Sotto l’altare il sarcofago
di Santa Maria (o Consolata) sorella di Sant’ Annone.
Cappella Mazzanti, altare di Sant’Agada, Duomo di Verona
Cappella Mazzanti, altare di Sant’Agada, Duomo di Verona
SOMMARIO. - Elogi del santo vescovo - Traslazione della
residenza vescovile - S. Giovanni in Fonte - Chiesa delle sante Teuteria e
Tosca - Ricuperazione dei corpi dei SS. Fermo e Rustico - Valore della
Translatio - Riposizione delle sacre reliquie - Che cosa fosse l' operimentum
ed il suo ornato serico - L'anno della morte di sant'Annone - Iscrizioni - S.
Maria Consolatrice.
Sant'Annone fu certamente uno dei vescovi più illustri nella
serie dei vescovi veronesi. Oriundo di nobile famiglia veronese, « Veronensium civium nobilissimo stemate
ortus », fu sacerdote ed annoverato tra i chierici della chiesa veronese,
indi eletto vescovo verso l'anno 750.
Nell'episcopato rifulse per esimie virtù, per il suo zelo
nel promuovere il culto divino e nel conservare nel suo gregge intemerato il
deposito della fede. Nel Ritmo
Pipiniano, forse trent'anni dopo la sua morte, viene celebrato «
Praesul inclitus - proba cujus fama
claret de bonis operibus - ab Austriae finibus terrae usque Neustriae terminos »: e da Giovanni Mansionario della
nostra cattedrale è detto « vir omni
sanctitate et pietate praefulgidus »(1).
Questi elogi nella loro forma indeterminata ci dicono abbastanza chiaro che Annone molto s'adoperò per la sua
chiesa nei circa trent'anni del suo episcopato.
Venendo a fatti particolari, si attribuisce a sant'Annone la traslazione
della residenza vescovile dalla
chiesa di S. Stefano a quella di S. Maria Matricolare.
Questa, secondo alcuni nostri scrittori, sarebbe stata da
lui edificata per provvedere all'angustia della vecchia basilica erigendone
un'altra «più ampia e maestosa »; e
dicono che ad essa appartenessero le volte sostenute da colonne di marmo greco,
che si veggono davanti alla chiesa di S.
Giovanni in Fonte (2).
Noi abbiamo già altrove proposto un'altra opinione: ad ogni
modo è certo che sant'Annone ha
posto la sua residenza presso a poco dove è attualmente l'episcopio od il
canonicato. La chiesa di S. Giovanni
(Battista) in Fonte è un'altra prova che qui presso era la
chiesa cattedrale, come troviamo il battistero presso la chiesa cattedrale a
Roma, a Ravenna, a Firenze. Gli storici
nostri dicono che essa esisteva già nell'anno 760: ruinata essa, forse per il
terremoto dell 'anno 1117, fu eretta la nuova sotto il vescovo Bernardo: la magnifica vasca
battesimale appartiene al principio del secolo XIII (a).
Un altro fatto si riferisce di lui, che cioè abbia
consacrato la chiesetta della sante
Teuteria e Tosca, come si leggeva in «vetusto
Psalmista in ecclesia Ss. Apostolorum » (3). Alcuni dicono eretta quella chiesa da sant'Annone medesimo, e precisamente nel luogo, dove si crede
vivessero le due sante ritirate al di là della porta di Gallieno:
qualcuno ritiene che sant'Annone
abbia ridotto a chiesa un antico ipogeo romano collocato, come si soleva, «extra moenia civitatis». Comunque sia,
è certo che sant'Annone consacrò quella chiesa nell'anno 751, e collocò i due corpi in una preziosa urna di marmo.
In seguito e la chiesa e l'urna subirono
varie peripezie e trasformazioni: perciò ora sarebbe difficile sostenere che i
corpi ivi conservati siano precisamente quelli delle due sante Tosca e Teuteria.
Il fatto più rilevante del vescovo sant'Annone fu l'aver egli ricuperato e riposto nell'antica loro
chiesa i corpi dei due santi martiri
Fermo e Rustico.
