Bogside (Derry): murale con i dieci martiri dello sciopero della fame del
1981 (“Fianna eireann” = guerriero
d’Irlanda).
by Gianni Sartori del 20/01/1987
La drammatica storia del popolo irlandese: l’esempio
forse più macroscopico e clamoroso in Europa del persistere di una pervicace
mentalità colonialista, fatta di occupazione militare, politica, culturale ed
economica, nei confronti della nazione celtica che, dopo ottocento anni di
tenace resistenza agli Inglesi, non si è ancora rassegnata a rinunciare alla
propria libertà e alla propria unità.
L’Irlanda venne smembrata in due Stati distinti solo in
epoca recente, nel 1920, dopo che era stata riconosciuta come unità per più di
1500 anni: non a caso viene considerata la prima nazione a nord delle Alpi che
abbia prodotto un corpo completo di letteratura in lingua madre. La monarchia
nazionale degli Alti Re (“Ard Ri”), provenienti in genere dall’Ulster, è
precedente alla monarchia inglese.
L’inizio delle invasioni anglonormanne risale alla seconda
metà del XII secolo (1169), ma, nonostante la proclamazione di Enrico II Plantageneto Re d’Irlanda, fino al 1600 gli
invasori non riuscirono ad infrangere il sistema gaelico di organizzazione
sociale (e la relativa legislazione) a causa della strenua e valorosa
resistenza popolare. Questa resistenza, durata quindi circa 800 anni, non potè
impedire però la conquista del Paese da parte dei Tudor, dopo che la guerra
delle Due Rose aveva lasciato per un certo tempo l’Irlanda ai margini degli interessi
inglesi. Enrico VIII si fece nominare a sua volta Re d’Irlanda (1541). Quale
promotore della Riforma Anglicana contribuì, seppur involontariamente, al
processo di identificazione tra cultura gaelica e cattolicesimo che, in questo
periodo, porterà ad una disordinata e rovinosa gestione delle rivolte, promosse
da preti e capi clan e soffocate da una repressione sempre più dura e
intransigente.
Il coinvolgimento del Papato e degli Spagnoli nel conflitto
(durante il regno di Elisabetta I) proietterà sulla lotta degli Irlandesi
l’ombra del “tradimento”, del complotto
al servizio di potenze reazionarie in un periodo in cui erano ancora vivi nella
memoria degli Inglesi gli orrori dell’inquisizione e i delitti di Maria la
Cattolica detta la Sanguinaria. In conseguenza della sconfitta subita (decisiva
la battaglia di Kinsale), le terre dei capi clan dell’Ulster vennero confiscate
dai colonizzatori inglesi e scozzesi, generalmente ex soldati delle forze di
occupazione. La città di Derry diventò “Londonderry”. Va ricordato che molti
coloni erano scozzesi, quindi appartenenti alla stirpe celtica, parlavano una
lingua simile, possedevano le stesse leggi e la stessa letteratura degli
Irlandesi. Si differenziavano soltanto per la religione (presbiteriani). Dal canto
loro, i colonizzatori inglesi erano anglicani. È con questa opera pianificata
di espropriazione e confisca che prese avvio il metodo della “piantagione”,
ossia quello di trapiantare nelle colonie ribelli una popolazione “lealista”,
fedele alla corona: circa 200.000 coloni, al 90% scozzesi. Gli indigeni
restarono a lavorare sulle loro stesse terre come manodopera, spesso in veste
di affittuari.
Waterside
(Londonderry): murale Loyalista (protestante): a destra Croce celtica (cimitero
irlandese dell’Eire)
Nel 1641 una rivolta per l’indipendenza e la libertà di
religione portò alla costituzione del Parlamento Nazionale di Kilkenny. Nel
1649 la brutale e sanguinosa repressione di Oliver Cromwell, alla testa
dell’esercito puritano, mise fine alla rivolta ed una ulteriore confisca favorì
la nascita di una nuova classe di proprietari terrieri protestanti. Ebbe così
inizio un processo di diversificazione tra l’Ulster, a cui vennero concessi
particolari privilegi per favorire lo sviluppo dei commerci e delle attività
produttive, ed il resto dell’Irlanda che sprofondò nella miseria a causa dello
sfruttamento coloniale. Il 1690 è l’anno della battaglia del fiume Boyne e
della vittoria di William d’Orange contro gli Stuart, di recente restaurazione
(1685) e di simpatie cattoliche (e quindi alleati dei capi irlandesi).
