Gli euroburocrati che decidono il destino del popolo italiano pensano che italiane ed italiani siano soltanto carne da macello, al massimo cavie per esperimenti non autorizzati dalla gente, ma che comunque vanno in onda sulla nostra pelle di esseri socialmente disuniti.
Dopo aver affondato impunemente per decenni centinaia di navi
dei veleni e migliaia di container zeppi di scarti pericolosi delle industrie
tedesche, francesi, elvetiche, olandesi eccetera – sempre a Bruxelles si
sono detti: perché scontentare Piemonte, Lazio, Campania e Basilicata, che si
terranno per sempre le scorie. E non fare una sorpresa alla Sardegna?
«Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura di
superficie, progettata sulla base degli standard IAEA e delle prassi
internazionali, destinata allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti
radioattivi a bassa e media attività».
Dunque, la prima menzogna del Governo italiano è che non ci
sarà un unico deposito nazionale. Infatti, per i rifiuti nucleari più
pericolosi, ad alta attività o se preferite di terza categoria, è previsto un
deposito di smaltimento geologico, vale a dire, nelle profondità delle terra.
In passato, lo Stato italiano ha nascosto una quantità
consistente di scorie nucleari, ben 350 metri cubi provenienti dalla centrale
atomica militare di Pisa (Camen, già Cresam infine Cisam) nella miniera di
Pasquasia in Sicilia (chiusa inspiegabilmente, seppure produttiva), dove ha
operato l’Enea per un esperimento in materia di confinamento di scorie nel
sottosuolo.
E’ sufficiente esaminare il primo inventario nazionale sulla
contabilità nucleare redatto dall’Enea nel 2000 e successivamente dall’Apat,
per appurare che dei 700 metri cubi sfornati dal reattore RTS 1, gestito dallo
Stato Maggiore della Difesa, mancano oggi all’appello appunto 350 metri cubi.
I depositi di rifiuti nucleari realizzati recentemente dalla
Sogin – a Trino, Saluggia, Bosco Marengo, Borgo Sabotino, Garigliano,
Trisaia - non sono “confinamenti temporanei” o momentanei, anche se le
autorità, gli esperti di regime unitamente agli ambientalisti venduti al
miglior offerente, lo vogliono far credere a tutti gli ingenui. Il settimo
deposito di superficie sarà impiantato in Sardegna. “Tanto i sardi si vendono
in cambio di qualche posto di lavoro, e poi sono già imbottiti di scarti
radioattivi che dai vasti poligoni militari sono fluiti nel ciclo biologico”,
hanno pianificato dall’alto quelli che comandano a casa nostra, beninteso per
conto terzi.
Altra menzogna di Stato: la quantità di scorie da allocare
nel predetto sito sardo. L’ultimo inventario nucleare dell’Apat tra rifiuti e
combustibile irraggiato, indica una quantità complessiva di 26.137
metri cubi. La Sogin, invece, ne ha già stimato 90 mila metri cubi.
Qual è la reale provenienza di ben oltre 60 mila metri cubi di scorie atomiche?
La risposta è scontata: l’Europa.
Basta una semplice ricerca e due minuti di tempo per appurare
che dietro le due direttive Euratom (2009/71 – 2011/70) si nascondono
nientedimeno che i soliti profittatori internazionali. La Svizzera,
ad esempio, non fa parte dell’Unione europea, ma detta legge in materia di
spazzatura nucleare, dopo aver già inondato il nostro Paese, con la sua
incontenibile immondizia chimica e nucleare
Fonte: da Jeda News
del 20 giugno 2014
SCORIE NUCLEARI: I
TRUCCHI PER CONTO TERZI DI NAPOLITANO E RENZI
di Gianni Lannes
Ma quanti saranno i depositi nucleari in Italia? Uno o più
di uno? Perché in Piemonte, Lazio, Campania, e Basilicata la
Sogin li ha già realizzati, dopo aver sperperato denaro pubblico, come ha
attestato la Corte dei Conti nel 2010 con delibera numero 36. Dunque, compreso
quello più grande in Sardegna, a conti fatti saranno effettivamente una
mezza dozzina, e forse anche di più, i siti che accoglieranno definitivamente
la spazzatura radioattiva. Ma quanta? A livello ufficiale danno sempre i numeri
al ribasso, ma non tornano mai. E non certo per garantire la sicurezza del
popolo tricolore, perché altrimenti avrebbero dovuto preoccuparsi in primo
luogo di una centrale nucleare bellica in Toscana, addirittura dimenticata
dallo Stato e da tanti governi tricolore. Tutta la frenesia istituzionale in
atto è solo supina obbedienza alla Commissione europea, non eletta dai popoli
europei, e in ossequio al Trattato di Lisbona che ha stracciato la nostra
Costituzione repubblicana.
