Dal testo di Francesco Zanotto
"Al primo
assalire che fecero i Turchi di quel forte, per lo sterminato lor numero, non
potè resistere il Giuliani; per cui osservando egli irrompere da tutte parti
l'abborrito nemico, pensò sottrarsi, con atto magnanimo, alla servitù
miserabile che lo attendeva; dare uno splendido esempio da imitare a' suoi
compagni in quella guerra; e quindi rapidamente scendendo nella conserva della
polvere di sua mano vi diede fuoco, facendo saltare in aria sè, la propria
moglie, i figliuoli suoi, la fortezza e gli assalitori ad un tempo, sacrando
per cotal guisa sull' altar della patria primo il suo sangue a testimoniar la
sua fede ... ".
ANNO 1645
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nel giugno del 1645
i turchi mettono piede nell'isola,
veneziana dal 1211 e conquistano
il forte di S. Teodoro.
Il suo comandante Biagio Giuliani si
sacrifica con tutta la famiglia ...
LA SCHEDA STORICA
Nel 1645 Venezia era
ancora in guerra con i turchi nella disperata difesa degli ultimi residui di
quello che era stato il suo impero marittimo.
La ripresa delle ostilità, dovuta principalmente alla
sciagurata azione di pirateria dei Cavalieri di Malta, trovava ancora una volta
un'Europa distratta e ben poco disponibile ad un ulteriore impegno bellico
contro gli Ottomani.
A Venezia intanto l'atmosfera andava surriscaldando.
Fremevano i preparativi per la nuova flotta da guerra, un impegno al quale
l'intera popolazione era chiamata a partecipare.
I turchi avevano nel frattempo messo piede a Creta, ma la
flotta cristiana fu costretta per ben due volte a rinunciare al tentativo di
sbarco nell'isola. Alle sfavorevoli condizioni atmosferiche si aggiunsero anche
le ritrosie degli uomini. Le 5 navi pontificie infatti, al comando di Niccolò
Ludovisi, vista la situazione, non trovarono di meglio che fare dietro-front e
abbandonare l'impresa. Venezia doveva contare ancora una volta solo sulle sue
forze.
E così ogni giorno, praticamente, partivano dalla laguna le
navi con i preziosi carichi di rifornimenti e munizioni dirette a Candia, anche
se non solo a quest'ultima era diretta l'attenzione del governo ducale. Nella
loro avanzata infatti i turchi potevano minacciare anche Corfù e la Dalmazia dove vennero inviati
preventivamente dei rinforzi.
Malgrado i ferventi preparativi per lo scontro cruciale,
mancava però alla flotta veneziana un uomo-guida, un comandante dal carisma e
dalle capacità indiscutibili, sia umane che militari.
Senza guida, senza carisma, senza una strategia ...
Diversamente che per il passato, mancava insomma l'uomo
chiave per affrontare al meglio la delicata situazione. Il Senato alla fine fu costretto ad affidare il
gravoso compito all'ottantenne doge Francesco Erizzo. Questi, pur malfermo di
salute e malgrado la veneranda età, accettò l'incarico in uno scatto d'orgoglio
e d'amor patrio. Fu anche però la sua ultima generosa azione per il
"suo" stato. Il 3 gennaio del 1646 infatti scendeva nella tomba.
Il suo cuore, solo il
suo cuore che si era dimostrato così generoso nell'estremo momento, venne
tumulato sotto il pavimento della Basilica di S. Marco, a destra dell'Altar
Maggiore.
Venezia così si trovava senza una valida ed esperta guida
proprio in uno dei suoi momenti critici.
Il nuovo doge, Francesco Molin, infermo per problemi di
gotta, lanciò a quel punto un disperato appello a tutti gli stati,
dall'Inghilterra alla Danimarca, dalla Svezia alla Francia fino a raggiungere
la Polonia e perfino la lontana Persia che, sebbene islamica, era ugualmente
minacciata dall'avanzata turca. Nessuno rispose.
La Serenissima doveva organizzarsi da sola e al più presto.
Come prima cosa si doveva assolutamente arginare l'avanzata
turca nell'isola. Lì, c'era poi da rinforzare nel contempo gli altri punti
fortificati dove organizzare poi gli uomini per tentare la cacciata dei turchi
dalla Canea.
Qualcosa tuttavia non funzionò e questa volta per colpa dei
soli veneziani.
Girolamo Morosini, comandante della flotta inviata quale
soccorso a quella di stanza a Candia, fece del suo meglio per preparare gli
uomini mentre Tommaso Morosini, con le sue navi, bloccava la via dei
rifornimenti ai turchi lungo lo stretto dei Dardanelli. Ma lo sbarramento resse
ben poco e venne infine facilmente superato dal nemico che riuscì anche a raggiungere
indisturbato l'arcipelago della Canea e penetrare nel porto medesimo.
La Serenissima aveva inviato intanto al Provveditore
Generale Andrea Corner un esercito di 2.000 uomini oltre naturalmente a navi,
tecnici militari e rifornimenti. Venne promessa anche una seconda flotta che
però non arrivò mai a destinazione. Forse se anche questa seconda flotta fosse
arrivata in tempo come preventivato, la Canea non sarebbe caduta così
facilmente in mano nemica. Ma questo secondo troncone di navi, all'ultimo momento,
dovette attraccare a Zante con l'ordine di attendere lì anche le altre 25 navi
cristiane inviate da Malta, Papato e Regno di Napoli.
Tutti sembravano ignorare - fuorchè Venezia, naturalmente -,
che le sorti dell'area dipendevano invece proprio' dalla celerità degli
interventi, cosa che puntualmente mancò.
Penetrati così nell'arcipelago il 24 giugno, i turchi
conquistarono poco a poco anche l'isola fortezza di S. Teodoro. Anche se qui ad
attenderli c'era un'imprevista sorpresa.
Il comandante veneziano del forte infatti, Biagio Zuliani,
con i suoi ultimi uomini, solo 75, non aveva nessuna intenzione di cedere senza
prima aver fatto pagare un caro prezzo al nemico. Resosi presto conto di non
poter più resistere ad un nemico superiore negli effettivi di terra e nelle
armi da fuoco, Biagio Zuliani prese così la sua estrema decisione. Aveva solo
due possibilità: o morire barbaramente per mano nemica, e con lui i suoi fedeli
compagni, o morire dando un esempio altissimo di eroismo.
Il comandante non aveva dubbi, scelse la seconda via. Scese
rapidamente nei sotterranei del forte dove venivano custodite le munizioni. Lo
accompagnavano la moglie e i figlioli. A quel punto appiccò fuoco ad una miccia
e nel giro di pochi istanti il forte si trasformò in una micidiale, gigantesca
bomba. La spaventosa esplosione travolse e spezzò la vita non solo di Biagio
Zuliani e dei suoi uomini, ma anche quella di numerosi soldati turchi penetrati
nel forte che divenne una trappola mortale.
Altissimo ed eroico sacrificio quello dello Zuliani, ma del
tutto inutile agli effetti pratici dal momento che il forte e l'isoletta
vennero infine conquistati ugualmente mentre al resto della guarnigione fu
consentito di raggiungere incolume Suda, ancora veneziana, anche se non per
molto ...
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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