venerdì 11 aprile 2014

DUE VESCOVI CASSINESI

Giovanni Morosini, vescovo di Verona dal 1772 al 1789, fece parte della compagnia del Santissimo nel 1780. Opera di Saverio Dalla Rosa realizzata nel 1785



VOLUME  II -  EPOCA  IV -  CAPO XX


SOMMARIO. - Nicolò Antonio Giustiniani - Decreto per il clero - Capitolo - Visite pastorali - Coronazione della Madonna del Popolo - Il mese di Maggio - Giovanni Morosini - Visite - Giubileo - Sinodo Diocesano - Seminario - Salone dei vescovi - Biblioteca Capitolare - Una pastorale servile - L'assenza del vescovo nella venuta di Pio VI - Malattia e morte del Morosini - Morte ed iscrlzione del card. Colonna Panfili - S. Benedetto G. Labre a Verona.


Nella seconda parte del secolo XVIII la chiesa veronese ebbe due vescovi, che erano stati monaci benedettini  cassine si nel cenobio di S. Giustina in Padova; e sono:
119° Nicolò Antonio Giustiniani (1759 - 1772): 1
20° Giovanni Morosini (1772 - 1789):
altri due cassinesi ressero la chiesa nostra nel secolo seguente: Innocenza Liruti ed Aurelio Mutti.

Nicolò Antonio Giustinisni dalla chiesa di Torcello fu trasferito a quella di Verona il12 febbraio 1759, e vi fece il suo solenne ingresso nel giorno 10 maggio dell'anno seguente.
Il nome di lui restò celebre a Verona per il suo zelo pastorale per l'eloquenza dei suoi sermoni, per il suo cuore caritatevole. Depone poco bene sulla condotta del nostro clero un decreto emanato dal vescovo Giustiniani dopo circa tre mesi dalla sua venuta, il giorno 29 agosto 1760; col quale proibiva che nessuno dei suoi sacerdoti e chierici « vada alle comedie, o vesta in alcun tempo con abito di colore o con cappello che non sia a norma delle sacre costituzioni; e ciò sotto pena della sospensione a divinis ed altre pene ad arbitrio. »(1).

Nell'anno 1762, essendo morto l'arcivescovo di Udine Daniele Dolfin, al quale precariamente erano soggetti il capitolo della cattedrale ed il monastero degli Olivetani di S. Maria in Organo, con Notificazione del 13 aprile promulgò l'assoggettamento del capitolo e di quel monastero alla giurisdizione del vescovo di Verona, in conformità della bolla di Benedetto XIV Regis pacifici e delle sanzioni della Repubblica.

Ad intervalli visitò più volte le chiese e monasteri della città e della diocesi. Nelle sue visite ricercava minuziosamente sulla condotta dei sacerdoti, dei religiosi, delle monache e dei fedeli: insisteva per la residenza dei parrochi: ai parrochi ed ai rettori di chiesa dava norme e prescrizioni sulla manutenzione delle chiese, e sul retto ministero delle sacre funzioni: talvolta fu forse troppo rigido nella visita dei monasteri maschili e femminili.(2)

Alla retta formazione del giovane clero stabilì che, tanto gli accoliti, quanto i seminaristi, prima di ricevere gli ordini sacri dovessero per alcuni giorni attendere ad un corso di esercizi spirituali. Nel Seminario egli fece erigere una sala in forma teatrale; nella quale, massime nel carnevale, si avessero alcuni trattenimenti a sollievo dei giovani: quella sala verso il 1825 fu convertita ad uso di chiesa, e dietro l'altare vi si pose la pala della crocifissione di S. Pietro, opera dell'Ugolini: prima di quest'anno era ad uso dei seminaristi la cappella ora ad uso dei convittori del Collegio ovile; in questa il quadro dell'Immacolata fu dipinto da Dalla Rosa nel 1783. (a)

