Barbara Spinelli
Fonte: Lo Spiffero
È un vero e proprio terremoto quello che si è abbattuto sulla “lista
Tsipras” in seguito alla scelta di Barbara Spinelli di non rinunciare al seggio
al Parlamento Europeo, come invece aveva annunciato prima delle elezioni. A
farne le spese è stato il giovane Marco Furfaro, che con le dimissioni sarebbe
andato al Parlamento europeo. Così Furfaro ha scritto in una lettera aperta:
“sono amareggiato, non lo nascondo. Ma non importa se sono, anzi, siamo, perché
con me c’era Eleonora Forenza (candidata del Prc), stati trattati come carne da
macello”. Carne da macello, appunto.
Personalmente, non sono di Sel, partito tra quelli che peraltro
ritengo tra i peggiori oggi in circolazione, per ragioni molteplici che non ho
qui il tempo di esporre: per farla breve, Sel e Vendola pensano che il massimo
di emancipazione possibile sia il matrimonio gay.
Il comunismo, per costoro, non è più Marx, ma Vladimir Luxuria.
Si tratta, ovviamente, dell’ennesima presa in giro ai danni dei
giovani precari, disoccupati e senza diritti sociali: al danno della miseria
cui sono costretti dalla struttura capitalistica si aggiunge la beffa della
sovrastruttura della sinistra, che ripete loro che l’emancipazione non è la
lotta per il lavoro e per i diritti sociali, ma il matrimonio gay, l’eutanasia
e magari anche la possibilità di cambiare chirurgicamente sesso. Tutto ciò
farebbe ridere, se non facesse piangere: è l’apice della parabola terminale
della sinistra italiana.
Ad ogni modo, precisato il mio disgusto per Sel (momento culminante
del serpentone metamorfico Pci-Pds-Ds-Pd), mi sento in dovere di fare la mia
piena solidarietà a Marco Furfaro, preso in giro da Barbara Spinelli e
dall’orrenda generazione dei Sessantottini, la più sciagurata dal tempo dei
Sumeri ad oggi.
È l’orribile generazione passata dall’universalismo proletario
all'universalismo imperialistico con bombardamento etico incorporato. Sto
esagerando? Non credo.
Si consideri la biografia di Massimo D’Alema e se ne avrà una triste
conferma: sì, la biografia di colui che nel 1968 si agitava scompostamente per
il proletariato e che nel 1999, altrettanto scompostamente, si agitava in nome
del bombardamento del Kosovo.
Si tratta di una generazione di falliti e di “ultimi uomini” (Nietzsche) che, non di meno, continua a ipotecare -
chissà per quanto tempo ancora - il futuro delle nuove generazioni.
L’ultimo uomo – Nietzsche docet
– è il nichilista che sa della morte di Dio e ne approfitta per fare
liberamente tutto ciò che gli pare, magari anche bombardando il Kosovo in nome
dei diritti umani…
Del resto, l’odierna sinistra
sta a Marx e al suo progetto di emancipazione come il banchiere Marcinkus sta
al “discorso alla montagna” di Cristo.
Fonte: visto su Arianna Editrice del
17 giugno 2014
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