Giovanni Morosini, vescovo di Verona dal 1772 al 1789, fece parte della
compagnia del Santissimo nel 1780. Opera di Saverio Dalla Rosa realizzata nel
1785
VOLUME II -
EPOCA IV - CAPO XX
SOMMARIO. - Nicolò
Antonio Giustiniani - Decreto per il clero - Capitolo - Visite pastorali -
Coronazione della Madonna del Popolo - Il mese di Maggio - Giovanni Morosini -
Visite - Giubileo - Sinodo Diocesano - Seminario - Salone dei vescovi -
Biblioteca Capitolare - Una pastorale servile - L'assenza del vescovo nella
venuta di Pio VI - Malattia e morte del Morosini - Morte ed iscrlzione del
card. Colonna Panfili - S. Benedetto G. Labre a Verona.
Nella seconda parte del secolo XVIII la chiesa veronese ebbe
due vescovi, che erano stati monaci benedettini cassine si nel cenobio di S. Giustina in Padova; e sono:
119° Nicolò Antonio
Giustiniani (1759 - 1772): 1
20° Giovanni Morosini
(1772 - 1789):
altri due cassinesi ressero la chiesa nostra nel secolo
seguente: Innocenza Liruti ed Aurelio Mutti.
Nicolò Antonio
Giustinisni dalla chiesa di Torcello
fu trasferito a quella di Verona
il12 febbraio 1759, e vi fece il suo solenne ingresso nel giorno 10 maggio
dell'anno seguente.
Il nome di lui restò celebre a Verona per il suo zelo
pastorale per l'eloquenza dei suoi sermoni, per il suo cuore caritatevole.
Depone poco bene sulla condotta del nostro clero un decreto emanato dal vescovo Giustiniani dopo circa tre mesi
dalla sua venuta, il giorno 29 agosto 1760; col quale proibiva che nessuno dei
suoi sacerdoti e chierici « vada alle
comedie, o vesta in alcun tempo con abito di colore o con cappello che non sia
a norma delle sacre costituzioni; e ciò sotto pena della sospensione a
divinis ed altre pene ad arbitrio. »(1).
Nell'anno 1762, essendo morto l'arcivescovo di Udine Daniele Dolfin, al quale
precariamente erano soggetti il capitolo della cattedrale ed il monastero degli
Olivetani di S. Maria in Organo, con
Notificazione del 13
aprile promulgò l'assoggettamento del capitolo e di quel monastero alla
giurisdizione del vescovo di Verona,
in conformità della bolla di Benedetto
XIV Regis pacifici e
delle sanzioni della Repubblica.
Ad intervalli visitò più volte le chiese e monasteri della
città e della diocesi. Nelle sue visite ricercava minuziosamente sulla condotta
dei sacerdoti, dei religiosi, delle monache e dei fedeli: insisteva per la
residenza dei parrochi: ai parrochi ed ai rettori di chiesa dava norme e
prescrizioni sulla manutenzione delle chiese, e sul retto ministero delle sacre
funzioni: talvolta fu forse troppo rigido nella visita dei monasteri maschili e
femminili.(2)
Alla retta formazione del giovane clero stabilì che, tanto
gli accoliti, quanto i seminaristi, prima di ricevere gli ordini sacri
dovessero per alcuni giorni attendere ad un corso di esercizi spirituali. Nel
Seminario egli fece erigere una sala in forma teatrale; nella quale, massime
nel carnevale, si avessero alcuni trattenimenti a sollievo dei giovani: quella
sala verso il 1825 fu convertita ad uso di chiesa, e dietro l'altare vi si pose
la pala della crocifissione di S. Pietro,
opera dell'Ugolini: prima di
quest'anno era ad uso dei seminaristi la cappella ora ad uso dei convittori del
Collegio ovile; in questa il quadro dell'Immacolata fu dipinto da Dalla Rosa nel 1783. (a)
Da alcuni secoli era nella cattedrale una effigie di Maria col Bambino sulle ginocchia,
detta Madonna del popolo. Quella
effigie era in legno, vestita e di poco valore artistico: ma da secoli era in
grandissima venerazione presso i veronesi ed onorata da una devota e numerosa
compagnia di confratelli.
