QUO VADIS E L'ECOMOSTRO CON IL MICROCHIP
di Alba Kan
Ieri ( 02 giugno 2009) l'avv. Giampaolo Sardos Albertini, presidente della società Quo Vadis, ha presentato al comune di Lavagno in provincia di Verona, il progetto del centro sanitario privato voluto da Don Luigi Verzè, presidente dell'ospedale S. Raffaele di Milano. A due anni di distanza dalla posa della prima pietra, alla presenza del presidente del consiglio Berlusconi, la società è proprietaria di 360.000 mq sul colle di S. Giacomo.
Legambiente ha definito la collina di Lavagno l' "unico polmone verde" della zona.
Don Verzè chiese a suo tempo che il parco collinare, attualmente coltivato a vigneto da alcuni mezzadri, abbia una variazione d'uso per la costruzione di edifici pubblici. L'edificazione riguarderebbe 220 mila metri quadrati, cioè i due terzi del terreno. Il 19 dicembre 02 la giunta di Lavagno dice di sì ed approva un'apposita variante al piano regolatore, che è pure approvata dalla Regione. In un primo momento sembrava che la struttura sanitaria riguardasse soltanto laboratori e cose del genere. Successivamente la donazione San Raffaele, cioè don Verzè, costituisce la società Quo Vadis alla quale conferisce il terreno. Alla presidenza della nuova società don Verzè insedia l'avv. Gian Paolo Sardos Albertini.
Il prete veronese è a capo di un impero. L'ospedale San Raffaele non c'è soltanto a Milano, ma anche in India, Brasile, Tibet, Polonia, Algeria, Malta, Cuba, Medio Oriente. Il suo centro di ricerca, il Dibit, ha 300 scienziati. Il reverendo imperatore ammette d'avere 380 milioni di debiti con le banche, una somma da capogiro. Probabilmente, anche l'operazione San Giacomo sarà finanziata dalle banche. Don Verzè accusò Rosi Bindi d'averlo costretto a vendere il suo San Raffaele di Roma per poche lire. In una lettera pubblicata il 3/8/02 la Bindi smentisce il prete veronese, che ne esce moralmente distrutto(?).
Al contrario don Verzè, ha preferito favorire gli affari della sanità privata del Lazio vendendo il San Raffaele di Mostacciano alla famiglia Angelucci anziché al ministero della Sanità che cercava una nuova sede per l'Istituto Tumori Regina Elena. Un affare che don Verzè ha trattato dopo che era fallito il tentativo di ottenere una convenzione con l'Università La Sapienza di Roma e la Regione Lazio. Sperava di accollare al sistema pubblico le perdite del suo ospedale ricavato, con abusi edilizi, da un albergo alla periferia sud della capitale... Forse aveva ragione Papa Montini quando consigliava a don Verzè di fare solo il prete e non l'imprenditore sanitario?
Il 16 ottobre 04, in una affollata assemblea di personaggi politici a Lavagno, don Verzè ha esposto il suo piano per distruggere il parco verde di San Giacomo (400.000 metri quadrati) per far sorgere un ospedale. I lavori costeranno 12.739.000 euro e nella cassa della società Quo Vadis non c'è un centesimo. Soluzione? “Non è il denaro a fare le idee, ma le idee a fare denaro.”
Don Verzè ha già 380 milioni di debiti con le banche. Non ci sono problemi. Sua Sanità fa capire che il suo socio di maggioranza è Dio. Presidente della società Quo Vadis è l'avvocato veronese Sardos Albertini. Don Verzè ammonisce a non opporsi alla volontà di Dio e dei santi: “Questo ospedale è una proiezione di don Calabria, state bene attenti perché opporsi ai santi è estremamente pericoloso. Prendete coscienza di questa mia dichiarazione.”
Don Verzè faceva parte della congregazione di don Calabria. Se ne allontanò alla fine degli anni cinquanta per realizzare il suo progetto di un ospedale a Milano (il San Raffaele). Nel suo intervento a Lavagno il prete manager ha affermato: “Io sono il figlio prediletto di don Calabria, così mi ha chiamato mille volte.”
