Dal testo di Francesco Zanotto
... Spedito questi in
Italia dall'Imperatore Giustiniano I contro Totila re Goto, minacciante
Ravenna, giunto era colla sua oste a Aquileia. Senonchè trovò ivi impedimento
al suo cammino, mentre il barbaro avea fatto tagliare le strade e romper gli
argini de' fiumi, i quali colle acque loro allagato aveano il territorio di
Padova, e il basso di Verona e di Adria fino al Po. Quindi non rimanevagli che
la via del mare, per correr la quale ebbe d'uopo ricorrere a' Veneziani,
affinchè lo fornissero di mezzi per trasportar la sua oste ... "
ANNO 552
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Cresciuto in
popolazione ma anche in capacità di autodifesa e a volte di vera iniziativa
militare, l'agglomerato veneto in laguna divenne centro di riferimento per le
forze bizantine in Italia. E per ottenere libertà di movimento i generali di
Bisanzio dovettero chiedere aiuto agli abitanti delle isole ...
3 - LA SCHEDA STORICA
Stabilitisi nelle isole lagunari i nuovi abitanti
assistevano impotenti, ma almeno al sicuro, allo sfacelo dell'Impero. Il governo dell'Italia era caduto nelle mani dei
generali barbari mentre la tragedia si consumava nel più totale disinteresse
dell'imperatore d'Oriente.
Nel 476 Odoacre re degli Eruli, dimetteva l'ultimo
imperatore fantoccio d'Occidente, Romolo Augusto, rimettendo all'imperatore di
Costantinopoli le insegne imperiali. Era la fine ufficiale dell'Impero romano
dei Cesari. Anche i 'barbari" riconoscevano ormai un'unica autorità,
quella appunto di Bisanzio.
E così, nella più totale anarchia, le popolazioni lagunari provvedevano
ad organizzarsi con l'individuazione in ciascuna isola di un proprio
rappresentante, il tribuno. Ogni isola, del resto, costituirà almeno fino
all'XI-XII secolo una realtà autonoma e svincolata dalle isole vicine. Erano
dei piccoli centri, quasi dei piccoli municipi che trovavano nel tribuno il
loro locale rappresentante ed amministratore.
La forte indipendenza goduta dalle singole isole, trova
conferma nelle stesse modalità con cui i nuovi arrivati potevano impiantarsi
nelle varie zone prescelte. Il diritto di proprietà, non ancora regolato da
alcuna autorità centrale era diretta conseguenza di quella occupazione.
Gruppi di fuggiaschi,
per lo più legati da vincoli famigliari o di amicizia' approdavano a questo o a
quel lido occupandolo e diventando tra loro "consorti" (compagnones)
e vicini di quel fondamento.
Erano forse dodici le isole in quegli anni con un loro
tribuno che aveva il compito principale di amministrare la giustizia civile e
penale nella propria isola. Formalmente e ancora di fatto dipendenti
dall'impero bizantino attraverso il controllo dell'esarca ravennate che vi
aveva provveduto a far eleggere un duca, le isole lagunari andavano intanto
gradatamente organizzandosi.
Vivere in un ambiente difficile
Non dev'essere stato facile per gente abituata a vivere
nelle città adattarsi ad un ambiente come quello lagunare. Si doveva arginare, bonificare,
canalizzare rivi, prosciugare paludi e i piccoli laghi. C'era da strappare al
mare e alle paludi lembi di terra per poterla coltivare mentre si provvedeva a
collegare le isole sino ad allora abitate con rudimentali ponti di legno.
Alle case di legno e paglia
su straducole di terra prive di selciato, iniziavano così ad alternarsi i primi
piccoli campi coltivati, i mulini e le saline, segno di una comunità in
fervente crescita.
L'alto livello organizzativo e l'importanza raggiunti dalla
nascente comunità lagunare già alla fine del V secolo, sembrano trovare
conferma dalla richiesta scritta ai tribuni da parte di Cassiodoro per conto
del re Teodorico, affinché questi prestassero il loro aiuto ed assistenza nel
trasporto di alcune vettovaglie dall'Istria a Ravenna attraverso un percorso
reso estremamente pericoloso ed incerto per la presenza dei corsari slavi.
Il ricorso all'aiuto dei veneti delle isole, lascia ben
supporre che per quella data le popolazioni lagunari avessero già in qualche
modo arginato vittoriosamente le azioni piratesche che da sempre infestavano
l'alto Adriatico. E ancora alle popolazioni delle isole si rivolse il generale
bizantino Belisario nel 538 quando le sue navi si trovarono invischiate nei vasti
pantani della zona.
Un gran favore a Bisanzio
Da tre anni i Goti di
Teodorico si scontravano con gli eserciti bizantini per il dominio della
penisola in una guerra destinata a durare per circa vent'anni e che porterà con
sé morte, carestie e pestilenze nell'intera bassa padania. Ora, l'imperatore
Giustiniano aveva provveduto a mandare in Italia un altro suo valente generale,
Narsete, per contrastare efficacemente l'azione dei Goti guidati invece da
Totila che era riuscito niente meno che a conquistare Roma.
Questi, per impedire l'avanzata del generale bizantino verso
la città di Ravenna sede dell'Esarcato, aveva fatto tagliare tutte le strade e
rompere gli argini dei fiumi che allagarono così tutto il territorio di Padova
fino ad Adria. Chiusa la via terrestre, a Narsete non restava che tentare la
via marittima che richiedeva inevitabilmente l'intervento anche dei Veneziani .
Accolto a Rialto, Narsete chiese ai tribuni delle isole le
imbarcazioni più adatte all'impresa facendo voto di erigere due chiese qualora
fosse tornato vittorioso sui Goti, fatto che puntualmente si verificò.
Tornato così a Venezia, Narsete provvederà a dare inizio
alla promessa costruzione delle due chiese, la prima dedicata a S.Teodoro e
destinata a venir inglobata nella futura basilica di S.Marco, la seconda
dedicata a S.Giminiano sul lato opposto della futura Piazza S.Marco allora
ancora tagliata nella sua larghezza da un canale, il Batario, solo più tardi
interrato.
Questa chiesa, già riedificata successivamente su di un'area
notevolmente più arretrata, verrà infine distrutta per poter costruire il
palazzo che ancora oggi chiude sul fondo la piazza.
Così la tradizione, ma resta il fatto che la comunità
lagunare attorno agli inizi del VI secolo doveva aver raggiunto già un notevole
grado di sviluppo.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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