Lo rivela Mario Monti a pagina 36 del Def appena portato in
Parlamento. Il premier italiano annuncia triste che a fine 2012 il rapporto
debito pubblico/Pil schizzerà per l’Italia alla percentuale record del 123,4%.
Una cifra mostruosa, che in parte deriva dalle scelte di politica economica del
governo italiano, che mettendo troppe tasse ha provocato la recessione
(facendo scendere dunque il Pil più delle previsioni) e che non tagliando
la spesa ha provocato la crescita del debito pubblico. Ma c’è anche un’altra
ragione dei guai italiani, che era meno nota. Monti infatti nel giro di poche
settimane ha messo la sua firma sotto due decisioni dell’Unione europea.
La prima è il varo del famoso trattato sul fiscal compact,
che rischia di mettere in ginocchio l’Italia perchè prevede l’obbligo di
rientro rapido nel parametro debito/pil del 60%, costringendo a fare manovre
annuali da 40 miliardi di euro l’anno per circa 20 anni. Mentre il premier, ben
conscio di quel debito pubblico che stava schizzando alle stelle, con la sua
firma da una parte metteva la testa dell’Italia sotto la ghigliottina,
dall’altra firmava altri documenti che aggravavano ancora di più la situazione
dell’Italia sborsando la bellezza di 35,1 miliardi di euro a favore di Grecia,
Portogallo e Irlanda.
Il Def lo racconta così: «Lo scorso anno per il 2012 si
prevedeva complessivamente un esborso aggiuntivo per la Grecia di circa 0,2
punti di Pil inclusi nel fabbisogno. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio
di quello in corso gli accordi europei sono stati modificati prevedendo che gli
aiuti alla Grecia transitino attraverso l’Efsf insieme con quelli per il
Portogallo e Irlanda, approvati successivamente all’uscita del programma di stabilità
del 2011 (che infatti non li includeva). L’ammontare previsto delle emissioni
di debito Efsf, per la quota italiana, sarà pari a circa 29,5 miliardi di euro,
cui vanno aggiunte le tranche di pagamento per la costituzione del capitale
dell’organismo permanente Esm (European Stability Mechamism), pari a circa 5,6
miliardi per il 2012 (anche esse non previste nella stima dello scorso anno)».
In tutto appunto fanno 35,1 miliardi di euro, una cifra
spaventosamente alta che Monti si è impegnato a spendere senza per altro
chiedere permesso al Parlamento né discutere pubblicamente della cosa. Certo,
salvare la Grecia può essere utile anche all’Italia che era travolta dalla
tempesta finanziaria subito a ruota. Ma quei 35,1 miliardi come oggi Monti
riconosce, hanno un effetto grave sul debito pubblico italiano, visto che in
cassa non c’erano e per pagarli si sono emessi nuovi titoli pubblici.
«Complessivamente», scrive il premier italiano, «questi contributi
rappresentano circa il 2,2 per cento del Pil, due punti percentuali in più
rispetto alla stima dello scorso anno. D’altra parte la previsione per il
fabbisogno del settore pubblico, proprio per effetto del superamento della
modalità di erogazione diretta alla Grecia, è previsto essere inferiore di
circa 0,2 punti percentuali di Pil rispetto alla stima dello scorso anno. A
questo andamento dello stock del debito va poi associata una dinamica del Pil
nominale decisamente più lenta».
Traduciamo per chi non fosse a conoscenza dei termini
tecnici. Secondo gli accordi che l’Italia aveva con la Ue prima dell’arrivo dei
governi tecnici, l’aiuto alla Grecia sarebbe stato di circa 3 miliardi di euro
da pagare direttamente. Monti ha portato quell’impegno a 35,1 miliardi di euro,
emettendo titoli del debito pubblico. Il risultato sarà che il deficit scenderà
di 3 miliardi di euro non per merito del governo tecnico, ma per una scelta
contabile. E il debito pubblico peggiorerà di 35,1 miliardi di euro, facendo
schizzare il parametro debito/pil a quel 123,4% appena annunciato per il 2012.
Valeva la pena mettere l’Italia in queste condizioni e
aggravare ancora di più la manovra di rientro imposta dal trattato sul fiscal
compact? Come ha fatto Monti a firmare con la mano destra lo stanziamento di
quei 35,1 miliardi a Grecia, Portogallo e Irlanda e con la sinistra la
ghigliottina che costringeva a tagliare quei 35,1 miliardi ogni anno per
rientrare nei parametri fra debito e pil? Che logica ha aiutare gli altri paesi per
impiccare l’Italia? Questa è una domanda che va rivolta al premier ma anche ai
partiti che così acriticamente lo stanno sostenendo da mesi. A che serve un
governo di unità nazionale? A farci morire tutti per obbedire alle regole di
quella Angela Merkel che ormai tutti i paesi d’Europa non sopportano più, in
primis la Francia che l’ha fatto ben capire con il suo recente voto alle
presidenziali. Il governo di unità nazionale semmai era una grande occasione
per dare all’Italia la forza di ribellarsi e fare le politiche esattamente
opposte. Se la Germania vuole solo rigore, se ne vada lei dalla Ue. L’Italia
difenda i suoi interessi. Che non sono certo quelli di essere costretta a
sborsare 35 miliardi per gli altri, sapendo già che quel gesto la farà finire
pure sul banco degli imputati.
