Dal testo di Francesco Zanotto
" ... e siccome
prevalea l'opinione di smantellare le mura (. .. ) Rainieri Dandolo con tutta
la forza di sua maschia eloquenza si oppose (. .. ). Queste ragioni parvero
suadere il Senato. Se non che vedendo il Dandolo tentennare le opinioni a
motivo che grave ostacolo era la economia ristretta dell'erario; sorse ad un
tratto, e spinto dall'amor di patria,
magnanimamente s'offerse di mantenere coll'oro suo proprio i castelli e le
piazze; munir queste di guarnigioni e ripararne le mura. Fu laudata, non
accettata l'offerta; chè non volle
saggiamente il Senato ... "
ANNO 1207
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Per permettere il pagamento del soldo alle guarnigioni
dell'isola di Creta e i lavori di restauro delle mura e delle
fortificazioni Ranieri Dandolo giunge ad offrire il suo denaro allo Stato
veneziano affinchè possa garantire la difesa dell'importante baluardo ...
34 - LA SCHEDA STORICA
Con la strage e con uno dei più brutali saccheggi che la
storia ricordi, i veneziani e l'esercito franco-crociato erano riusciti dunque
a conquistare Costantinopoli.
Si apriva ora l'ardua e difficile impresa di organizzare il
nuovo Impero Latino d'Oriente nato quale immediata conseguenza della conquista
della città. Questa portò infatti con sé anche i vasti territori un tempo
appartenuti all'Impero bizantino. Le
varie spettanze erano già state stabilite prima della conquista vera e propria,
nel mese di marzo del 1204 con la sottoscrizione da parte dei partecipanti
all'impresa, di un patto. Le varie discordie scoppiate in Terra Santa dopo la
sua conquista fra i crociati avevano dimostrato tutta l'utilità e la
convenienza di chiarire preventivamente l'eventuale spartizione territoriale.
La "Partitio Romaniae", in poche parole la
spartizione dell'Impero Romano d'Oriente, assegnava così al nuovo imperatore di
Costantinopoli un quarto di tutti i territori, la capitale ed il suo entroterra
con in più le coste della Turchia e le grandi i sole dell'Egeo.
Al marchese Bonifacio di Monferrato andavano invece il regno
di Tessalonica, Atene, l'Attica, la Beozia e l'Argolide (penisola greca).
Ai baroni crociati, infine, la Tessaglia, parte della
Macedonia e la Tracia.
E i veneziani? I veneziani, naturalmente, non mancarono di
far pesare la loro decisiva presenza nell'impresa ispirata e voluta
primariamente dal loro doge Enrico Dandolo. Senza le sue navi e la sua
determinazione, la conquista di Costantinopoli sarebbe rimasta infatti un mero
sogno. E così, forti della loro posizione e del loro peso, i Veneziani nei
patti di marzo riuscirono a garantirsi le più importanti basi e città costiere
nel tragitto da Venezia a Costantinopoli ed oltre, assicurandosi un tragitto
esclusivo e preferenziale nei traffici commerciali da e per la capitale.
L'Epiro, le isole Ionie, l'Etolia, gran parte del Peloponneso, le isole di
Egina e Salamina dirimpetto ad Atene, le isole Cicladi, la penisola di
Gallipoli con Lampasco ai Dardanelli e per finire la provincia di Adrianopoli
fino al Mar di Marmara.
A tutto questo si aggiunsero le importanti isole di Durazzo
e Corfù oltre a Creta con i due porti di Modone e Corone, gli "occhi della
Serenissima" nella Morea. Data la loro particolare importanza dovuta ad
una posizione strategica, questi ultimi resteranno gli unici possedimenti posti
sotto la diretta autorità del governo veneziano e del suo doge, che si poteva
ora fregiare del curioso titolo di "podestà e despota dell'Impero di
Romania e dominatore della quarta parte e mezza dell'Impero".
Conclusa e successivamente realizzata la spartizione,
restava ai veneziani ed ai crociati la difficile impresa di gestire ed
amministrare questi vasti territori geograficamente lontani dalla madre patria
ed amministrativamente precari e malsicuri data la naturale diffidenza, quando
non si trattava di un vero e proprio odio, delle popolazioni locali.
Ma a minacciare la riuscita dell'operazione non c'erano
soltanto questi fattori. I nemici si annidavano infatti anche in Occidente e si
chiamavano Genova e Pisa. Le due città avevano avuto fino al fatidico 1204
importanti mercati e quartieri a Costantinopoli dove gli attriti con i
veneziani non erano mai mancati.
Le due città marinare non potevano certo sopportare ora, che
la loro storica concorrente mettesse le mani sulla città diventandone l'unica
padrona. Timori più che legittimi dato che dopo la conquista tanto i pisani
quanto i genovesi si videro esclusi dal commercio dell'area mediorientale ora
monopolio dei veneziani. Per Pisa e Genova era veramente una situazione
insostenibile ed inaccettabile che ben presto sarebbe infatti esplosa
emblematicamente in una delle isole più strategicamente importanti: Creta.
L'isola non rientrava fra i territori spettanti a Venezia
sulla base dei patti del marzo del 1204. Creta invece venne letteralmente
acquistata a suon di quattrini dai veneziani il 12 agosto di quello stesso
anno. In quell'occasione il governo veneziano versò 1000 marche d'argento al
marchese Bonifacio di Monferrato che a sua volta aveva ricevuto l'isola
dall'imperatore Alessio IV quale compenso per il sostegno fornitogli nel
recupero del trono.
Benché nominalmente dei veneziani tuttavia, ben più
difficili si presentavano la conquista e la gestione dell'isola nella realtà.
Nel 1206 infatti, un corsaro genovese, tal Enrico Pescatore dopo essersi
autonominato conte di Malta, era sbarcato a Creta riuscendo ad occuparvi
numerose roccaforti lungo le coste.
Installatosi nel centro e nella parte orientale dell'isola,
il conte genovese riuscì a respingere una prima spedizione dei veneziani che
tentavano di affermare anche concretamente il proprio diritto nominale
sull'isola. Una seconda spedizione guidata da Ranieri Dandolo, figlio
dell'ormai mitico doge Enrico, riuscì a recuperare le due importanti roccaforti
di Corone e Morone senza tuttavia riuscire a piegare completamente la
resistenza del Pescatore appoggiato dalle stesse popolazioni locali.
A Venezia intanto si discuteva come risolvere
definitivamente la questione con una prevalenza tra i membri del Senato, di chi
voleva abbattere tutte le difese e smantellare le mura dell'isola in modo da
togliere ai ribelli ogni possibilità di resistenza. A questa proposta si oppose
invece energicamente Ranieri, nel frattempo rientrato da Creta. Lasciare
l'isola sguarnita di difese, voleva dire offrire una facile preda ai nemici
esterni. Se le spese, poi, per sostenere le difese e le guarnigioni erano
troppo pesanti da sostenere per l'erario della repubblica, le avrebbe sostenute
lui stesso pagandole di tasca propria.
Pur riconoscendo la generosità del gesto e l'opportunità di
non sguarnire l'isola delle sue difese, il Senato si dimostrò tuttavia
riluttante ad accettare che una sola persona riunisse nelle proprie mani e
dietro pagamento, tanto potere sulla strategica isola.
In segno di fiducia allora, pur rifiutando l'offerta del
Ranieri, il Senato veneziano gli conferì il comando di una nuova flotta che
salpò verso l'isola nel 1207. Nell'agosto di quello stesso anno Ranieri con le
sue navi riuscì a conquistare la fortezza dell'isola salvo tuttavia, riperderla
poco dopo.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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