G) L’ECUMENISMO
Non c’è dubbio che, con la liturgia, un mutamento, una
novità nata dal Concilio Vaticano II sia il nuovo ecumenismo. Non che
l’ecumenismo in sé sia una novità, ma tale è se si considera la prassi
rivoluzionaria che è stata messa in atto.
L’ecumenismo è la spinta a ricomporre l’unità di tutte le
fedi cristiane, che nel tempo si è lacerata. La partenza è nel Vangelo e
precisamente nella preghiera di Gesù al Padre durante l’ultima cena, in cui
chiede al Padre che i suoi seguaci “Siano tutti una cosa sola”.
Il desiderio di Gesù è da prendere sul serio, ciononostante,
fin dai tempi apostolici non sono mancati coloro che pur non avendone il titolo
si sono permessi di fare opposizione alla Chiesa seminando teorie eretiche e
costringendo i legittimi pastori ad intervenire per confutarle e chiarire la
dottrina che Cristo ci ha consegnato. Purtroppo molti di costoro sospinti
dall’orgoglio, nonostante gli inviti di Santa Madre Chiesa a recedere, sono
rimasti arroccati alle loro distorte opinioni costringendo la Chiesa stessa a
formularne la condanna e a comminare l’anatema ai ribelli e ai loro seguaci.
Tutti sanno che un Concilio (Tutti i vescovi riuniti insieme
al Papa) quando sentenzia in materia di fede e di morale è garantito
dall’infallibilità promessa da Gesù stesso. Quindi chi non accetta il Magistero
infallibile della Chiesa, per ciò stesso si pone fuori della Chiesa e la
scomunica non è altro che una sanzione che conferma tale posizione. La
scomunica inoltre ha pure altri due scopi non secondari: mette l’eretico di
fronte alla sua coscienza in modo che possa ritornare sui suoi passi; aiuta i
fedeli cristiani a discernere il buon grano dal loglio.
La Chiesa è sempre andata avanti così con questa
disciplina, severa se vogliamo, ma chiarificante. Non diversamente si
comportò Gesù quando pronunciò quelle tremende parole: “Chi non è con me
è contro di me, e chi non raccoglie con me dissipa” (Mt.12,30),
investendo la Chiesa e i suoi pastori di poteri eccezionali: “Qualunque cosa
legherete in terra sarà legata anche in cielo, e qualunque cosa
scioglierete in terra sarà sciolta anche in cielo”.
Queste prese di posizione della Chiesa sono molto dolorose,
e prima di giungervi percorre per intero la strada indicata dal suo Capo: “Se
il tuo fratello ha commesso una mancanza contro di te, và e correggilo
fra te e lui solo; se t’ascolta hai guadagnato il tuo fratello; ma se
non t’ascolta, prendi con te una persona o due, affinché sulla parola di
due o tre testimoni sia decisa ogni questione; e se ricusa di
ascoltarti, dillo alla Chiesa; se poi non ascolta neppure la Chiesa, sia per te
come un gentile e un pubblicano” (Mt.18,15-17).
Alcuni di questi sbandati si ravvidero (ad esempio Francesco
Fénelon, Arcivescovo di Cambrai, che aveva scritto un’opera poi condannata
dalla Chiesa di Roma, e nel momento stesso che apprese della condanna, predicò
alla sua gente la totale sottomissione ai superiori e alla Chiesa), altri invece
hanno persistito nei loro funesti propositi attirando a sé nell’eresia anche
intere nazioni. Sono nate lungo i secoli molte sette, ognuna delle quali
riteneva di rappresentare la verità cristiana. In realtà sono i rami secchi di
cui parla Gesù, rami che non possono dar frutto e che perciò sono da gettare
nel fuoco.
Qui è il problema: cosa intendeva Gesù quando invocava “Che
tutti siano una cosa sola.(Gv.17,21)? Tutti questi strappi
smentiscono le parole di Gesù? La Chiesa così frantumata è ancora la Chiesa
voluta da Cristo? E siamo sicuri adesso che la vera unica Chiesa sia la
Chiesa Cattolica?