Fonte: srs di Franco Bechis da Libero.it del 27 aprile 2012
I 35 MILIARDI DATI DA MONTI ALLA
GRECIA
27/04/2012 - Franco Bechis all'attacco su Libero
Mario Monti lo scrive chiaro e tondo nel Def, a sentire Franco Bechis
che su Libero è in apertura con la storia dei fondi dati dall’Italia alla
Grecia. Scrive il quotidiano di Belpietro:
l Def lo racconta così: «Lo scorso anno per il 2012 si
prevedeva complessivamente un esborso aggiuntivo per la Grecia di circa 0,2
punti di Pil inclusi nel fabbisogno. Tra la fine dello scorso anno e l’ini –
zio di quello in corso gli accordi europei sono stati modificati prevedendo che
gli aiuti alla Grecia transitino attraverso l’Efsf insieme con quelli per il
Portogallo e Irlanda, approvati successivamente all’uscita del programma di
stabilità del 2011 (che infatti non li includeva). L’ammontare previsto delle
emissioni di debito Efsf, per la quota italiana, sarà pari a circa 29,5
miliardi di euro, cui vanno aggiunte le tranche di pagamento per la
costituzione del capitale dell’orga – nismo permanente Esm (European Stability
Mechamism), pari a circa 5,6 miliardi per il 2012 (anche esse non previste
nella stima dello scorso anno)».
In tutto appunto fanno 35,1 miliardi di euro, scrive Libero:
una cifra spaventosamente alta che Monti si è impegnato a spendere senza per
altro chiedere permesso al Parlamento né discutere pubblicamente della cosa.
Certo, salvare la Grecia può essere utile anche
all’Italia che era travolta dalla tempesta finanziaria subito a ruota. Ma quei
35,1 miliardi come oggi Monti riconosce, hanno un effetto grave sul debito
pubblico italiano, visto che in cassa non c’erano e per pagarli si sono emessi
nuovi titoli pubblici. «Complessivamente», scrive il premier italiano, «questi
contributi rappresentano circa il 2,2 per cento del Pil, due punti percentuali
in più rispetto alla stima dello scorso anno. D’altra parte la previsione per
il fabbisogno del settore pubblico, proprio per effetto del superamento della
modalità di erogazione diretta alla Grecia, è previsto essere inferiore di
circa 0,2 punti percentuali di Pil rispetto alla stima dello scorso anno. A
questo andamento dello stock del debito va poi associata una dinamica del Pil
nominale decisamente più lenta».
Spiega il quotidiano:
Traduciamo per chi non fosse a conoscenza dei termini
tecnici. Secondo gli accordi che l’Italia aveva con la Ue prima dell’arrivo dei
governi tecnici, l’aiuto alla Grecia sarebbe stato di circa 3 miliardi di euro
da pagare direttamente. Monti ha portato quell’impegno a 35,1 miliardi di euro,
emettendo titoli del debito pubblico. Il risultato sarà che il deficit scenderà
di 3 miliardi di euro non per merito del governo tecnico, ma per una scelta
contabile. E il debito pubblico peggiorerà di 35,1 miliardi di euro, facendo
schizzare il parametro debito/pil a quel 123,4% appena annunciato per il 2012.
Fonte: da Il Giornalettismo di venerdì aprile 2012
MONTI SALVA LA GRECIA (COI NOSTRI SOLDI)
VITTORE VANTINI*
Una notizia passata sotto silenzio e che ben pochi hanno
letto è l’impegno di versamento da parte dell’Italia di ben 35 miliardi di Euri
a favore del pacchetto di salvataggio della Grecia. Negli ultimi mesi del
governo Berlusconi vi era stato un accordo, sostanzialmente con la Germania,
secondo il quale il versamento italiano si sarebbe attestato sull’importo di 3
miliardi. Ora il governo Monti, che più correttamente si potrebbe chiamare la
dittatura Monti, ha elevato a oltre 10 volte l’impegno italiano, generando così
un rapporto debito Pil del 123,5%.
Non si capisce perché noi dobbiamo andare in salvataggio
della Grecia, quando per esempio esistono miriadi di imprese italiane che
attendono dagli enti locali e dallo Stato il soddisfacimento dei loro crediti,
cosa che genera una serie a cascata di danni irreparabili e, come atto finale,
il suicidio di decine di imprenditori. Alla faccia delle tanto conclamate politiche
di sviluppo!
