E se iniziano a dirlo
anche i frati, la situazione è veramente
grave!
Le recenti crisi finanziarie hanno tolto credibilità ad una
delle principali argomentazioni utilizzate a supporto della costruzione
europea: con un’unica moneta forte, soprattutto i paesi più deboli, sarebbero
stati al riparo da turbolenze finanziarie. I fatti attuali dimostrano che è
vero l’esatto contrario: un paese si salva dagli attacchi della speculazione,
non perché è protetto da un ombrello monetario, ma solamente se ha i conti
pubblici in ordine e non ha un esagerato debito privato. Il caso della
Danimarca e della Svezia è emblematico, sono rimasti fuori dall’Euro e nessuno
si è sognato di attaccarli. Il caso Grecia e altri paesi, tra cui l’Italia, che
sono nei guai, dimostra la debolezza dell’argomentazione pro Unione Monetaria.
In realtà, unire sotto un unico ombrello monetario paesi con una diversa
struttura economica, impedisce ai più deboli, in caso di crisi, di svalutare
per salvare il tessuto produttivo e quindi, di garantire la propria
sopravvivenza.
Politici e governanti, soprattutto di sinistra, cercarono di
convincerci che l’adesione alla Moneta Unica fosse l’unica via per costringere
il Paese a fare le riforme di cui aveva tanto bisogno per diventare più
efficiente. Oggi possiamo tranquillamente affermare che abbiamo aderito
all’Euro, ma le riforme non sono state fatte e l’Italia è più debole.
La sinistra pensava inoltre che l’Euro avrebbe determinato
una maggiore equità sociale. Non avremmo avuto più le svalutazioni competitive
e l’inflazione, fenomeni che spostavano ricchezza dal lavoro dipendente al
lavoro autonomo e alle imprese. Ricorderete inoltre coloro i quali argomentavano
che una diminuzione dei tassi, conseguente all’ingresso nella Moneta Unica,
avrebbe avuto un effetto benefico sul debito pubblico e sui mutui, con
conseguenti risparmi per le classi meno abbienti. In realtà ciò che fa
risparmiare un debitore, non sono i bassi tassi d’interesse nominali, ma quelli
reali, al netto dell’inflazione. L’adesione all’Euro ha determinato una discesa
dei tassi nominali e dell’inflazione, con benefici trascurabili per i
debitori.
A distanza di 10 anni dalla creazione Moneta Unica , risulta
evidente come si sia verificata un’enorme redistribuzione della ricchezza a
sfavore delle classi disagiate. Le classi imprenditoriali dei paesi meno
competitivi, venendo a mancare prospettive di business sui mercati
internazionali per evidenti problemi creati da un rapporto di cambio
artificialmente penalizzante, hanno approfittato della situazione di confusione
creata dall’applicazione improvvisa di una nuova unità monetaria, per
recuperare margini di profittabilità in settori oligopolistici del mercato
interno, caratterizzati da una domanda anelastica. Ecco spiegato perché sono
saliti i prezzi di beni e servizi che pesano di più sul bilancio della povera
gente.
Si è verificato inoltre un forte aumento degli immobili e
delle locazioni. Molti di voi avranno conosciuto imprenditori i quali,
consapevoli che le loro aziende avevano scarse prospettive, hanno
improvvisamente scoperto la loro vocazione all’investimento immobiliare. La
bolla immobiliare infatti si è verificata nei paesi con economie più deboli:
Spagna, Italia, Grecia e Portogallo. Oggi costa meno comprare a Berlino che a
Roma. Anche in questo caso, le categorie a minor reddito sono state le più
danneggiate.
E la sinistra ancora si domanda perché perde consensi fra le
fasce più deboli. La gente non fa tutte queste analisi, ma ha percepito che c’è
stato un inganno.
Le imprese dinamiche hanno trovato nell’Euro ulteriori
spinte alla delocalizzazione, togliendo al paese ricchezza. Perché restare in
un paese che perde competitività e non può più utilizzare la svalutazione per
riallinearsi alla competizione?
Ma il salato conto della Moneta Unica oggi lo stanno pagando
e lo pagheranno anche i possessori di immobili e le stesse banche appartenenti
ai paesi meno competitivi, anche queste ultime, che inizialmente sembravano
rientrare tra i pochi soggetti avvantaggiati dall’Euro.
L’unica modo che avevamo per migliorare questo Paese era
quella di riformare la spesa pubblica, investire in infrastrutture e non
aderire alla Moneta Unica. Mantenere cioè la nostra libertà economica e morale.
