Prof. Matteo Saudino
Egregio Ministro Poletti,
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere. Mi sono laureato,
ho preso due abilitazioni a numero chiuso, ho fatto un concorso nazionale e
sono precario da 13 anni (assunto il primo di settembre e licenziato il 30
giugno) non tanto perché volevo far l’insegnante, ma per godermi tre mesi di
vacanze estive, oltre ovviamente a quelle natalizie, pasquali, di carnevale e
ai ponti dei santi, dell’immacolata, del 25 aprile, del primo maggio e del 2
giugno. Peccato non si stia a casa anche il giorno della festa della mamma, del
papà, della donna e magari dei nonni.
Egregio ministro Poletti,
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere, la volgarità e la
disonestà intellettuale che caratterizza lei e tutto il governo Renzi è
squallida e imbarazzante, sintomo di un paese sempre più allo sbando, retto da
personaggi di piccolo cabotaggio, corrotti, prepotenti e mediocri.
Probabilmente signor Ministro lei è troppo impegnato in cene
e feste con importanti esponenti di Mafia Capitale per conoscere la professione
dei docenti e la realtà in cui vivono gli studenti italiani; altrimenti saprebbe che il numero di giorni
di scuola in Italia è pari a quello dei principali stati europei (Germania,
Francia, Spagna. ..).
Le vacanze sono solo distribuite in modo diverso.
Se conoscesse le condizioni in cui versano gli edifici
scolastici italiani e l’ubicazione geografica del Paese che governa, saprebbe,
inoltre, che andare a scuola a luglio e agosto nella maggior parte delle città
(Napoli, Bari, Palermo, Roma, Sassari, Milano) sarebbe impossibile.
Infine, signor Ministro, le ricordo che ormai anche il mio
macellaio di fiducia (purtroppo sono carnivoro) non pensa che un insegnante
faccia tre mesi di vacanza. Tra esami di stato, esami di riparazione, riunioni
e programmazione le ferie dei docenti (trenta giorni più le domeniche) si
concentrano per lo più da metà luglio al 31 agosto.
Comunque Egregio Ministro e Esimio Premier, fate bene ad
umiliare costantemente noi insegnanti. Ce lo meritiamo. Negli ultimi decenni
abbiamo accettato tutto supinamente: blocco salariale, classi pollaio,
precarietà, aumento dell’orario di lavoro, edifici insicuri, cattedre
spezzatino e concorsi truffa.
Ed ora, sprezzanti ma con il sorriso sulle labbra, state
realizzando la privatizzazione della scuola e la sua trasformazione in
un’azienda senza che il corpo docente italiano dia un sussulto di vitalità. Tra
chi aspetta la pensione e chi pensa che un salario fisso anche se basso è
meglio che niente, tra chi è stanco di lottare e chi si considera
intellettuale, tra chi “tanto mio marito è un dirigente o libero
professionista” e chi è solo e disperato, tra chi “o si blocca il paese per
settimane o uno sciopero non serve a nulla” e chi ” ora servirebbe la
rivoluzione”, gli insegnanti stanno assistendo inerti e rassegnati alla lenta
morte della scuola pubblica, democratica e costituzionale.
Il nostro silenzio è complice. E non basta più (se mai è
servito a qualcosa) sfogarsi solo sui social network.
Per chi non si vuole arrendere non vi è altra strada che la
lotta, per la nostra dignità e per il futuro dei nostri figli e dei nostri
studenti.
Una terza via non ci è data.
Matteo Saudino,
docente di storia e filosofia a Torino.
Libero pensatore e
cittadino del mondo.
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