegnata alla sua città. Ciò avvenne nel 1687. Allora molti di coloro
che ne avevano visto l'inizio non c'erano già più e la terribile pestilenza che
aveva sconvolto la città era ormai poco più di un brutto ricordo.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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