AMY GOODMAN: Siamo a Portland, Oregon, perché facciamo parte
del giro in 100 città organizzato dalla Maggioranza ridotta al silenzio. Questa
settimana in cui il presidente Obama e l’aspirante alla presidenza, Mitt Romney
hanno fatto un dibattito su problemi di politica estera, e sull’economia, noi
ci rivolgiamo a Noam Chomsky, dissidente politico famoso in tutto il mondo,
linguista, scrittore, e professore al MIT. In un recente discorso, il professor
Chomsky ha esaminato argomenti in
gran parte ignorati o soltanto accennati durante la campagna elettorale, dalla
Cina alla Primavera Araba, al riscaldamento globale e alla minaccia nucleare
posta da Israele contro l’Iran. Ha parlato il mese scorso all’Università del
Massachusetts ad Amherst a un evento sponsorizzato dal Center for Popular
Economics. La sua conferenza era intitolata. “Chi possiede il mondo?”
NOAM CHOMSKY: quando pensavo a queste osservazioni, avevo in
mente due argomenti, non riuscivo a decidere quale dei due scegliere, in
effetti molto ovvii. Uno è: quali sono i problemi più importanti che dobbiamo
affrontare? Il secondo è: quali problemi non si stanno trattando seriamente – o
per nulla – in questa follia quadriennale in corso che si chiama elezione? Mi
sono però reso conto che non c’è un problema; non è una scelta difficile: sono
lo stesso argomento. E ci sono delle ragioni che sono di per se stesse molto
significative. Mi piacerebbe tornare su questo punto fra un momento. Prima dirò
alcune parole sul contesto, iniziando dal titolo che è stato annunciato: “Chi
possiede il mondo?”
In realtà, una bella risposta a questa domanda è stata data
tanti anni fa da Adam Smith, una
persona che ci si aspetta che adoriamo, ma che non leggiamo. Era un po’ sovversivo
quando lo si legge. Si riferiva alla
nazione che era la più potente del mondo ai suoi tempi, e, naturalmente, era la
nazione che lo interessava, cioè l’Inghilterra. E ha fatto notare che in Inghilterra gli
architetti della politica sono coloro che possiedono la nazione: e che ai suoi
tempi erano i mercanti e i produttori di merci. E ha detto che essi si
assicurano di disegnare le linee politiche, in modo che i loro interessi
vengano seguiti in modo particolare. La politica è al servizio dei loro interessi,
per quanto sia doloroso l’impatto sugli altri, compreso il popolo inglese.
Smith era, però un conservatore vecchia maniera con principi
morali, quindi ha aggiunto le vittime dell’Inghilterra, le vittime di quella
che chiamava “l’ingiustizia selvaggia
degli Europei”, dimostrata specialmente in India. Ebbene, non aveva
illusioni su chi fossero i proprietari, quindi, per citarlo di nuovo, “Tutto per noi stessi e nulla per le altre
persone, sembra, in ogni età del mondo, essere stata la ignobile massima dei
padroni del genere umano.” Era vero allora; è vero adesso.
La Gran Bretagna ha mantenuto la sua posizione come potenza
mondiale dominante quando il ventesimo secolo era già cominciato da un pezzo,
malgrado il suo declino progressivo. Alla
fine della seconda guerra mondiale, il dominio si era spostato rapidamente
nelle mani dell’ultimo arrivato al di là del mare, gli Stati Uniti, di gran
lunga la società più potente e ricca nella storia del mondo. La Gran Bretagna
poteva aspirare soltanto ad essere il suo socio meno anziano, come aveva
mestamente riconosciuto il Foreign Office britannico (il mistero degli esteri).
In quel momento, il 1945, gli Stati
Uniti possedevano letteralmente la metà della ricchezza mondiale, incredibile
sicurezza, controllavano l’intero emisfero occidentale, entrambi gli oceani, le
sponde opposte di entrambi gli oceani. Non c’è nulla, non c’è mai stato nulla
del genere nella storia.
E i pianificatori lo hanno capito. I pianificatori di
Roosvelt si incontravano durante la Seconda guerra mondiale per disegnare il
mondo del dopo guerra. Erano molto sofisticati al riguardo, e i loro piani sono
stati abbastanza messi in pratica. Volevano assicurarsi che gli Stati Uniti
avrebbero controllato quella che chiamavano una “grande area” che avrebbe incluso, sistematicamente l’intero
emisfero occidentale, tutto l’Estremo Oriente, l’ex Impero britannico, di cui
gli Stati Uniti avrebbero preso il controllo, e il più possibile dell’Eurasia –
cosa di importanza cruciale – i suoi centri di commercio e di industria in
Europa occidentale. E nell’ambito di questa area, dicevano, gli Stati Uniti
avrebbero mantenuto un potere indiscutibile con una supremazia militare ed
economica, assicurando nello stesso tempo la limitazione di qualunque esercizio
di sovranità da parte di stati che potessero interferire con questi disegni
globali.