Il vescovo Giovanni
Bragadino avea ideato di coronare solennemente quella effigie, e dal Capitolo Vaticano avea impetrato il
permesso della coronazione e due corone d'oro dette Reali. Trasferito il Bragadino al patriarcato di
Venezia, il vescovo Giustiniani pensò
di compire l'opera ideata e preparata: anzi dal Capitolo Vaticano domandò ed
ottenne che quelle corone reali fossero sostituite da altre dette Imperiali.
La funzione della coronazione, svoltasi nei giorni 4 - 9
settembre dell'anno 1770 fu quanto si può dire splendida e solenne. La
cattedrale era decorata da magnifici apparati, da iscrizioni bibliche e da
meravigliosa illuminazione: tutta la città, massime dove avea a transitare la
processione, parata riccamente, e la sera illuminata: basti dire che nella sola
piazza delle Erbe v' eran più che
quarantamila lumi (e lampadine elettriche non ve n'erano). Nel giorno 4 si fece
una solenne processione: solennissima fu la funzione celebrata nella cattedrale
il giorno 8 sacro alla natività di Maria(3):
nella mattina del giorno 9 la sacra effigie già coronata fu portata in
processione per le vie principali della città, indi riportata alla cattedrale,
mediante un ordigno, fu fatta ascendere alla sua nicchia sopra l'altare di S. Teodoro; e vi stette fin l'anno
1920.
Nel giorno 24 settembre 1769 il vescovo Giustiniani consacrò la chiesa di S. Jacopo nella
Val Verde: presso la quale era un ricovero per le zitelle pericolanti e
pericolate.
Nell'anno 1770 pubblicò tradotta in lingua italiana l'opera
di Agostino Valier De occultis Dei beneiiciis e
la dedicò al pontefice Clemente XIV,
che gli rispose con un breve. Con decreto del doge di Venezia 1 settembre
1770 le monache del convento di S.
Chiara, sottratte alla direzione dei frati
Minori di S. Bernardino, furono affidate e soggette alla giurisdizione del
vescovo.(4)
Nel giorno 14 dicembre dell'anno 1772 il vescovo Giustiniani per volontà della Serenissima, col consenso del pontefice
Clemente XIV fu trasferito dalla
chiesa di Verona a quella di Padova: mentre a quella di Verona
veniva nello stesso giorno nominato un altro benedettino, Giovanni Morosini, vescovo di
Chioggia e ciò per motu proprio del Pontefice.
Circa questo tempo fu ravvalorata ed estesa in Verona la pratica del mese di maggio. I primi inizi di questa devozione
appariscono nella villa Canossa a
Grezzano nel 1739 per lo zelo dell'arciprete locale Girolamo Amigazzi; da due diarii veronesi del 1772 e 1775 si vede
che in quegli anni si celebrava nelle chiese
di S. Croce in Cittadella, S. Zeno
in Oratorio.
In un libro inventario 15 novembre 1751 della chiesa di S. Giovanni in Valle è notato
che ivi era un libro per la recita delle litanie per il mese di maggio; ed in
una relazione fatta dall'arciprete Ruzzenenti
l'anno 1774 al vescovo Morosini è
detto che « al mese di maggio si cantano
ogni sera le litanie di Maria Vergine, vi è meditazione, discorso e brevi ricordi, tutto in onore di Maria
»(5). Anche nella chiesa di S. Luca la pratica del mese
di maggio apparisce nel 1751: nella chiesa
di Sant'Andrea l'anno 1787.
Nell'anno seguente questa devozione fu proibita in tutte le
chiese della città e diocesi per decreto del vescovo Morosini. (b)
Giovanni Morosini
oriundo di nobile famiglia veneta, ancor giovanetto entrò nell'ordine dei Benedettini Cassinesi di S. Giustina in
Padova. Per oltre vent'anni insegnò
la filosofia e teologia in Venezia;
finché il Senato lo volle vescovo di Chioggia
e da Clemente XIV ne ottenne la
conferma. Quando nell'anno 1772 il nostro vescovo
Nicolò Antonio Giustiniani fu trasferito alla sede di Padova fu promosso alla sede di
Verona Giovanni Morosini, esso pure benedettino.
Da Venezia, e precisamente « ex monasterio S. Georgii Majoris », egli con la data 15 marzo 1773
mandò al clero e popolo veronese una bellissima lettera pastorale: in essa dice
che cinque anni prima, ossia nel 1768, era stato Verona « simplicem monachum
»; forse nel monastero di S. Nazaro,
dal quale i Benedettini dovettero
esulare l'anno 1771 (c). Il suo
ingresso in Verona fu quanto mai
solenne: tra i nostri vescovi Giovanni
Morosini è il centesimo vigesimo.
