Dal testo di Francesco Zanotto
"Di costui
non altro sappiamo senonchè egli ebbe in massimo grado i vizii tutti dei
tiranni. Capo di parte vinse, cogliendo
le occasioni favorevoli, colle forze di quella una fazione lungamente aborrita;
vero ed abietto fazioso, levatosi sull'assassinio del principe suo, esercitò crudelmente ed
insolentemente un potere indegno della vile anima sua, massime per averlo
ottenuto non senza contrasto, secondo nota lo storico Giustiniani ... "
ANNO 750
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Dopo gravi scontri fratricidi un certo Galla di
Equilio riesce con un colpo di mano a impadronirsi del potere. Ma i
soprusi che egli
commette lo rendono inviso alla popolazione che, ribellatasi, lo tratta allo
stesso modo con cui egli eliminava gli avversari politici ...
8 – LA
SCHEDA STORICA
Un tragico destino tuttavia, attendeva il doge al suo
rientro in patria. I disordini scatenatisi a seguito dell'editto imperiale
contro il culto delle immagini sacre e il conseguente indebolirsi della potenza
bizantina, avevano riacceso gli animi anche dei Veneziani. In aperto scontro erano ormai le due opposte
fazioni di coloro che si dichiaravano ancora fedeli all'Impero di Bisanzio e di
quelli che invece operavano per una sempre maggiore autonomia, anche politica,
dalla lontana capitale.
Con l'uccisione nel 737 del doge Orso la situazione politica
nelle isole mutò profondamente. Il dogato infatti, venne addirittura abolito e
venne sostituito da una carica, il "magister militum" della durata di
un solo anno. Si trattava di una vera e propria svolta "militarista",
un giro di vite alle tendenze autonomiste che andavano a prendere piede nella
laguna. Oscure restano tuttavia, le
reali ragioni che portarono i Veneziani, dopo un dogato relativamente lungo, a
deporre e brutalmente assassinare il doge Orso. Certo la situazione nelle isole
attorno alla metà dell'VIII secolo non doveva essere delle più tranquille. Che
alla morte di Orso subentrasse la carica del magister militum è in sè
significativo ma al tempo stesso estremamente problematico.
I cinque magister militum che si succedettero nella
carica tra il 737 e il 742, erano tutti personaggi della più alta aristocrazia
locale, ma al tempo stesso rappresentanti della stessa amministrazione
esarcale-bizantina. Felix "Corniculario", Iubianus Ipato (console), Deodato,
figlio del doge trucidato e a sua volta il probabile promotore dell'assassinio
dell'ultimo magister Giovanni Fabriciaco.
La doppia natura di questi "magister militum",
esponenti cioè della locale nobiltà e rappresentanti dell'amministrazione bizantina
nella laguna, si presta effettivamente a due opposte interpretazioni. In un
caso rappresenterebbe infatti un ulteriore segno del processo autonomistico
portato avanti dall'aristocrazia veneziana, intollerante al dominio di un unico
"doge" ancora così visibilmente legato all'imperatore come Orso.
Viceversa, come esponenti dell'autorità esarcale, l'ascesa
di questi magister militum in sostituzione del dogato, potrebbe invece
rispondere all'esigenza di dare un governo forte, militare per l'appunto, alle
isole veneziane rimaste ormai con altre pochissime zone dell'area sotto il
dominio bizantino, che andava inesorabilmente riducendosi a causa dell'avanzata
longobarda. Un estremo tentativo, dunque, di rafforzare la presenza imperiale
nelle isole cercando di assicurarsi in questo modo la lealtà e il controllo più
stretti dei Veneziani.
Il ritorno del duca (doge), del resto, si realizzò con il
beneplacito dell'imperatore bizantino che mise fine all'esperienza transitoria
e di emergenza dei magister militum. Appena
cinque anni dopo, infatti, e precisamente nel 742, veniva eletto quale nuovo
doge proprio Deodato che fu probabilmente il primo vero doge eletto
autonomamente dagli abitanti delle isole malgrado l'approvazione imperiale. Gli
equilibri erano evidentemente ancora una volta cambiati.
In quello stesso anno, non a caso, il re longobardo
Liutprando si preparava ad infliggere all'Esarcato di Ravenna l'ultimo e
definitivo colpo di grazia. Non è da escludere che, allo scopo, Liutprando
abbia appoggiato in qualche modo l'elezione del nuovo doge affinché a Venezia
ritornasse a prevalere la parte anti-bizantina. Con Deodato, il cui padre aveva già stipulato
con i Longobardi dei trattati di alleanza, Liutprando si era così coperto le
spalle a nord potendo concentrarsi tranquillamente su Ravenna che attaccata,
invano attese questa volta l'aiuto dei veneziani.
A Venezia veniva dunque ristabilito il dogato, forse con il
tacito appoggio dei Longobardi e ad onta dei Bizantini e della loro
"pars". All'imperatore
d'Oriente a questo punto, non restò che accettare il dato di fatto. Per non
perdere però del tutto la faccia e l'influenza, sempre più esclusivamente
formale sull'area veneziana, si affrettò a nominare il nuovo doge Deodato,
"Ipato", ossia console imperiale. L'inutilità di tale nomina doveva
tuttavia dimostrarsi in tutta la sua evidenza da lì a poco tempo quando il doge
non esitò a trasferire nello stesso anno della sua elezione, la sede politica
da Eraclea a Malamocco. Eraclea, che verrà abbandonata e successivamente
distrutta, era infatti da sempre la sede di un potente partito filo-greco e non
a caso il centro dove inizialmente si decidevano le sorti politiche dell'intera
area. Spostando la sede politica da Eraclea a Malamocco, più sicura anche da un
punto di vista geografico e già dotata di un importante scalo portuale, Deodato
lanciava a Bisanzio un chiaro, inequivocabile segnale.
Del resto l'Esarcato, e quindi l'ultima, diretta espressione
del potere bizantino in Italia, era crollato definitivamente per mano
longobarda aprendo nuove prospettive non solo per l'area veneziana, ma in tutta
la penisola. Per quanto riguarda la prima, non c'è dubbio che la fine del
dominio bizantino in Italia, favorì ed accelerò il processo autonomistico delle
isole lagunari trovate si improvvisamente senza il diretto e tradizionale
referente politico, amministrativo e militare.
Per più di dieci anni Deodato resse il dogato, fino a quando
cioè all'orizzonte europeo non fece la sua comparsa un nuovo popolo che avrebbe
posto fine al regno Longobardo in Italia e indirettamente, forse, al dogato di
Deodato. Il nuovo popolo era quello dei Franchi. Chiamati nella penisola dal
pontefice - preoccupato per l'inarrestabile avanzata dei Longobardi verso Roma
- e guidati dal loro re Pipino, i Franchi sconfissero in una dura battaglia i
Longobardi di Astolfo. Era il 755 e in quello stesso anno Deodato, non certo
casualmente, veniva deposto e brutalmente accecato da un certo Galla, acclamato
quale nuovo doge.
Evidentemente, l'indebolirsi del potere longobardo nella
penisola aveva fatto apparire anche Deodato più debole agli occhi dei suoi
nemici ed oppositori che non mancarono di approfittarne. Vero e proprio
campione di vizi - così le fonti parlano di Galla -, il nuovo doge non doveva
tuttavia contare su di una larga base di consenso. Ad appena un anno dalla sua
elezione infatti, il popolo insorgeva nuovamente contro il suo doge ritenuto
più che altro un usurpatore, accecandolo e condannandolo ad un definitivo
esilio.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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