Nel corso di un secolo, dal 1603 (fine della dinastia Tudor)
al 1691 (trattato di Limerik), le terre di proprietà irlandese si erano ridotte
dal 90% al 14% e in seguito diminuirono ulteriormente. Un duro colpo fu
assestato da Londra con le famigerate “Penal Laws” con cui si privarono
i cattolici anche dei diritti politici. Inoltre erano esclusi da ogni tipo di
attività remunerativa e di prestigio (carriera militare, pubblica
amministrazione, attività intellettuale, corporazioni municipali, ecc.).
Durante il XVIII secolo le idee democratico-repubblicane influenzarono
indistintamente gli Irlandesi, sia cattolici che presbiteriani, anche per
effetto della rivoluzione americana, prima, e di quella francese, poi. (In
questa epoca cominciarono a diffondersi anche numerose società segrete di
resistenza tra i contadini).
Nel 1791 venne fondata la società degli Irlandesi Uniti
dichiarata illegale nel giro di tre anni. Uno dei maggiori leaders degli
“Irlandesi Uniti” fu Theobald Wolfe Tone, un protestante, onorato anche ai
nostri giorni come uno dei primi e maggiori padri del repubblicanesimo.
Contemporaneamente anche il potere coloniale si organizzava: nel 1795 venne
fondato, inizialmente nella contea di Armagh, l’Orange Order, società
segreta settaria, strutturata in logge, a difesa dei privilegi dei protestanti.
Tre anni dopo (1798), un’insurrezione provocata dagli “Irlandesi Uniti” venne
repressa nel sangue (circa 30.000 morti). Nell’Ulster anche molti protestanti
(i presbiteriani) si erano armati ed avevano combattuto a fianco dei cattolici
per una repubblica irlandese. Il 1798 segnò la sconfitta del movimento, che
vedeva diffondersi e radicarsi anche tra i protestanti il sentimento
repubblicano, insieme ad atteggiamenti non settari ed egualitari. Questo fu il
risultato dell’azione congiunta della repressione britannica e della diffusione
dell’orangismo.
Nel 1800, con l’Atto dell’Unione tra Irlanda e Gran
Bretagna, venne costituito il Regno Unito. Dopo aver soppresso il
Parlamento irlandese, peraltro provvisto di poteri molto limitati, gli Inglesi
cercarono di diffondere tra i protestanti la paura di subire persecuzioni in
caso di vittoria dei repubblicani. Nonostante questa propaganda terroristica,
molti di questi parteciparono al movimento della Giovane Irlanda
verso il 1840, e al movimento costituzionale dell’Home Rule (autogoverno)
del 1870.
Nella prima metà del XIX secolo, si sviluppò un vero e
proprio movimento di massa per l’emancipazione dei cattolici che portò tra
l’altro alcuni deputati irlandesi a Westminster. Dal 1845 al 1849 l’isola fu
colpita da una grande carestia, conseguenza di una serie di cattivi raccolti
della patata, principale alimento dei contadini. Essa provocò una diminuzione
del 30% circa della popolazione irlandese nel giro di venti anni, dal 1841 al
1861. Tra il 1846 e il 1851 i morti per fame e malattie furono 1.500.000, gli
emigrati più di un milione. Nell’Ulster la carestia provocò l’inurbamento di
larghi strati della popolazione cattolica. Questo scatenò la reazione dei
lavoratori protestanti, timorosi di perdere i posti di lavoro e aizzati dal
clero presbiteriano e degli orangisti.
Nella seconda metà dell’800, i Fenians (movimento
fondato in Canada e Stati Uniti da emigrati irlandesi), forti dell’esperienza
acquisita combattendo nella guerra civile americana, rientrarono in patria,
ove, nel 1867, tentarono un moto insurrezionale che venne stroncato sul
nascere. Contemporaneamente andava sviluppandosi un vasto movimento contadino
per la riforma delle leggi sui fitti e sulla proprietà della terra: tra i suoi
leaders, il protestante Charles S. Parnell.
