Il significato magico del Solstizio d’Inverno
di Luca
Valentini
Tra qualche settimana avrà inizio il periodo delle
celebrazioni e dei festeggiamenti per il Natale e, come ogni anno, la moltitudine
globalizzata, con giustificazioni astrattamente religiose, si immergerà
repentinamente e totalmente nella demonia del consumismo sfrenato, senza
comprendere minimamente o implicitamente che in quei giorni specifici del ciclo
annuale qualcosa di straordinario e di magico accade, un evento cosmico che
assumeva un alto valore simbolico in tutte le forme assunte dalla Tradizione
Primordiale.
Questo nostro scritto è mirato proprio a precisare il
suddetto aspetto tradizionale, compenetrandolo in una visione organica, che
liberi il campo da integralismi e settarismi d’ogni tipo, esplicitando il senso
universale di quello che è comunemente conosciuto come il Solstizio d’Inverno,
appartenente, in forme giustamente diverse, alla spiritualità di tutte le religioni
del mondo.
“Non dimentichiamo, infatti, che quell’avvenimento
iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, ad esempio presso le
costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e
Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e
della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Esso,
inoltre, ispirò il “frammento 66” dell’opera di Eraclito di Efeso
(560/480 a.C) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da
Virgilio (VI° libro dell’Eneide). Quello stesso fenomeno, fu invariabilmente
atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti
lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”); i Germani, “Yulè”
(la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”); i Finnici “July”
(“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (il “giorno più
corto”)”. (1)
Pochi sanno, infatti, che, intorno alla data del 25
Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro
esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio
Horo e il padre, Osiride, si credeva fosse nato nello stesso periodo; nel
Messico precolombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli;
Bacab nello Yucatan; il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis; il
dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord;
Zaratustra in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in
Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a
Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Istar,
rappresentata col figlio divino fra le braccia e con, intorno al capo,
un’aureola di dodici stelle.
“Nel giorno del Natale il Sole, che, nel suo moto
annuo lungo l’eclittica - il cerchio massimo sulla sfera celeste che
corrisponde al percorso apparente del Sole durante l’anno -, viene a trovarsi
alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della
Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell’ora, cioè, è
allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce
(all’incirca, 8 ore e 50/55 minuti)” (2); raggiunto il punto più
meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto
dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente.
“Nella Romanità, in una data compresa tra il 21 e il
25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies
Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto, dopo
l’introduzione, sotto l’Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano
Mithra nelle tradizioni religiose romane e l’edificazione del suo tempio nel
campus Agrippae, l’attuale piazza San Silvestro a Roma, che era praticamente
incluso all’interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano
Saturnalia, festività dedicate a Saturno, Re dell’Età dell’Oro, che, a partire
dal 217 a .C. e dopo le successive riforme introdotte da Cesare e da
Caligola, si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o
festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le
strade, le città, la famiglia.” (3)
Il mito romano narra che il misterioso Giano, il dio
italico, regnava sul Lazio quando dal mare vi giunse Saturno, che potrebbe
essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni
ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos
successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova
sponda, ovvero alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato; come sostiene René
Guénon (4), vi è una qualche
analogia, fra il dio romano e il vedico Satyavrata, testimoniata dalla comune
radice sat, che in sanscrito significa l’Uno.
“Nel Lazio, inoltre, nel corso del mese di Dicembre,
il dio Conso era festeggiato il 15 Dicembre, nel corso delle Consualia, le
feste dedicate alla “conclusione sacrale del vecchio anno” : segnaliamo come dal latino, “condere”, indica
l’azione del “nascondere” e/o del “concludere”. Il già citato Giano, associato
a Conso, poi, era l’antica divinità latina dalle “due facce”, “dio del tempo”
e, specificamente, “dell’anno” ed il cui tempietto, a Roma, consisteva in un
corridoio con due porte, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra
che, sulla base della sua ancestrale accezione, designa “l’andare” e , più
particolarmente, la “fase iniziale del camminare” e del “mettersi in marcia”:
regolava e coordinava l’inizio del nuovo anno, da cui Ianuarius, il mese di Gennaio”.
(5) Come ci conferma Franz Altheim (6) “Ianus e Consus, nella realtà
religiosa romana, si riferivano all’inizio ed alla fine di un’azione” e
facevano ugualmente riferimento (… ) “ad eventi fissati nel tempo, ma che si
ripetevano periodicamente”, quelli dell’eterno ritorno della luce a
discapito delle tenebre.
Non dimentichiamo, quindi, come la tradizione romana della
festa del dies solis novi affondava le sue radici, sia nel passato
preistorico delle genti indoeuropee, a cui i Romani e la maggior parte delle
genti Italiche appartenevano, che in quello delle sue stesse basi cultuali:
Julius Evola ci ricorda come “Sol, la divinità solare, appare già fra
i dii indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor
più lontani cicli di civiltà” (7).
E’ fondamentale a questo punto comprendere come tale
rinascita solare rappresenti “solo” il simbolo di una rigenerazione cosmica, in
cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che
opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio
stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere
al deva-yana o “via degli dei” della tradizione indù, alla contrada ascendente
e divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può
intraprendere la strada dello sviluppo sovraindividuale.
Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona
e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al
mattino, con l’alba, diverrà trionfante.
Nei tarocchi ciò che meglio identifica tale rinascita di
Luce è la lama del Bagatto, che simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui
missione è conseguire l'unione fra spirito e materia. Il Bagatto ha già davanti
a sé tutti i simboli del potere materiale ed è il personaggio che intraprende
l'Opera alchemica, lavorando con i tre principi e i quattro elementi (i tre
piedi e i quattro angoli del tavolo), grazie alla quale ogni uomo è un metallo,
che portato alla sua perfezione, viene chiamato Oro. Il senso più alto della
carta è dato dal suo numero, che è l’uno e che indica il motore immobile, il
Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato
simboleggia il movimento d’elevazione spirituale che conduce alla quadratura
del cerchio. Uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d'Inverno, perciò,
si passa dal nulla all'unità, geometricamente cioè, dal divenire sensibile,
rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all’eterno presente,
che nell’uno e nel centro si esplicita perfettamente.
Significativo è, inoltre, il passo evangelico in cui
Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d’estate, rivolgendosi a Gesù,
nato nel Solstizio d’Inverno, si pronunci in tal modo: “Bisogna che egli cresca
e che io diminuisca”.
Parimenti è la rappresentazione classica del dio iranico
Mithra, raffigurato mentre uccide un toro, con due dadofori ai suoi fianchi,
che simboleggiano il corso del Sole: Cautes con la torcia verso l’alto (21
Giugno) e Cautopates con la torcia verso il basso (21 Dicembre). Ecco il
simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, che corrispondono
rispettivamente all’entrata e all’uscita dalla Caverna Cosmica: la prima porta,
quella "degli uomini", corrisponde al Solstizio d'Estate, cioè
all'entrata del Sole nel segno zodiacale del Cancro, la seconda, quella
"degli dei", al Solstizio d'Inverno, cioè all'entrata del Sole nel
segno zodiacale del Capricorno. Dal punto di vista iniziatico la caverna, per
via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di
totale interiorizzazione dell'essere, vale a dire il luogo dove avviene,
accedendovi, la seconda nascita dell’iniziato.
La seconda nascita, corrispondente nel significato ai
Piccoli Misteri, si differenzia dalla terza nascita, in uscita dalla porta
solstiziale d'inverno, corrispondente, invece, ai Grandi Misteri. La seconda
nascita si realizza sul piano psichico, definendosi come rigenerazione
psichica; la terza nascita, invece, opera direttamente nell'ordine spirituale e
non più psichico, in quanto l’iniziato deve a quel punto aver risolto la sua
individualità, trovando così libero accesso alla sfera di possibilità della
comprensione sovraindividuale. Qui l’iniziato rivive le tre tappe del processo
alchemico: le tenebre s’infittiscono, l'alba s'imbianca, la fiamma risplende.
In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall'ingresso del Sole
nel segno zodiacale del Cancro, con il Solstizio d'Estate.
Il Solstizio d'Inverno corrisponde, invece, in senso
microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita
nella luce. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere
visualizzata come un'illuminazione riflessa che rischiara il buio della
caverna: un fascio di luce che penetra da un'apertura nel tetto della caverna e
che genera quell'illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della
caverna sacra di Platone e la cui fonte è il "Sole Intelleggibile".
Nell'ordine microcosmico, per quanto concerne l'organismo sottile individuale,
tale apertura corrisponde al centro energetico che si trova sulla sommità del
capo: il chakra della corona, il kether della Sefiroth. Esso rappresenta il
settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che nella
Cristianità viene indicato come il settimo cielo. E' lo stato di consapevolezza
della libertà assoluta, la sede del Creatore. Secondo gli indù al chakra della
corona si fondono la Prakriti , la sostanza primordiale, e il Purusha, lo
spirito, l’essenza. Nel percorso
rettilineo tra la seconda e la terza nascita, all'interno della Caverna
Cosmica, tra le due porte solstiziali, l'illuminazione, dunque, penetra in noi
dalla sommità del cranio, come, secondo i rituali operativi massonici, sulla
sommità del cranio di ogni uomo è sospeso il filo a piombo del Grande
Architetto, quello che segna la direzione dell'Asse del Mondo.
Concludiamo questo nostro scritto col ricordare che la
rigenerazione cosmica, di cui si è scritto, è sempre concepita con la discesa e
con l’aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più
splendente esempio:”Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla
brace ed il fuoco rinascerà”.
Note:
1) tratto dall’articolo “Dies Natalis Solis Invicti”,
Alberto Mariantoni, Identità, 2004;
2) idem
3) idem
4) René Guénon, Alcuni aspetti del simbolismo del pesce, in
Simboli della Scienza Sacra, ed. Adelphi;
5) tratto dall’articolo “Dies Natalis Solis Invicti”,
Alberto Mariantoni, Identità, 2004;
6) Franz Altheim, Storia della Religione Romana, Ed. Settimo
Sigillo, Roma, 1996, pag. 69 e 70;
7) Julius Evola, La Tradizione di Roma, Ed. di Ar,
collezione “Areté”, Manduria, 1977, pag. 138).
Fonte: srs di Luca Valentini, da Disinformazione. it del 30
dicembre 2004
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