Dal giorno del suo ingresso il Morosini consacrò tutto sè stesso al bene del gregge a lui
affidato; e per riuscir meglio nel suo intento volle la cooperazione dei
canonici della cattedrale, ai quali ricorreva in tutti i casi dubbii: da parte
loro i canonici si studiavano di soddisfare ad ogni richiesta del vescovo, ed
in ossequio del vescovo nell'anno 1780 ascrissero al Capitolo il di lui nipote Alvise Morosini.
Cura prima e principalissima del vescovo Morosini fu la visita delle chiese e
monasteri della città e della diocesi, che egli fece ininterrottamente a più
riprese nei primi otto anni del suo episcopato. In queste visite, consacrò
diverse chiese della diocesi; tra le altre quelle di Bussolengo, di Lonato, di S. Felice di Scovolo, di Caprino(6). (d)
Sulla fine dell'anno giubilare 1775, e precisamente nella
festa del santo Natale con la bolla Summa
Dei in nos benignitate, il pontefice Pio VI estese le indulgenze del giubileo fuori Roma concedendo
speciali facoltà ai vescovi ed ai confessori.(7).
Il nostro vescovo dapprima compendiò e pubblicò un sunto
della bolla pontificia; poi dispose che il giubileo per la città e diocesi di Verona, secondo la concessione di Pio VI, durasse sei mesi, cominciando
dalla domenica di Pasqua dell'anno 1777. In questa solennità egli recitò una
splendida omelia, indi pubblicata con le stampe e diramata a tutta la diocesi;
nella quale dava ottime norme pratiche ai sacerdoti e fedeli, sulla natura e
tristi conseguenze del peccato, sulla confessione e comunione e sulle preghiere
per la visita alle chiese(8). Nel
1780 per concessione del Sommo Pontefice permise l'uso delle carni in
quaresima, eccettuando da questa concessione i venerdì e sabbati; i due
mercoledì delle Ceneri e della Tempora.
L'episcopato del Morosini
restò tra noi celebre per il sinodo diocesano da lui indetto l'anno 1781 e
celebrato l'anno 1782. Le ragioni da lui addotte erano due: gli inconvenienti
da lui verificati nella visita delle chiese, ed il fatto che da quasi
cinquant'anni non si era tenuto alcun sinodo(9); accennava pure alla necessità di nominare gli esaminatori
sinodali, essendo mancati ai vivi tutti quelli nominati antecedentemente. Per
avere il beneplacito del Serenissimo
Principe inviò a lui un memoriale; e con ducale del 7 dicembre 1781 ne ebbe
il permesso di celebrare il sinodo, con la condizione che le « Sinodali Costituzioni non dovranno essere,
né pubblicate, né eseguite, se prima non ottenghino la pubblica approvazione
».
Questo sinodo, il più importante di quanti si ebbero nella
diocesi di Verona, fu celebrato
nella cattedrale nei giorni 20 e 21 settembre dell'anno 1782, in cinque
sessioni.
La prima De fide
et doctrina christiana, cominciando dalla necessità della fede,
viene alle singole particolarità, e si chiude con norme ben precise de verbi Dei praedicatione.
La sessione seconda è De
sacramentis. si espone in generale la dottrina della Chiesa:
quanto al sacrificio eucaristico insiste molto nel condannare e proibire
qualunque specie di simonia e di negoziatura.
La sessione terza De
vita et honestate clericorum richiama
i moniti e le prescrizioni di S. Carlo,
del vescovo Giberti e del Concilio di Trento: « Haec, vel ex divo Carolo Borromaeo, vel ex
Giberto, vel ex synodalibus Constitutionibus, vel ex sacro Tridentino Concilio deprompsimus
».
La sessione quarta De
nonnullis tratta delle indulgenze, delle feste e processioni e
funerali, delle congregazioni dei casi di coscienza, delle monache e dei
regolari, del seminario, ecc.
La sessione quinta è De
examinatoribus synodaalibus; al quale officio vengono nominati
156 sacerdoti. - Nella prima sessione il vescovo pubblicò la tabella dei casi
riservati con alcune note e regole: i casi erano undici.