Da alcuni secoli era nella cattedrale una effigie di Maria col Bambino sulle ginocchia, detta Madonna del popolo. Quella effigie era in legno, vestita e di poco valore artistico: ma da secoli era in grandissima venerazione presso i veronesi ed onorata da una devota e numerosa compagnia di confratelli.
Il vescovo Giovanni Bragadino avea ideato di coronare solennemente quella effigie, e dal Capitolo Vaticano avea impetrato il permesso della coronazione e due corone d'oro dette Reali. Trasferito il Bragadino al patriarcato di Venezia, il vescovo Giustiniani pensò di compire l'opera ideata e preparata: anzi dal Capitolo Vaticano domandò ed ottenne che quelle corone reali fossero sostituite da altre dette Imperiali.
La funzione della coronazione, svoltasi nei giorni 4 - 9 settembre dell'anno 1770 fu quanto si può dire splendida e solenne. La cattedrale era decorata da magnifici apparati, da iscrizioni bibliche e da meravigliosa illuminazione: tutta la città, massime dove avea a transitare la processione, parata riccamente, e la sera illuminata: basti dire che nella sola piazza delle Erbe v' eran più che quarantamila lumi (e lampadine elettriche non ve n'erano). Nel giorno 4 si fece una solenne processione: solennissima fu la funzione celebrata nella cattedrale il giorno 8 sacro alla natività di Maria(3): nella mattina del giorno 9 la sacra effigie già coronata fu portata in processione per le vie principali della città, indi riportata alla cattedrale, mediante un ordigno, fu fatta ascendere alla sua nicchia sopra l'altare di S. Teodoro; e vi stette fin l'anno 1920.

Nel giorno 24 settembre 1769 il vescovo Giustiniani consacrò la chiesa di S. Jacopo nella Val Verde: presso la quale era un ricovero per le zitelle pericolanti e pericolate.

Nell'anno 1770 pubblicò tradotta in lingua italiana l'opera di Agostino Valier De occultis Dei beneiiciis e la dedicò al pontefice Clemente XIV, che gli rispose con un breve. Con decreto del doge di Venezia  1 settembre 1770 le monache del convento di S. Chiara, sottratte alla direzione dei frati Minori di S. Bernardino, furono affidate e soggette alla giurisdizione del vescovo.(4)

Nel giorno 14 dicembre dell'anno 1772 il vescovo Giustiniani per volontà della Serenissima, col consenso del pontefice Clemente XIV fu trasferito dalla chiesa di Verona a quella di Padova: mentre a quella di Verona veniva nello stesso giorno nominato un altro benedettino, Giovanni Morosini, vescovo di Chioggia e ciò per motu proprio del Pontefice.

Circa questo tempo fu ravvalorata ed estesa in Verona la pratica del mese di maggio. I primi inizi di questa devozione appariscono nella villa Canossa a Grezzano nel 1739 per lo zelo dell'arciprete locale Girolamo Amigazzi; da due diarii veronesi del 1772 e 1775 si vede che in quegli anni si celebrava nelle chiese di S. Croce in Cittadella, S. Zeno in Oratorio.

In un libro inventario 15 novembre 1751 della chiesa di S. Giovanni in Valle è notato che ivi era un libro per la recita delle litanie per il mese di maggio; ed in una relazione fatta dall'arciprete Ruzzenenti l'anno 1774 al vescovo Morosini è detto che « al mese di maggio si cantano ogni sera le litanie di Maria Vergine, vi è meditazione, discorso e brevi ricordi, tutto in onore di Maria »(5). Anche nella chiesa di S. Luca la pratica del mese di maggio apparisce nel 1751: nella chiesa di Sant'Andrea l'anno 1787.  
Nell'anno seguente questa devozione fu proibita in tutte le chiese della città e diocesi per decreto del vescovo Morosini. (b)

Giovanni Morosini oriundo di nobile famiglia veneta, ancor giovanetto entrò nell'ordine dei Benedettini Cassinesi di S. Giustina in Padova.  Per oltre vent'anni insegnò la filosofia e teologia in Venezia; finché il Senato lo volle vescovo di Chioggia e da Clemente XIV ne ottenne la conferma. Quando nell'anno 1772 il nostro vescovo Nicolò Antonio Giustiniani fu trasferito alla sede di Padova fu promosso alla sede di Verona Giovanni Morosini, esso pure benedettino.
Da Venezia, e precisamente « ex monasterio S. Georgii Majoris », egli con la data 15 marzo 1773 mandò al clero e popolo veronese una bellissima lettera pastorale: in essa dice che cinque anni prima, ossia nel 1768, era stato Verona « simplicem monachum »; forse nel monastero di S. Nazaro, dal quale i Benedettini dovettero esulare l'anno 1771 (c). Il suo ingresso in Verona fu quanto mai solenne: tra i nostri vescovi Giovanni Morosini è il centesimo vigesimo.