Vista l’entità dei successi elettorali riportati dai
nazionalisti, il Primo Ministro inglese Gladstone, liberale, si dichiarò
favorevole alle richieste di “Home Rule” (autogoverno, anche se sotto la corona
inglese) avanzate da Parnell e dagli altri deputati irlandesi. In risposta il
partito conservatore (i “tories”) scatenò e fomentò la “questione dell’Ulster”
in funzione antiliberale (il padre di Winston Churchill, Randolph, ad esempio,
incitava alla rivolta i protestanti). Tutto questo contribuì alla nascita del
gruppo paramilitare protestante denominato Ulster Volunteers. L’“Home
Rule” venne respinto e Gladstone si dimise (1866). Questa data rappresenta
l’atto di nascita dell’“unionismo protestante” politicamente organizzato.
Da notare che le varie campagne di incitamento alla violenza
settaria da parte dei “tories” coincisero con i periodi in cui era al potere il
partito liberale (1866, 1893, 1912-14). Si può dire che le minoranze anglicane
e presbiteriane in Irlanda vennero armate e cinicamente usate in funzione delle
battaglie per il potere dei due partiti inglesi.
Bogside (Derry):
murale con una frase di Bobby Sands.
Tra il 1913 e il 1914, nel corso di una serie di lotte
sindacali, a Dublino si formarono la Irish Citizen Army, una milizia
operaia al comando di James Connoly e la lega degli Irish Volunteers,
conosciuta in seguito come Irish Republican Army. Assieme al Sinn
Fein (“noi stessi”, fondato nel 1905), all’Associazione Gaelica di
Atletica ed alla Lega Gaelica (sorta nel 1893 per promuovere la
rinascita della lingua irlandese, sul punto di scomparire dopo la “Grande
Fame”), donarono nuovo impulso alle lotte per l’autodeterminazione del popolo
irlandese.
Il 24 aprile 1916, lunedì di Pasqua, gli “Irish Volunteers”
di P. Pearse e l’“Irish Citizen Army” di James Connoly occuparono con le armi
l’Ufficio Generale delle Poste. Dopo una settimana di aspri combattimenti,
l’esercito britannico soffocò la sollevazione. Pearse, Connoly e altri 14 capi
della rivolta vennero giustiziati, ma la legge marziale, la ferocia delle
truppe mercenarie (i Black and Tans), le torture, gli internamenti e le
deportazioni, invece di sradicare il nazionalismo rivoluzionario, provocarono
un grandioso risveglio di solidarietà reciproca e sentimento nazionale tra gli
Irlandesi, sentimenti alimentati poi dall’introduzione della coscrizione obbligatoria
nel 1918.
In questo anno, in dicembre, il “Sinn Fein” aveva ottenuto
73 dei 105 seggi irlandesi nelle elezioni generali britanniche. Il 21 gennaio
1919 i candidati del “Sinn Fein” convocarono a Dublino un Parlamento irlandese
(Dail Eireann) democraticamente eletto dal popolo irlandese. Venne
dichiarata l’indipendenza e sancita la costituzione della Repubblica d’Irlanda.
Il “Dail Eireann” fu dichiarato illegale da un proclama militare britannico. Si
scatenò ancora la repressione e l’“I.R.A.” si oppose con la guerriglia aperta e
di massa al terrore britannico.
A sinistra: Falls Road
(Belfast): murales repubblicano; a destra: Creggan (Derry): ragazzi cattolici. Sul muro, un murale con il simbolo del “Sinn
Feinn”
Nel 1920 (elezioni per il governo locale) il “Sinn Fein”
ottenne l’80% dei seggi. Infine, nel dicembre del 1920, la Gran Bretagna, col Governement
of Ireland Act, istituì due Parlamenti distinti: uno a Belfast, per 6 delle
9 contee dell’Ulster, e uno a Dublino, per le altre 26 contee dell’isola. La
guerra continuò fino al 1921, quando i rappresentanti del governo clandestino
del “Sinn Fein” accettarono (sotto la minaccia del Primo Ministro inglese Lloyd
George di scatenare una guerra) di firmare un accordo che concedeva all’Irlanda
lo status di “dominion” e una larga autonomia, ma sanciva la divisione
dell’isola. L’ala del “Sinn Fein” capeggiata da De Valera non accettò il
trattato e scatenò la guerra civile, durata fino al ’23.