Il sinodo predisposto con decreti del vescovo e con solenne
processione, fu inaugurato nella cattedrale con orazione latina del sac. Francesco Tracco arciprete di Bovolone, e fu concluso dopo
un'orazione italiana del sac. Francesco
Angeli arciprete di Monteforte,
con una breve allocuzione del vescovo. Fu pubblicato, sia quanto ai decreti,
sia quanto agli atti nell'anno seguente. (10)
Merito insigne del vescovo
Morosini è la premura che egli si prese per l'educazione e formazione del
giovane clero nel seminario vescovile. A
questo scopo egli volle che uomini insigni vi insegnassero le scienze sacre;
tali erano Giovanni Pietro Venini,
Francesco Zovetti, Michelangelo Bellini, Nicolò Galvani, col rettore Giovanni Battista Martinelli.
Ampliò pure la fabbrica del seminario, cominciato al
principio del secolo per la munificenza del vescovo Barbarigo. Il vescovo
Morosini vi aggiunse la parte anteriore e la facciata artistica: architetto
di questa fu Ottone Calderari
vicentino; il quale, superando le difficoltà provenienti dalla irregolarità del
sito, vi ideò il magnifico atrio dorico, con di sopra bella loggia jonica:
nella volta di questa il Marcola vi
dipinse le costellazioni dell' emisfero superiore. A perennare le benemerenze
del vescovo Morosini fu coniata una medaglia con l'iscrizione:
JOANNES MOROSINI EPISCOPUS VERONENSIS
SEMINARII FRONTEM ET ADIECTAS AEDES
A FUNDAMENTIS EREXIT ANNO MDCCLXXXIX (e)
Nel 1782 il vescovo Morosini
volle pure riordinare, sotto le direttive di mons. Dionisi, il salone sinodale dell' episcopio adorno dai ritratti di 111 vescovi, dei quali 108 sono
del Brusasorzi; oltre quello di S. Pietro, che dà la missione a Sant'Euprepio(11). Dispiace che in questo riordinamento, o, meglio, nuovo
disordinamento, i nomi non sempre rispondano ai ritratti sovrapposti: così
sotto al ritratto dell'undecimo vescovo Siagrio,
avente in mano la lettera di Sant'Ambrogio
sulla vergine Indicia, sta la
scritta LVPICINVS.
Il Morosini
contribuì in gran parte all'inalzamento della sala della Biblioteca Capitolare; donò pure ad essa varie opere importanti, e
ne rese pubblico l'accesso. Il Capitolo in attestato della sua riconoscenza
fece erigere al Morosini ancor
vivente un busto nella sala superiore con relativa epigrafe(12).
Causa le tristi condizioni, in cui si trovava la chiesa di S. Vitale, nel giorno 25 agosto 1782,
fatta la giuridica cognizione delle reliquie di S. Metrone, le fece trasferire nella chiesa di S. Maria del Paradiso: ivi furono collocate sopra un bellissimo
altare con la iscrizione: « DIVO METRONO
SACRVM GENS HONORIA. »
Il nostro dovere di storici ci impone di esporre alcuni
punti poco decorosi per il nostro vescovo; e specialmente la sua lettera
pastorale diretta alle parrocchie della diocesi veronese soggette al dominio
dell'imperatore Giuseppe II: Avio, Brentonico, Borghetto e Pilcante.
Quella lettera, frutto dello spirito
giansenistico che era già penetrato nel cenobio di S. Giustina, fu un atto di estremo servilismo ai placiti
di Giuseppe II: il quale, non solo
la approvò, ma la fece trasmettere agli arcivescovi e vescovi della monarchia,
come norma alla quale tutti si dovessero conformare.
La lettera comincia con un esordio tutto cattolico: ma poi
deplora che certe istituzioni, da principio rette, si siano col tempo
intorbidate e corrotte. Tra queste deplora « la Confraternita della cintura (cingolo) di S. Francesco»
istituita dai padri del Terz'Ordine di
S. Francesco, così pure « quelle
compagnie del cuor di Gesù, che rivolgendo il loro culto esterno, non al
simbolico, ma al carnale cuore di Gesù, offrono ai fedeli un oggetto da
venerare ché non è Cristo, col dividere in varie parti le sua indivisibile
umanità congiunta alla sua divina Persona, che esser dee l'unico oggetto delle
nostre adorazioni, e fanno nascere dubbii, ... e sono non meno di scandalo ai
buoni, che agli increduli di derisione ».