Quelli erano piani piuttosto realistici a quell’epoca, data
l’enorme disparità di potere. Gli Stati Uniti erano stati di gran lunga il più
ricco paese del mondo perfino prima della Seconda Guerra mondiale, sebbene non
ne fossero ancora i principali protagonisti mondiali. Durante la Seconda guerra
mondiale, gli Stati Uniti avevano guadagnato moltissimo. La produzione
industriale era quasi quadruplicata, e ci aveva fatto uscire dalla depressione
economica. I rivali nell’industria sono stati rovinati o seriamente indeboliti.
Era dunque un sistema di potere incredibile.
In effetti, le politiche che erano state delineate sono
ancora valide. Si possono leggere nelle dichiarazioni del governo. E’
diminuita, però, in modo significativo la capacità di attuarle. In realtà c’è
un tema importante nelle discussioni di politica estera, nel giornalismo e così
via. Il tema si chiama “declino americano.” Quindi, per esempio, sul più prestigioso
giornale di relazioni internazionali dell’establishment, il Foreign Affairs,
(Affari esteri), un paio di mesi fa, c’era un argomento che aveva sulla prima
pagina in grandi lettere in neretto la domanda: “L’America è finita?” Questo
annunciava il tema della questione. E c’è un corollario standard a riguardo: il
potere si sta spostando verso occidente, verso la Cina e l’India, che sono le
due potenze in ascesa e che saranno gli stati egemonici del futuro.
In effetti penso che il declino sia piuttosto reale, ma si
richiedono alcuni seri requisiti. Prima di tutto, il corollario è altamente
improbabile, almeno nell’immediato futuro. La Cina e l’India sono paesi molto
poveri. Date soltanto un’occhiata, per esempio, all’Indice di sviluppo umano
delle Nazioni Unite: quei due paesi sono molto in basso. La Cina è circa
novantesima. Penso che l’India sia intorno al centoventesimo posto, l’ultima
volta che ho guardato l’indice. E hanno anche terribili problemi interni:
problemi demografici, povertà estrema, disuguaglianza terribile, problemi
ecologici. La Cina è un grande centro manifatturiero, ma in realtà è
soprattutto un impianto di assemblaggio. Assembla quindi parti e componenti,
frutto di un’alta tecnologia che arriva dai suoi centri industriali più avanzati:
il Giappone, Taiwan, la Corea del sud, Singapore, gli Stati Uniti, l’Europa – e
fondamentalmente si limita a un lavoro di assemblaggio. E così comprate una di
queste cose che iniziano con la -i, un
ipod della Cina – si chiama prodotto di esportazione cinese, ma le parti, i
componenti, e la tecnologia vengono da fuori. E il valore aggiunto in Cina è
pochissimo: è stato calcolato. Saliranno nella scala della tecnologia, ma sarà
una salita difficile, per l’India ancora di più. Si dovrebbe quindi essere scettici
riguardo al corollario.
C’è però un altro requisito che è più serio. Il declino è
reale, ma non è un fatto nuovo. Va avanti dal 1945, ed è avvenuto molto
rapidamente. Alla fine degli anni 40, c’è un avvenimento che è noto qui come
“la perdita della Cina”. La Cina
diventava indipendente. Era la perdita di un enorme pezzo della vasta area
asiatica, ed è diventata un problema fondamentale nella politica interna
americana. Chi è responsabile della perdita della Cina? Ci sono state un sacco
di recriminazioni, ecc. In effetti l’espressione è piuttosto interessante. Per
esempio, io non posso perdere il tuo computer, giusto? perché non lo possiedo.
Posso perdere il mio computer. Ebbene, la locuzione “perdita della Cina”
presuppone in un certo quale modo un principio profondamente rispettato del
tipo di consapevolezza dell’elite americana: noi possediamo il mondo e se
qualche suo pezzo diventa indipendente, lo abbiamo perduto. E quella è una
perdita terribile; dobbiamo fare qualche cosa al riguardo. Non si mette mai in
dubbio, e questo è di per sé interessante.
Ebbene, circa nello stesso periodo, intorno al 1950,
cominciarono a sorgere preoccupazioni sulla perdita del Sud est asiatico.
Questo ha portato gli Stati Uniti alle guerre in Indocina, alle peggiori atrocità
del dopo guerra – in parte vinte in parte no. Un avvenimento molto
significativo nella storia moderna è avvenuto nel 1965, quando in Indonesia,
che era il punto di maggiore preoccupazione – infatti essa è la nazione del Sud
est asiatico con la maggior parte della ricchezza e delle risorse – c’è stato
un colpo di stato militare, quello di Suharto. Ha portato a un incredibile massacro, che il
New York Times ha chiamato una “sconvolgente
strage di massa,” che ha ucciso centinaia di migliaia di persone, per lo
più contadini senza terra; ha distrutto l’unico partito politico di massa; ha
aperto il paese allo sfruttamento dell’Occidente. L’euforia in occidente era
così enorme, che non si poteva contenere. E così sul New York Times , quando ha
descritto la “sconvolgente strage di
massa”, la ha chiamata “un barlume di luce in Asia.” Quell’ articolo
è stato scritto da James Reston, il principale intellettuale liberale del
Times. E lo stesso è accaduto altrove -in Europa, in Australia. E’ stato
considerato un avvenimento fantastico.
