La strategia di ”civilizzazione” adottata dal Governo di
Parigi nei confronti delle manifestazioni di “isterodemonopatie” verificatesi
collettivamente in un paese della Savoia all’indomani dell’annessione alla
Francia: negazione dell’esistenza di una cultura precedente, cancellazione dei
simboli del passato, creazione di nuovi bisogni, paternalismo assistenziale. In questo modo lo Stato autoritario e
centralista riuscì a infrangere ogni possibilità di resistenza culturale e
politica. Un raffronto con l’analogo
caso friulano di Verzegnis.
“Rozzo e senza educazione
come un Savoiardo”: questa era l’opinione condivisa dalle autorità francesi
al momento dell’annessione della Savoia alla Francia, nel 1860, e dall’opinione
pubblica, che non vedeva alcun vantaggio nell’accogliere nel territorio
nazionale questi “seicentomila infelici”. È con questo pregiudizio che gli
alienisti francesi incaricati dalle autorità centrali affrontano e tentano di
risolvere l’epidemia di isterodemonopatie
di Morzine. Questo caso anticipa, per molti aspetti, quello analogo di Verzegnis
(1878-1879) di cui ci siamo già occupate1. Anche qui si tratta di
manifestazioni collettive che colpiscono un’intera comunità, impressionandola
con la loro singolarità: crisi convulsive si succedono ad atteggiamenti
estatici, il ripudio del sacro si alterna ai comportamenti bizzarri.
Da sinistra: Un gruppo di danzatori di San Guido, in:
J.M. Charcot et P. Richer, "Les démoniaques dans l'art", (1887),
Paris, facs. da Hondius - Etude pour la possédée du Musée de Vienne,
facs. da Rubens, in: "L'invention de l'histérie. Charcot et l'iconographie
photographique de la Salpétrière", G. Didi-Hubermann, Paris, - N.
Andry, L'orthopédie ou l'art de prevenir et de corriger dans les enfants les
difformités du corps, 1749, da: M. Foucault, "Sorvegliare e punire", Einaudi.
A Morzine, come a Verzegnis, vengono inizialmente coinvolte
sia le autorità religiose che quelle pubbliche, queste ultime attraverso
l’intervento medico.
Alla diagnosi popolare, che vede negli strani fenomeni
manifestati principalmente da donne e fanciulle le conseguenze di un malefico
sortilegio, si sovrappone, come a Verzegnis, la diagnosi medica, che li
interpreta come i terribili sintomi dell’isterodemonopatia,
termine ottocentesco in cui si fondono l’isterismo come danno organico ed il
contenuto “demoniaco” del delirio.
Questo contagioso
flagello “morale” deve la sua pericolosità, secondo gli alienisti delegati a
controllare le espressioni della devianza, alla sua azione perturbante l’ordine
pubblico e all’essere un residuo del passato che affonda le sue radici nella
superstizione e nell’ignoranza. Questa interpretazione in termini di anomia
sociale giustifica un intervento che avverrà nei termini di una acculturazione
pedagogica. Educare e non punire sarà il motto sotteso a questa strategia.
Sull’ignoranza dei Morzinesi nacque ben presto una polemica
tra Constans, alienista inviato
dall’amministrazione centrale, e Arthaud,
medico della provincia che ne conosceva bene la realtà sociale. Mentre il primo
sottolineava l’arretratezza e l’analfabetismo degli abitanti, il secondo
dimostrava come la maggior parte della popolazione parlasse e scrivesse
correttamente in francese, nonostante l’annessione fosse cosi recente.
“Senza dubbio era un
insopportabile scandalo l’aver a che fare con della gente che credeva nel
malefico e nei diavoli e che, allo stesso tempo, sapeva, per la maggior parte,
leggere e scrivere e parlare francese. Infatti, riconoscere questa situazione
avrebbe significato fare della lotta contro il male la lotta di una cultura
contro un’altra cultura. Bisognava dunque, assolutamente, che non vi fosse
nessuna cultura a Morzine e che la crociata dell’amministrazione si potesse
identificare con una crociata manichea della cultura contro l’incultura, delle
Luci contro le Tenebre dell’oscurantismo” 2.
I presupposti di questa volontà pedagogica sono già insiti
nel progetto di colonizzazione dell’impero autoritario e centralizzatore nei
confronti della Savoia annessa, che viene posta in una posizione subordinata e
passiva, come l’allievo nei confronti del maestro.