L’Irish Free State diventerà Repubblica d’Irlanda (EIRE)
nel lunedì di Pasqua del 1949.
UN INCONTRO CON ALEX MASKEY
Alex Maskey, noto esponente del “Sinn Fein” di Belfast, è
un ex detenuto politico. È stato eletto nel 1985 ad Andersonstown,
quartiere-ghetto cattolico, unito al centro di Belfast dalle “Falls’’ (Falls
Road). L ‘arteria repubblicana, famosa per i suoi “murales”, è la prosecuzione
di Divis Street, lungo cui sorge Divis Flats, probabilmente l’agglomerato di
casermoni più “combattivo ” d’Europa.
Avendone letto, a
suo tempo, la notizia sulla stampa, gli chiedo come sia andato il giorno del
suo insediamento: entrando nell’aula con gli altri eletti del “Sinn Fein ”, si
vide accogliere dai rappresentanti dei quartieri unionisti di Belfast armati di
bombolette spray deodoranti, Appena questi ne fecero uso, con chiari intenti
allegorici, da buoni razzisti, si scatenò una rissa.
La casa è modesta, non certo da “burocrate“ o dirigente
di partito, e rivela l’estrazione popolare dei suoi abitanti; unico
“lusso “, una splendida coppia di setter irlandesi.
Gli chiedo che cosa abbia per lui significato
l’esperienza di presentarsi candidato e venir eletto, se ora si sente ancora
altrettanto legato alla sua gente o se si ritiene un “capo”, un privilegiato…
Afferma che la sua
legittimità di rappresentante della gente di Andersonstown deriva in primo
luogo dal condividerne quotidianamente la medesima condizione.
Rivendica di essere stato per anni disoccupato 1
e, quindi, di conoscere e capire i problemi dei numerosissimi disoccupati del
quartiere, di essere stato prigioniero politico e, quindi, di potersi occupare
dei problemi dei detenuti e delle loro famiglie. Conclude, sostenendo che i
militanti del “Sinn Fein” non sono dei “politicanti”, sono dei rivoluzionari.
Informo il mio
interlocutore di aver “esplorato” in mattinata Shankill Road e le altre zone
abitate dagli operai protestanti e di avervi ritrovato una situazione
socio-ambientale non molto diversa da quella dei ghetti cattolici, appena un
po’ più decorosa; chiedo a Maskey cosa ne pensa.
Mi risponde che, in effetti, per i repubblicani è questa
la cosa più “seccante”, la contraddizione più odiosa: dover lottare per la
propria liberazione anche contro altri lavoratori come loro.
Purtroppo sono proprio questi “bianchi poveri” (di stirpe
celtica, oltretutto!) ad essere coinvolti dalla classe dominante protestante e
dal colonialismo britannico nella difesa dello “status quo”, in cambio di
modesti privilegi, quali la garanzia di un posto di lavoro o di un alloggio
decente.
È qui che il predicatore Ian Paisley trova il suo
pubblico più attento quando descrive i “papisti” come pigri e ignoranti (oltre
che superstiziosi, troppo prolifici e strumento di una congiura internazionale
cattolico-comunista).
Shankill Road (Belfast): murales dell’ U.D.A. (“Uster Defence Association”), organizzazione
paramilitare protestante.
Da questi quartieri proviene la maggior parte dei
militanti e miliziani dell’UDA (Ulster Defence Association) e dell’UVF (Ulster
Volunteer Force) i cui metodi, a base di omicidi e squadroni della morte,
ricordano quelli del K.K.K. Alex Maskey
aggiunge che per un protestante l’essere povero è in genere un fatto
individuale o comunque circoscritto (come per i bianchi “poveri” del Sudafrica,
in ogni caso privilegiati in fatto di assistenza, sussidi ecc.), mentre per i
cattolici è un fatto generalizzato, di massa.