Il nuovo corso conciliare ci obbliga a porci un problema
molto serio: l’identificazione sicura della vera ed unica Chiesa voluta e
fondata da Gesù Cristo. Fino a qualche decennio fa noi cattolici davamo per
scontato che fosse la Chiesa Cattolica e nessuno, veramente nessuno ne
dubitava.
Quando recitiamo il CREDO, diciamo: Credo la Chiesa una,
santa, cattolica e apostolica. Queste sono le note che caratterizzano la Chiesa
voluta e fondata da Gesù Cristo. Il catechismo di Pio X le sintetizza così:
UNA:
perché tutti i suoi membri ebbero, hanno ed avranno sempre UNICA la fede, il
sacrificio, i sacramenti e il capo visibile, il romano pontefice, formando così
tutti un solo corpo, il Corpo Mistico di Gesù Cristo.
SANTA:
perché sono santi Gesù Cristo suo capo invisibile e lo Spirito che la vivifica,
perché in lei sono santi la dottrina, il sacrificio, e i sacramenti, perché
tutti i suoi componenti sono chiamati a santificarsi e perché molti realmente
furono santi, molti lo sono e molti lo saranno.
CATTOLICA:
cioè universale, perché istituita e adatta per tutti gli uomini e sparsa su
tutta la terra.
APOSTOLICA:
perché è fondata sugli Apostoli e sulla loro predicazione, e perché è governata
dai loro successori, i Pastori legittimi, i quali, senza interruzione e
alterazione, seguitano a trasmettere la dottrina e il potere.
La Chiesa Cattolica
si chiama anche ROMANA perché i quattro caratteri succitati si riscontrano solo
nella Chiesa che riconosce per capo il vescovo di Roma, successore di San
Pietro.
(Pio X: catechismo
medio)
Pertanto se le note caratteristiche della
Chiesa di Cristo, si ritrovano, in tutta la loro interezza, soltanto nella
Chiesa Cattolica, ciò significa che solo la Chiesa Cattolica è l’unica vera
Chiesa di Cristo.
Ciò assodato, si arriva necessariamente ad una conclusione:
tutte le altre sedicenti chiese staccatesi dal ceppo originale non fanno parte
in alcun modo della vera Chiesa voluta da Cristo.
Nonostante queste dolorose lacerazioni, la Chiesa Cattolica
non perde il carattere dell’unità anche se ciò che divide è il dissenso su
alcune verità di fede; ma il ramo secco non impedisce all’albero di essere
tale. Il tradimento di Giuda non ha certo inibito l’unità degli Apostoli. Del
resto tutti siamo rami secchi qualora ci troviamo in peccato mortale; ma non
per questo la Chiesa perde la sua unità.
“Dio è uno, uno è il Cristo, una è la
Chiesa, una è la fede, uno è il popolo cristiano cementato dalla
concordia, uno e integro come il corpo dell’uomo. Orbene, l’unità non si può
spezzare perché l’unità del corpo non si spezza con la rottura delle sue
membra e invano vien fatto a brandelli; la sua unità non vien meno”.
Questo brano dal trattato “De Catholicae Ecclesiae Unitate”
di San Cipriano (n°23) mi sembra più chiaro che mai.
La Chiesa soffre per l’abbandono dei suoi figli ed è sempre
alla ricerca di recuperarli. Per il passato ha fatto molti tentativi per
riguadagnarli, ma il più delle volte sono risultati vani. Per questo la Chiesa
nei secoli li ha redarguiti anche con parole durissime per indurli ad
abbandonare le loro posizioni eretiche che oltretutto erano di scandalo per i
cristiani minandovi la pace e la comunione.
San Cipriano (III sec.), ha parole molto dure: “Chi
si allontana dalla Chiesa per unirsi a una setta eretica, non ha diritto
alle promesse della Chiesa. Chi l’abbandona non potrà avere il premio
promesso da Cristo. Perché diventa uno straniero, uno sconsacrato, un
nemico di Cristo. Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per
madre” (‘De Catholicae Ecclesiae Unitate’,6).