Anni dopo, McGeorge Bundy, che era il consigliere per la
sicurezza nazionale di Kennedy e Johnson, a posteriori ha fatto notare che
sarebbe stata una buona idea porre fine alla guerra del Vietnam, a quel punto,
e ritirarsi. Contrariamente a tante illusioni, la Guerra del Vietnam è stata
combattuta principalmente per assicurarsi che un Vietnam indipendente non si
sarebbe evoluto con successo e non sarebbe diventato un modello per altre
nazioni di quella area. Per prendere a prestito la terminologia di Henry
Kissinger usata per il Cile, dobbiamo impedire che quello che chiamava il
“virus” dello sviluppo indipendente diffondesse il contagio altrove. Questa è
una parte critica della politica estera americana fin dalla Seconda guerra
mondiale: la Gran Bretagna, la Francia e altri paesi in grado minore. E nel
1965, era finito. Il Vietnam del sud era praticamente distrutto. Si sparse la
voce rivolta al resto dell’Indocina che esso non doveva essere il modello per
nessuno e il contagio è stato contenuto. Il regime di Suharto si era assicurato
di non venire contagiato. E abbastanza presto gli Stati Uniti hanno avuto
dittature in ogni nazione di quella zona: Marcos nelle Filippine, una dittatura
in Tailandia, Park Chun nella Corea meridionale. Non c’erano problemi per
l’infezione. Pensava che sarebbe quindi stato un buon periodo per mettere fine
alla Guerra del Vietnam. Ebbene questo è il Sudest asiatico.
Il declino però continua. Negli ultimi 10 anni, c’è stato un
avvenimento molto importante: la perdita del Sud America. Per la prima volta in
500 anni, dall’epoca dei conquistatori spagnoli, i paesi sudamericani hanno
cominciato a muoversi verso l’indipendenza e verso un certo grado di integrazione.
La struttura tipica di uno dei paesi Sudamericani era costituita da una piccola
elite ricca, occidentalizzata, spesso bianca o per lo più bianca, e da una
massa enorme di poveri; paesi separati tra l’uno dall’altro, ciascuno orientato
verso l’Europa o, più di recente, verso gli Stati Uniti. Negli ultimi 10 anni,
questo aspetto è stato superato in maniera significativa, c’è stato un inizio
importante di integrazione, cioè il presupposto dell’indipendenza, e i paesi
hanno cominciato ad affrontare alcuni dei loro spaventosi problemi interni.
Questa è la perdita del Sud America. Un segno è che gli Stati Uniti sono stati
cacciati via da ogni singola base militare del Sud America. stiamo cercando di
ripristinarne alcune, ma proprio adesso non ce ne è nessuna.
AMY GOODMAN: il Professore Noam Chomsky del MIT, discute del
riscaldamento globale, della guerra nucleare e della Primavera Araba.
NOAM CHOMSKY: Passando a parlare dell’anno scorso, la Primavera
Araba è proprio una di queste minacce. Minaccia di eliminare quella grande
regione dalla grande Zona più grande E’ molto più importante del Sudest
asiatico e del Sud America.
Torniamo agli anni ’40, quando il dipartimento di stato
aveva riconosciuto che le risorse energetiche del Medio Oriente sono ciò che
chiamavano “uno dei maggiori tesori materiali nella storia del mondo,” una
fonte spettacolare di potere strategico; se possiamo controllare l’energia del
Medio Oriente, possiamo controllare il mondo. E questo è un tema che pervade
tutte le decisioni politiche. Non se ne discute molto, ma è molto importante
avere il controllo, proprio come i consulenti del Dipartimento di stato hanno
fatto notare negli anni ’40. Se si controlla il petrolio, si controlla la
maggior parte del mondo. E va ancora avanti così.
Finora, la minaccia della Primavera Araba è stata abbastanza
ben contenuta. Nelle dittature del petrolio, che sono le più importanti per
l’Occidente, ogni tentativo di unirsi alla Primavera Araba, è stato stroncato
con la forza. L’Arabia Saudita è stata così eccessiva, che quando c’erano
tentativi di scendere in piazza, la presenza della sicurezza era così enorme,
che la gente aveva perfino paura di uscire. C’è poco da discutere di quello che
succede in Bahrein, dove la rivolta è stata soffocata, ma l’Arabia Saudita
orientale ha fatto di molto peggio. Gli Emirati hanno il controllo totale e
quindi tutto va bene. Siamo riusciti ad assicurare che la minaccia di
democrazia venisse schiacciata nei luoghi più importanti.