Dal giorno del suo ingresso il Morosini consacrò tutto sè stesso al bene del gregge a lui affidato; e per riuscir meglio nel suo intento volle la cooperazione dei canonici della cattedrale, ai quali ricorreva in tutti i casi dubbii: da parte loro i canonici si studiavano di soddisfare ad ogni richiesta del vescovo, ed in ossequio del vescovo nell'anno 1780 ascrissero al Capitolo il di lui nipote Alvise Morosini.

Cura prima e principalissima del vescovo Morosini fu la visita delle chiese e monasteri della città e della diocesi, che egli fece ininterrottamente a più riprese nei primi otto anni del suo episcopato. In queste visite, consacrò diverse chiese della diocesi; tra le altre quelle di Bussolengo, di Lonato, di S. Felice di Scovolo, di Caprino(6). (d)

Sulla fine dell'anno giubilare 1775, e precisamente nella festa del santo Natale con la bolla Summa Dei in nos benignitate, il pontefice Pio VI estese le indulgenze del giubileo fuori Roma concedendo speciali facoltà ai vescovi ed ai confessori.(7).  
Il nostro vescovo dapprima compendiò e pubblicò un sunto della bolla pontificia; poi dispose che il giubileo per la città e diocesi di Verona, secondo la concessione di Pio VI, durasse sei mesi, cominciando dalla domenica di Pasqua dell'anno 1777. In questa solennità egli recitò una splendida omelia, indi pubblicata con le stampe e diramata a tutta la diocesi; nella quale dava ottime norme pratiche ai sacerdoti e fedeli, sulla natura e tristi conseguenze del peccato, sulla confessione e comunione e sulle preghiere per la visita alle chiese(8). Nel 1780 per concessione del Sommo Pontefice permise l'uso delle carni in quaresima, eccettuando da questa concessione i venerdì e sabbati; i due mercoledì delle Ceneri e della Tempora.

L'episcopato del Morosini restò tra noi celebre per il sinodo diocesano da lui indetto l'anno 1781 e celebrato l'anno 1782. Le ragioni da lui addotte erano due: gli inconvenienti da lui verificati nella visita delle chiese, ed il fatto che da quasi cinquant'anni non si era tenuto alcun sinodo(9); accennava pure alla necessità di nominare gli esaminatori sinodali, essendo mancati ai vivi tutti quelli nominati antecedentemente. Per avere il beneplacito del Serenissimo Principe inviò a lui un memoriale; e con ducale del 7 dicembre 1781 ne ebbe il permesso di celebrare il sinodo, con la condizione che le « Sinodali Costituzioni non dovranno essere, né pubblicate, né eseguite, se prima non ottenghino la pubblica approvazione ».

Questo sinodo, il più importante di quanti si ebbero nella diocesi di Verona, fu celebrato nella cattedrale nei giorni 20 e 21 settembre dell'anno 1782, in cinque sessioni.
La prima De fide et doctrina christiana, cominciando dalla necessità della fede, viene alle singole particolarità, e si chiude con norme ben precise de verbi Dei praedicatione.
La sessione seconda è De sacramentis. si espone in generale la dottrina della Chiesa: quanto al sacrificio eucaristico insiste molto nel condannare e proibire qualunque specie di simonia e di negoziatura.
La sessione terza De vita et honestate  clericorum richiama i moniti e le prescrizioni di S. Carlo, del vescovo Giberti e del Concilio di Trento: « Haec, vel ex divo Carolo Borromaeo, vel ex Giberto, vel ex synodalibus Constitutionibus, vel ex sacro Tridentino Concilio deprompsimus ».
La sessione quarta De nonnullis tratta delle indulgenze, delle feste e processioni e funerali, delle congregazioni dei casi di coscienza, delle monache e dei regolari, del seminario, ecc.
La sessione quinta è De examinatoribus synodaalibus; al quale officio vengono nominati 156 sacerdoti. - Nella prima sessione il vescovo pubblicò la tabella dei casi riservati con alcune note e regole: i casi erano undici.

