Dal testo di Francesco Zanotto
"Fuggirono gli
Altinati guidati da Arrio ed Arratore suo figlio, tribuni un tempo o magistrati
di Altino. Ad essi si unirono i santi sacerdoti Geminiano e Mauro; il primo
venutovi a bella posta da altra parte del continente in compagnia di altri
pietosi cristiani, affine di raccogliere e per terra e per acqua i fuggitivi
fratelli, dando loro consolazioni e soccorsi. Mauro colle apparizioni del Salvatore, di
Maria, de' santi martiri Antolino, Giustina, Giovanni Battista, rincorarli,
ridestarne la fede, raddrizzare quei dolenti e tapini".
ANNO 639
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
L'irruzione dei Longobardi sconvolge il territorio
padano mettendo in crisi il governo bizantino che è costretto sulla
difensiva. Le popolazioni non più difese cercano scampo ancora una volta nei
centri abitati della laguna, ormai divenuta un territorio franco e autogestito.
Nell'esodo gli abitanti di Altino si portano appresso parte dei loro beni e
le reliquie dei Santi ...
4 - LA SCHEDA
STORICA
Le vittorie di Narsete segnarono la fine del regno dei Goti
in Italia. Dopo una durissima e sanguinosa guerra i bizantini di Giustiniano
avevano avuto la meglio e dal 553 si apprestavano a sostituire i Goti nell'amministrazione della penisola che
entrava così a far parte integrante dell'impero d'Oriente. Ma Bisanzio si rivelerà ben presto troppo
lontana e troppo impegnata nella difesa dei propri confini orientali
-minacciati ora dai Persiani-, per poter contrastare efficacemente la calata in
Italia di un nuovo popolo "barbarico".
Ad appena quindici anni dalla conquista della penisola, i
Bizantini infatti ripiegavano sotto l'urto dei Longobardi. Questi, nella
primavera del 568 varcando le Alpi Giulie, penetrarono praticamente
indisturbati nel Friuli, occupando, guidati dal loro re Alboino, Cividale.
Si racconta che sia stato lo stesso Narsete a chiamare i
Longobardi che in precedenza avevano combattuto nell'esercito bizantino guidato
dallo stesso generale contro i Goti. Ricompensati, erano poi stati dallo stesso
Narsete frettolosamente rispediti nelle loro sedi originarie in Pannonia
(all'incirca l'attuale Ungheria). All'origine di questa personale vendetta
contro i Romani e la stessa Bisanzio da parte di Narsete, ci sarebbe stato un
ricorso degli stessi romani presso l'imperatore bizantino contro l'anziano
generale che sarebbe stato richiamato prontamente in patria. Il
novantacinquenne Narsete, offeso da quello che a lui parve essere stato un
affronto, si ritirò invece a Napoli e da lì avrebbe sollecitato i Longobardi a
scendere in Italia. Vero o falso che sia, resta il fatto che Narsete di fronte
alla calata dell'agguerrito popolo longobardo, non mosse un dito.
Dalle originarie sedi scandinave, i Longobardi si erano
successivamente spostati verso sud per stanziarsi infine lungo il corso
inferiore dell'Elba e da qui in Moravia. Dall'inizio del VI secolo si trovavano
invece in Pannonia da dove, divenuta impossibile la coesistenza con gli Avari,
mossero alla volta dell'Italia nel 568.
I Longobardi: la spinta decisiva
A spostarsi, come
spesso accadeva per queste popolazioni, era un intero popolo di uomini, donne e
bambini, carri e bestiame. Resta effettivamente inspiegabile come nè i Romani,
nè i Bizantini non siano riusciti a fermare l'avanzata di un siffatto esercito
umano che non doveva superare le 200-250 mila unità.
Effettivamente quella dei Longobardi non fu una vera e
propria conquista, o per lo meno non immediata e totale, dal momento che
andavano ad occupare le aree che i Bizantini progressivamente perdevano ed
abbandonavano.
Dopo Cividale del Friuli caddero Aquileia, Padova e
Monselice (601- 603), Verona, Milano e Pavia che divenne la nuova capitale del
regno longobardo. Le successive conquiste nella Padania e nell'Emilia,
costrinsero i Bizantini a ritirarsi nelle città dell'entroterra veneto che
ancora restavano sotto il loro controllo: Altino, Concordia, perduta però nel
615, Oderzo, conquistata dai Longobardi nel 639, Eraclea-Cittanova, il nuovo
centro della difesa e del potere bizantino in Italia, all'estremità della
laguna veneta.
Ancora una volta il terrore induceva così alla fuga gli
abitanti dei centri veneti per trovare rifugio nelle isole lagunari.
In particolare gli abitanti di Altino guidati dai tribuni
Arro e dal figlio Arratore, riparavano nelle isole dove avevano già trovato
rifugio le precedenti generazioni di Altinati. L'isola era quella di Torcello
dove venne questa volta anche trasferita la sede vescovile. Oltre a Torcello,
Burano, Mazzorbo, Costanziaco e Ammiana, isole che secondo la tradizione,
prendevano il nome dalle porte che si aprivano nelle mura della loro città.
Un centro, Altino, antichissimo e che aveva conosciuto
durante i primi secoli dell'impero romano, il suo periodo d'oro venendosi a
trovare esattamente all'incrocio di due strade importantissime per i traffici
commerciali: la via Claudia e la via Emilia. Ora, la nuova ondata devastatrice,
costringeva gli Altinati alla fuga, abbandonando una città un tempo florida e
ricchissima, ora devastata ed orribilmente saccheggiata e destinata ad un
rapido e triste declino.
Al tempo dell'invasione longobarda, intanto, le principali
isole della laguna erano già state in gran parte abitate o per lo meno esplorate.
La nuova ondata di profughi, sicuramente la più significativa sino ad allora
verificatasi, andava così ad aggiungersi alle popolazioni già da qualche
generazione trapiantate nelle isole. L'arrivo di questi nuovi fuggiaschi
tuttavia, non era sempre ben tollerato da questi più "antichi"
abitatori. Esso significava spesso la rottura o comunque la messa in crisi di
delicati equilibri economici e sociali di un'intera organizzazione che doveva
così venir nuovamente ridefinita.
Pare anzi, che fu proprio solo a seguito dell'invasione
longobarda che si iniziò a pensare al trasferimento nelle isole anche delle
strutture ed istituzioni politiche ed ecclesiastiche della terraferma, cosa che
in precedenza non si era verificato, restando ancora i centri dell'entroterra
il vero ed unico punto di riferimento.
Approdati nell'isola, gli Altinati fuggiaschi diedero così,
subito inizio alla costruzione di una nuova cattedrale. L'epigrafe scoperta
nell'attuale basilica dice che su ordine dell'esarca ravennate Isacio, fu
edificata una chiesa sul terreno del magister militum Maurizio, chiesa
che venne dedicata alla Teotokos (Maria, madre di Dio). L'iscrizione è di per
sè indicativa, confermando non solo la data dell'arrivo degli esuli - 639 - che
infatti riporta, ma anche il fatto che la zona rientrava pienamente per quella
data nella sfera d'influenza esarcale e quindi bizantina.
Dovevano passare ancora molti anni prima che nelle isole si
potesse pensare e realizzare una vera autonomia politica e religiosa da
Bisanzio che trovava nelle isole e nei centri dell'immediato entroterra veneto,
l'ultimo baluardo contro il dilagare dell'esercito e del popolo longobardi.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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