A proposito: che sorte avrà la centrale nucleare militare
gestita a S. Piero a Grado (Pisa)
dallo Stato Maggiore della Difesa? La base del Cisam (ex Camen,
ex Cresam) sarà una discarica radioattiva a cielo aperto in riva al
Tirreno, immersa in una pineta? Che fine hanno fatto ben 350 metri cubi di
scorie nucleari ad alta attività (o se preferite di terza categoria, ossia
quelle più pericolose) delle 700 inventariate nel 2000 dall'Enea? Chi ha
autorizzato lo scarico in mare dei liquidi radioattivi del reattore Galileo
Galilei?
Reattore nucleare
militare Galilei a S. Piero a Grado (Pisa) - foto Gianni Lannes (tutti i
diritti riservati)
Che sincronia, che tempismo, che orologeria, insomma che
illuminati. Quasi all’ultimo momento, come sempre senza alcun coinvolgimento
popolare, in palese violazione della Convenzione europea di Aarhus - ratificata
dalla legge statale numero 108 del 16 marzo 2001 - alcuni mesi prima che sia
reso di dominio pubblico il luogo in cui verrà costruito il sito nazionale
delle scorie nucleari, dalla solita regia estera mandano in onda un colpo di
scena. Così, dopo aver complicato la normativa in moda da renderla quasi
incomprensibile e comunque contraddittoria, in materia di rifiuti nucleari, i
vertici statali eterodiretti hanno appena inventato l’ISIN, ossia
l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nazionale e la radioprotezione.
Infatti, il 10 aprile 2014 è entrato in vigore il decreto
legislativo 4 marzo 2014, numero 45: «Attuazione della direttiva
2011/70/EURATOM, che istituisce un quadro comunitario per la gestione
responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti
radioattivi (GU Serie Generale n.71 del 26-3-2014)». Il provvedimento emanato
dal capo abusivo dello Stato, Giorgio Napolitano, è stato controfirmato in
calce dal primo ministro Renzi e dai ministri. L’articolo 6 stabilisce
inequivocabilmente:
«… 1. L'autorita' di regolamentazione competente in
materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione e' l'Ispettorato nazionale
per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN). 2. L'ISIN svolge le
funzioni e i compiti di autorita' nazionale per la regolamentazione tecnica
espletando le istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le valutazioni
tecniche, il controllo e la vigilanza delle installazioni nucleari non piu' in
esercizio e in disattivazioni, dei reattori di ricerca, degli impianti e delle
attivita' connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile
nucleare esaurito, delle materie nucleari, della protezione fisica passiva
delle materie e delle installazioni nucleari, delle attivita' d'impiego delle
sorgenti di radiazioni ionizzanti e di trasporto delle materie radioattive
emanando altresi' le certificazioni previste dalla normativa vigente in tema di
trasporto di materie radioattive stesse. Emana guide tecniche e fornisce
supporto ai ministeri competenti nell'elaborazione di atti di rango legislativo
nelle materie di competenza. Fornisce supporto tecnico alle autorita' di
protezione civile nel campo della pianificazione e della risposta alle
emergenze radiologiche e nucleari, svolge le attivita' di controllo della
radioattivita' ambientale previste dalla normativa vigente ed assicura gli
adempimenti dello Stato italiano agli obblighi derivanti dagli accordi
internazionali sulle salvaguardie. L'ISIN assicura la rappresentanza dello
Stato italiano nell'ambito delle attivita' svolte dalle organizzazioni internazionali
e dall'Unione europea nelle materie di competenza e la partecipazione ai
processi internazionali e comunitari di valutazione della sicurezza nucleare
degli impianti nucleari e delle attivita' di gestione del combustibile
irraggiato e dei rifiuti radioattivi in altri paesi…».
