Dal testo di Francesco Zanotto
" ... un cotal
Antonio Giaffa, capitano francese al servigio della Repubblica, si portasse un
dì dagli Inquisitori di Stato e ad essi narrasse, se non la trama, almeno i
fondati sospetti che avea di essa, accennando alcune persone; e dopo questo,
che venissero dagli Inquisitori stessi a narrare la cosa medesima due altri, un
Francese per nome de Brambilla, ed uno Olandese nominato Teodoro; i quali
divisando meglio il pericolo, e nominando alquante persone involte nella
congiura, con tali indizi, potè quel magistrato carcerare i sospetti, fra'
quali il francese Renault ed il capitano Lorenzo Brular di Borgogna."
ANNO 1608
ANNO 1608
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Non c'è solo il
papa a complicare la vita
ai veneziani nei primi del Seicento, il grande secolo della dominazione
spagnola in Italia. Proprio la Spagna infatti, per completare il suo mosaico
italiano, punta gli occhi su Venezia ...
LA SCHEDA STORICA - 112
Il XVII secolo non
brillò certo quanto a tranquillità e stabilità. Congiure, assassinii, delitti
eccellenti, intrighi dentro e fuori le corti erano infatti all'ordine del
giorno. Nessuna nazione o stato ne era immune, neppure, naturalmente, Venezia.
Il tentato omicidio dello "scomodo" Sarpi era solo
l'ultimo eclatante segno di una violenza diventata ormai l'unica arma per
risolvere i contrasti o per affermare le proprie ragioni.
Non di morte violenta, ma naturale, moriva intanto il doge
Leonardo Donà, colui che con il fidato Sarpi aveva guidato Venezia nella sua
sfida con Roma.
I suoi tre successori, non lasciarono alcuna traccia
significativa lasciando invece il trono ducale, infine, al nuovo doge Antonio
Priuli. Questi, al momento della nomina,
si trovava però in Dalmazia e lo stato veneziano per un breve periodo restò di
fatto senza il suo massimo rappresentante.
Proprio durante quei giorni, i veneziani una mattina si
trovarono di fronte ad una macabra sorpresa lungo il Molo. Due uomini infatti,
nottetempo erano stati impiccati, mentre all'indomani mattina se ne aggiunse
anche un terzo. Dal governo veneziano non giungeva alcuna spiegazione e le
modalità non erano certo quelle consuete del Consiglio dei Dieci che
preferibilmente agiva in tutta segretezza.
Chi era dunque il destinatario del lugubre messaggio? La risposta che ben presto corse tra le calli
e i canali della città fu univoca. Dietro quei tre cadaveri c'era la Spagna. Ma
perchè mai proprio la Spagna? Fra la cattolicissima nazione e Venezia, per la
verità, non era mai corso buon sangue, e l'espansione spagnola nel corso del
Seicento non poteva che aggravare questa situazione.
Se nel secolo precedente la Francia aveva costituito un
serio baluardo che si contrapponeva allo strapotere spagnolo nella penisola
italiana, con il nuovo secolo le cose mutarono radicalmente.
La Francia aveva infatti praticamente perso ogni dominio in
Italia e sul trono, dopo l'assassinio del re Enrico IV, sedeva un bambino di
appena nove anni, Luigi XIII, sotto la tutela vigile della madre-reggente,
Maria de Medici, decisamente filo-spagnola.
La Spagna, così, dominava indisturbata da Milano al Regno di
Napoli, passando per Firenze, dove il granduca Cosimo era praticamente
controllato dalla potente nazione. Per completare il mosaico italiano, alla
Spagna non restavano che i due "pezzi" del ducato sabaudo e della
repubblica di Venezia e proprio su quest'ultima si concentrarono le pericolose
attenzioni del governo spagnolo.
Non era del tutto immotivato, dunque, il sospetto che dietro
quelle misteriose esecuzioni si nascondesse proprio la Spagna con il suo
evidente scopo di destabilizzare lo stato veneziano, ancora sempre senza il suo
doge. I retroscena del fattaccio, confermarono infatti questo dubbio, svelando
tutta la spregiudicatezza degli spagnoli pur di arrivare alloro scopo:
distruggere definitivamente Venezia.