L’Egitto è un caso interessante. E’ un paese importante, è
soltanto un piccolo produttore di petrolio. In Egitto gli Stati Uniti hanno
però seguito una procedura operativa standard. Se qualcuno di voi entrerà in diplomazia,
dovreste comunque impararla. C’è una procedura standard quando uno dei vostri
dittatori preferiti si mette nei guai. Prima lo si appoggia il più a lungo
possibile, ma se diventa davvero impossibile, diciamo che l’esercito si rivolti
contro di lui, per esempio, allora gli si dà il ben servito e si fa in modo che
la classe degli intellettuali rilasci risonanti dichiarazioni sul proprio amore
per la democrazia, e poi si cerca di restaurare il vecchio sistema il più
possibile. Ci sono una serie di casi di questa strategia: Somoza in Nicaragua,
Duvalier ad Haiti, Marcos nelle Filippine, Chun nella Corea del sud, Mobutu in
Congo. Ci vuole del genio per non accorgersi di tutto ciò. Ed è esattamente ciò
che si è fatto in Egitto, e ciò che ha cercato di fare la Francia in Tunisia
non proprio con lo stesso successo.
Ebbene, il futuro è incerto, ma la minaccia della democrazia
fin ora è stato contenuta. E’ una minaccia seria. Tornerò sull’argomento in
seguito. E’ anche importante riconoscere che il declino negli ultimi 50 anni ce
lo siamo inflitto da soli in misura significativa, specialmente a partire dagli
anni ’70. Tornerò anche su questo
argomento. Prima però fatemi dire un paio di cose sui problemi più importanti
oggi e che vengono ignorati oppure non trattati seriamente – intendo dire
trattati seriamente nelle campagne elettorali, per buone ragioni. Fatemi
cominciare con gli argomenti più importanti. Ce ne sono due tra questi: Sono di
importanza assoluta, perché da questi dipende il destino della nostra specie.
Uno è il disastro ambientale, e l’altro è la guerra nucleare.
Non dedicherò molto tempo a esaminare le minacce del
disastro ambientale. In realtà, sono in prima pagina tutti i giorni. Per
esempio, la settimana scorsa il New York Times aveva una notizia in prima
pagina intitolata: “Alla fine dello scioglimento estivo, il ghiaccio del Mare
Artico stabilisce un nuovo record negativo che provoca allarme.” Lo
scioglimento questa estate è stato molto più rapido di quanto era stato
predetto dai sofisticati modelli informatici e dal più recente rapporto delle
Nazioni Unite. Si prevede ora che forse il ghiaccio scomparirà entro il 2020.
Secondo la precedente previsione la data doveva essere il 2050. Hanno citato scienziati che hanno detto che
questo è “un primo esempio del conservatorismo intrinseco delle [nostre]
previsioni metereologiche. Per quanto terribili [siano le previsioni] sulle
conseguenze a lungo termine delle emissioni che intrappolano il calore….molti
[di noi] temono che forse si stanno sottostimando la velocità e la gravità dei
cambiamenti impellenti.” In realtà, c’è un programma di studio sui cambiamenti
del clima al MIT (Massachusetts Institute of Technology) dove lavoro. Hanno
avvertito di questo fenomeno da anni e ripetutamente si è dimostrato che
avevano ragione. Il servizio del Times discute brevemente il grave attacco, il
grave impatto di tutto questo sul clima del mondo, e aggiunge: “I governo non
hanno però replicato al cambiamento con nessuna maggiore urgenza per limitare
le emissioni di gas serra. Al contrario, la loro principale replica è stata
quella di programmare lo sfruttamento di minerali di recente accessibili
nell’Artico, e le trivellazioni per cercare altro petrolio.” Questo vuol dire
accelerare la catastrofe. E’ molto interessante. Dimostra una straordinaria
volontà di sacrificare la vita dei nostri figli e nipoti a favore di guadagni a
breve termine, o forse una volontà ugualmente notevole di chiudere gli occhi in
modo da non vedere il pericolo incombente – queste cose talvolta si notano nei
bambini piccoli; una cosa sembra pericolosa, all’ora chiudo gli occhi e non
voglio guardarla.
C’è un’altra possibilità, intendo dire che forse glie esseri
umani stano in qualche modo cercando di far avverare alla previsione di un
grande biologo americano scomparso di recente, Ernst Mayr. Sosteneva, anni fa,
che l’intelligenza pare che sia una mutazione letale, e ne aveva delle buone
prove. C’è una nozione di successo biologico, che vuol dire che ci sono
tantissimi esseri umani sulla terra. Questo è il successo biologico. E ha fatto
notare che se si guarda alle diecine di miliardi di specie nella storia del
mondo, quelle che sono riuscite bene sono quelle che mutano molto rapidamente,
come i batteri, o quelle che hanno una nicchia ecologia fissa, come gli
scarafaggi. Sembra che se la cavino bene. Se però ci si sposta in alto sulla
scala di quella che chiamiamo intelligenza, il successo diminuisce nettamente.