Questa verità è stata definita nel IV Concilio Lateranense
(1215) che dichiara: “Una è, in verità, la Chiesa dei fedeli, fuori
della quale nessuno può essere salvato”.
Ancora San Cipriano nel suo trattato: “Chi incrina
l’unità della Chiesa è fuori della legge divina, non è nella fede del
Padre e del Figlio, non ha vita né salvezza” (n°6).
Pertanto “Non fummo noi, no, a separarci da
essi; furono loro a staccarsi da noi. E poiché le eresie e gli scismi
son sorti dopo la fondazione della Chiesa, cioè quando si innalzarono
qua e là dagli eretici le loro baracchelle, furono essi ad abbandonare
la sorgente, il principio della verità” (n°12).
Le sferzate di San Cipriano contro gli eretici non lasciano
dubbi su come il cristiano fedele alla Chiesa si dovrebbe comportare: “Bisogna
tenersi a distanza, fuggire chi s’è separato dalla Chiesa, perché é
un perverso, un peccatore, un dannato volontario (…) Egli ha
impugnato le armi contro la Chiesa, ha recalcitrato contro ogni divina
disposizione. Nemico dell’altare, ribelle al sacrificio di Cristo, perfido,
sacrilego, servo disobbediente, figlio empio, fratello nemico…”
(n°17). E appoggiandosi a San Paolo, Efesini (5,6-7) avverte
il suo gregge: “Bisogna star decisamente lontani da quelli che sono
testardi nell’errore. Che vivendo con essi e camminando con loro nella via del
peccato anche noi andremo lontano dalla verità e ci renderemo colpevoli
del loro peccato” (n°23).
Forse l’atteggiamento così radicale di San Cipriano risente
del tempo in cui egli è vissuto: con le persecuzioni in atto non c’era che da
scegliere da quale parte della barricata porsi.
Ma non è meno radicale San
Leone Magno, vissuto nel V secolo, il quale nel sermone XXVI contro
l’eresia di Eutiche, sferza gli eretici e invita i cristiani a fuggirli:
“Siccome è proprio dei periti medici le passioni
dell’umana infermità prevenir con rimedi, e dimostrare in che modo
fuggire si possano le cose alla salute contrarie, così all’ufficio
pastorale appartiene prevedere, che l’eretica malignità alla greggia del
Signore nuocere non possa, e manifestare come si debba dei lupi e dei
ladroni la malizia fuggire; perché l’eretica empietà non si poté mai
celare in modo, che dai nostri Santi Padri non sia stata sempre ripresa,
e meritamente dannata (…). Questi adunque, dilettissimi, dei quali parliamo,
come mortifero veleno fuggite, detestateli, schivateli e astenetevi dai
loro colloqui, se non volete essere da noi corretti, (poiché)
siccome è scritto: il loro parlare come granchio addosso vi
entra. Imperocché con giusto giudizio ai separati dalla unità della
Chiesa nessuna comunione si debbe concedere, la quale non per gli odi nostri,
ma per le loro scelleratezze perdono. (….) Ma noi confidiamo che la protezione
di Dio i vostri cuori e la vostra fede custodisca; affinché avendo voi fin ora
obbedito fedelmente, perseverando l’osservanza della Cattolica fede, siate
nella sua dilezione, per Cristo Signor Nostro. Amen.”
Molti dei concetti espressi da questi Padri della Chiesa
hanno tutt’oggi valenza. La mela sana a contatto con quella marcia, marcisce
anch’essa: è una massima sempre valida; ma di questo oggi non si tiene più
conto. E’ un male, perché vediamo quanto sia facile specie per gli sprovveduti,
lasciarsi trascinare nell’errore. Poi le idee devono essere chiare e non aver
il falso pudore di chiamarli gentilmente fratelli separati quando San Cipriano
li chiama schiettamente fratelli-nemici ed eretici. Evidentemente le cose sono
cambiate. Per esempio – cito il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica
-: “Quelli che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in
tali comunità, non possono essere accusati di peccato di separazione”
(Unitatis Redintegratio,3).
Stesso discorso che fa la “Nostra Aetate” con gli ebrei, ove
si dice: “(La morte di Cristo ) non può essere imputata né indistintamente a
tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo” (
Nae, n°4).
