Dal testo di Francesco Zanotto
"Alla vista della veneta flotta, impaurì
Murcimiro re dei Croati, e cercò invano la pace; chè il Doge affrontava l'oste avversa per sì
fatto modo che tutto il navile di lei cadeva in sue mani. Per la qual cosa
spontanee si diedero a lui le isole di Lunga, di Coronata, di Levigrad, di Belgrado, ed altre
molte di cui è sparso quel mare. In Traù venne ossequiato da Suringa, fratello
del re Murcimiro, il quale implorò dall'Orseolo, assistenza e protezione contro
il feroce parente, che espulso lo aveva dal regno ... "
ANNO 997
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Il figlio di
Orseolo I, finito in convento, si dimostra abile uomo di Stato e conquista a Venezia tutto il
litorale dalmata ponendo fine nell'anno
997 alle incursioni dei
Croati e assoggettando quelle terre dall'lstria fino a Ragusa,
per questo motivo fu denominato Doge di Venezia e della Dalmazia ...
(Nell’illustrazione di Giuseppe Gatteri,
Suringa, il fratello del re croato Murcimiro, che lo aveva espulso dal regno,
chiede protezione al doge)
21 - LA SCHEDA STORICA
Il 2 settembre del 978 " ... fu giorno di gran terrore
per Venezia nessuno trovando nè vedendo il doge Pietro Orseolo ... ". Il terrore non doveva essere solo del popolo che " ... lo amava assai essendo egli un
vero padre dei poveri", ma anche
degli stessi suoi nemici che improvvisamente perdevano le tracce del loro
avversario.
E così venne celermente innalzato al trono ducale il nuovo
doge nella persona di Vitale Candiano, fratello del più tristemente famoso doge
Pietro IV Candiano. Breve vita doveva
avere il suo dogato dato che ad appena un anno dalla sua elezione, Vitale
moriva dopo essersi da pochi giorni ritirato nel monastero di S. Ilario.
Gli successe un certo Tribuno Memmo - questi aveva sposato
una figlia del doge Pietro IV Candiano
-, che riuscì a reggere il governo veneziano per circa dieci anni malgrado le
fonti lo dicano uomo di scarsa abilità politica ed amministrativa. Memmo, in
ogni caso, dimostrò presto la sua scelta di campo, scegliendo di appoggiare la
parte avversa agli Orseolo ed al loro partito che ancora soffriva la perdita
del pio Pietro I. E a Venezia tornò così
a scorrere il sangue quando i Morosini, imparentati con gli Orseolo, si
scontrarono con i Caloprini, filo-imperiali e vecchi fautori dei Candiano.
A farne le spese fu un giovane rampollo della famiglia Morosini sorpreso e trucidato
dalla parte avversa sulla piazza del mercato di Olivolo. Inevitabile la vendetta e a questa, altra
vendetta, facendo ripiombare Venezia in un'atmosfera cupa e violenta dove il
nuovo doge si trovava invischiato ora come parteggiatore, ma sempre più spesso
come incapace mediatore tra le opposte fazioni. Un'improvvisa malattia del
doge, poi, non fece altro che accelerare i tempi della sua inevitabile
deposizione.
La nuova vacanza ducale, dava intanto nuovamente fiato al
partito degli Orseolo che riuscirono infatti a portare sul trono Pietro II,
figlio trentenne del precedente doge di ugual nome.
Era il 991 e si apriva per Venezia un lungo periodo di pace
interna grazie alle indubbie capacità politiche del nuovo doge.
Grazie alla tregua instaurata tra le diverse fazioni, il
doge riuscì a procurare a Venezia una lunga e duratura pace di cui tutti, ormai
sentivano un gran bisogno. Pacificata
all'interno, la città poteva ora guardare lontano, oltre i suoi angusti
confini.
Non appena salito al trono, Pietro inviò degli ambasciatori
a Bisanzio dal cui imperatore ottenne franchigie e vantaggi commerciali per i
commercianti veneziani operanti entro i confini dell'Impero d'Oriente. In
cambio l'Imperatore greco si era fatto promettere dai Veneti la loro
disponibilità ad intervenire contro l'Imperatore d'Occidente in caso di
bisogno. Tuttavia questo gravoso e pericoloso impegno non trovò mai attuazione
dato che Pietro II entrò sin dall'inizio del suo dogato in amichevoli trattative
con l'imperatore Ottone III.