Quando si arriva ai mammiferi, è molto bassa. Ne esistono pochi. Cioè, ci sono
un sacco di mucche, soltanto perché le addomestichiamo. Quando parliamo degli
umani, è la stessa cosa. Fino a tempi recenti, troppo recenti per comparire in
qualsiasi spiegazione di tipo evoluzionistico, gli esseri umani erano molto
sparsi. C’erano tantissimi altri ominidi che però sono scomparsi, probabilmente
perché gli umani li hanno sterminati, ma nessuno lo sa di sicuro. Comunque
forse stiamo cercando di dimostrare che gli esseri umani si inseriscono bene in
un modello generale. Possiamo anche sterminare noi stessi e anche il resto del
mondo insieme a noi, e noi siamo fortemente determinati a farlo proprio adesso.
Bene, passiamo alle elezioni. Entrambi i partiti politici ci
chiedono di peggiorate questo problema. Nel 2008 entrambe le piattaforme
dedicavano un certo spazio ai modi in cui il governo avrebbe dovuto occuparsi
dei cambiamenti climatici. Attualmente, nella piattaforma repubblicana,
l’argomento è essenzialmente scomparso. La piattaforma, domanda, però, che il
Congresso agisca rapidamente per impedire che l’Agenzia di protezione
dell’ambiente regoli i gas serra. Assicuriamoci, quindi, di peggiorare la
situazione. E chiede anche di aprire la zona dove dell’Arctic Refuge alle
trivellazioni – per trarre (adesso riporto le parole) “vantaggio da tutte le risorse americane che Dio ci ha concesso.”
Dopo tutto, non si
può disobbedire a Dio. Riguardo alla
politica ambientale il programma dice: “Dobbiamo
ripristinare l’integrità scientifica nelle istituzioni pubbliche per la ricerca
e eliminare gli incentivi politici dalla ricerca finanziata con il denaro
pubblico.” Tutto questo è una parola
in codice rivolta al mondo della scienza climatica che significa: smettetela di
finanziare le ricerche scientifiche sul clima. Lo stesso Romney dice che non
c’è consenso tra gli scienziati, e quindi si dovrebbero sostenere altri
dibattiti e ricerche all’interno della comunità scientifica, ma nessuna azione,
tranne quella destinata a peggiorare il problema.
Ebbene, e i Democratici? Ammettono che ci sia un problema e
sostengono che dovremmo operare per arrivare a un’intesa che stabilisca i
limiti delle emissioni [di gas serra], di comune accordo con altre potenze
emergenti. Ma non è così. Nessuna azione. E infatti, come ha sottolineato
Obama, dobbiamo lavorare duramente per guadagnare quello che chiama cento anni
di indipendenza energetica ottenuta sfruttando le risorse nazionali o quelle
canadesi per mezzo della fratturazione o di altre tecnologie elaborate. Non si
chiede come cosa sarà il mondo fra cento anni. Ci sono, quindi delle differenze
che riguardano il livello di entusiasmo con cui i pecoroni dovranno marciare
verso il precipizio.
Passiamo adesso al secondo problema principale: la guerra nucleare.
Anche questo argomento è sulle prime pagine ogni giorno, ma
in un modo che sembrerebbe stravagante a un osservatore indipendente che
consideri che cosa sta accadendo sulla terra, e infatti sembra stravagante a
una notevole maggioranza di nazioni del mondo. L’attuale minaccia è ora, e non
per la prima volta, in Medio Oriente ed è incentrata sull’Iran. Il quadro
generale in occidente è chiaro: è di gran lunga troppo pericoloso permettere
che l’Iran ottenga quella che si chiama “potenziale nucleare”, cioè il
potenziale che hanno a disposizione molte potenze, dozzine di potenze, per
produrre armi nucleari se decidono di farlo. In quanto a dire se lo hanno deciso,
i servizi segreti statunitensi dicono di non saperlo. L’Agenzia internazionale
per l’energia atomica ha appena fornito il suo rapporto più recente due
settimane fa e conclude che non può dimostrare – “l’assenza di materiale nucleare non dichiarato e di attività nucleari
in Iran.” Ora, vuol dire che non può
dimostrare qualche cosa, una condizione che non può essere soddisfatta. Non c’è
modo di dimostrare l’assenza dell’azione -questo è utile – perciò all’Iran deve
essere negato il diritto dia arricchire l’uranio, il che è garantito a ogni
potenza che ha firmato il Trattato di non-proliferazione.
Bene, questo è il quadro dell’occidente, che non è come
quello che c’è nel resto del mondo. Sono sicuro che sapete che a Teheran c’è
stato da poco (in agosto, n.d.t.) un incontro dei Paesi non-allineati – cioè
una grande maggioranza delle nazioni del mondo che rappresentano la maggior
parte della popolazione mondiale. E ancora una volta, e non è stata la prima,
hanno rilasciato una risonante dichiarazione per sostenere il diritto dell’Iran
ad arricchire l’uranio, diritto che ha ogni nazione che ha firmato il trattato
di non-proliferazione [nucleare]. La
stessa cosa è abbastanza vera anche nel mondo arabo. E’ interessante e ci
tornerò tra poco.