Questo mi sembra ovvio: non possono aver colpa alcuna gli
israeliti sparsi nella Palestina, se i loro vertici politici e religiosi hanno
mandato a morte Gesù Cristo. Però una volta conosciutoLo, e conosciuto il Suo
Vangelo e la Sua Chiesa, per ottenere la salvezza si son dovuti convertire
(3000 al primo discorso di San Pietro ai giudei – Atti, 2-41). Ciò vale anche
per i protestanti e gli ortodossi. Adamo ed Eva non hanno chiesto a me per fare
il loro peccato; tuttavia le conseguenze le pago anch’io, ma per Cristo e la
Chiesa io mi salvo.
Si dice che “Nelle chiese che si sono staccate dalla
piena comunione della Chiesa Cattolica si trovano molti elementi di
santificazione e di verità. Tutti questi beni provengono da Cristo e spingono
verso l’unità cattolica. I membri di queste chiese e comunità sono incorporati
a Cristo nel Battesimo: noi li riconosciamo perciò come fratelli”
(Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica – n°163, che ricalca il
decreto conciliare ‘Unitatis Redintegratio,3). E’ un discorso in cerca di una
strada per avvicinare i protestanti.
La Chiesa oggi ha cambiato giudizio e quindi anche
l’atteggiamento nei riguardi delle chiese riformate e degli ortodossi
orientali: sono dentro o fuori della Chiesa? Non si capisce bene! Ma non si può
stare un po’ di qua e un po’ di là. Infatti è sufficiente rinnegare un solo
dogma per porsi fuori della Chiesa Cattolica; lo dice San Giacomo: “Chi
avrà osservato tutta la legge, ma ne avrà trasgredito anche uno solo, è reo di
tutto” (Gc,II.10).
Cosa significa che si sono staccati dalla piena comunione?
Che sono ancora parzialmente in comunione? E cosa significa essere incorporati
a Cristo? E cosa significa riconoscerli come fratelli? Sarebbero dei fratelli
minori? Anche i musulmani, e ancora tutti gli uomini sono fratelli perché figli
di Dio. O per essere fratello è sufficiente credere in Cristo pur negando la
Sua presenza nell’Eucaristia, negando i Sacramenti e l’autorità del Papa? Che
cos’è questo intruglio?
I versetti 3 e 4 del capitolo 17 del Vangelo di San Luca
mettono in chiaro una cosa che solitamente nelle omelie e nei commenti è
trascurata. Dice Gesù: “Se tuo fratello ha peccato, riprendilo, e se si pente,
perdonagli. E se anche peccasse sette volte al giorno contro di te, e
sette volte al giorno si rivolge a te dicendo: mi pento,
tu gli devi perdonare”. Il punto che va sottolineato è quel “Mi pento”.
Si usa mettere in rilievo il perdono che dobbiamo concede a chi ci ha offeso e
si sottace l’atto di pentimento di chi ci aveva offeso. Ci sentiamo tutti la
parte offesa e pronti a concedere il perdono, senza considerare che pure noi
siamo peccatori che a nostra volta dobbiamo chiedere perdono a quanti abbiamo
offeso. E’ più facile perdonare che chiedere perdono; quest’ultimo richiede
sempre una buona dose di umiltà ed essere ordinati alla conversione. Comunque
la grazia del perdono è correlata al pentimento.
Queste parole di Gesù sono anche un avvertimento a chi ha
tradito la Sua dottrina, a coloro che rifiutano la guida della Chiesa e del
successore di Pietro al quale soltanto, Gesù ha dato le chiavi del potere. Dio
certamente è misericordioso e perdona, ma solo ad una condizione: che il
peccatore sia pentito. Non si può parlare di misericordia e di perdono
senza parlare di pentimento, e ciò è sicuramente riferibile anche all’ecumenismo
che è sempre stato inteso in questo senso dal Magistero dei Papi;
L’Enciclica di Pio XI “Mortalium animos” (6 gennaio 1928) è
chiarissima a riguardo:“La riunione dei cristiani non si può favorire in
altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa
di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l’infelice idea
di staccarsi”.