I registi dell'incredibile quanto temeraria azione, avevano
un volto ed un nome, primo fra tutti quello di don Pedro Tellez Giron duca di
Osma e vicerè di Napoli accanto a quello del marchese di Bedrnar, Alonso de lo
Cueva, ambasciatore spagnolo e vero fulcro di quella centrale cospirativa che
era l'ambasciata spagnola a Venezia.
Uomo coltissimo e raffinato, Bedrnar fu detto "uno
degli spiriti più pericolosi che la Spagna abbia mai prodotto". L'odio
viscerale che provava per Venezia ne faceva una vera e propria serpe in seno
alla repubblica.
Attorno ai due personaggi eccellenti tutta una schiera di
loschi personaggi disposti a tutto e pronti e fedeli esecutori di qualunque
ordine.
Dall'altra parte, non solo l'ignaro governo veneziano, ma
fortunatamente un uomo, il giovane francese Balthasar Juven, da poco approdato
in città per entrare al servizio della repubblica.
Quello degli spagnoli, per dirla in termini moderni, sarebbe
stato un vero e proprio colpo di stato con tanto d'invasione.
Bedrnar avrebbe dovuto qualche settimana prima dell'ora X,
armare un certo numero di spagnoli infiltrati a Venezia, mentre il Vicerè di
Napoli avrebbe spedito le sue navi fino al Lido. Qui sarebbero infatti sbarcate
le prime truppe d'invasione mentre altre si sarebbero insinuate con delle
zattere nella laguna fino alla città.
Lo sbarco? A S. Marco, ovviamente, dove si sarebbe dovuto
occupare il Palazzo e l'Arsenale, fortificando la stessa Piazza.
Iniziava così in un secondo tempo l'epurazione: i nobili veneziani
più in vista dovevano essere uccisi o catturati, per chiedere poi un riscatto.
Venezia insomma, sarebbe diventata niente meno che un principato del Vicerè
spagnolo di Napoli.
Ma la sorte non giocò certo a favore del diabolico piano
spagnolo che venne invece banalmente scoperto e sventato grazie proprio allo
Juven. Questi infatti, venne avvicinato da un suo compatriota per entrare a far
parte del piano. Lo sprovveduto, però, ignorava l'odio che lo Juven provava,
quale ugonotto, nei confronti della cattolica Spagna. Al momento il giovane
francese resse però astutamente il gioco, riuscendo così a conoscere tutti i
dettagli del piano e i nomi degli altri congiurati.
Un paio di giorni dopo, prese con sè il suo
"amico" e si recò inaspettatamente a Palazzo Ducale. Lì fece
letteralmente irruzione nella Sala delle Udienze lasciando in custodia il
sempre più attonito compare. Ricevuta udienza, lo Juven rivelò tutto quello che
sapeva del piano facendo poi entrare il malcapitato congiurato che dopo poco
infatti, per aver salva la vita, confessò e confermò la notizia.
Il Consiglio dei Dieci, non perse certo tempo muovendosi con
quella rapidità ed efficacia che gli
erano proprie. Il "bravo" principale, Jacques Pierre, venne
arrestato, cucito in un sacco e scaraventato in
mare; altri due vennero torturati ed appesi per un piede a capo in giù nella Piazzetta; altri 300
fiancheggiatori di second'ordine sparirono invece a poco a poco nel nulla senza
che di loro si sapesse più nulla.
L'ambasciata spagnola venne perquisita e si rivelò un vero
arsenale di armi di qualunque specie e
grandezza.
E le due menti? Il Vicerè e l'ambasciatore Bedrnar, i due
pesci più grossi, proprio per questo riuscirono ovviamente a cavarsela. A loro
restò solo lo smacco del fallimento e di dover assistere alla durissima e
trionfale reazione del governo veneziano.
La Serenissima era salva ancora una volta!
Fonte:
srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo,
Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume
4, SCRIPTA EDIZIONI
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