La sinistra? Dovrebbe lottare per recuperare la sovranità
nazionale. Lo fa invece quella che viene ancora definita “destra”, cioè il
Front National di Marine Le Pen, organizzazione che si batte apertamente contro
l’Unione Europea per difendere i lavoratori francesi dal regime Ue-euro, che
produce «povertà e sottomissione alle misure autoritarie calate dall’alto della
tecnocrazia di Bruxelles».
Sinistra sovranista? Macché. «Il problema – osserva Enrico
Grazzini – è che il socialismo europeo è ormai profondamente compromesso con questa
Europa liberista e
della finanza».
Grazzini parla di «ritardo culturale e politico nei confronti dell’Europa reale» anche da
parte della “sinistra radicale”, ovvero «la sinistra aristocratica italiana»,
che «sottovaluta i guasti dell’Europa
reale e dell’euro e sogna la democrazia
dell’Europa federata
e di uno Stato federale: rischia così di rimanere elitaria, isolata e senza
troppo popolo (e voti)», e lascia il bottino elettorale a quello che sempre
Grazzini definisce «il populismo né di destra né di sinistra di Grillo».
L’Italia è allo stremo, riconosce l’analista di “Micromega”:
neppure la crisi del
‘29 era stata così violenta. Oggi le famiglie non sanno come arrivare alla fine
del mese, la disoccupazione e la povertà
dilagano, i giovani non trovano lavoro e non hanno prospettive. E l’opposizione
di sinistra? Non pervenuta: «Chiede con grande moderazione “meno austerità” e
“più democrazia
in Europa”».
Ridicolo, di fronte all’attuale catastrofe. Martin Schulz,
l’euro-candidato del Pd, «dice che occorre invertire la rotta e fare finalmente
le riforme per lo sviluppo, ma non fa nessuna autocritica sulla folle austerità
imposta dalla sua alleata di governo Angela Merkel».
Lo stesso presidente del Parlamento Europeo «giustifica ed
esalta l’euro di Maastricht e tace sul fatto che con questi trattati e con il
Fiscal Compact uscire dalla crisi
è impossibile». Aggiunge Grazzini: «Questa Europa fa male, molto
male. Ormai una forte minoranza dell’opinione pubblica che sta diventando
maggioranza non sopporta più l’euro ed è sempre più critica verso questa Ue che
impone una crisi che
non finisce più».
L’elettorato si sta polarizzando e radicalizzando, e mentre
dilaga «la rabbia contro questa Europa
della disoccupazione e della povertà». Problema: se i ceti popolari votano
massicciamente “a destra”, significa che la sinistra è considerata disattenta
o, peggio, complice del sistema. La sinistra di potere: quella che cantava le
lodi dell’euro e delle “magnifiche sorti e progressive” dell’Unione Europea, il
mostro giuridico di Maastricht che sta radendo al suolo intere nazioni, intere
economie, con politiche antidemocratiche e ferocemente liberiste, che aggravano
la crisi. «Queste
politiche, senza abolire Maastricht, sono irriformabili», conclude Grazzini.
«Per uscire dalla crisi
è necessario rivendicare la sovranità economica e monetaria degli Stati».
Beninteso: sovranità parziale, per quanto consentito dalla globalizzazione. La
sovranità a cui pensa Grazzini non va confusa col nazionalismo della Le Pen o
l’isolazionismo britannico: «Battersi per la sovranità nazionale deve
significare semplicemente che esigiamo la democrazia e non
vogliamo essere diretti da tecnocrazie opache asservite allafinanza e ai governi
dei paesi dominanti».
Solo recuperando l’autonomia degli Stati in campo economico
e monetario, nonché la sovranità nazionale in campo politico, è possibile
difendersi, in sintonia con gli altri popoli europei oppressi dal regime di
Bruxelles. Ma è inutile sperare che la sinistra italiana cambi posizione:
«Scartata l’ipotesi di uscire unilateralmente dall’euro, considerata come
catastrofica», nella sinistra «prevale l’allineamento alle tesi pro-euro e
pro-Ue».
L’euro, la moneta unica prevista per tutti i 28 stati
dell’Unione Europea ma utilizzata solo da 12 paesi, sul piano economico «è una
solenne bestemmia: infatti significa che 12 paesi molto differenti, dalla
Spagna alla Germania, dall’Italia all’Olanda, dal Portogallo alla Lettonia,
sono soggetti allo stesso tasso di interesse, devono avere la stessa base
monetaria e subiscono lo stesso tasso di cambio verso i paesi extraeuropei».
Ovvio che non funziona: «Un paese che corre troppo, in cui l’inflazione è
elevata, ha bisogno di alti tassi di interesse; invece un altro paese (come
l’Italia) che è fermo necessita di tassi bassi per stimolare gli investimenti.
Un paese come la Germania può riuscire ad esportare con l’euro a 1,40 sul
dollaro; altri paesi invece con lo stesso tasso di cambio non riescono più ad
esportare e a compensare l’import, e sono quindi costretti ad accendere
debiti».