Il ritorno nell’ovile delle pecore perdute, il paziente
lavorìo e la costante preghiera perché i peccatori ritornino nella casa del
Padre che li attende con ansia, pronto a perdonare. Il ritorno però, come il
figliol prodigo, sarà preceduto dal pentimento: “Padre ho peccato contro
il cielo e contro di te” (Luca 15,21). Allora il Signore e la Santa Chiesa
Cattolica accoglieranno a braccia aperte quei figli che erano morti e son
tornati a vita, erano perduti e li abbiamo ritrovati (cfr.Luca 15,24) E sarà
festa.
Oggi però le cose sono cambiate. Si è scoperto che nella
faccenda del figlio dissoluto, una buona parte di colpa l’aveva anche il padre,
il quale, sentendosi forse la coscienza pesante ha perdonato il figlio.
Fuor di metafora, si scopre dunque che la Chiesa è piena di
peccatacci (Le crociate, l’inquisizione, Galilei e la scienza,
l’assoggettamento della donna, la notte di San Bartolomeo, lo sterminio degli
ebrei, la fame nel mondo, ecc.) e giù allora con i ‘mea culpa’ a strabiliare la
gente e scandalizzare i cattolici. Scuse e scappellamenti ai protestanti e a
quel buonuomo di Lutero (santo subito!) per aver recato offesa e dolore con la
assurda resistenza alle loro buone intenzioni. Le cose si sono rovesciate: non
è chi ha tradito che chiede perdono, ma chi è stato tradito. Incredibile! I
vergognosi cedimenti della Chiesa Cattolica nei confronti dei protestanti sono
a testimoniare l’inversione a U della Chiesa Cattolica che volontariamente si è
posta sul banco degli imputati autoproclamandosi colpevole delle passate
divisioni.
Gesù, nella parabola della pecorella smarrita, pone ‘al
sicuro’ le 99 pecore e va in cerca della smarrita. La Chiesa Cattolica invece
non ha messo al sicuro le sue pecore, ma le ha lasciate in balìa dei lupi
pensando che fossero diventate ‘adulte’ e in grado di capire e di difendersi.
La pecorella poi è risultato non essersi smarrita, ma intenzionalmente
appartata a causa di dissapori con le sorelle, cosicché è divenuta una sorella
‘separata’. Il pastore, nel suo ardore, trovata la pecorella e sentite le
ragioni della sua scappatella, vista l’inutilità dell’invito a ritornare
all’ovile e l’impossibilità a riportarcela con la forza, non ha potuto fare
altro che confermarla nella sua dissociazione. Tutto qui, niente male!
Anche gli sposi se non vanno d’accordo, si separano, magari
divorziano e si risposano, e vescovi e preti si affannano a rassicurarli che la
Chiesa li comprende e si unisce al loro ‘dolore’, e se pure non possono (per
ora!) ricevere l’Eucaristia, tuttavia non solo fanno sempre parte del popolo di
Dio, ma hanno acquisito un posto di riguardo.
Parimente i fratelli separati protestanti: non è ancora
giunto il momento di incardinarli pienamente nella Chiesa Cattolica, ma in
qualche modo ci si arriverà.
Incontri, bei discorsi (cercando di evitare accuratamente i
temi scottanti che veramente dividono e su cui non si deve cedere), abbracci,
preghiere insieme (il comune Padre Nostro) e riti fianco a fianco, una Messa
semiprotestante, cancellazione delle scomuniche come se nulla fosse successo, e
tante scuse, ma solo da parte cattolica (ormai è prassi): naturalmente
dall’altra parte non si muove nulla, anzi, come risposta di buona volontà, gli
Anglicani hanno dato il via alle donne prete-pastore e vescovo, gli ortodossi
hanno mostrato i denti diffidando la Chiesa Cattolica di non fare proselitismo
nei territori ex sovietici.
Quello che più addolora è che non c’è nessun segno di
ravvedimento e di avvicinamento alla Madre Chiesa Cattolica. Il loro ecumenismo
infatti consiste nel mantenere ben salde le loro posizioni, rafforzati dal
fatto che la Chiesa Cattolica scivola inesorabilmente sul loro terreno. Presto
i cattolici si accorgeranno di aver preso un grande abbaglio.
