San Giorgio è il santo uccisore di draghi per eccellenza.
Eppure le più antiche rappresentazioni del martire-cavaliere ci raccontano
tutta un’altra storia.
In quanto simbolo del paganesimo e del male, il drago
è un personaggio frequente nelle storie dei santi medievali. La lista dei santi
sauroctoni – cioè uccisori di draghi – è infatti molto lunga: Teodoro, Silvestro, Margherita e Marta
(che però si limitò ad ammansire il mostro) sono solo i più famosi. A questi si
aggiunge l’arcangelo Michele, alla
guida della battaglia contro il drago apocalittico.
Tra gli uccisori di draghi, tuttavia, nessuno ha
riscosso tanta venerazione popolare quanto san Giorgio, scelto come
patrono dall’Inghilterra e dal Portogallo.
Della sua vita non ci sono notizie storicamente fondate, se
non che fu un soldato originario della Cappadocia, martirizzato sotto
Diocleziano. Le storie che lo riguardano sono quindi il risultato di
elaborazioni medievali, che si arricchivano progressivamente di dettagli.
L’iconografia tradizionale di Giorgio è legata al suo
miracolo più celebre, quello appunto dell’uccisione del drago. L’episodio, come
viene riportato nella Legenda
Aurea di Jacopo da Varagine,
è noto: per tenere lontano un mostro che infesta la città libica di Selem, gli
abitanti estraggono a sorte giovani vittime da dargli in pasto; quando il
sacrificio tocca alla figlia del re, compare san Giorgio a cavallo, che
neutralizza il drago (la scena immortalata dagli artisti); quindi invita la
principessa a legare la cintola al mostro, ora mansueto, per condurlo in
città; di fronte al miracolo, il re e l’intera popolazione si convertono; e il
drago viene finalmente ucciso.
Dal XII secolo in poi la scena della lotta contro la
creatura demoniaca è frequentissima in tutta Europa, ed è testimoniata in
pittura…
… in scultura…
… e in miniatura.
In Occidente l’iconografia del santo si basa quasi
prevalentemente su questo episodio (gli altri miracoli e il suo martirio sono
rappresentati raramente) e l’attributo caratterizzante di san Giorgio diventa
il drago.
Non sempre però il nostro martire equestre è stato
rappresentato così. In origine, anzi, non c’era traccia di draghi nelle
storie del santo, e tanto meno nell’iconografia.
La più antica rappresentazione di san Giorgio risale
alla prima metà del X secolo e si trova in Armenia, nella chiesa della Santa
Croce eretta sull’isola Akdamar. Qui un bassorilievo mostra tre santi a
cavallo, e tra questi c’è anche Giorgio, raffigurato mentre trafigge con la sua
lancia non un drago, bensì una figura antopomorfa.
Gli altri due cavalieri sono san Sergio che uccide un animale
feroce (al centro), e san Teodoro alle prese – lui sì - con
un drago (a sinistra).
Nella cattedrale di Nikortsminda (inizio XI secolo) in
Georgia, la scena si ripete: sulla sinistra Teodoro neutralizza un
drago-serpente, mentre a destra Giorgio colpisce una figura umana.
All’epoca infatti il santo sauroctono per eccellenza era Teodoro di Amasea, santo
soldato noto a partire dal VII secolo per aver sconfitto un essere mostruoso.
Ecco spiegato perché, nelle rappresentazioni altomedievali, la figura del drago
è associata in esclusiva a lui. Nei secoli seguenti san Teodoro
continuerà a essere affiancato dal drago (come la statua sulla colonna in
piazzetta San Marco a Venezia) ma l’iconografia sarà minoritaria.
Fino all’XI secolo nelle storie su san Giorgio non c’era
invece alcun riferimento all’uccisione di un drago: il santo era venerato
semplicemente come soldato-martire che aveva convertito i popoli infedeli. Per
questo fino ad allora l’immagine tradizionale che lo rappresentava era di un
cavaliere intento a trafiggere un uomo, simbolo del persecutore pagano e
dell’eresia.
La credenza che anche Giorgio avesse fronteggiato un mostro
prese corpo in Oriente proprio in questo momento, forse sulla spinta
delle stesse rappresentazioni figurative.
Negli affreschi e nei rilievi orientali infatti il santo era
sempre affiancato da Teodoro, in lotta con il (suo) drago: una prossimità che a
un certo punto indusse gli artisti a far convergere verso il mostro
entrambi i santi, fino a che Giorgio non “assorbì” del tutto il tema figurativo
del drago. La prima testimonianza è in Cappadocia,
nella chiesa di Santa Barbara a Soganli
(XI secolo).
Contemporaneamente, intorno all’immagine di san Giorgio che
uccide il drago iniziò a definirsi una storia vera e propria, che si
faceva tanto più ricca di particolari quanto più il culto del santo si
diffondeva.
I primi testi che narrano l’episodio risalgono alla
fine dell’XI secolo e contengono già tutti gli elementi che conosciamo: il
mostro lacustre, la principessa salvata, l’addomesticamento del drago condotto
in città, la conversione del popolo.
La storia di san Giorgio e del drago si stava diffondendo,
ma avrebbe mantenuto ancora a lungo una dimensione locale, circoscritta
alle regioni orientali, se non fosse stato per le Crociate. I cristiani
si identificarono facilmente nel santo vittorioso che aveva liberato
una terra in mano agli infedeli: come santo protettore dei crociati,
nessuno era più adatto di san Giorgio.
Ma anche un altro fattore potrebbe aver contribuito
al successo del santo tra i soldati pellegrini: la visione, a Bisanzio, di una
grande tavola dipinta raffigurante un sovrano che trafigge un drago,
schiacciandolo sotto i suoi piedi. L’immagine era posta davanti al vestibolo
del Palazzo imperiale e rappresentava l’imperatore Costantino trionfante
sulla “tirannia degli empi”, simboleggiata da un
drago-serpente. L’iconografia aveva goduto di grande fortuna ed è
plausibile che i crociati ne avessero visto un esemplare, poi sovrapposto
all’impresa del santo sauroctono.
In tempi rapidissimi il culto di san Giorgio si
diffuse in tutta Europa, e con esso la rappresentazione del cavaliere che
uccide il drago (in Inghilterra la prima immagine è dell’inizio del XII
secolo). Mentre in Oriente il mostro aveva un aspetto simile al serpente, la
versione esportata dai crociati aumentava di dimensioni e acquistava zampe e
ali, trasformandosi nel drago che tutti noi conosciamo.
Fonte: visto su folia del 22 aprile 2014
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