Che strano. La legge 99 del 23 luglio 2009 (articolo 29)
aveva istituito l’Agenzia per la sicurezza nazionale. Poi,
inspiegabilmente, con il decreto Legge 6 dicembre 2011, convertito con Legge 22
dicembre 2011, numero 214, questo organismo è stato soppresso dal governo Monti
(un altro iscritto alle organizzazioni terroristiche Bilderberberg &
Trilateral) ed i relativi compiti sono stati in via temporanea attribuiti
all’ISPRA.
In ossequio alle imposizioni internazionali, sotto l’abusato
pretesto della sicurezza, il Consiglio dei Ministri presieduto da Enrico
Letta (affiliato all’organizzazione terroristica Bilderberg) numero 45 ,
mandato in scena il 17 Gennaio 2014, ha argomentato in malo modo:
«3) Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica
dei materiali nucleari. Il disegno di legge recepisce gli Emendamenti alla
Convenzione di New York del 3 marzo 1980 sulla protezione fisica dei materiali
nucleari. Le modifiche alla Convenzione si sono rese necessarie per la
rivalutazione del rischio nucleare anche a seguito degli eventi dell’11
settembre 2001, che ha portato ad un rafforzamento del regime internazionale
della protezione fisica attraverso la definizione di importanti emendamenti che
prevedono fattispecie criminose derivanti dalla rimozione non autorizzata e dal
sabotaggio delle installazioni e del materiale nucleare. Obiettivo degli
Emendamenti è estendere in maniera significativa il proprio raggio d’azione
nell’ambito del trasporto delle materie nucleari, nell’impiego generale delle
materie e nella protezione delle installazioni, con particolare attenzione al
concetto di sabotaggio».
Anche se il presidente del consiglio dei ministri pro
tempore, Matteo Renzi, non ha apposto un formale segreto di Stato, la
materia è inaccessibile ai comuni mortali. Eppure la premessa 31 e l’articolo
10 della Direttiva Euratom 2011/70 hanno stabilito senza alcun dubbio:
«La trasparenza è un fattore importante nella gestione
del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. La trasparenza dovrebbe
essere garantita tramite un’effettiva informazione della popolazione e la
possibilità per tutte le parti interessate, comprese le autorità locali e la
popolazione, di partecipazione ai processi decisionali conformemente agli
obblighi nazionali e internazionali… Gli Stati membri provvedono affinché le
necessarie informazioni sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti
radioattivi siano rese disponibili ai lavoratori e alla popolazione. Sono
altresì tenuti a provvedere affinché l’autorità di regolamentazione competente
informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese
accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli
obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in
particolare, la sicurezza, riconosciuti dalla legislazione nazionale o da
obblighi internazionali».
A tutt’oggi nessun atto è stato reso pubblico rispetto
all'individuazione, né criteri né studi, del sito del deposito unico nazionale;
anzi all’Ispra è stato vietato di rendere qualsivoglia informazione in merito.
Il 23 luglio 2012, il Ministero dello sviluppo economico, con una nota
trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e
all'Ispra, ha chiesto che l'Ispra avviasse entro il 31 dicembre 2012, ai sensi
dell'articolo 27 del decreto legislativo numero 31 del 2010, le attività per la
definizione dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale,
precisando che tale struttura è ritenuta di urgente necessità per il Paese.
L'Ispra (dipartimento nucleare, rischio tecnologico e
industriale) ha predisposto nel dicembre 2012 una versione preliminare dei
criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti
radioattivi, scegliendo di elaborarli sotto forma di guida tecnica 29 («Criteri
per la localizzazione di un deposito superficiale di smaltimento dei rifiuti
radioattivi a bassa e media attività»), ai sensi dell'articolo 153 del decreto
legislativo numero 230 del 1995, e successive modificazioni e integrazioni. La
versione preliminare della guida tecnica è stata inviata, il 18 febbraio 2013,
ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare. Successivamente l'Ispra ha sottoposto la suddetta guida
tecnica ad un processo di revisione internazionale. In seguito, il 19 dicembre
2013, l'Ispra ha trasmesso ai Ministeri dello sviluppo economico e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una versione aggiornata
della guida tecnica, predisposta sulla base degli esiti del confronto
effettuato con le autorità di sicurezza nucleare di Paesi europei, che già
eserciscono analoghe strutture di deposito, nonché di una revisione
internazionale effettuata dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica
(Aiea).