Gli amministratori di Lavagno, timorati di Dio, non si sono opposti ed hanno modificato il piano regolatore trasformando l'area da zona E1, vincolata a parco collinare, in area servizi, aprendo di fatto le porta al progettato ospedale. L'area è già inquinata dal traffico della statale, dell'autostrada, della complanare, con difficoltà nei centri abitati di Vago e di S. Martino. Niente paura. Rincariamo la dose. Il progetto prevede la costruzione di 3,5 chilometri di nuove strade. Sua Sanità decide dei valori ambientali e urbanistici e gli enti locali si adeguano. I cittadini votano, don Verzè decide. Cioè Dio.
La quinta commissione consigliare è competente per la sanità nel Veneto. I suoi componenti non sono stati invitati all'assemblea di Lavagno per la presentazione del piano della società Quo Vadis diretto a distruggere il parco collinare per costruirvi l'ospedale di don Verzè. Costui ha avvertito: dove arriva il San Raffaele arriva una città. Il consigliere regionale Nadir Welponer, non invitato a quel convegno, ha contestato a Sua Sanità il diritto di realizzare un centro con funzioni ospedaliere perché non previsto dalla programmazione ospedaliera, in base alla quale si stanno chiudendo numerosi ospedali pubblici. “Quello che sconcerta, ha detto Welponer , è che si pensi di realizzare un ospedale senza coinvolgere la Regione, titolare della sanità veneta.” Don Verzè aveva affermato: “Quando il Quo Vadis sarà concluso, sarà la Regione a chiederci di convenzionarsi con noi.”
Adesso "Don Verzè ha trovato i soldi per costruire la struttura sanitaria", annuncia Sardos Albertini. "Superfici, destinazioni e volumi degli edifici non sono cambiati rispetto al primo piano. Mentre è stata modificata l'architettura del complesso che adesso si inserisce nel monte di S. Giacomo più in armonia con l'ambiente circostante, senza più le torri inizialmente previste che si elevavano fuori terra".
Ma ci si chiede: cementificare 220.000 mq su una piccola collina è in armonia con l'ambiente?
Possono bastare le raccomndazioni degli enti pubblici interessati al progetto, che avevano raccomandato alla Quo Vadis di non superare i 25 m sopra il livello della campagna, "seguendo il pendio del monte"?
Don Verzè ha recentemente recuperato i contributi per rendere più scorrevole la viabilità attorno al colle di S. Giacomo. "I 12 milioni messi a disposizione dalla società autostradale nel proprio piano fiannziario per rifare la circolazione attorno a S. Giacomo non possono essere utilizzati per le vicende legate al rinnovo della concessione autostradale che coinvolge anche la comunità europea", spiega Sardos Albertini, così quei 12 milioni verranno da Veneto Strade (8 milioni) e il resto (4 milioni) dalla stessa autostrada che può gestire più facilmente una cifra meno impegnativa".
Il progetto si riferisce alla realizzazione di nuova strada, parallela all'autostrada MI-VE, che congiungerà l'ngresso della tangenziale sud a Vago alla rotonda da ricavare in via S. Giacomo di Sopra, tra la cima di S. Giacomo e il rondò delle Quattro strade.
L'altra rotatoria sarà costruita nella parte di S. Giacomo rivolta verso Casette di S. Martino B. A.
"Quo Vadis, Veneto Strade, Autostrada, Comuni di Lavagno e di S. Martino B.A. hanno già dato parere favorevole alla nuova forma di sostegno economico...(quando c'è da cementificare tutti ci guadagnano! NDA) "L'accordo sarà ratificato dopo le elezioni", dice Sardos Albertini.
Quo Vadis sorgerà in un'area che corrisponde a metà della superficie occupata attualmente dal S. Raffaele di Milano.
Il centro sanitario di Lavagno sarà privato, dotato di un portale telematico, definito "ospedale virtuale", accessibile 24 h su 24 via satellite cui si collegheranno i pazienti i quali avranno la cartella clinica sul loro stato di salute sempre aggiornata", tutto questo per creare un ecomostro che dispensa microchip R-Fid, infatti i volontari che si sottoporranno ai test indosseranno un bracciale, una maglietta, un microchip, che registreranno ovunque si spostino, pressione venosa, arteriosa, equilibrio metabolico e temperatura corporea.