Il sinodo predisposto con decreti del vescovo e con solenne processione, fu inaugurato nella cattedrale con orazione latina del sac. Francesco Tracco arciprete di Bovolone, e fu concluso dopo un'orazione italiana del sac. Francesco Angeli arciprete di Monteforte, con una breve allocuzione del vescovo. Fu pubblicato, sia quanto ai decreti, sia quanto agli atti nell'anno seguente. (10)

Merito insigne del vescovo Morosini è la premura che egli si prese per l'educazione e formazione del giovane clero nel seminario vescovile.  A questo scopo egli volle che uomini insigni vi insegnassero le scienze sacre; tali erano Giovanni Pietro Venini, Francesco Zovetti, Michelangelo Bellini, Nicolò Galvani, col rettore Giovanni Battista Martinelli.
Ampliò pure la fabbrica del seminario, cominciato al principio del secolo per la munificenza del vescovo Barbarigo. Il vescovo Morosini vi aggiunse la parte anteriore e la facciata artistica: architetto di questa fu Ottone Calderari vicentino; il quale, superando le difficoltà provenienti dalla irregolarità del sito, vi ideò il magnifico atrio dorico, con di sopra bella loggia jonica: nella volta di questa il Marcola vi dipinse le costellazioni dell' emisfero superiore. A perennare le benemerenze del vescovo Morosini fu coniata una medaglia con l'iscrizione:

JOANNES MOROSINI EPISCOPUS VERONENSIS
SEMINARII FRONTEM ET ADIECTAS AEDES
A FUNDAMENTIS EREXIT ANNO MDCCLXXXIX (e)

Nel 1782 il vescovo Morosini volle pure riordinare, sotto le direttive di mons. Dionisi, il salone sinodale dell' episcopio adorno dai ritratti di 111 vescovi, dei quali 108 sono del Brusasorzi; oltre quello di S. Pietro, che dà la missione a Sant'Euprepio(11). Dispiace che in questo riordinamento, o, meglio, nuovo disordinamento, i nomi non sempre rispondano ai ritratti sovrapposti: così sotto al ritratto dell'undecimo vescovo Siagrio, avente in mano la lettera di Sant'Ambrogio sulla vergine Indicia, sta la scritta LVPICINVS.

Il Morosini contribuì in gran parte all'inalzamento della sala della Biblioteca Capitolare; donò pure ad essa varie opere importanti, e ne rese pubblico l'accesso. Il Capitolo in attestato della sua riconoscenza fece erigere al Morosini ancor vivente un busto nella sala superiore con relativa epigrafe(12).

Causa le tristi condizioni, in cui si trovava la chiesa di S. Vitale, nel giorno 25 agosto 1782, fatta la giuridica cognizione delle reliquie di S. Metrone, le fece trasferire nella chiesa di S. Maria del Paradiso: ivi furono collocate sopra un bellissimo altare con la iscrizione: « DIVO METRONO SACRVM GENS HONORIA. »

Il nostro dovere di storici ci impone di esporre alcuni punti poco decorosi per il nostro vescovo; e specialmente la sua lettera pastorale diretta alle parrocchie della diocesi veronese soggette al dominio dell'imperatore Giuseppe II: Avio, Brentonico, Borghetto e Pilcante. Quella lettera, frutto dello spirito giansenistico che era già penetrato nel cenobio di S. Giustina, fu un atto di estremo servilismo ai placiti di Giuseppe II: il quale, non solo la approvò, ma la fece trasmettere agli arcivescovi e vescovi della monarchia, come norma alla quale tutti si dovessero conformare.

La lettera comincia con un esordio tutto cattolico: ma poi deplora che certe istituzioni, da principio rette, si siano col tempo intorbidate e corrotte. Tra queste deplora « la Confraternita della cintura (cingolo) di S. Francesco» istituita dai padri del Terz'Ordine di S. Francesco, così pure « quelle compagnie del cuor di Gesù, che rivolgendo il loro culto esterno, non al simbolico, ma al carnale cuore di Gesù, offrono ai fedeli un oggetto da venerare ché non è Cristo, col dividere in varie parti le sua indivisibile umanità congiunta alla sua divina Persona, che esser dee l'unico oggetto delle nostre adorazioni, e fanno nascere dubbii, ... e sono non meno di scandalo ai buoni, che agli increduli di derisione ».
Eppure in un avviso del 24 novembre 1780 avea con entusiasmo raccomandato ai fedeli « la divozione e l'amore verso l'adorabilissimo Cuore (con iniziale majuscola) di N. S. Gesù Cristo ».  Aggiunge che « vero abuso deesi nominare quello di appendere, come si fa in alcune chiese dei Francescani nel giorno 2 agosto, una tavoletta con la iscrizione toties quoties; ».