Ora viene un'altra sorpresa, la direttiva 2011/70, a cui si
richiamano Napolitano e Renzi, infatti:
«non si applica a) ai rifiuti provenienti dalle industrie
estrattive che possono essere radioattivi e che rientrano nell’ambito di
applicazione della direttiva 2006/21/CE; b) agli scarichi autorizzati. 3.
L’articolo 4, paragrafo 4, della presente direttiva non si applica: a) al
rimpatrio di sorgenti sigillate dismesse al fornitore o fabbricante; b) alla
spedizione del combustibile esaurito di reattori di ricerca ad un paese in cui
i combustibili di reattori di ricerca sono forniti o fabbricati, tenendo conto
degli accordi internazionali applicabili; c) ai rifiuti e al combustibile
esaurito dell’attuale centrale nucleare di Krško, nel contesto di spedizioni
tra Slovenia e Croazia. 4. La presente direttiva fa salvo il diritto di uno
Stato membro o di un’impresa di tale Stato membro di restituire i rifiuti
radioattivi trattati al paese di origine, se: a) i rifiuti radioattivi devono
essere spediti a tale Stato membro o impresa per il trattamento; oppure b)
altri materiali devono essere spediti a tale Stato membro o impresa allo scopo
di recuperare i rifiuti radioattivi. La presente direttiva fa altresì salvo il
diritto di uno Stato membro o di un’impresa nello Stato membro cui debba essere
spedito combustibile esaurito destinato al trattamento o al ritrattamento di
restituire al paese di origine i rifiuti radioattivi recuperati con
l’operazione di trattamento o ritrattamento o un prodotto equivalente
concordato».
La deriva militare inizia nel Belpaese il 21 novembre 2002,
quando il piduista Silvio Berlusconi nomina presidente della Sogin il
generale Carlo Jean, già consigliere militare del presidente Cossiga e
collaboratore della rivista Aspenia (l’Aspen Institute Italia è finanziato
dalla fondazione Rockefeller). Con un decreto del 14 febbraio 2003, Berlusconi
dichiara lo stato di emergenza per il nucleare in Italia e conferisce a Jean i
poteri speciali di commissario straordinario. Il provvedimento viene pubblicato
in Gazzetta ufficiale il 12 marzo 2003 (numero 59). Con questo atto ed i
successivi provvedimento il generale Jean riceve l’autorità necessaria a
violare, su propria insindacabile decisione, ben 21 tra leggi e decreti
ministeriali, in materia di tutela ambientale e sanitaria. Poteri degni di uno
Stato di guerra, ma in tempo di pace. Un passo addirittura peggiore il governo
Berlusconi - grazie all'immancabile distrazione del centro sinistra - lo compie
il 13 novembre 2003, quando il Consiglio dei ministri sceglie come deposito
nazionale dei rifiuti radioattivi un paese della Basilicata, Scanzano Jonico. A
poca distanza dal centro abitato, in riva al mar Jonio, ad 800 metri di
profondità, verranno sepolti materiali pericolosi per 150 mila anni. Il
cimitero atomico, spiega il comunicato del Governo, sarà pronto entro il 2008 e
costerà più di mezzo miliardo di euro. I parlamentari della maggioranza di
centro destra giustificano questa oscura manovra, avvenuta senza alcuna
consultazione delle popolazioni locali, con la necessità di mettere le scorie
al riparo dalla minaccia del terrorismo internazionale. Che l’emergenza
terrorismo sia un banale pretesto lo dimostrano i tempi di realizzazione del
deposito delle scorie, indicati dal governo e dalla Sogin in 5 anni. Una
manovra antidemocratica, tuttavia scongiurata in Lucania dalla mobilitazione
popolare.
Che analogie, che similitudini con l’attualità renziana. Il
decreto-legge 14 novembre 2003, numero 314 (“Disposizioni urgenti per la
raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza,
dei rifiuti radioattivi”) del governo Berlusconi, poi convertito in legge 24
dicembre 2003, all’articolo 1 recitava:
«Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi 1. La
sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, come definiti dall'articolo
4, comma 3, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, degli elementi di
combustibile irraggiati e dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli
rinvenienti dalla disattivazione delle centrali elettronucleari e degli
impianti di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto
delle condizioni di sicurezza e di protezione della salute umana e
dell'ambiente previste dal citato decreto legislativo n. 230 del 1995, e'
effettuata presso il Deposito nazionale, opera di difesa militare di proprietà
dello Stato, il cui sito, in relazione alle caratteristiche geomorfologiche del
terreno, e' individuato nel territorio del comune di Scanzano Jonico, in
provincia di Matera. 2. La Società gestione impianti nucleari (SOGIN S.p.a.),
nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 2 in ordine alle modalità di
attuazione degli interventi, provvede alla realizzazione del Deposito nazionale
dei rifiuti radioattivi, opera di pubblica utilità, dichiarata indifferibile ed
urgente, che dovrà essere completata entro e non oltre il 31 dicembre 2008».
