lunedì 25 maggio 2015

STORIA VENETA: 31 - DANDOLO CONQUISTA COSTANTINOPOLI. DOPO ZARA ANCHE L'IMPERO D'ORIENTE



Dal testo di Francesco Zanotto
  

"Nel fervor della pugna il doge venerando, armato di tutto punto stava sul ponte della sua galea, con in pugno il vessillo di San Marco, e da colà eccitava i suoi alla vittoria, ed or pregava ed or minacciava i remiganti, volendo che il portassero a terra. Ed essi se lo presero in collo recandolo in sulla spiaggia. In quel punto tutte le navi, come fossero una sola, si avvicinano al lido, gettano i loro ponti sui ripari della città; i combattenti si contendono l'aria, più che il terreno, petto a petto, colle lancie e colle spade ... "


ANNO 1203


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Per Venezia la Quarta Crociata si rivela una vera manna: dopo la riconquista della città dalmata è la volta della capitale di quello che resta di un grande impero.  Il  Doge Dandolo segue con efficacia gli attacchi delle truppe  di terra alleate e di quelle montate sui navigli della repubblica. Naturalmente l'esito è scontato, troppo impari il rapporto di forze ...


31 - LA SCHEDA STORICA


 All'inizio del 1203 giunse a Zara dove si trovavano i crociati, una lettera per il marchese Bonifacio di Monferrato. La lettera era firmata dal re di Germania Filippo di Svevia, figlio del Barbarossa e fratello del defunto imperatore Enrico VI. A queste relazioni parentali che facevano di Filippo uno degli aspiranti al trono imperiale, si aggiungeva il fatto di essere anche il genero del deposto imperatore bizantino Isacco il cui figlio Alessio, fuggito dalle prigioni costantinopolitane, aveva trovato naturale rifugio proprio presso la corte di Filippo. Da qui partiva dunque la lettera diretta ai crociati.
Nella missiva Alessio prometteva l'impegno militare bizantino nella riconquista della Terra Santa se i crociati lo avessero aiutato a riconquistare il trono per sè e per suo padre, cacciando lo zio usurpatore Alessio III. Per avere poi anche il consenso del papa, Alessio prometteva che, una volta sul trono, avrebbe sancito l'unificazione delle due chiese, d'Oriente e d'Occidente, divise a seguito dello scisma del 1054, con il riconoscimento della supremazia del pontefice romano.
Quando la proposta venne resa nota al vecchio doge dal marchese Bonifacio, questi sfondava praticamente una porta aperta. Già da anni i rapporti con Bisanzio infatti, si erano incrinati e deteriorati ed il nuovo imperatore-usurpatore aveva frapposto non poche difficoltà per il rinnovo delle concessioni commerciali ai Veneziani.
Riportare sul trono un imperatore che si legava in questo modo a filo doppio all'Occidente, significava per Venezia recuperare il monopolio nei mercati orientali. Non tutti si dimostrarono entusiasti della nuova proposta, e se ne andarono, ma la maggioranza si lasciò abbagliare dall'idea di una Cristianità finalmente riunita e dalla paventata possibilità di rafforzare militarmente la crociata.
Il pontefice stesso non poteva non lasciarsi sedurre da una simile prospettiva e malgrado la scomunica che ancora pendeva sui Veneziani per la guerra contro Zara, fece arrivare infine il seppur non entusiastico "ni" del legato pontificio all'impresa. In fondo i Bizantini in quanto scismatici, non potevano che ritenersi alla stregua degli infedeli musulmani.
E così, i primi di maggio, la flotta salpò da Zara alla volta di Costantinopoli portando con sè l'imperatore Alessio IV.  Il 24 di quello stesso mese le navi crociato-veneziane, giungevano in vista della città. Era una giornata limpida e ventilata, così narrano le fonti, vigilia di Pentecoste, quando le navi, le galee, i vascelli e le navi dei mercanti che le seguivano, piegarono le vele davanti ad uno spettacolo strabiliante.
Una cinta di altissime mura e di robusti bastioni cingeva il cuore di una delle più belle e ricche città d'Oriente. Sulle alte mura, intanto si andavano radunando gli abitanti, attoniti di fronte a tanto spiegamento di forze di cui, evidentemente sfuggiva il segreto intento, tant'è che neppure l'usurpatore Alessio III aveva approntato una qualche difesa. Anche i primi, non convinti tentativi di fermare i crociati presso Calcedonia e Galata, erano miseramente falliti ed il dispositivo di apertura e chiusura dell'imbocco del Bosforo era caduto in mano crociata.
Alla notizia dell'avanzata i Bizantini si resero improvvisamente conto del pericolo che incombeva sulla loro città, una città che per novecento anni non era mai caduta in mano nemica. Per allestire un'efficace difesa era tuttavia ormai troppo tardi. Il mattino del 17 luglio del 1203, Bisanzio veniva assalita contemporaneamente da terra e dal mare. Inizialmente l'esercito franco venne respinto dai contingenti danesi ed inglesi che da almeno due secoli costituivano il corpo speciale della guardia imperiale. Furono i Veneziani con il loro deciso e decisivo intervento dal mare a ribaltare le sorti della spedizione. I Veneziani certo, ma specialmente il vecchio quanto coraggioso doge Enrico Dandolo.
I marinai veneziani erano infatti alquanto riluttanti ad arrivare sino alla riva e ad effettuare lo sbarco che avrebbe implicato uno scontro corpo a corpo coi Bizantini.
Allora, l'anziano doge  " ... salì ritto sulla prua della sua galea armato di tutto punto e con il vessillo di S. Marco davanti a sè gridando ai suoi uomini di portare le navi sulla riva se avevano cara la vita ... ".  E così fu.
Dopo poche ore, nel bel mezzo della battaglia, il doge poteva informare i suoi alleati franchi che ben 25 torri delle mura erano già state conquistate grazie anche a delle ingegnose piattaforme pensili costruite tra i pennoni delle navi che portavano gli uomini alla medesima altezza delle mura così più facilmente abbordabili. L'attacco, intanto, veniva coperto da un fuoco di frecce e di pietre.
La città dopo un brevissimo assedio, veniva così conquistata. Alessio III, l'usurpatore era nel frattempo ignobilmente fuggito dal Palazzo imperiale e dalla città. Sul trono di Costantinopoli, come dai patti sottoscritti, saliva il giovane Alessio IV e ritornava con lui anche il vecchio Isacco mentre l'unione delle due chiese veniva solennemente proclamata.
Agli eserciti crociati venne chiesta dal giovane imperatore di svernare a Costantinopoli mentre garantiva il suo aiuto per la conquista della Terra Santa. Una tappa così lunga non rientrava certo nei piani dei Veneziani e tanto meno dei crociati.
Le spese per il mantenimento di una flotta e di un esercito inattivi sarebbe stata senz'altro eccessiva, ma evidentemente l'imperatore aveva bisogno della loro presenza. Ripristinato sul trono dai Latini, non doveva certo essere molto amato dalla sua gente dal momento che questo suo gesto aveva portato un esercito, mal tollerato e sentito come straniero, nel cuore dell'impero.
Alla fine i crociati decisero di restare. Più che i crociati, probabilmente, furono i Veneziani a prendere una tale decisione. Una decisione che, se per il momento si dimostrava indispensabile all'imperatore per consolidare la sua posizione, doveva ben presto dimostrarsi un tragico, fatale errore per sé e per il suo Impero.



Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  1, SCRIPTA EDIZION



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