Certamente, con l’auspicata vittoria del movimento
repubblicano verranno a cadere i privilegi, l’autentico “apartheid” in vigore
per assunzioni nei posti di lavoro e per assegnazioni di case. La fine della discriminazione
potrebbe, in un primo tempo, aggravare i conflitti etnici; in prospettiva,
però, dovrebbe favorire la ricomposizione delle classi subalterne irlandesi
(cattoliche o presbiteriane) su comuni obiettivi di giustizia sociale,
uguaglianza politica, lotta comune contro le forze neocoloniali. Senza
dimenticare inoltre che le due comunità, oggi antagoniste, sono entrambe di
origine celtica e hanno lo stesso retroterra etnico, culturale e linguistico.
Ad una mia domanda
in proposito, risponde che considera la solidarietà internazionale
indispensabile (cita i recenti riconoscimenti da parte di partiti e
organizzazioni umanitarie europee dopo la presentazione a Strasburgo di alcuni
documenti sulla violazione dei diritti umani da parte degli Inglesi nell’Irlanda
del Nord: proiettili di plastica, perquisizioni corporali, processi senza
giuria, torture ecc.), ma questa lotta di liberazione resta prima di tutto la
loro lotta: non accettano strumentalizzazioni, lezioni e interpretazioni facili
e schematiche. Baschi, Palestinesi e neri di Azania (Sud Africa) sono i popoli
a cui si sentono più legati (cita anche i Corsi, i Kanaki, i Pellerossa…).
Gli chiedo quindi un giudizio sui politici di Dublino.
Diplomaticamente, fornisce dati e statistiche sui costi che comporta, per lo
Stato irlandese, il mantenimento di una frontiera così innaturale. Queste spese
potrebbero trasformarsi in investimenti utili a frenare la crisi economica e
l’inflazione (o a ridurne gli effetti). Ricorda che ormai la crisi si avverte
anche al nord, anche da parte di una consistente fascia sociale protestante.
Conclude raccontando come in passato il governo irlandese
si sia dato molto da fare per ottenere la liberazione di alcuni mercenari
inglesi detenuti in Angola, molto di più di quanto non si occupi degli
Irlandesi prigionieri nelle carceri di Sua Maestà britannica.
Note
1
Nel 1979, su una forza lavoro di 623.000 unità nell’Ulster, c’erano 59.700
disoccupati; nell’81 erano già 85.000. A Derry it tasso di disoccupazione era
(nel 1979) del 12,5% e continua ancora ad aumentare. Inoltre la maggior parte
degli occupati erano donne (perchè “costavano” circa la metà) con relativi
problemi di identità degli uomini, disgregazione familiare, alcoolismo ecc.
“STRIP-SEARCHES”
Da quattro anni, nelle carceri femminili dell’Irlanda del
Nord, viene praticata una misura di repressione supplementare contro le
prigioniere repubblicane: le “strip-searches”, perquisizioni tramite
denudamento.
Più volte durante la settimana, le prigioniere
nazionaliste, anche se incinte, vengono costrette a spogliarsi completamente
davanti agli sguardi e fra i commenti delle guardiane “unioniste” protestanti
e, quindi, esaminate minuziosamente, anche con umilianti perquisizioni intime.
Sebbene dal 1982 ad oggi tali perquisizioni siano state
più di 2000, le autorità carcerarie hanno trovato addosso alle detenute
solamente una boccetta di profumo ed una banconota da 5 sterline.
Questo dimostra, perciò, che le “strip- searches” non
sono assolutamente un “necessario ed efficace” strumento di controllo
all’interno del carcere, come continuano ad affermare i responsabili del
governo inglese, ma un mezzo di intimidazione psicologicamente traumatico per
fiaccare e indebolire la volontà e la capacità di resistenza delle detenute
cattoliche.
Contro questa pratica vessatoria, inutile e mortificante,
è in corso una larga mobilitazione per sensibilizzare l’opinione pubblica
europea.
Fonte: da Etnie del 1987,
anno VIII, n° 13.
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