Sogin è la società del ministero del tesoro costituita nel
1999, e ha come missione lo smantellamento (decommissioning) degli impianti
nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi. Domanda d’obbligo, dopo tanta
confusione alimentata ad arte dallo Stato: alla fine dei conti quanti sono
effettivamente i depositi nazionali di scorie nucleari? La Sogin scrive:
«Le installazioni nucleari interessate dal
decommissioning sono le quattro ex-centrali nucleari italiane di Trino, Caorso,
Latina e Garigliano e gli impianti Enea di Saluggia, Casaccia e Rotondella e
l’impianto Fabbricazioni Nucleari (FN) di Bosco Marengo. Sogin, operativa dal 2001,
diventa Gruppo nel 2004 con l’acquisizione della quota di maggioranza, del 60%,
di Nucleco SpA1, l’operatore nazionale specializzato nella gestione integrata
dei rifiuti radioattivi e delle sorgenti provenienti dalle attività
medico-sanitarie e di ricerca scientifica e tecnologica. Nel 2010, il decreto
legislativo n. 31 del 15 febbraio ha affidato a Sogin il compito di
localizzare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico e il Deposito Nazionale
dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività nucleari, industriali, di
ricerca e di medicina nucleare».
Dunque, non figura la centrale nucleare militare a San Piero
a Grado (Cisam) in provincia di Pisa. Ed in ogni caso, sono già stati
realizzati una mezza dozzina di depositi nazionali, di certo non temporanei. Il
che vuol dire, che come nel caso delle centrali nucleari, che le scorie ad alta
attività giaceranno in maniera temporanea, nei siti dove sono state prodotte.
Quante scorie
nucleari giacciono stoccate sul nostro territorio? In varie zone
dell’Italia sono stoccati circa 60 mila metri cubi di rifiuti radioattivi e più
di 298,5 tonnellate di combustibile irraggiato. Molti di questi provengono
dalle quattro centrali nucleari dismesse: Borgo sabotino (Latina), Garigliano
(Caserta), Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza) che da sole hanno prodotto ben
55 mila metri cubi di scorie. Impianti chiusi perché al termine del ciclo
operativo o per guasti tecnici ed incidenti, e non certo come si vuol far
credere, in base al referendum popolare del 1987. Dall’analisi dei giudici
contabili viene fuori inoltre che per il decommissioning «nel 2008 sono
stati sostenuti costi per 46,4 milioni di euro», manutenzione esclusa. Con un
bilancio netto «aumentato del 334%, raggiungendo 1.577 migliaia di euro
rispetto ai 393,4 del 2007» e utili per «8,6 milioni di euro (contro i 4 del
2007)». Durante il 2009 dagli oneri sulle bollette elettriche sono arrivati 450
milioni per lo smantellamento del nucleare. La Corte dei Conti aggiunge anche
che l’Agenzia delle dogane a maggio 2008 ha condotto «una verifica sulle
fatture intracomunitarie registrate nel 2006, conclusasi con la redazione di un
processo verbale di constatazione». Il Fisco ha contestato alla Sogin due
infrazioni, una delle quali «riguarda il mancato inserimento nei mesi di febbraio,
giugno e agosto 2006 di acquisti (intracomunitari) effettuati da un fornitore
Belga». Ipotizzando un’evasione dell’Iva. La Sogin deve completare lo
smantellamento entro il 2024. Per quella data la società è tenuta a
riconsegnare i siti «senza vincoli radiologici». ;Ma è decisamente improbabile
che rispetti quella scadenza.
Post scriptum
Egregi Napolitano e Renzi gli articoli 76 e 77 della
Costituzione stabiliscono che l'esercizio della funzione legislativa non può
essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri
direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
riferimenti:
Fonte: da SU LA
TESTA di
GIANNI LANNES del 24 aprile 2014
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