La nostra industria, costituita principalmente da imprese di contenute
dimensioni, a media tecnologia, anche se per magia venissero risolti i problemi
di ritardo infrastrutturale e di eccessivo assorbimento di risorse da parte del
settore pubblico, avrebbe comunque bisogno di ricorrere a svalutazioni nei
confronti della Germania, che ha una struttura incentrata sull’ alta
tecnologia. Con l’Euro, abbiamo rinunciato alle svalutazioni buone, quelle
indotte dal sistema delle imprese per riallinearsi alla competizione e non
abbiamo rimosso la causa delle svalutazioni cattive, l’eccessiva spesa
pubblica.
Il solo vincitore della partita è la Germania. La politica
della BCE, non a caso ubicata a Francoforte, come stabilito nello Statuto a suo
tempo imposto dai tedeschi, ha avuto sempre come priorità il controllo
dell’inflazione, la crescita è stata subordinata alla variabile inflazione.
Negli Stati Uniti la Fed ha priorità opposte. Non stupisce che il dollaro si
svaluti continuamente nei confronti dell’Euro. La BCE ha applicato una politica
clone della vecchia Bundesbank, quando gestiva il marco.
Come si esce da questo disastro? Le soluzioni sono in teoria
due. Potremmo provare a convincere i tedeschi ad acconsentire che la BCE faccia
una politica monetaria più accomodante e nell’interesse dei paesi deboli,
strada difficilmente percorribile anche per le notevoli differenze culturali e
di struttura economica che esistono fra i paesi europei. La seconda soluzione
sarebbe quella di rimettere, prima possibile, a posto i conti pubblici e
successivamente programmare un’uscita dall’Euro. Questa scelta sarebbe dolorosa
nell’immediato, ma ci potrebbe garantire benessere e libertà per il futuro.
L’Italia è un paese con potenzialità, con un gran numero di menti
imprenditoriali capaci che, se vengono lasciate libere di esprimersi, sono in
grado di primeggiare nel mondo. La visione dirigista dei burocrati dell’Unione
Europea è tesa a distruggere questa creatività e il principale strumento per
togliere la libertà ai popoli è unirli sotto un unico ombrello monetario.
La costruzione monetaria europea è frutto di una mentalità
illiberale e antidemocratica come, del resto, è illiberale il processo di
globalizzazione in corso. Ambedue i fenomeni sono guidati da un’unica regia: un
ristrettissimo “gruppo di potere”, una elite finanziaria ed economica. Le
decisioni sulle linea guida fondamentali sono state prese nell’ambito di
consessi ristrettissimi e i popoli sono chiamati solamente a ratificare atti
conseguenti ad un impianto normativo deciso da pochi. Viene pertanto a mancare
un principio fondamentale a cui si ispira la democrazia: il principio di
responsabilità degli amministratori della cosa pubblica, eletti dai popoli. I
nostri Ministri sono oramai diventati meri esecutori di leggi e regole dettate
dall’Europa e dalla globalizzazione.
Un manipolo di “illuminati” ha deciso che improvvisamente si
dovesse aprire le porte a paesi, come la Cina, che hanno legislazioni sul
lavoro profondamente diverse dalle nostre. Paesi dove lo Stato controlla tutte
le variabili macroeconomiche, a cominciare dal tasso di cambio. E’ stata voluta
una globalizzazione dove gli Stati Uniti mantengono un ruolo di signoraggio
mondiale della moneta, grazie al fatto che il dollaro rimane moneta di
riserva.
Una globalizzazione improntata al libero mercato avrebbe
dovuto prevedere una legislazione uguale per tutti i paesi che partecipano alla
competizione e tassi di cambio lasciati liberi di fluttuare in base alle regole
di domanda e offerta.
Il Gruppo degli “illuminati” sta elaborando la fase 2
della globalizzazione. Per uscire dalla crisi, determinata dalle loro politiche
scellerate e dirigiste, stanno proponendo di creare una “moneta unica mondiale”
ed un unico Ministero dell’Economia, con gravi rischi per il nostro benessere e
i fondamentali diritti di libertà e di democrazia.
Sorge spontanea la domanda, chi siano questi “illuminati”.
Per chi volesse saperne di più, inizia ad essere disponibile un’ampia letteratura
su questo “gruppo”, non eletto dai popoli, che mira ad accentrare il potere in
un governo unico mondiale, a favorire pochi potenti Stati, un piccolo gruppo di
grandissime corporation ed un ristretto numero di banche.
Fonte: srs di Stefano Gubbiotti, da “Assisi per la pace.com”
aprile 2012