La moneta unica fa esplodere le differenze, aggravando gli
squilibri: «La Germania diventa sempre più competitiva; gli altri paesi invece
perdono industria». La Germania impone una politica deflattiva
per ridurre i deficit altrui e per garantirsi che le siano restituiti i debiti,
«ma la politica
deflattiva comprime l’economia,
provoca la crisi
fiscale dello Stato, la disoccupazione, la precarizzazione del lavoro, la
riduzione dei redditi, della domanda e degli investimenti». Risultato: diventa
sempre più difficile restituire i debiti. «Non a caso, i debiti pubblici dei
paesi mediterranei continuano ad aumentare inesorabilmente nonostante
l’austerità». Perché ostinarsi a non riconoscere la verità? Secondo Grazzini,
«per molta parte della sinistra il sogno di un’Europa unita e federata,
degli Stati Uniti d’Europa,
ha sostituito il sogno fallito del comunismo. La sinistra ha perso la testa e
si è innamorata perdutamente dell’idea
di Europa, una Europa che però la
tradisce spudoratamente con la finanza».
Se però questo vale forse per la base elettorale della
sinistra, secondo molti altri analisti i leader del centrosinistra italiano
sono stati semplicemente cooptati dall’élite franco-tedesca: hanno trascinato
l’Italia nella catastrofe dell’Eurozona, sperando di guidare la Seconda Repubblica
dopo il crollo del vecchio sistema Dc-Psi, funzionale alla guerra fredda e
liquidato da Mani Pulite. Troppo sospetta, la reticenza del centrosinistra di
fronte al disastro dell’Unione Europea – guidata peraltro anche da uomini come
Romano Prodi, advisor della Goldman Sachs benché uomo simbolo dell’antagonismo
contro Berlusconi.
Ora siamo all’ultima mutazione genetica, quella di Matteo
Renzi: che per prima cosa vara il Jobs Act, cioè la frammentazione del lavoro
super-precarizzato, in ossequio ai dettami (“riforme strutturali”) che l’élite
europea ha imposto, piegando gradualmente i sindacati. «Insieme al lavoro si
svaluta anche il capitale nazionale», avverte Grazzini. «Così è più facile per
le aziende estere conquistare le banche e le industrie di un paese in debito,
magari privatizzate in nome dell’Europa:
e così i paesi più deboli cadono nel sottosviluppo, nella subordinazione e
nella povertà».
Sempre secondo Grazzini, la sinistra che si vorrebbe
marxista o alternativa «non si accorge del pericolo», neppure di fronte
all’assalto di Telefonica verso Telecom. Eppure, «il patriottismo economico è
necessario per contrastare la globalizzazione selvaggia». Patriottismo
economico: non è forse la parola d’ordine del Front National che la sinistra
italiana continua a emarginare come vieta espressione sciovinista, xenofoba e
fasciosta? «Si dice che gli Stati non contano più nulla – scrive Grazzini –
perché la finanza
ormai è globalizzata e quindi l’Europa
e l’euro sono necessari per difendersi dalla globalizzazione».
Favole: l’euro e l’Ue sono esattamente gli ostacoli che
hanno frenato la nostra economia.
La riprova: «I paesi europei che non hanno adottato l’euro (Gran Bretagna,
Svezia, Danimarca, Polonia) e hanno una loro moneta nazionale stanno molto
meglio di noi. In Italia in cinque anni di crisi abbiamo perso circa
l’8,5% del Pil e il 30% degli investimenti». I redditi crollano, la
disoccupazione dilaga, un terzo delle famiglie è a rischio povertà, ma l’Ue
impone i tagli alla
spesa pubblica e il Fiscal Compact, facendo esplodere il debito pubblico che – senza
moneta sovrana – ci scava la fossa giorno per giorno.
Democrazia?
Scomparsa dai radar. «Nessuno della Troika (Commissione Ue, Bce, Fmi) è stato
eletto dai cittadini».
Il Parlamento Europeo? «Non ha praticamente poteri: serve
soprattutto a dare una patina di legittimità alle decisioni della Commissione».
Un referendum sull’euro? «Sarebbe giusto farlo. In Francia e
in Olanda i popoli si sono già espressi contro una falsa Costituzione Europea
per salvaguardare la loro sovranità. E la Svezia e la Danimarca con un
referendum hanno deciso di non entrare nell’Eurozona. Beati loro». La Polonia
ha rimandato l’ingresso nell’euro, la Gran Bretagna si tiene stretta la
sterlina.
«Solo recuperando la sovranità nazionale è possibile che i
popoli possano difendersi dalle politiche neocoloniali della Ue e sperimentare
nuovi modelli di sviluppo sostenibile: senza sovranità nazionale non ci può
essere neppure un’ombra di democrazia».
Questo lo dicono Matteo Salvini della Lega Nord e Giorgia Meloni di “Fratelli
d’Italia”. «Purtroppo – ammette Grazzini – buona parte della sinistra ritiene
che la sovranità nazionale sia da demonizzare perché sempre di destra».
Fonte: visto su LIBRE del 30 aprile 2014
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