La Chiesa Cattolica, consapevole di aver ricevuto in
consegna il tesoro del Vangelo da trasmettere a tutti gli uomini non può e non
deve arrivare a compromessi con alcuno; deve solo affermare chiaramente, come
San Cipriano: “Chi è uscito deve rientrare”. Non c’è altra via per
ricomporre l’unità. L’ecumenismo che va oltre è una forzatura, anzi, è un
oltraggio alla verità e a Cristo stesso che ha desiderato tanto che tutte le
pecore rientrino nel suo ovile.
E se a tante di queste pecore piace vagare tra i monti
impervi col rischio di incontrare il lupo, che fare? Mi sembrerebbe logico come
prima cosa, avvertirle del pericolo che corrono. Invece no: gli si toglie la
scomunica, si elimina la parola ‘eresia’, si invitano alle cerimonie
liturgiche ufficiali, non come spettatori, ma pure coinvolti nell’azione (Fino
a ieri era proibito ai cattolici di entrare nelle chiese protestanti). E i
parroci più ‘ecumenici’ concedono chiese e cappelle per i loro riti e le loro
‘messe’, alimentando e propagando così l’errore! Si invitano ai convegni a
tenere conferenze o addirittura a fare meditazioni sul Vangelo ai convegnisti
(cattolici), e si assumono come insegnanti nei seminari cattolici. Incredibile!
Come il figliol prodigo che torna a casa dal padre. Con la differenza che
questo tornò pentito, quelli invece tornano baldanzosi, forti di non aver
ceduto un solo centimetro dalle loro posizioni eretiche.
Ma il Catechismo di San Pio X, autentico magistero della
Chiesa Cattolica dice che chi è fuori dalla Chiesa per propria colpa e pur
conoscendo la verità, la rifiuta, senza il pentimento finale non si salva.
Parimenti il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “non
possono essere salvati quanti, conoscendo la Chiesa come fondata da
Cristo e necessaria alla salvezza, non rientrassero e non vi
perseverassero” (n°171 del compendio). Questo però nessuno glielo dice! Ma
questo è proprio il punto: chi conosce la Chiesa Cattolica e non la riconosce,
non si salva perché rifiuta la verità.
Dove intende dunque arrivare il neo
ecumenismo conciliare? Ce lo spiega la “Unitatis Redintegratio” del Concilio
Vaticano II: “Perciò le stesse chiese e comunità separate, quantunque
crediamo che hanno delle carenze, nel mistero della salute non sono affatto
spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi
di esse come di strumenti di SALVEZZA, il cui valore deriva dalla stessa
pienezza della Grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa
Cattolica”. (U R, 3).
Cerco di capire questo discorso contorto.
1) Cristo
vuole servirsi di queste chiese protestanti, e le elegge strumenti di salvezza.
2) Questi
strumenti avrebbero valore in quanto scaturiscono dalla pienezza della Grazia e
della Verità, possedute dalla Chiesa Cattolica.
3) In
sostanza, la Chiesa Cattolica facendo leva sui suoi peculiari requisiti,
trasmetterebbe agli eretici la possibilità di salvarsi l’anima, pur restando
nel loro errore, nella loro fede deviata, nel loro peccato.
Incredibile! Davvero un salto mortale da circo per dire che
si salvano tutti e comunque! E per dire che la Chiesa di Cristo è già in
espansione!
La “Unitatis Redintegratio” al n°9 sostiene che “Bisogna
conoscere l’animo dei fratelli separati. A questo scopo è necessario lo
studio, il quale deve essere condotto secondo la verità e con animo ben
disposto. I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore
conoscenza della dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica,
della psicologia religiosa e della cultura propria dei fratelli. A questo scopo
molto giovano i congressi, con la partecipazione di entrambe le parti per
trattare specialmente questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari a
pari purchè quelli che vi partecipano sotto la vigilanza dei vescovi siano
veramente periti. In questo modo si verrà a conoscere meglio il pensiero dei
fratelli separati e a loro verrà esposta con maggiore precisione la
nostra fede”.