Conchiude: « Noi pertanto, volendo opporci a tale inconveniente, trovandoci anche a ciò eccitati da alcuni ottimi regolamenti dell'imperatore Giuseppe II, che ci vengono accompagnati con lettere del governo di Innsbruck, dichiariamo e vogliamo sciolte ed abolite tutte le confraternite del cuor di Gesù e del cingolo di S. Francesco, e tutte le altre che non fossero state approvate da noi e dai nostri predecessori, e non avessero ottenuto il sovrano assenso per erigersi in corpi ».(13).
Non abbiamo la data di questa Lettera; ma dovette essere della fine dell'anno 1781 o del principio del 1782.

Dobbiamo pur dire di un punto oscuro; ed è quello dell'assenza del vescovo Morosini in occasione della venuta di Pio VI nei giorni 11-13 maggio dell'anno 1782.
In generale le memorie di quel tempo dicono che il vescovo dovette recarsi nel territorio padovano, pare a Praglia, per fare la cura dell'acqua vergine, trovandosi colpito da malore grave e diuturno(14): L'arciprete mons. Giuseppe Muselli nella relazione scritta al vescovo, della quale diremo nel capo seguente, narra un suo breve colloquio col Papa nel convento di Sant'Anastasia: « Gli dissi che V.a Eccell.a dimandava scusa per mio mezzo se non si trovava a suoi piedi, attesa la sua sconcertata salute, per la quale li Medici non le hanno permesso di poter venire.  Al che il S. Padre umanissimamente rispose che gli dispiaceva il mottivo, e che le significassi, che di ciò non se ne prendesse alcuna pena »(15).
Però voci diffuse in Verona dicevano che l'assenza del vescovo fosse dovuta al timore che egli aveva di rimproveri del Papa, a cagione della pastorale surriferita.
La memoria manoscritta sopra citata dice che in occasione dell'incontro presso la Porta S. Giorgio il Papa chiese subito del vescovo, e che il canonico Morosini nipote del vescovo gli disse che per indisposizione era andato ai bagni, e che il papa senz'altro disse: Ho inteso; lasciando travedere che egli sapeva ogni cosa.
Un recente e celebre scrittore di cose nostre scrive: « Il vescovo Morosini per alcune transazioni colle riforme giuseppine nella parte di diocesi soggetta all'impero, attirossi qualche nota dalla Curia Romana: onde al passaggio di Pio VI trovassi assente ed il Pontefice, rifiutatone il palazzo, alloggiò presso i Domenicani in Sant'Anastasia »(16). Forse quel malore fu provvidenziale.

Nel novembre del 1780 era arrivato a Verona per andare a Roma il card. Pietro Colonna Panfili; il quale, pur troppo, ospitato nell'albergo delle Due Torri, ivi si ammalò gravemente: dalle mani del vescovo ricevette il viatico e l'estrema unzione, ed ivi morì il giorno 4 dicembre: fu sepolto nella cattedrale davanti al tornacoro, dove sono sepolti altri cardinali (17). Altra memoria manoscritta nella Biblioteca comunale, quale motivo della partenza del vescovo Morosini, accenna questo, che egli non avesse ospitato quel cardinale nel palazzo vescovile, e perciò ne temesse rimproveri dal Papa. (f)

Un altro punto un po' oscuro è una circolare 18 novembre 1788 diretta a tutto il clero e popolo della città e della diocesi.
In essa, dopo aver raccomandato la devozione a Maria SS., deplora che in parecchie chiese siasi introdotta la devozione del mese di maggio; e la disapprova, sia perché nei giorni feriali distrae i fedeli dalle loro occupazioni domestiche, sia perché nei giorni festivi rende più limitato il tempo della dottrina cristiana. Perciò dichiara « assolutamente sospesa e proibita la così detta devozione del mese di maggio in tutte le chiese della città e della diocesi... Quando poi e come siasi ristabilita questa pia pratica, per ora non ci consta». (g)




Epigrafe posta sulla tomba del cardinale, ora sulla parete a destra di chi entra in Duomo a lato del primo altare:  PETRO COLUMNAE PAMPHILIO CARDINALI VERONAE DUM AD URBEM REDIRET EXTINCTO VIVO EXIMIIS ANIMI INGENIQUE DOTIBUS ORNATO DE APOSTOLICA SEDE OPTIME  MERITO ET QUAE PRAECIPUA LAUS EST INSIGNI PIETATE VITAEQUE  INNOCENTIA PHILIPPUS ET FABRITIUS FRATRES INFAUSTI  ITINERIS COMITES PATRUO AMATISSIMO PP. ANNO MDCCLXXX VIXIT ANNOS LV.