Dopo i due imperatori, Pietro II trattò e strinse patti commerciali con i Saraceni, con i Signori di Cordova e di Siria ed infine con i Sultani del Magreb. Una simile politica di alleanze, si tradusse presto per Venezia in un generale incremento della sua potenza e della sua ricchezza. La forza che ne derivava portò infine il doge a decretare che le navi veneziane non avrebbero più pagato il tributo per essere protette contro i pirati, agli Slavi meridionali.
Dopo i due imperatori, Pietro II trattò e strinse patti commerciali con i Saraceni, con i Signori di Cordova e di Siria ed infine con i Sultani del Magreb. Una simile politica di alleanze, si tradusse presto per Venezia in un generale incremento della sua potenza e della sua ricchezza. La forza che ne derivava portò infine il doge a decretare che le navi veneziane non avrebbero più pagato il tributo per essere protette contro i pirati, agli Slavi meridionali.
Il clima
effettivamente, nell'alto Adriatico, si faceva sempre più pesante a causa anche
delle continue devastanti irruzioni dei Croati in Dalmazia. Allora, solo la
città di Zara rispondeva alla signoria veneziana, ma le tragiche condizioni
delle altre città dalmate attaccate dai Croati e Narentani, indusse le stesse a
chiedere in coro l'aiuto del doge in cambio della loro sottomissione.
Nella primavera del 998 iniziarono così i preparativi della
potente flotta che era pronta a salpare il 28 maggio dello stesso anno, giorno
dell'Ascensione. La partenza venne
consacrata, non solo dalla corte bizantina, ma anche dal vescovo della città in
una solenne cerimonia tenutasi nella Cattedrale di Olivolo alla presenza di
tutto il popolo, del clero, dell'esercito. Il vescovo consegnò poi al doge, il
vessillo di S. Marco, la bandiera della futura vittoria e simbolo della città.
La flotta di 35 navi era pronta a salpare. Dopo una breva
sosta al porto di Jesolo, le navi veneziane alla guida del loro doge, toccarono
i centri di Grado, Parenzo e Pola dove i Veneziani vennero accolti e salutati
con grande benevolenza e magnificenza da parte del popolo e clero locali. Fu la
volta, poi, di Ossero, in Istria, i cui abitanti giurarono fedeltà al doge. Ugualmente
accadde a Zara che rinnovò invece la sua sudditanza. A sud di Zara, le navi
veneziane iniziarono poi ad infiltrarsi in territorio propriamente slavo.
Quando il re Croato si avvide che la spedizione veneziana
puntava proprio contro di lui, tentò di fermare i Veneti attraverso vie
diplomatiche con l'invio al doge di due ambasciatori che vennero tuttavia
frettolosamente rispediti indietro da Pietro che continuò imperterrito nelle
sue conquiste. Spontaneamente si
consegnarono poi, alle forze veneziane le isole di Lunga, Coronata, Levigrad e
di Belgrado (Zara vecchia). Giunto il doge nella città di Trau, Suringa,
fratello del re croato ed espulso da questi dal regno, chiese aiuto al doge
consegnandosi spontaneamente nelle sue mani. Il doge, addirittura, suggellò
questo gesto di sottomissione con il matrimonio di una delle sue figlie con il
giovane figlio del croato Suringa.
Due sole isole, abitate quasi esclusivamente da Slavi,
tentarono di opporsi con la forza alla dilagante avanzata del Signore
veneziano: Curzola e l'isola di Lagosta. Attaccate dalle truppe venete, le
isole vennero ugualmente conquistate e le loro roccaforti distrutte.
La vittoria per Pietro II Orseolo, non poteva essere più
grande e spettacolare. Durante il viaggio di ritorno a Venezia, nella città di
Spalato, il doge riceveva, a coronamento dell'impresa, l'omaggio di sudditanza
di tutta la Dalmazia, dall'Istria a Ragusa. Da allora il doge si sarebbe
avvalso del titolo di "doge di Venezia e della Dalmazia".
La vittoria venne da
quel giorno celebrata e ricordata con la cerimonia del simbolico sposalizio del
doge col mare che ancora oggi ogni anno si rinnova nel giorno dell'Ascensione,
quando le navi capeggiate da Pietro II Orseolo, salparono verso nuove e
fortunate conquiste.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
Nessun commento:
Posta un commento