Eppure in un avviso del 24 novembre 1780 avea con entusiasmo
raccomandato ai fedeli « la divozione e
l'amore verso l'adorabilissimo Cuore (con iniziale majuscola) di N. S. Gesù
Cristo ». Aggiunge che « vero abuso deesi nominare quello di
appendere, come si fa in alcune chiese dei Francescani nel giorno 2 agosto, una
tavoletta con la iscrizione toties quoties; ».
Conchiude: « Noi
pertanto, volendo opporci a tale inconveniente, trovandoci anche a ciò eccitati
da alcuni ottimi regolamenti dell'imperatore Giuseppe II, che ci vengono
accompagnati con lettere del governo di Innsbruck, dichiariamo e vogliamo
sciolte ed abolite tutte le confraternite del cuor di Gesù e del cingolo di S.
Francesco, e tutte le altre che non fossero state approvate da noi e dai nostri
predecessori, e non avessero ottenuto il sovrano assenso per erigersi in corpi
».(13).
Non abbiamo la data di questa Lettera; ma dovette essere
della fine dell'anno 1781 o del principio del 1782.
Dobbiamo pur dire di un punto oscuro; ed è quello
dell'assenza del vescovo Morosini in
occasione della venuta di Pio VI nei
giorni 11-13 maggio dell'anno 1782.
In generale le memorie di quel tempo dicono che il vescovo
dovette recarsi nel territorio padovano, pare a Praglia, per fare la cura
dell'acqua vergine, trovandosi colpito da malore grave e diuturno(14): L'arciprete mons. Giuseppe Muselli nella relazione scritta al vescovo, della
quale diremo nel capo seguente, narra un suo breve colloquio col Papa nel convento di Sant'Anastasia: « Gli dissi che V.a Eccell.a dimandava scusa
per mio mezzo se non si trovava a suoi piedi, attesa la sua sconcertata salute,
per la quale li Medici non le hanno permesso di poter venire. Al che il S. Padre umanissimamente rispose che
gli dispiaceva il mottivo, e che le significassi, che di ciò non se ne
prendesse alcuna pena »(15).
Però voci diffuse in Verona dicevano che l'assenza del
vescovo fosse dovuta al timore che egli aveva di rimproveri del Papa, a cagione
della pastorale surriferita.
La memoria manoscritta sopra citata dice che in occasione
dell'incontro presso la Porta S. Giorgio
il Papa chiese subito del vescovo, e che il canonico Morosini nipote del vescovo gli disse che per indisposizione era
andato ai bagni, e che il papa senz'altro disse: Ho inteso; lasciando travedere
che egli sapeva ogni cosa.
Un recente e celebre scrittore di cose nostre scrive: « Il vescovo Morosini per alcune transazioni
colle riforme giuseppine nella parte di diocesi soggetta all'impero, attirossi
qualche nota dalla Curia Romana: onde al passaggio di Pio VI trovassi assente
ed il Pontefice, rifiutatone il palazzo, alloggiò presso i Domenicani in
Sant'Anastasia »(16). Forse quel
malore fu provvidenziale.
Nel novembre del 1780 era arrivato a Verona per andare a Roma
il card. Pietro Colonna Panfili; il
quale, pur troppo, ospitato nell'albergo delle Due Torri, ivi si ammalò gravemente: dalle mani del vescovo
ricevette il viatico e l'estrema unzione, ed ivi morì il giorno 4 dicembre: fu
sepolto nella cattedrale davanti al tornacoro, dove sono sepolti altri
cardinali (17). Altra memoria
manoscritta nella Biblioteca comunale, quale motivo della partenza del vescovo Morosini, accenna questo, che egli non
avesse ospitato quel cardinale nel palazzo vescovile, e perciò ne temesse
rimproveri dal Papa. (f)
Un altro punto un po' oscuro è una circolare 18 novembre
1788 diretta a tutto il clero e popolo della città e della diocesi.
In essa, dopo aver raccomandato la devozione a Maria SS.,
deplora che in parecchie chiese siasi introdotta la devozione del mese di
maggio; e la disapprova, sia perché nei giorni feriali distrae i fedeli dalle
loro occupazioni domestiche, sia perché nei giorni festivi rende più limitato
il tempo della dottrina cristiana. Perciò dichiara « assolutamente sospesa e proibita la così detta devozione del mese di
maggio in tutte le chiese della città e della diocesi... Quando poi e come
siasi ristabilita questa pia pratica, per ora non ci consta».