La narrazione diffusa del fatto ci è data da un documento
antichissimo, detto comunemente la Translatio
(4), aggiunta alla Passio
Martyrum, benchè d'altro autore. Ora è troppo difficile determinare
l'età del documento: un codice esistente presso la chiesa di S. Fermo Maggiore appartiene senza dubbio al principio
del secolo XI(5): ma la forma della
narrazione e l'analogia esistente tra questa e quella del Ritmo Pipiniano autorizzano a ritenere che la sua
redazione sia di poco posteriore al fatto; anzi alcuni dei nostri la vollero
quasi coeva (6). Una narrazione più
concisa ci vien data dai Versus de
Verona, detti comunemente Ritmo
Pipiniano, scritti forse venti o trent'anni dopo la morte del vescovo Annone.
Altrove abbiamo veduto come senza dubbio i corpi dei santi
martiri vagarono nel secolo V in regioni, che stavano ad oriente di Verona. Sembra fossero dapprima nella città di Capri (Capo d'Istria): donde verso la metà del secolo VIII furono
trasportati a Trieste. La notizia di
questo trasporto arrivò sino a Verona;
cosa ben verosimile, quando si pensi quanta venerazione si avesse in
quell'epoca alle reliquie dei santi, e particolarmente quanto fosse venerata in
Verona la memoria dei santi Fermo e
Rustico. Il vescovo sant'Annone si recò personalmente a Trieste insieme a molti del clero e del
popolo veronese; ed aiutato anche dalla sua sorella Maria (Consolatrice)
riuscì ad ottenere dai triestini, forse pagando una buona somma, la
restituzione delle preziose reliquie: indi con grande pompa le riportò a
Verona. La traslazione ebbe luogo « temporibus
regum Desiderii et Adelchis », come attesta il Ritmo Pipiniano; e, siccome Adelchi fu assunto a collega nel regno da suo padre Desiderio l'anno 759, così la
traslazione non deve esser avvenuta prima di quest'anno.
Ricuperate le preziose reliquie, il santo vescovo pensò a
riporle nell'antica chiesa ad onore dei santi martiri, edificata fuori delle
mura della città: «in basilica, quae a
priscis in eorum fuerat honore constructa temporibus », come narra la Translatio.
Secondo un erudito archeologo veronese, Annone avrebbe riattato ad uso di tempio cristiano un antico tempio
pagano. Ma per noi è troppo chiara ed autorevole la testimonianza della Translatio: del resto,
può esser vero quel riattamento, fatto però non al tempo di Annone, ma «a priscis temporibus »; forse fin dal
secolo IV. Aggiunge la Translatio che il vescovo
ripose quei sacri corpi « sub omni diligentia
», e li collocò «in arca saxea
subterranea », oppure, come hanno
altri codici, « in arca saxea in specu
subterranea »; i nostri scrittori
pensano che entro l'urna di marmo fosse una cassa di piombo, nella quale erano
rinchiusi i sacri corpi. Aggiunge pure
la Translatio che il
vescovo condì le sacre reliquie con aromi, incensi e balsami preziosi, e che la
reposizione fu celebrata con pompa solenne e col concorso di tutta la
cittadinanza veronese. Sulla profusione di aromi odoriferi è ancor più diffuso
il Ritmo Pipiniano: « Quorum corpora et insimul condidit
Episcopus - Aromata, galbanum, stacten et argoico, - Myrrha, gutta et casia et
thus lucidissimum ».
Intorno all'epoca di questa solenne reposizione furono e
sono varie le opinioni dei nostri scrittori. Il Bagata pensava fosse avvenuta il giorno 22 maggio dell'anno 755,
appoggiato a due iscrizioni, che si leggevano (nel 1576) su due tavole dietro
l'altare dei SS. Martiri (8). Ma
queste iscrizioni sono molto incerte; e d'altronde questa data dell'anno 755
non può conciliarsi con quella della traslazione a Verona avvenuta dopo l'anno
759.