C’è un motivo fondamentale di preoccupazione che è stato
espresso in maniera concisa dal generale Lee
Butler, ex capo del Commando strategico degli Stati Uniti che controlla le
armi nucleari e la strategia nucleare. ha scritto che “E’ estremamente pericoloso che nel calderone di animosità che chiamiamo
Medio Oriente” una nazione debba avere armamenti nucleari, poiché potrebbe
ispirare altre nazioni a fare lo stesso. Il generale Butler non si riferiva
però all’Iran; si riferiva a Israele, il paese che è ai primi posti nei
sondaggi europei come nazione più pericolosa del mondo – appena sopra l’Iran –
e, non a caso, al mondo arabo, dove il pubblico considera gli Stati Uniti come
la seconda nazione più pericolosa, subito dopo Israele. Nel mondo arabo l’Iran,
anche se non è amato, è considerato inferiore come minaccia dalle popolazioni,
cioè, non dalle dittature.
Per quanto riguarda le armi nucleari dell’Iran, nessuno
vuole che quel paese le abbia, ma in molti sondaggi, maggioranze di persone,
spesso notevoli maggioranze, hanno detto che la regione sarebbe più sicura se
l’Iran possedesse armi nucleari, per bilanciare quelle delle loro maggiori
minacce. Ci sono un sacco di commenti
sui mezzi di informazione occidentali sugli atteggiamenti arabi verso l’Iran, e
quello che si legge, normalmente, è che gli Arabi vogliono un’azione decisa
contro l’Iran che è vero se parliamo di dittatori, non delle popolazioni. Ma chi si preoccupa delle popolazioni che
vengono chiamate, in modo dispregiativo, la strada araba? Non ce ne importa.
Questo è un riflesso del disprezzo estremamente profondo rispetto alla
democrazia esistente nelle elite occidentali; è così profondo che non si può
neanche percepire. Lo studio degli atteggiamenti popolari nel mondo arabo – e
al riguardo esiste un ampio studi delle agenzie occidentali di sondaggi –
rivela rapidamente perché gli Stati Uniti e i loro alleati si preoccupano così
tanto delle minacce della democrazia e fanno quello che possono per evitarla.
Certamente non vogliono che atteggiamenti come quelli che ho appena indicato
diventino politica, naturalmente, ma allo stesso pubblicano calorose
affermazioni sulla nostra appassionata dedizione alla democrazia. E queste
vengono trasmesse con obbedienza dai giornalisti e dagli opinionisti.
Ebbene, al contrario dell’Iran, Israele rifiuta
assolutamente le ispezioni, rifiuta di aderire al Trattato di
non-proliferazione, ha sistemi avanzati di lancio. Inoltre ha un lungo
curriculum di violenza e repressione. Si è annessa e si è istallata in
territori conquistati in modo illegale, in violazione degli ordini del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha fatto molte azioni di aggressione – cinque
volte soltanto contro il Libano, senza alcun pretesto plausibile. Sul New York
Times di ieri, si può leggere che le Alture del Golan siriano sono territorio
disputato. C’è una risoluzione del Consiglio nazionale di sicurezza dell’ONU,
la 497, che è stata presa all’unanimità, che dichiara illegale l’annessione
delle alture del Golan da parte di Israele e chieda che venga annullata. E
infatti se ne discute soltanto a Israele e sul New York Times che infatti
riflette la reale politica degli Stati Uniti, non quella formale.
Il curriculum di aggressioni dell’Iran in varie centinaia di
anni recenti comprende l’invasione e la conquista di un paio di isole arabe.
Questo è accaduto quando regnava lo Scià, il dittatore imposto dagli Stati
Uniti. Questo è in realtà l’unico caso in varie centinaia di anni.
Nel frattempo, – le avete da poco sentite all’ONU –
continuano le gravi minacce di attacchi da parte degli Stati Uniti, ma
specialmente da Israele. Ora c’è una reazione a questo ad altissimo livello
negli Stati Uniti. Leon Panetta,
segretario alla Difesa, ha detto che noi non vogliamo attaccare l’Iran,
speriamo che Israele non attacchi l’Iran, ma Israele è un paese sovrano e
devono prendere da soli le loro decisioni su che cosa fare. Potreste chiedervi
quale sarebbe la reazione se ribaltassimo il cast dei protagonisti. E chi di
voi ha interessi di argomenti “antiquari” potrebbe ricordare che c’è un
documento che si chiama Carta (statuto) delle Nazioni Unite, il fondamento
della moderna legge internazionale, che proibisce la minaccia o l’uso della
forza negli affari internazionali. Ci sono due stati canaglia – gli Stati Uniti
e Israele – per i quali ciò che riguarda la Carta e la legge internazionale
come soltanto un’inezia noiosa, quindi fate come volete. E questo atteggiamento
viene accettato.