(g)
Epigrafe posta
sulla tomba del cardinale, ora sulla parete a destra di chi entra in Duomo a
lato del primo altare: PETRO COLUMNAE
PAMPHILIO CARDINALI VERONAE DUM AD URBEM REDIRET EXTINCTO VIVO EXIMIIS ANIMI
INGENIQUE DOTIBUS ORNATO DE APOSTOLICA SEDE OPTIME MERITO ET QUAE PRAECIPUA LAUS EST INSIGNI
PIETATE VITAEQUE INNOCENTIA PHILIPPUS ET
FABRITIUS FRATRES INFAUSTI ITINERIS
COMITES PATRUO AMATISSIMO PP. ANNO MDCCLXXX VIXIT ANNOS LV.
NOTE
1 - Presso
FRANCESCATI, Explicatio casuum reservatorum, pag. 117 (Veronae 1837).
2 - Gli atti
delle visite del vescovo Giustiniani nell'Archivio della curia empiono dodici
volumi.
3 - Una
descrizione minutissima si ha presso BIANCO LINI, Chiese di Verona VIII,
pg. 211-219. - In tale circostanza la Compagnia della Madonna del popolo
pubblicò le Memorie storiche intorno l'antico culto di Maria Vergine nella
Chiesa Cattedrale di Verona, e le dedicò a mons. Nicolò Antonio
Giustiniani: meritano di esser lette, insieme con la descrizione di Biancolini.
4 - La ducale
presso BIANCOLINI, Chiese di Verona VIII, pag. 183.
5 - Sac. ANT.
PIGHI, Il mese di Maggio in Bollett. eccles. veron. 1920, pag.
75, e Pieve di S. Giovanni, pag. 6.
6 - Componimenti
poetici nel solenne ingresso di Mons. Morosini al Vescovado di Verona (Verona
1883).
7 - PIO VI, Bullarium
Rom. Num. LXXIII, Vol. I, pag. 186-190 (Prati 1847).
8 - G. MOROSINI, Omelia
per la pubblicazione dell'universale giubileo (Verona 1777).
Dell'attrizione accenna che, se essa è vero timore di ciò che si crede,
necessariamente include un principio di amore di Dio.
9 - L'ultimo
sinodo era quello celebrato dal vescovo Trevisani l'anno 1732.
10 - Synodus
Diocesana habita a D. D. Joanne Morosini Veronae 1783. - I decreti furono
ristampati a Verona l'anno 1876.
11 - LIRUTI, Dei
Vescovi della santa Chiesa Veronese, pag. 4-7.
12 - GIULlARI, Capitolare
Biblioteca di Verona, pag. 52, segg.
13 - La lettera
si trova intiera presso BERAULT - BERCASTEL, Storia del Cristianesimo, Lib.
XCVIII, Num. 88, tomo XXXV, pag. 55-60 (Venezia 1831); un sunto presso
HENRION, Storia Generale della Chiesa, Lib. X, Vol. XI, pag. 352 (Milano
1849).
14 - Nella
Biblioteca Comunale Mss. Sommacampagna B. III Num. 112, 113.
15 - Relazione
fatta dall'arco Muselli al vescovo Morosini, pubblicata dal can. GIULlARI Capit.
Bibliot. XXXII, e poi dal Capitolo per l’ ingresso di mons. Antonini,
arciprete dalla cattedrale (Verona 1899).
16 - BELVIGLIERI,
Verona e sua Provincia, in Illustr. Lombardo Veneto Vol. IV. pag.
551 (Milano 1859).
17 - Diamo
l'epigrafe posta sulla tomba del cardinale, ora sulla parete a destra di chi
entra in Duomo a lato del primo altare: PETRO
COLUMNAE PAMPHILIO CARDINALI VERONAE DUM AD URBEM REDIRET EXTINCTO VIVO EXIMIIS
ANIMI INGENIQUE DOTIBUS ORNATO DE APOSTOLICA SEDE OPTIME MERITO ET QUAE PRAECIPUA LAUS EST INSIGNI
PIETATE VITAEQUE INNOCENTIA PHILIPPUS ET
FABRITIUS FRATRES INFAUSTI ITINERIS
COMITES PATRUO AMATISSIMO PP. ANNO MDCCLXXX VIXIT ANNOS LV.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XX (a cura di Angelo
Orlandi)
a) Il I vescovo
Giustiniani aggiunse alla fabbrica del Seminario le due ali laterali al cortile
d'entrata, come appare dal suo stemma sulla porta che immette in una di queste
parti di fabbrica. Il disegno del seminario ne risultò radicalmente modificato,
rispetto al primitivo del Perini. Cf. V. MONTORIO, Il Seminario di Verona, Verona
1968, p. 16.
b) Buone
informazioni per conoscere le pratiche devozionali a Verona nel sec. XVIII si
hanno in C. BARBOLAN, Aspetti della vita di pietà nella chiesa veronese del
Settecento. Esame di un manoscritto della parrocchia di Mezzane di Sopra
(Verona), Verona 1987, pp. 141 e 33.
c) Il Morosini
era stato a Verona nel 1762 a tenere la predicazione di Avvento in cattedrale.