Altrettanto si dica dell'opinione del Dionisi nella prima sua parte; secondo il quale i due corpi
nell'anno 755 sarebbero stati collocati nella chiesa eretta sul luogo del
martirio, detta S. Fermo in Braida,
poi Crocifisso, ora
distrutta: di là nell'anno 765 con grande solennità sarebbero stati trasportati
nella chiesa detta ora S. Fermo
Maggiore, decorosamente restaurata ed abbellita dal vescovo sant'Annone (9).
Domenico Vallarsi,
recando un'altra iscrizione, che egli lesse, o credette di leggere, sulla cassa
di piombo contenente i corpi dei martiri, sostenne che i corpi furono riposti
nella cassa e nell'arca il 23 marzo dell'anno 765 (10).
A lui si oppose Luigi
Pindemonte, negando l'autenticità di questa iscrizione (11).
Attualmente sta per questa data e per l'argomento del
Vallarsi il ch.mo sac. Antonio Spagnolo,
il quale reca anche l'iscrizione (12).
Ma il Troya già a' suoi tempi avea
sostenuto che il Vallarsi si era allucinato nell'interpretare quella iscrizione
(13), ed anche il ch.mo prof. C. Cipolla la chiama pretesa iscrizione (14).
Per noi la questione non ha molta
importanza: a noi basta averne indicato i termini e lo stato attuale; del
resto, prescindendo anche dall'argomento del Vallarsi, la data più sicura parrebbe quella dell'anno 765. Nella chiesa cattedrale già molto prima del
secolo XVI nel giorno 22 maggio si celebrava « translatio Ss. Firmi et Rustici »: assai probabilmente la voce translatio significava
reposizione.
E' fuor di dubbio che il santo vescovo volle che le preziose
reliquie avessero una sede degna di loro, e rispondente alla venerazione che i
fedeli veronesi ebbero sempre per i loro martiri. La Translatio, dopo aver detto che il vescovo collocò
quei corpi «in arca saxea subterranea
», soggiunge « cujus operimentum
perornavit argento et auro, sed (et) diversis lapidibus pretiosis ».
Più ampli dettagli ci dà il Ritmo Pipiniano: «Tumulum aureum coopertum circundat (Hanno) centonibus (15) - color interstinctus mire mulcet sensus hominum - modo albus, modo niger
inter duos purpureos
»; Oppure, come ha qualche altro codice:
«Tumuli aurei coperclum circumdat preconibus – color serici distinctus mulcet sensus
hominum - modo albus, modo
niger, inter duos
purpureus »(16).
Più laconica, ma eloquente, è la relazione di Giovanni Mansionario: «Ipsa sanctorum corpora in ecclesia sancti Firmi Majoris XI kal. junii (Hanno) honorifice sepelivit et
devotissime ».
Tanto la Translatio,
quanto il Ritmo, si accordano nel magnificare quell'« operimentum» o «coperclum », che sant'Annone
pose sopra il tumulo dei due santi, il quale doveva essere assai prezioso e per
materia e per arte. Pare fuor di dubbio
che questo « operimentum» dovesse
essere una specie di baldacchino,
quale fin dai primi tempi si costumava porre sopra le tombe dei Martiri, e che
perciò si diceva « martyrium, confessio»(17), una specie di ciborio, quale avea posto S. Gregorio Magno sul sepolcro
di S. Pietro, e quale abbiam veduto
posto sull'altare di S. Giovanni
Battista nella basilichetta di S.
Giorgio di Valpolicella. Però questo
ciborio eretto sopra l'urna dei santi Fermo
e Rustico, a quanto pare, non poggiava sopra colonnette, ma sopra
muriccioli di pietre preziose con oro ed argento.