Ebbene, queste non sono soltanto parole; c’è una guerra in
corso, che include terrorismo, uccisione di scienziati nucleari, una guerra
economica. Le minacce degli Stati Uniti, non quelle internazionali, hanno
tagliato fuori l’Iran dal sistema finanziario internazionale. Gli analisti
militari occidentali identificano quelle che chiamano ” armi della finanza” con
atti di guerra che giustificano una replica violenta – quando, cioè, sono
diretti contro di noi. Tagliare fuori l’Iran dai mercati finanziari
internazionali è diverso.
Gli Stati Uniti stanno attuando apertamente una vasta guerra
cibernetica contro l’Iran, cosa molto lodata. Il Pentagono la considera
equivalente a un attacco armato che giustifica una reazione militare, ma
questo, naturalmente, quando è diretto contro di noi. Il principale personaggio
liberale del Dipartimento di stato, Harold
Koh – è consulente legale di massimo livello del Dipartimento di stato –
dice che la guerra cibernetica è un’azione bellica se provoca distruzioni
significative come l’attacco contro le installazioni nucleari iraniane, e tali
azioni, dice, giustificano la forza come autodifesa. Naturalmente intende
soltanto attacchi contro gli Stati Uniti o i loro clienti.
L’arsenale letale di Israele che è enorme, comprende
sottomarini all’avanguardia, forniti di recente dalla Germania. Questi sono in
grado di trasportare i missili a testata nucleare di Israele, che di sicuro
saranno dislocati in nel Golfo Persico o nei pressi se Israele procederà nei
suoi piani di bombardare l’Iran, o, più probabilmente, sospetto, per cercare di
creare condizioni per le quali gli Stati Uniti lo faranno. E gli Stati Uniti,
naturalmente, hanno un vasto arsenale di armi nucleari in tutto il mondo, ma
anche intorno a quella zona, dal Mediterraneo all’Oceano indiano, compresa una
potenza di fuoco nel Golfo Persico che basta per distruggere la maggior parte
del mondo.
Un’altra storia che è nei notiziari proprio adesso è il
bombardamento da parte di Israele del reattore nucleare di Osirak che viene
indicato come modello per il bombardamento israeliano dell’Iran. Si dice
raramente, tuttavia, che il bombardamento del reattore di Osirak non ha posto
fine al programma di Saddam Hussein per le armi nucleari. Lo ha iniziato. Prima
di quelle evento non c’era nessun programma. E il reattore di Osirak non era in
grado di produrre l’uranio per le armi nucleari. Naturalmente, però, dopo i
bombardamenti, Saddam si è immediatamente dedicato a sviluppare un programma di
armi nucleari. E se l’Iran sarà bombardato, quasi sicuramente procederà proprio
come ha fatto Saddam Hussein dopo il bombardamento di Osirak.
Fra poche settimane, commemoreremo il 50°anniversario “del
momento più pericoloso nella storia umana.” Queste sono le parole dello storico
e consigliere di Kennedy, Arthur Schlesinger. Si riferiva, naturalmente, alla crisi dei
missili dell’ottobre 1962, “il momento più pericoloso nella storia umana.”
Altri sono d’accordo. In quel periodo, Kennedy aveva portato l’allerta nucleare
al secondo più alto livello, quasi al punto di lanciare delle armi. Aveva
autorizzato i velivoli della NATO, con piloti turchi o altri piloti, a
decollare, a volare a Mosca, e buttare delle bombe, cosa che avrebbe forse
scatenato una probabile conflagrazione nucleare.
Al culmine della crisi dei missili, Kennedy aveva valutato
la possibilità di una guerra nucleare forse al 50 per cento. E’ una guerra che
distruggerebbe l’emisfero settentrionale, aveva avvertito il presidente
Eisenhower. E di fronte a quel rischio, Kennedy rifiutò di accettare
pubblicamente un’offerta da parte di Kruschev di porre fine alla crisi con il
contemporaneo ritiro dei missili russi da Cuba e quelli degli Stati uniti dalla
Turchia. Erano già stati sostituiti con sottomarini Polaris inattaccabili, ma
si era sentita la necessità di stabilire con fermezza il principio che la
Russia non ha alcun diritto di avere alcuna arma di offesa in nessun luogo che
sia al di là dei confini dell’Unione Sovietica neanche per difendere un alleato
da un attacco degli Stati Uniti. Si è ora riconosciuto che questa era il motivo
principale per schierare là i missili, in realtà un motivo plausibile. Nel
frattempo, gli Stati Uniti devono conservare il diritto di averli in tutto il
mondo, puntati contro la Russia o la Cina o qualsiasi altro nemico. Infatti,
abbiamo saputo di recente, che nel 1962 gli Stati Uniti avevano in segreto dislocato
missili nucleari a Okinawa, puntati sulla Cina. Quello era stato un momento di
alte tensioni nella regione. Tutto ciò è coerente con concezioni di grandi
quelle che avevo detto essere state sviluppate dai pianificatori di Roosevelt.
Ebbene, fortunatamente, nel 1962, Krushev si tirò indietro.
Ma il mondo non può essere sicuro che questa ragionevolezza ci sia per sempre.