NOTE

1 - Presso FRANCESCATI, Explicatio casuum reservatorum, pag. 117 (Veronae 1837).

2 - Gli atti delle visite del vescovo Giustiniani nell'Archivio della curia empiono dodici volumi.

3 - Una descrizione minutissima si ha presso BIANCO LINI, Chiese di Verona VIII, pg. 211-219. - In tale circostanza la Compagnia della Madonna del popolo pubblicò le Memorie storiche intorno l'antico culto di Maria Vergine nella Chiesa Cattedrale di Verona, e le dedicò a mons. Nicolò Antonio Giustiniani: meritano di esser lette, insieme con la descrizione di Biancolini.

4 - La ducale presso BIANCOLINI, Chiese di Verona VIII, pag. 183.

5 - Sac. ANT. PIGHI, Il mese di Maggio in Bollett. eccles. veron. 1920, pag. 75, e Pieve di S. Giovanni, pag. 6.

6 - Componimenti poetici nel solenne ingresso di Mons. Morosini al Vescovado di Verona (Verona 1883).

7 - PIO VI, Bullarium Rom. Num. LXXIII, Vol. I, pag. 186-190 (Prati 1847).

8 - G. MOROSINI, Omelia per la pubblicazione dell'universale giubileo (Verona 1777). Dell'attrizione accenna che, se essa è vero timore di ciò che si crede, necessariamente include un principio di amore di Dio.

9 - L'ultimo sinodo era quello celebrato dal vescovo Trevisani l'anno 1732.

10 - Synodus Diocesana habita a D. D. Joanne Morosini Veronae 1783. - I decreti furono ristampati a Verona l'anno 1876.

11 - LIRUTI, Dei Vescovi della santa Chiesa Veronese, pag. 4-7.

12 - GIULlARI, Capitolare Biblioteca di Verona, pag. 52, segg.

13 - La lettera si trova intiera presso BERAULT - BERCASTEL, Storia del Cristianesimo, Lib. XCVIII, Num. 88, tomo XXXV, pag. 55-60 (Venezia 1831); un sunto presso HENRION, Storia Generale della Chiesa, Lib. X, Vol. XI, pag. 352 (Milano 1849).

14 - Nella Biblioteca Comunale Mss. Sommacampagna B. III  Num. 112, 113.

15 - Relazione fatta dall'arco Muselli al vescovo Morosini, pubblicata dal can. GIULlARI Capit. Bibliot. XXXII, e poi dal Capitolo per l’ ingresso di mons. Antonini, arciprete dalla cattedrale (Verona 1899).

16 - BELVIGLIERI, Verona e sua Provincia, in Illustr. Lombardo Veneto Vol. IV. pag. 551 (Milano 1859).

17 - Diamo l'epigrafe posta sulla tomba del cardinale, ora sulla parete a destra di chi entra in Duomo a lato del primo altare:  PETRO COLUMNAE PAMPHILIO CARDINALI VERONAE DUM AD URBEM REDIRET EXTINCTO VIVO EXIMIIS ANIMI INGENIQUE DOTIBUS ORNATO DE APOSTOLICA SEDE OPTIME  MERITO ET QUAE PRAECIPUA LAUS EST INSIGNI PIETATE VITAEQUE  INNOCENTIA PHILIPPUS ET FABRITIUS FRATRES INFAUSTI  ITINERIS COMITES PATRUO AMATISSIMO PP. ANNO MDCCLXXX VIXIT ANNOS LV.


