Roma. Si chiama “shirk”, idolatria, il peccato che l’islamismo considera il più imperdonabile da parte di Allah. E’ questa l’accusa terribile che un eminente accademico e teologo dell’Università di al Azhar ha appena scagliato contro il cristianesimo. Secondo la visione islamica fondamentalista, anche solo affermare che “Gesù Cristo è figlio di Dio” è politeismo passibile della pena di morte. Il libro Contro i cristiani, pamphlet inquisitorio dietro alla pretesa di essere un “Rapporto scientifico”, porta la firma di Muhammad Imarah, membro del comitato scientifico di Al Azhar e dell’Islamic Research Academy dell’ateneo, il più prestigioso dell’intero mondo islamico.
Il libello sostiene che la cristianità è “una religione politeista” e che per questo va combattuta. Il 25 giugno il libro ha ricevuto il via libera dell’università. E il quotidiano egiziano Al Destoor scrive che Al Azhar ha già annunciato di sostenere Imarah nel suo attacco al cristianesimo. Al Azhar è da molti anni la centrale ideologica della scomunica islamista.
Con i suoi quattrocentomila studenti, migliaia dei quali arrivano da un centinaio di paesi, al Azhar è una sorta di Vaticano sunnita, ma è anche tenuta d’occhio dai servizi segreti di mezzo mondo.
Persino Nagib Mahfuz, il padre della letteratura araba contemporanea, il premio Nobel egiziano pugnalato quasi a morte dai jihadisti, fu costretto a chiedere l’approvazione della potente università per pubblicare un romanzo mai uscito perché ritenuto “blasfemo” dai fondamentalisti.
I cristiani d’Egitto vogliono portare in tribunale il libro di Imarah. Il testo esce in un momento a dir poco esplosivo nelle relazioni fra cristiani e musulmani. Chiese assaltate, ammazzamenti di cristiani nelle strade e spesso anche le case in cui si prega clandestinamente sono bruciate. E’ in corso la liquidazione demografica della comunità copta.
Naguib Ghobrial, presidente della Egyptian Union of Human Right Organization, ha accusato Imarah di incitare al linciaggio. «Sono andati oltre la Trinità e la moltiplicazione degli dèi, hanno raggiunto l’idolatria in cui Gesù prende il posto del Padre», scrive Imarah nel libro. Imarah accusa il cristianesimo di “takfir”, apostasia, di tradimento del monoteismo, e di essere “adoratori di idoli”.
Il takfir è il marchio di sedizione per cui è stato ucciso il presidente egiziano Anwar al Sadat ed è stato perseguitato lo scrittore Salman Rushdie, è l’accusa per la quale sono stati giustiziati gli ambasciatori algerino ed egiziano in Iraq e prima di loro e con loro decine di migliaia di altri musulmani sono stati squartati nelle periferie di Algeri. Sempre dall’Università di Al Azhar, Suad Saleh, preside della Facoltà di studi islamici dell’ateneo, aveva legittimato con una fatwa la condanna a morte del neocristiano Hegazi perché non si era limitato ad abbandonare l’islam, «si è perfino fatto fotografare insieme alla moglie con in mano il Vangelo». Nella mistica takfir è lecito uccidere tutti gli “infedeli”, compresi i musulmani che non seguono la sharia. Persino i bambini, “perché non pecchino in futuro”.
Per questo nella nuova costituzione dell’Iraq, la prima antifondamentalista del mondo arabo, è incisa la proibizione del takfir, il cardine del fratricidio terroristico e anticristiano. Da settimane cristiani caldei, assiri e copti vengono assassinati dalla cometa sanguinaria di al Qaida. Molte chiese sono state distrutte ultimamente dalla furia fondamentalista. L’arcivescovo di Kirkuk ieri ha detto che è in corso una “pulizia etnica” dei cristiani.
il Foglio, 18 dic 2009
(VR 18 gennaio 2010)
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