E, secondo me, è particolarmente pericoloso il fatto che gli intellettuali e
perfino il mondo della cultura acclamino il comportamento di Kennedy come il
momento più bello della sua vita. Il mio punto di vista è che è stato uno dei
peggiori momenti della storia. L’incapacità di affrontare la realtà di noi
stessi è una caratteristica fin troppo comune della cultura intellettuale, e ha
implicazioni inquietanti anche per la vita personale.
Ebbene, 10 anni più tardi, durante la guerra
arabo-israeliana, Henry Kissinger alzò al massimo il livello di allarme
nucleare.. Lo scopo era di avvertire i Russi mentre (così abbiamo saputo da
poco) informava in segreto Israele che avevano autorizzato di violare il
cessate il fuoco che era stato imposto congiuntamente dagli Stati Uniti e dalla
Russia. Quando Reagan assunse la carica un paio di anni dopo, gli Stati Uniti
avviarono operazioni per indagare sulle difese russe, volando in Russia a
questo scopo, simulando attacchi aerei e navali e allo stesso tempo piazzando
in Germania missili Perishing che in 5 minuti di volo raggiungevano i bersagli
russi. Stavano fornendo quello che la CIA chiamava la capacità di “un primo
attacco super-improvviso”. I Russi, non c’è da meravigliarsi, erano
profondamente preoccupati. In realtà questo portò a una importante allerta di
guerra nel 1983. Ci sono statti centinaia di casi quando l’intervento umano ha
sospeso il lancio per un primo attacco a pochi minuti prima del lancio. Questo
dopo che sistemi automatici avevano dato un falso allarme. Non abbiamo rapporti
dei Russi, ma non c’è dubbio che i loro sistemi sono molto più soggetti a
incidenti. In realtà è un miracolo che finora sia stata evitata una guerra
nucleare.
Nel frattempo, India e Pakistan sono arrivati vicino a una
guerra nucleare varie volte e le situazioni di crisi che hanno portato a questo
punto, specialmente quella per il Kashmir, restano. Sia l’India che il Pakistan
hanno rifiutato di firmare il Trattato di non-proliferazione, insieme a
Israele, ed entrambi i paesi hanno ricevuto appoggio di Stati Uniti per
sviluppare i loro programmi nucleari fino a oggi, nel caso dell’India, che è
ora alleato del nostro paese.
Le minacce di guerra in Medio Oriente che potrebbero
diventare una realtà molto presto, ancora una volta aumentano i pericoli. Per
fortuna c’è un modo per uscirne, un modo semplice. C’è un modo di attenuare, forse
anche di porre fine a qualunque minaccia si presuma che l’Iran possa porre. E’
semplicissimo: andare verso la creazione di una zona libera da armi nucleari in
Medio Oriente. L’occasione si presenterà di nuovo questo dicembre. C’è in
programma una conferenza internazionale per trattare questa proposta che ha un
appoggio internazionale entusiasta, compresa, per inciso, una maggioranza della
popolazione di Israele, fortunatamente. Sfortunatamente è bloccata dagli Stati
Uniti e da Israele. Un paio di giorni fa, Israele ha annunciato che non
parteciperà, e che non considererà la questione fino a quando non ci sarà una
pace generale nella regione. Obama prende la stessa posizione. Insiste anche
che qualsiasi accordo deve escludere Israele e deve perfino escludere le
richieste ad altre nazioni perché forniscano informazioni circa le attività
nucleari di Israele.
Gli Stati Uniti e Israele possono rimandare indefinitamente
la pace nella regione. Lo hanno fatto
per 35 anni per la situazione di Israele e Palestina, praticamente l’isolamento
internazionale. E’ una storia lunga, importante, che non ho tempo di
approfondire qui. Non c’è quindi speranza di trovare un modo facile per porre
fine a quello che l’Occidente considera la crisi attuale più grave – nessun
modo a meno che ci sia una pressione pubblica su vasta scala. Non può però
esserci, questo tipo di pressione a meno che la gente ne sappia qualche cosa. E
i mezzi di informazione hanno fatto un lavoro stupendo allontanando quel
pericolo: nulla è stato riferito sulla conferenza o su qualche cosa del
contesto, nessuna discussione, a parte i giornali specialisti sul controllo
delle armi dove si possono leggere delle notizie al riguardo. E’ questo quindi
che blocca il modo facile per mettere fine alla peggiore crisi che esiste
attualmente a meno che la gente non trovi una maniera di aprirsi un varco verso
la soluzione.
AMY GOODMAN: Il
professore del MIT, Noam Chomsky, ha parlato il 27 2012 settembre
di questo anno all’Università del Massachusetts, a Amherst. La sua conferenza era intitolata “Chi possiede
il mondo?”
Originale: Democracy Now!
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2012 ZNET Italy –Licenza Creative Commons CC
BY-NC-SA 3.0
Fonte: da STAMPALIBERA del
31 ottobre 2012
Fonte: znetitaly
Nessun commento:
Posta un commento