Il Ritmo
aggiunse che questo «operimentum
» avea pure un ornamento di seta a diversi colori, ed era contornato « preconibus »(18). Alcuni dei nostri
scrittori opinano (e vorrebbero) che questo drappo serico a vari colori
circondato « preconibus », cioè con
figure di « precones », fosse il
così detto Velo di Classe,
che sant'Annone coadiuvato dalla
sua sorella Maria avrebbe fatto
lavorare e stendere come ornamento prezioso attorno e davanti al « martyrium » sovrapposto all'urna dei
santi Martiri. Tesi un po' difficile(19);
ma non rigettata dal ch.mo nostro prof. Carlo Cipolla (20). Noi non discutiamo la
tesi: la proporremo insieme con le altre trattando del Velo, nel capo col quale chiuderemo l'epoca prima di
questi Cenni storici.
Dell'episcopato di sant'Annone non abbiamo altri
particolari: nei primordi di lui dovrebbero esser avvenuti quei litigi tra i
chierici della chiesa veronese, dei quali abbiamo dato un cenno altrove; ma non
ne conosciamo la materia.
E' cosa difficile definire l'anno della morte di S. Annone. Il can. Dionisi,
che in una delle sue opere pubblicata l'anno 1758 lo dice morto tra gli anni
760-770(21), in altra pubblicata
l'anno 1786 dice che passò a godere il centuplo in paradiso il giorno 23 maggio
dell'anno 782(22).
Il Panvinio dice che Annone era vescovo, quando Carlo
Magno si impadronì dell'Italia; il che avvenne l'anno 774: il Libardi aggiunge che sant'Annone ottenne da Carlo Magno la conferma dei privilegi vigenti sotto il dominio dei
Longobardi (23).
Il nostro Stato
personale pone la fine dell'episcopato l'anno 772. Secondo l'Ughelli e Panvinio « Anno (= Annone) praesul optimus caelum ascendit X
kal. junii (23 maggio) circa annum 780 »(24). Crediamo che questa sia
la data più sicura e quanto all'anno, e quanto al giorno. Il Carpsum nel giorno X kal.
jun. segna: « assumptio S. Annonis epis.
»; ed il suo commentatore ne assicura
che questa voce « assumptio » indica
il passaggio del vescovo dalla vita terrena alla celeste (25).
Il corpo di
sant'Annone fu sepolto nella chiesa di S.
Maria Matricolare: da essa fu più tardi trasportato nella chiesa cattedrale
eretta sotto il vescovo Ogniben, ed
ora riposa sotto l'altare di sant'Andrea,
detto anche dei Maffei. Sull'urna fu posta un'epigrafe, che oggi è
nascosta dietro l'altare e divisa in tre parti; la prima sta sul lato destro,
la seconda sul sinistro, la terza « in
fronte ad pedes ». La riportiamo quale essa è:
+
VERONE PSVL CELI QI FVLGET IN ARCE –
+ Hl
SITE ANNO SCS PATER ICLIT VRBIS –
FVT B AN CCA ANN D DCCLX
La quale iscrizione sciolta si legge (26):
+ VERONE PRAESUL COELI
QUI FULGET IN ARCE –
HIC SITUS EST ANNO SANCTUS PATER INCLITUS
VRBIS –
FUIT BEATUS ANNO CIRCA ANNVM DOMINI DCCLX.
Nelle prime due parti così ce la dà tradotta il can. Jacopo
Dionisi:
« Di Verona il Pastor,
l'inclito Padre /
Della cittade, Santo Annone, giace /
Col corpo suo, con l'Alma in Ciel rifulge
».
Una leggenda del secolo XV riferisce che sant'Annone ebbe una sorella, santa
essa pure, di nome Maria
(Consolatrice), o Consolata.
Essa avrebbe avuto gran parte nella ricuperazione dei corpi dei Ss. Martiri Fermo e Rustico, stimolata a ciò da una visione, nella
quale conobbe che solo con la ricuperazione di queste sacre reliquie si sarebbe
ottenuto il beneficio della pioggia allora tanto sospirata (27).