A ricordo fu stampata una raccolta di componimenti poetici, com'era uso del
tempo: Per il Padre Lettore D. Giovanni Morosini, elegantissimo oratore
nella Cattedrale di Verona l'Avvento MDCCLXII, Verona 1763, pp. 12. Di studi sull'episcopato del Morosini ci è
nota solo una tesi di laurea: G. JANES (Sr. F.c. Canossiana), Giovanni
Morosini (1719-1789): luci ed ombre. Tesi di laurea presso l'Istituto Universitario Pareggiato di Magistero « Maria
SS. Assunta» - Roma, anno accademico 1958-1959.
Torna molto utile anche quanto scrive d. Nello Dalle Vedove
nella sua opera sul B. Gaspare Bertoni; specialmente nel I volume: N. DALLE
VEDOVE, La giovinezza del ven. Gaspare Bertoni e l'ambiente veronese
dell'ultimo '700, Roma 1974.
d) Dall'annuario
diocesano risultano 16 le chiese consacrate dal Morosini:
Alpo, S. Ambrogio di V.P., Angiari, Borgo di Bonavicina,
Bussolengo, Caprino, Cavalo, Dolcé, S. Felice di Scovolo, S. Giovanni Lupatoto,
Lonato, Manerba, Pescantina, Puegnago,
Roncanova, Tarmassia. L'edilizia sacra
aveva avuto in quel periodo notevole sviluppo. Cf. A. ORLANDI, Rinnovamento
dell'architettura sacra nella diocesi di Verona nel XVIII secolo. Linee
indicative e fatti notevoli, in Paolo Soratini, architetto lonatese.
Catalogo della mostra e Atti del convegno: Lonato, Fondazione U. Da Como, 1980,
Brescia 1982, pp. 79-85.
e) Il Morosini
per questa fabbrica procurò personalmente i mezzi finanziari, poiché i lavori
non risultano nei registri dell' ordinaria amministrazione del Seminario.
f) È infondato
che il Papa abbia rifiutato l'ospitalità del Palazzo vescovile: al cominciar
del suo viaggio Pio VI aveva già stabilito di rivolgersi ai monasteri e ai
conventi per aver ospitalità e di non gravarne le diocesi e i vescovi. Quanto
alla morte del cardinale, il Morosini non era così inabile diplomatico da non
saper come diportarsi di fronte ad eventuali osservazioni. Quanto alla malattia
che lo tenne assente da Verona al passaggio del Papa, pare che fosse veramente
seria, se appena in agosto si era ripreso, come risulta dalla relazione sul
trasferimento della parrocchia di S. Vitale in S. Maria del Paradiso, avvenuto
il 25 agosto 1882. Cf. Ragguaglio del
trasporto della parrocchia di S. Vitale in S. Maria del Paradiso, Verona
1782, pp. 16. Quanto alle ragioni
portate per la proibizione del mese di maggio, non si può non riconoscerne la
ragionevolezza, poiché il pio esercizio si soleva tenere in ore del pomeriggio
e nel periodo in cui molti erano occupati specie per l'allevamento dei bachi da
seta e per altri lavori. Anche in seguito a motivo di ciò in molte parrocchie
si usò anticipare la pia pratica cominciando da metà aprile all'incirca.
g) Qui finiscono
le note stese da mons. Pighi. Aveva lasciato degli appunti per le ulteriori
notizie sull' episcopato del Morosini e per quello di mons. Avogadro: le
utilizzò mons. Angelo Grazioli per aggiungere qualche altro capitolo
nell'intento di trattare anche il seguito; ma non proseguì oltre l'episcopato
di mons. Grasser. Perciò gli ultimi
duecento anni della vita della nostra chiesa attendono ancora un profilo
sintetico e abbastanza completo.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II.
Nessun commento:
Posta un commento