Dal testo di Francesco Zanotto
"Non appena seppe il Doge Michieli
queste tumultuanti ed ingiuriose proteste, chiamossene offeso, arse di sdegno;
e siccome uomo ch'era franco, leale, generoso, impuntabile nella data fede,
incapace della viltà la più lieve, deliberò, con atto magnanimo, di far tacere
la maldicenza di quel venturieri. Pertanto ordinò a’ suoi che spogliassero di tutti gli attrezzi le
navi, e quindi li adducessero in sul lido. Caricateli poscia sugli omeri de'
marinai, con essi si avviò al campo de’ crociati ... "
ANNO 1124
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il
disegno di Gatteri
Offeso per i
sospetti che nel campo crociato si avevano sul conto della flotta veneta il
Doge in persona ordina ai suoi marinai di disarmare le navi e di trasportare tutto il materiale
davanti ai principi crociati come atto di suprema dignità e buona fede provocando
stupore e grande ammirazione ...
(Nell’illustrazione
di Giuseppe Gatteri l’episodio leggendario dello stupore dei capi crociati
davanti alla decisione del doge di togliere dalle navi timoni e remi per
dimostrare la buona fede di Venezia)
27 - LA SCHEDA STORICA
Sepolto nella Basilica Marciana il doge Ordelafo Falier
morto combattendo valorosamente contro gli Ungheresi in Dalmazia, il Consiglio
eleggeva il nuovo doge nella persona di Domenico Michiel. Con il nuovo doge si rinnovò l'impegno
militare veneziano in Terra Santa dove le cose per i Cristiani non volgevano
certo per il meglio.
Dopo la conquista di Gerusalemme nel 1099, gli eserciti
crociati erano entrati vittoriosi anche a S. Giovanni d'Acri con l'aiuto della
flotta genovese, a Beirut e a Sidone. La conquista del litorale non era
tuttavia ancora completata. Restavano escluse infatti, le due importanti città
portuali di Tiro ed Ascalona.
Intanto, quella che doveva restare una guerra santa per la
liberazione del Santo Sepolcro, andava assumendo sempre più i caratteri di una
vera e propria guerra di conquista da parte degli irrequieti signori feudali
europei.
Immediata conseguenza di questo mutato spirito, fu la
creazione di veri e propri regni cristiano-crociati in Medio Oriente, spartiti
fra i principali capi crociata. Nacque così il regno di Gerusalemme, il
principato di Galilea e di Antiochia e la contea di Tripoli estesa sulla costa
del Libano consentendo ai Franchi il dominio di tutto il litorale.
Tuttavia la debolezza e la fragilità di questi regni non
tardò a manifestarsi. Le cause erano molteplici. Invidie e contrasti tra gli
stessi crociati, l'odio verso i cristiani delle popolazioni locali, ebree ed
arabe che dovevano subire una dominazione il più delle volte cieca ed
arrogante. C'erano poi gli eserciti arabo e turco che premevano per la
riconquista delle terre perdute ai quali si aggiungevano i Bizantini, traditi
nei patti e nei fatti, che certamente non avevano ben accolto l'instaurarsi di
regnanti franchi nei territori un tempo appartenuti all'impero d'Oriente.
Conquiste instabili
Così, una confluenza di fattori e di circostanze minacciava
le basi già di per sè malsicure di questi regni crociati. Boemondo d'Altavilla, principe di Antiochia,
venne addirittura catturato dai Turchi mentre dagli Arabi nel 1123 veniva
ugualmente catturato il re di Gerusalemme Baldovino di Le Bourg che invano era
accorso in aiuto del principato di Antiochia
In questo delicato e cruciale momento per i crociati,
Venezia vedeva minacciati anche i propri
interessi da poco affermatisi in Terra Santa. E così, nella primavera del 1123
veniva allestita a Venezia una poderosa flotta di 300 galee con 15.000 uomini
di equipaggio che al comando dello stesso doge salpò alla volta di Gerusalemme.
Il Patriarca della città Gormond, accolse le truppe
veneziane e dopo aver celebrato le sacre funzioni, sovraintese al sorteggio
della città verso la quale dovevano dirigersi le navi veneziane. Due erano i
centri ancora da espugnare: Tiro ed
Ascalona. Fatalità volle che la prima città a venir conquistata con l'aiuto
delle navi veneziane, sarebbe stata Tiro.
La città era allora una delle più importanti e popolose
della costa libanese, protetta alle spalle da alte montagne mentre il lato
verso il mare risultava difficilmente accessibile per una costa alta e
rocciosa. Il porto invece, stretto fra
due lunghi moli sporgenti nel mare, risultava eccezionalmente protetto dalle
tempeste. Alle difese naturali si aggiungevano quelle umane, con un triplice
giro di mura ed alte torri di vedetta che facevano della città una vera e
propria rocca inespugnabile.
I Veneziani, giunti in prossimità del porto chiusero
l'accesso con le loro galee tagliando ogni possibilità di comunicazione e di
rifornimento, mentre le altre truppe crociate aggredivano la città da terra. Pare che ben presto, tuttavia, il malcontento
dilagasse fra le truppe terrestri esposte in prima linea nei confronti dei
Veneziani che, si disse, se ne stavano comodamente rinchiusi nelle loro navi.
Avuta notizia di queste voci, il doge Domenico Michiel
adirato ed offeso, avrebbe fatto portare le vele, i timoni e i remi delle sue
navi al campo crociato come pegno e segno che mai i Veneziani se ne sarebbero
andati - e come avrebbero a quel punto potuto farlo? -, fintantoché la città
non sarebbe stata conquistata. In questo modo la flotta restava inoltre in
piena balia dei venti e del mare, un pericolo in più che andava ad aggiungersi
a quello della flotta nemica. "Comuni devono essere il pericolo e i
travagli" avrebbe esclamato il doge ai crociati dando così coraggiosa
prova della lealtà dei propri uomini.
L'episodio, del tutto leggendario, ebbe una tale risonanza
da venir rappresentato in un quadro posto nella sala dello Scrutinio - una
sorta di Tempio della Fama - in Palazzo Ducale dove il valoroso doge resta
l'unico ad aver avuto il privilegio di venir rappresentato in ben tre opere di
altrettanti pittori, tanta era la fama che aveva acquistato in quell'impresa.
La città di Tiro, infatti, leggendaria per essere una città
inespugnabile, venne conquistata proprio grazie all'intervento della flotta
veneziana magistralmente guidata dal suo doge Domenico Michiel. Il successo
per Venezia e per il suo duca non poteva essere più grande.
Conclusa vittoriosamente l'impresa, nel viaggio di ritorno
in patria, i Veneziani portarono con sè non solo fama e gloria, ma anche
vantaggi commerciali e numerose reliquie. Il corpo di S. Donato, in particolare, venne
trafugato a Cefalonia e portato a Murano dove venne deposto nella chiesa ancora
oggi a lui dedicata.
Due anni dopo il suo rientro e dopo un felice e glorioso
dogato durato undici anni, Domenico Michiel si dimise dall'alta carica per
ritirarsi nel monastero di S. Giorgio dove poco tempo dopo veniva sepolto.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani,
Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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