Purtroppo abbiamo visto Monti bonificare prontamente 2
miliardi e mezzo all’agenzia Morgan & Stanley e anche correre all’acquisto
di auto blu a gogò, ma questo impegno minaccia davvero di far traboccare il
vaso, perché con un debito Pil al 123,5% ci porremo al di fuori degli accordi e
dovremmo ricorrere ad altre manovre fiscali. Se pensiamo che negli accordi
della unione europea questo rapporto non dovrebbe superare il 60%, ci troviamo
di fronte alla necessità di mettere in atto una manovra da 50 miliardi/anno
per circa vent’anni. E tutto ciò perché Monti deve rispettare lo
svolgimento del suo compitino.
Monti sarebbe il risanatore sobrio della situazione
economica finanziaria italiana? Monti sarebbe il salvatore d’Italia dotato di grande
capacità e soprattutto di grande equità? Sembra piuttosto, anzi è del tutto
evidente, che si tratta di un carnefice messo a governare il nostro disgraziato
paese dai soliti e onnipotenti poteri forti, con la complicità di Napolitano e
di quei partiti ( Pd, Pdl e Udc), i quali non sapendo che pesci pigliare e
terrorizzati dalle avanzanti molteplici proteste, che sono per il momento molto
deboli ma che potrebbero davvero trasformarsi in una rivoluzione anche cruenta,
si riparano dietro il faccione imbambolato di Monti e l’officiante e melenso
Napolitano.
Alla luce di questi e altri fatti estremamente negativi,
voglio ritornare ai concetti di un mio precedente scritto. Restiamo così a
farci spennare prima e a farci strozzare poi o piuttosto, assunte le decisioni
delle ore disperate, decidiamo di ripudiare l’Euro e di andarcene dall’Unione
Europea? Chi ha calcolato il danno reputa l’evenienza di un impoverimento del
50% e quindi sarebbe una strada molto ma molto costosa. Tuttavia, andando
avanti di questo passo, non ci rimarrà neppure la metà dei nostri beni e il
risultato finale sarà un default generalizzato nell’ambito economico-sociale:
pensioni decapitate, sanità a pagamento, servizi azzerati.
Ma perchè ci siamo ridotti in questa situazione? Per una
serie di ragioni, che qui è inutile ricordare, dovute all’insipienza dei
politici e al tragico disinteresse degli italioti. Ma, ancor prima di questo,
vi è la scelta orribile dell’economia basata sul debito, nata alla fine del
1700. Nell’ anno 1776 Thomas Jefferson dichiarava: “Se gli Americani
consentiranno mai a banche e privati di emettere il proprio denaro, prima con
l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le grandi imprese che
cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà finché i loro
figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro padri. Il
potere di emissione va tolto via dalle banche e restituito al popolo, al quale
esso appartiene propriamente.”
E’ il concetto di “signoraggio monetario”, che nasce
dall’acquisto del “debito” statale e/o privato”. Un trucco e una realtà che
ufficialmente non esistono o che vengono accuratamente nascosti. Senza entrare
nel dettaglio e in modo assai grossolano, si tratta di accordi (forse sarebbe
meglio dire complicità) tra gli Stati e gruppi di persone ultraricche, le
quali, in cambio della concessione di poter stampare moneta, acquistano le
poste negative di bilancio sostituendole con pezzi di carta garantiti in una
prima fase dai loro beni. Ma la facoltà di emettere moneta continua poi ad
libitum di questi “poteri forti”, che si sono eretti in “banche d’emissione”.
Conquistato questo immenso potere, sono in grado di
concedere o negare agli Stati quanta moneta essi vogliono, assecondando la
voracità dei politici che, attraverso spesa e concessioni, perpetuano la loro
esistenza e rielezione. Intanto il debito si accumula e la dipendenza da queste
“banche” aumenta, fino a diventare una vera e propria servitù. Sono le banche
centrali a livello planetario o continentale (FMI – BCE ecc.), che sono enti
privati, cioè (in ultima istanza) in mano a famiglie e persone come noi, ma,
che per effetto della sopracitata facoltà, fanno strame di tutti e, badate
bene, sono le uniche entità a guadagnare sempre sia con le vacche grasse, sia
con quelle magre. Sono diventate le padrone degli Stati e danno o tolgono loro
ossigeno a seconda delle garanzie e dell’acquiescenza. Per rendere la cosa
“scientifica” hanno eretto furbescamente le Agenzie di rating.
Sarebbe bene pensarci e prepararci a una battaglia finale.
Finché siamo ancora vivi e capaci di fare qualcosa, cioè determinare da noi
stessi (e non continuare a consegnare ad altri) i nostri
destini. Indipendenza comunque! Anche della moneta!
Unione Padana*
Fonte: sts di Vittirio Vanini, da L’indipendenza del 29
aprile 2012
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