In fondo bisogna cominciare così se vogliono impiantare un microchip a tutta la popolazione allo scopo di controllarla!
Fonte: srs di di Alba Kan; da Voci dalla strada, del 03 giugno 2009
Link: http://www.vocidallastrada.com/
http://www.vocidallastrada.com/2009/06/quo-vadis-lecomostro-con-il-michochip.html
Don Verzè, «non è speculazione» ...
L' Oasi San Giacomo
LAVAGNO. (27 luglio 2006). La verità di Sardos Albertini sul discusso piano immobiliare e sul progetto medico Don Verzè, «non è speculazione» Finanziatori Usa o Inail? Il prete manager cerca 200 milioni Spiega il presidente di Quo Vadis, la società che costruirà: «Case? Le venderemo solo a lavori avviati per il centro sanitario»
Lavagno. Gian Paolo Sardos Albertini, avvocato, è presidente della società Quo Vadis, che ha comprato 440mila metri quadrati di terreno compresi tra la piana sotto il santuario di San Giacomo, il colle omonimo e il monte Musola e attraversati da via San Giacomo di Sopra. Il Comune di lavagno e la Regione hanno dato il proprio benestare al progetto edilizio che interessa la zona con il cambio di destinazione d’uso di quegli appezzamenti, prima parco pubblico, ad attrezzature pubbliche, inclusi i servizi sanitari.
La società Quo Vadis è interamente controllata dalla Fondazione Monte Tabor di don Luigi Verzè, l’ottantacinquenne prete manager nativo di Illasi e presidente dell’ospedale San Raffaele di Milano. Don Verzè ha annunciato che costruirà un centro sanitario, denominato Quo Vadis, nelle proprietà attorno a San Giacomo. I lavori dovrebbero iniziare nel 2007. Il complesso sanitario resterà privato, ovvero le prestazioni saranno a carico dei pazienti, se don Verzè non riuscirà, come è accaduto negli anni Settanta per il San Raffaele di Milano, a convenzionarsi con il Servizio sanitario nazionale.
Nel frattempo, il Comune, partecipando alla conferenza tra gli enti pubblici coinvolti, ha approvato il programma integrato di riqualificazione urbana e ambientale (Piruea) dei 440mila metri quadrati presentato da don Verzè (15 edifici, un eliporto, quattro campi di tennis, tre di calcio) e la variante al piano regolatore relativa alla realizzazione di rotonde e nuove strade a San Giacomo. Il Piruea e la variante sono piani ben distinti.
Avvocato Sardos Albertini, il progetto Quo Vadis è un grande affare immobiliare o un’opera pia?
«Il Quo Vadis sarà un grande complesso di rilevanza pubblica. Non sarà un ospedale tradizionale, nelle intenzioni di don Verzè, ospiterà la facoltà di Scienza dell’alimentazione e un’area di riabilitazione sportiva».
Oggi la società Quo Vadis o, per meglio dire, don Verzè, ha i soldi per erigere il centro sanitario?
«No».
Quanto potrebbe costare il centro sanitario?
«Si potrebbero raggiungere i 200 milioni di euro».
Chi finanzierà don Verzè?
«L’ipotesi più probabile è che uno o più soggetti prima costruiscano a spese proprie i fabbricati nella zona di San Giacomo e poi li affittino a don Verzè».
Ci sono già dei «volontari»?
«Don Verzè ha chiesto aiuti economici all’Inail, Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro».
La somma chiesta si aggira sui 100 milioni di euro?
«La domanda di don Verzè all’Inail c’è, ma il finanziamento non è ancora stato concesso. L’Inail sta già edificando il Dibit2 all’ospedale San Raffaele di Milano, dopo che nel 1991 cominciò l’attività del Dipartimento di biotecnologie, il Dibit1. L’Inail, che affitterà il Dibit2 a don Verzè, potrebbe ripetere l’identica operazione a San Giacomo. L’Inail ha già dato 80 milioni di euro a don Verzè per l’ospedale San Raffaele in Sardegna».
Altri «volontari»?