Non la pensava così Pio XI il quale nell’enciclica
“Mortalium animos” (del 1928) al n°6 scriveva: “Per ora (Gli acattolici,
i protestanti, ecc.) affermano di voler trattare volentieri con la Chiesa
Romana, per quanto con eguali diritti e sempre alla pari; ma se
potessero fare, c’è da star sicuri che farebbero in modo da non essere
costretti in quella forma di accordo che essi vagheggiano, e lasciar quelle
idee per cui oggi si trovano fuori dell’unico ovile di Cristo, vagando ed
errando”.
Trattare da pari a pari in questioni dogmatiche non è
possibile: i dogmi non sono negoziabili, e qualora ci si ponesse alla pari, uno
di fronte all’altro per ciò che non attiene i dogmi, è giocoforza cercare un
compromesso. Comunque esiste un alto rischio di cadere in un vero irenismo
(Anche se nel n°11 della stessa “Unitatis Redintegratio” viene qualificato come
falso irenismo).
Capisco la prudenza della Chiesa Cattolica, capisco le sue
braccia aperte pronte ad accogliere le pecore smarrite, posso capire anche il
fatto di mettere in luce tutto ciò che abbiamo in comune e differire l’esame di
ciò che ci divide, ma non capisco questo stato di cose per cui i cosiddetti
fratelli separati godono di una posizione di privilegio, scontati su tutto. Il
nuovo ecumenismo ha portato a questo, ma siamo ben lontani dalla vera unità.
Unità che “importa innanzitutto unità di Governo,
talché vi sia un solo ovile e un solo Pastore. Importa in secondo luogo unità
di Fede, poiché agli Apostoli Gesù Cristo prescrisse di insegnare alle genti
tutto quello che Egli aveva insegnato loro. Dunque, i fedeli debbono
credere né più né meno quello che Cristo ha rivelato ai suoi discepoli e
quindi ai loro successori. In ciò consiste l’unità della fede. ‘Una fides’
diceva San Paolo, la fede dev’essere una sola. E appunto perché sia una sola,
la fede, i fedeli debbono docilmente sottomettersi al magistero infallibile dei
Concili Ecumenici e del Papa.
L’unità della Chiesa esige in terzo luogo
l’unità dei Sacramenti. ‘Unum baptisma’ diceva San Paolo; il battesimo è uno
solo. E quindi i Sacramenti, ossia quei riti esterni istituiti da Gesù Cristo
per simboleggiare e produrre la Grazia che Egli per mezzo di questi riti
conferisce, sono tutti quelli che Gesù Cristo medesimo istituì, e non possono
essere né più né meno, né altri da quelli che Gesù Cristo istituì. Se ne
conchiude che l’unità della Chiesa è triplice: unità di governo, unità di fede
e unità di Sacramenti. La quale unità evidentemente si dimostra nella Chiesa
Romana. (“La scienza della
religione” di G.Rossignoli. Capo II, Parte III. Ed.SEI. 1955).
A conseguenza della libera interpretazione della Sacra Scrittura,
tutte le sette protestanti sono divise tra loro oltre che dalla Chiesa di Roma
a riguardo di alcuni dogmi; da questo dedalo sarà ben difficile uscirne.
La gente ha bisogno di certezza e di chiarezza, perciò un
teologo nostro contemporaneo afferma decisamente:
“Deve essere ben chiaro a tutti, e per sempre, che
coloro che non sono credenti, non sono cristiani o non sono cattolici, devono
convertirsi alla Verità, e cioè all’unica vera religione rivelata da Dio in
Cristo e mediante la Chiesa; coloro che sono cristiani cattolici devono
convertirsi continuamente alla santità: il DIALOGO della Chiesa con i non
cattolici o i non credenti, deve avere come unico scopo la loro conversione
alla Verità e la propria conversione alla santità, anche nelle strutture e
negli organici”.
(Mons. Nicolino
Sarale, commento ai Vangeli, inserti di “Chiesa viva”).
Fonte: da Radio Spada
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