Le aspettative dei Morzinesi, in seguito all’annessione, di
ottenere un miglioramento delle loro condizioni di vita (i Savoiardi infatti
emigravano stagionalmente verso la pianura francese e verso la Svizzera), vengono
rapidamente frustrate dall’accentramento del potere decisionale e dei mezzi di
intervento pubblico, mentre le possibilità di resistenza culturale e politica
vengono scongiurate da un atteggiamento paternalista ed assistenziale. Un
esempio di ciò si ritrova proprio nel fallimento di un intervento normalizzante
esclusivamente repressivo. “È
l’educazione morale della comunità che bisogna rifare”3.
Occorre dunque troncare l’influenza religiosa e tutte le
pratiche di devozione popolare ad essa collegate ed installare nel paese un
duttile strumento di osservazione, di controllo e di modificazione sociale: un
battaglione di fanteria.
L’obiettivo di quest’ultimo non è quello di entrare in
conflitto con la popolazione, ma quello di legarsi ad essa ed animare il
villaggio. I militari sono invitati ad aiutare la gente nei lavori dei campi ed
ad organizzare trattenimenti pubblici precedentemente assenti a Morzine: feste,
balli, cori, concerti bandistici, ecc.
Viene tenuta una serie di conferenze su argomenti pratici
(la cura del bestiame, i fenomeni atmosferici, la formazione delle ardesie,
seguite da aneddoti e amenità), mentre il Ministero della Pubblica Istruzione
costituisce un fondo librario per “permettere di sostituire i vecchi libri di
magia e di stregoneria di cui gli abitanti si servivano, con delle opere
moderne atte a rassicurare le immaginazioni fuorviate, gli spiriti
superstiziosi”4.
Quest’opera di “civilizzazione” mira a creare nuovi bisogni
(negando cosi quelli appartenenti al quadro culturale precedente), la cui
soddisfazione è pretederminata, e non lascia quindi possibilità alternative ed
autogestite di sviluppo. La metamorfosi culturale e sociale che ne deriva
modella anche la trasformazione del paesaggio con la costruzione di una grande
arteria stradale assieme a nuovi edifici pubblici, che anticipa gli
sventramenti operati da Haussmann nel
cuore di Parigi, per allontanarne il proletariato.
I risultati di questa operazione sono tangibili: il fenomeno
di Morzine perde la sua virulenza sociale e muta la sua capacità di
significare. Diviene un malessere muto e privato, innocuo per il corpo sociale,
riconducibile ad un disturbo nervoso di natura organica, privo di significato.
Facendo un confronto
tra le strategie di intervento adottate dall’impero francese e dal governo
italiano nell’analogo caso di Verzegnis, emergono delle sostanziali differenze.
I dispositivi puramente repressivi messi in atto dalle
autorità italiane mantengono la distanza tra oppressore e oppresso, provocando
il permanere di una resistenza culturale.
La compagnia di fanti spedita a Verzegnis nel 1879 non ha
come scopo l’educazione morale della comunità. Si comporta come un esercito
invasore che di casa in casa passa per rastrellare le possedute e trasportarle
nel lontano ospedale di Udine.
Se l’attenzione terapeutica per il corpo sociale malato è la
medesima, come pure è identico il progetto di colonizzazione culturale,
completamente divergente è la strategia adottata.
Il progetto pedagogico educativo ricalca l’ortopedia:
raddrizza i costumi come il medico le ossa; quello carcerario punitivo
stigmatizza una colpa che richiede l’espiazione oppure talvolta alimenta
focolai di resistenza.
Note
1 C. Ceschia, D. Cozzi, Le possedute di
Verzegnis, Etnie, II (1986)
2 Carroy-Thirard Jacqueline, Le mal de
Morzine. De la possession à l’ histérie, Paris, Solin, 1983, n. 108.
3 Comunicazione del sottoprefetto Fournier al
Prefetto di Lione del 4 maggio 1864, cit. in Carroy- Thirard J., Le mal de
Morzine, op. cit., p. 92.
4 Lettera dell’ispettore d’Accademia di Chambery.
2 nov. 1868 al Prefetto in: Carroy-Thirard J.. op, cit., pp- 101-102.
Fonte: by Cosetta Ceschia Donatella Cozzi, (del 20/01/1987) da
Etnie numero 13, anno VIII, 1987
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