Dal testo di Francesco Zanotto
"La nave di Lazzaro Mocenigo, non
potendo ricuperarsi, fu arsa, ed egli, perduto un occhio, ebbe la gloria
d'essere laudato siccome il principale stromento della vittoria. Imbarcatosi, ferito com'era, sopra la nave
capitana di Rodi ornata di ricche insegne e di spoglie nemiche, recò la nuova gioconda alla patria, e
accolto venne con indicibile gioia, essendosi riguardata la ottenuta vittoria
fra le maggiori e più integre, che fossero state giammai riportate sul mare. La
pietà del Senato rese grazie al Signore, e volle, con pubblico decreto, che
ogni anno se ne celebrasse la ricordanza ... "
ANNO 1656
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Incredibilmente
la Serenissima registra contro i turchi un
successo dietro l'altro. Questa volta la flotta veneziana colleziona un altro
successo ai Dardanelli, lo stretto canale che unisce Oriente ed Occidente ...
LA SCHEDA STORICA - 122
Ripercorrendo la
storia del ventennale scontro tra Venezia e i turchi nell'Egeo attorno alla
metà del Seicento, sorprende l'elevato numero di vittorie conseguite proprio
dai veneziani sulle navi nemiche. Non solo. Francesco Morosini aveva anche espugnato le
città di Egina e Valo mentre aveva posto, anche se inutilmente, l'assedio a
Malvasia.
Crescevano per questo le preoccupazioni oltre che la rabbia,
alla corte del sultano a Istambul. Le vittorie veneziane, per quanto ristrette
e circoscritte, dovevano necessariamente finire.
Amurat, il Primo Visir turco, affidò con questo preciso ed
esclusivo scopo il comando della sua flotta a un tal Mustafà. Questi, portatosi
immediatamente con le navi nel fatidico stretto dei Dardanelli, dovette presto
vedersela con le navi veneziane comandate da Lazzaro Mocenigo che, seppur di
numero inferiore, riuscirono anche questa volta a mettere in fuga il nemico.
Uno smacco ancor maggiore di questo veniva subìto dai turchi
poco tempo dopo.
Nel 1655 aveva preso il comando della flotta veneziana
Lorenzo Marcello che, lasciata Candia nel maggio di quell'anno, prese a
muoversi con le sue navi direttamente verso le coste turche.
I turchi, ovviamente, avutane notizia, si prepararono ad
accogliere la flotta del Marcello.
Ben 60 galee e 29 vascelli vennero messi in mare al comando
di Sinan Pascià che diede ordine anche di far disporre delle milizie lungo le
due sponde dello stretto per impedire eventualmente alle navi veneziane di
attraccare. Queste si erano concentrate nel punto più stretto del canale. Le
più avanzate erano quelle di Girolamo Malipiero e di Giovanni Contarini che
fiancheggiavano la capitana comandata da Marco Bembo.
La battaglia per il controllo dello stretto dei
Dardanelli assume un significato simbolico non solo per Venezia ...
All'imboccatura del canale stava invece Barbaro Badoer con 5
galeazze. Il resto della flotta si trovava ancor più spostata ad occidente. Arrivò
finalmente il momento fatidico. Il 26
giugno del 1656 con il vento favorevole da nord Sinan Pascià diede infatti
ordine d'attaccare.
L'impatto fra le due flotte fu durissimo. Le navi veneziane
di Lazzaro Mocenigo riuscirono ad infilarsi fra quelle turche seminandovi il
panico e lo scompiglio. Guadagnate anzi le spalle del nemico, costrinsero i turchi
ad un momentaneo ritiro, che consentì ai veneziani di organizzarsi
ulteriormente ed in modo così efficace da persuadere Pascià ad una ritirata
strategica in un'insenatura dello stretto. I veneziani tuttavia non
desistevano, incalzandolo.
Lo scontro non potè che riprendere violentissimo e quasi
inaspettato dagli stessi turchi che si videro ben presto navi veneziane
dappertutto. Attaccati sui fianchi e frontalmente con le navi del Barbaro che
seminavano scompiglio all'interno della flotta, ai turchi non restò che
ripiegare ulteriormente. La via del ritorno però, era stata nel frattempo
bloccata dalle galee del Mocenigo che si erano anche arenate in una secca. Come
se non bastasse le due flotte si erano ritrovate in uno dei punti più stretti
del canale e molte furono le navi turche che nel caos più totale senza libertà
di manovra, finirono in secca.
Muoiono anche gli ufficiali delle due parti ma i
turchi hanno la peggio e devono battere in ritirata nel caos più totale ...
Dello scontro, intanto e inevitabilmente, non mancarono le
vittime, numerose e anche eccellenti da ambo le parti. Lo stesso Lorenzo
Marcello e Niccolò di Mezzo, infatti, venivano colpiti in pieno da una
cannonata nemica. Per non diffondere il panico fra l'equipaggio ormai esaltato
e impegnatissimo nello scontro, per la sicura vittoria, il suo luogotenente
ricoprì i poveri resti dei due malcapitati.
Intanto Capitan Pascià non trovando via d'uscita alla
disperata situazione, si diede alla fuga portando con sè le ultime 14 galee
rimastegli della sua potente flotta. Tredici erano state catturate dai
veneziani mentre il resto delle imbarcazioni o erano state distrutte o erano
rimaste intrappolate nelle secche del canale.
Ben 5000 schiavi cristiani, inoltre, imbarcati nelle galee
turche trovarono quel giorno l'insperata libertà mentre molte migliaia di
soldati nemici, invece, vi perirono, 300 o forse più quelli veneziani. Intanto,
la nave di Lazzaro Mocenigo non potendo essere recuperata per i gravi danni
subiti venne incendiata.
Il Mocenigo tuttavia in quella clamorosa battaglia non perse
solo la sua nave, ma anche un occhio. Imbarcatosi in quelle condizioni sulla
nave capitana di Rodi, Mocenigo fece così ritorno in patria, dove alla notizia
della incredibile vittoria esplose ovviamente la festa e la gioia. Il senato
veneziano, anzi, decretò che ogni anno venisse ricordata e festeggiata la
storica giornata visitando la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo. Nel giorno della
loro festa infatti, il 30 giugno, era stata combattuta e vinta la battaglia.
Venezia dunque nel 1656 festeggiava una nuova vittoria
contro il nemico turco, ma intanto l'assedio a Candia continuava.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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