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XX (a cura di Angelo Orlandi)


a) Il I vescovo Giustiniani aggiunse alla fabbrica del Seminario le due ali laterali al cortile d'entrata, come appare dal suo stemma sulla porta che immette in una di queste parti di fabbrica. Il disegno del seminario ne risultò radicalmente modificato, rispetto al primitivo del Perini. Cf. V. MONTORIO, Il Seminario di Verona, Verona 1968, p. 16.

b) Buone informazioni per conoscere le pratiche devozionali a Verona nel sec. XVIII si hanno in C. BARBOLAN, Aspetti della vita di pietà nella chiesa veronese del Settecento. Esame di un manoscritto della parrocchia di Mezzane di Sopra (Verona), Verona 1987, pp. 141 e 33.

c) Il Morosini era stato a Verona nel 1762 a tenere la predicazione di Avvento in cattedrale. A ricordo fu stampata una raccolta di componimenti poetici, com'era uso del tempo: Per il Padre Lettore D. Giovanni Morosini, elegantissimo oratore nella Cattedrale di Verona l'Avvento MDCCLXII, Verona 1763, pp. 12.  Di studi sull'episcopato del Morosini ci è nota solo una tesi di laurea: G. JANES (Sr. F.c. Canossiana), Giovanni Morosini (1719-1789): luci ed ombre. Tesi di laurea presso l'Istituto  Universitario Pareggiato di Magistero « Maria SS. Assunta» - Roma, anno accademico 1958-1959.
Torna molto utile anche quanto scrive d. Nello Dalle Vedove nella sua opera sul B. Gaspare Bertoni; specialmente nel I volume: N. DALLE VEDOVE, La giovinezza del ven. Gaspare Bertoni e l'ambiente veronese dell'ultimo '700, Roma 1974.

d) Dall'annuario diocesano risultano 16 le chiese consacrate dal Morosini:
Alpo, S. Ambrogio di V.P., Angiari, Borgo di Bonavicina, Bussolengo, Caprino, Cavalo, Dolcé, S. Felice di Scovolo, S. Giovanni Lupatoto,  Lonato, Manerba, Pescantina, Puegnago, Roncanova, Tarmassia.  L'edilizia sacra aveva avuto in quel periodo notevole sviluppo. Cf. A. ORLANDI, Rinnovamento dell'architettura sacra nella diocesi di Verona nel XVIII secolo. Linee indicative e fatti notevoli, in Paolo Soratini, architetto lonatese. Catalogo della mostra e Atti del convegno: Lonato, Fondazione U. Da Como, 1980, Brescia 1982, pp. 79-85.

e) Il Morosini per questa fabbrica procurò personalmente i mezzi finanziari, poiché i lavori non risultano nei registri dell' ordinaria amministrazione del Seminario.

f) È infondato che il Papa abbia rifiutato l'ospitalità del Palazzo vescovile: al cominciar del suo viaggio Pio VI aveva già stabilito di rivolgersi ai monasteri e ai conventi per aver ospitalità e di non gravarne le diocesi e i vescovi. Quanto alla morte del cardinale, il Morosini non era così inabile diplomatico da non saper come diportarsi di fronte ad eventuali osservazioni. Quanto alla malattia che lo tenne assente da Verona al passaggio del Papa, pare che fosse veramente seria, se appena in agosto si era ripreso, come risulta dalla relazione sul trasferimento della parrocchia di S. Vitale in S. Maria del Paradiso, avvenuto il 25 agosto 1882.  Cf. Ragguaglio del trasporto della parrocchia di S. Vitale in S. Maria del Paradiso, Verona 1782, pp. 16.  Quanto alle ragioni portate per la proibizione del mese di maggio, non si può non riconoscerne la ragionevolezza, poiché il pio esercizio si soleva tenere in ore del pomeriggio e nel periodo in cui molti erano occupati specie per l'allevamento dei bachi da seta e per altri lavori. Anche in seguito a motivo di ciò in molte parrocchie si usò anticipare la pia pratica cominciando da metà aprile all'incirca.

g) Qui finiscono le note stese da mons. Pighi. Aveva lasciato degli appunti per le ulteriori notizie sull' episcopato del Morosini e per quello di mons. Avogadro: le utilizzò mons. Angelo Grazioli per aggiungere qualche altro capitolo nell'intento di trattare anche il seguito; ma non proseguì oltre l'episcopato di mons. Grasser.  Perciò gli ultimi duecento anni della vita della nostra chiesa attendono ancora un profilo sintetico e abbastanza completo.



Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II.




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