«L’anno scorso alcuni fondi di investimento americani, a cui si era rivolto don Verzè, si erano detti disponibili a mettere a disposizione il denaro, a patto che don Verzè, cioè la società Quo Vadis, avesse già ottenuto la concessione edilizia della struttura sanitaria di San Giacomo. Non si trattava certo dell’inizio dei lavori, ma era ugualmente molto».Don Verzè ha già contatti con gli americani. Il San Raffaele di Milano collabora con il Massachusetts Institute of Technology (Mit).
Il colle di San Giacomo e il monte Musola sono protetti da qualche vincolo, magari di inedificabilità?
«La nuova legge prevede che la Soprintendenza possa esprimere anche un parere di merito, non più soltanto di legittimità, su un progetto. La Soprintendenza, di conseguenza, può respingere un progetto, compreso quello di don Verzè, se non è compatibile con l’ambiente. Nella zona del colle di San Giacomo e del monte Musola vige un vincolo paesaggistico legato alla conservazione del forte di San Briccio, che permette comunque di edificare».
Torniamo ancora ai finanziatori del centro sanitario. Chiunque consegni i fabbricati pronti all’uso a don Verzè, a meno che non sia un benefattore, conterà di guadagnare qualcosa.
«Nel caso dell’Inail o dei fondi di investimento americani si tratterebbe di un rendimento, si chiami affitto o altro, di importo modesto. Altrimenti, se ci affidassimo a dei privati che intendessero speculare, la contropartita sarebbe troppo elevata per portare a termine il complesso sanitario. Le banche potrebbero arrivare a tassi d’interesse anche del 7 per cento sul capitale prestato. È per questo motivo che ci rivolgiamo a enti di rilevanza pubblica, come l’Inail, perché si potrebbero accontentare, appunto, di cifre contenute».
Però, nella variante al piano regolatore sulle rotatorie e nuove strade sono incluse le case.
«La variante, la numero 8, comprende 27mila metri quadri che, considerato l’indice di edificabilità di uno a uno nella zona di San Giacomo, corrispondono a 27mila metri cubi destinati all’utilizzo residenziale: 13mila derivano della demolizione e recupero dei rustici esistenti a San Giacomo, 14mila sono stati introdotti ex novo. Quei 27mila metri, quadrati o cubi che dir si voglia, sono di proprietà della società Quo Vadis. Rispetto alla prima versione della variante, abbiamo ottenuto 8.000 metri in più».
Allora i margini di guadagno ci sono. La società Quo Vadis può vendere i 27mila metri al miglior offerente?
«Ma quale guadagno a San Giacomo?! I 27mila metri, che commercialmente equivalgono a 5,6 milioni di euro, saranno venduti, sicuro; ma l’incasso servirà a sostenere economicamente la struttura sanitaria. Non dimentichiamo che dobbiamo pagare 12 milioni di euro di opere viarie. È vero che 10 dei 12 milioni di euro arriveranno dalla Società autostradale. La differenza, oltre al budget del complesso sanitario, dovrà essere assicurata da noi».
I 440mila metri quadrati di terreno tra la piana sotto il santuario, il colle di San Giacomo e il monte Musola, che appartengono anch’essi al Quo Vadis, quanto valgono?
«Li abbiamo acquistati per 9 milioni di euro; 27mila metri a uso residenziale non possono rappresentare il rientro economico di chi voglia investire a San Giacomo. Capisco ci riferissimo a 200mila metri, ma per 27mila metri non c’è convenienza».
Insomma, il San Raffaele non specula.
«No. I professionisti che lavorano all’attuazione del piano Quo Vadis, compreso il sottoscritto, o l’architetto Gaetano Ingui che ha disegnato il Piruea, prestano gratuitamente le proprie consulenze a don Verzè perché ne condividono gli intenti».
E se non trovate i soldi, rinuncerete al centro sanitario per costruire solo le case?
«Cioè la nostra società avrebbe gettato fumo negli occhi per organizzare un business pazzesco basato su 440mila metri quadrati di campi e 27mila metri cubi di case? Sarebbe un’operazione immobiliare modestissima. Comunque venderemo le case solo quando partiranno i lavori della struttura sanitaria, l’abbiamo già garantito al sindaco».
( Stefano Caniato)
Fonte: srs di Stefano Caniato da Lavagno.it del 27 luglio 2006
Link. http://www.lavagno.it/stamp/articolo.asp?ID=165
(VR 07 gennaio 2010)
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