Si dice sia morta il giorno 1 di agosto di un anno incerto: nella
nostra Chiesa se ne celebrava la memoria nel giorno 11 dello stesso mese, ora
nel giorno 1 con rito semplice. Fu il vescovo Tebaldo, che nell'anno 1320 espose alla pubblica venerazione il
corpo della santa, come apparisce dalle iscrizioni metriche poste più tardi sul
suo sepolcro (28):
«SOLARE PROPRIIS
MERITIS CEV NOMINE FVLGES
VERONAE POPVLVM
FELICEM QUO TRAIS ORTVM
O CONSOLATRIX
COGNOMINE DICTA MARIA
VIRGO RESTAVRATRIX
POPVLI QVAM VERA SOPHIA
CONFOVET IN COELI
RADIIS SPLENDORE FIDELI
VERONAM SERVA MERITIS
PIETATE GVBERNA
HOC TVMVLO PRAESUL
CONDIT TVA MEMBRA THEBALDVS
ANNIS BIS DENIS
DOMINI CVM MILLE TRECENTIS
LVCE DEI PRIMA MENSIS
QVI IVNIVS ALTVS
DlCITVR A LVCIS
SPATIO MISERERE PETENTIS
FVLGET TVNC EADEM LVX
INCLYTA MENSIS ET ANNO
CVM PRAESUL SANCTAE MEMORATVS CONSECRAT ARAM
LVCE QVATER DENA
SVPERAVCTVS PARCITVR ANNVS
IAM BENE CONTRITIS
ANNALIS IN OCTO DIEBVS
HIC CONSOLATRIX
REQVIESCIT SANCTA MARIA »,
Presso la cattedrale esiste una chiesetta, che era dedicata
ad onor di Maria Consolatrice, ed
esisteva almeno dal secolo X. Secondo
alcuni, essa era dedicata a Maria SS.
sotto il titolo Consolatrice;
secondo altri alla santa sorella
del vescovo Annone (29).
Il corpo di questa santa, che una volta riposava in questa
chiesetta, nell'anno 1808 fu trasportato nella cattedrale presso l'altare di sant'Agata, e la chiesa (fino allora
parrocchiale) fu rivolta ad usi profani (30).
NOTE
1 - GIOVANNI
Mansionario, Historia imper. Manoscritto della Capitolare.
2 - Dionisi,
Biancolini, Simeoni, ecc. - Vedi anche l'opuscolo del compianto nostro
collaboratore sac. ANT. SPAGNOLO, Per la storia dei vescovi di Verona -
S. Annone pag. 6.
3 - BAGATA e
PERETTI, SS. Epp. Veron. Monum. pag.
5 v.
4 - Si trova
presso MAFFEI, Istoria diplomatica pag. 311; RUINART, Acta Martyrum sincera, pag.
548 (Ed. Verona 1731).
5 - CIPOLLA, Il
Velo di Classe, pag. 54. Vedi anche Storia di Verona, pag. 58.
6 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, VIII. 123-140; dove egli dà una minuta esposizione della
traslazione e della riposizione.
8 - BAGATA e
PERETTI, Op. cit. pag. 17 v. - Questa è pure la data, che leggiamo
tuttora nel breviario, Proprium Dioec. Veron. al giorno 9 agosto.
9 - DIONISI, Dei
Santi Veronesi pag. 17, 229.
10 - VALLARSI, Sacre
ant. iscrizioni ... Manifesta e categ. risposta ... La realtà e lettura delle
sacre iscrizioni (Verona 1759, 1762, 1763).
11 - PINDEMONTE, Sacre
iscrizioni lette dal Vallarsi dimostrate ideali (Verona 1762).
12 - SPAGNOLO, Op.
cit. pag. 9.
13 - TROYA, Codice
diplom. longob. V. Num. 449.
14 - CIPOLLA, Fonti
edite per la storia della Regione Veneta, pag. 125.
15 - Questa voce
fu posta arbitrariamente dal Maffei, persuaso che la voce «preconibus» non
avesse senso. Anche BIANCOLINI, Dei
Vescovi Diss. I. pag. 4 accettò la voce « centonibus ».
16 - Questa è la
lezione di LUD. TRAUBE, Karol Forsch. pag. 128, presso CIPOLLA, Il
Velo di Classe, pag. 55.
17 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, VIII. pag. 129, seg.
18 - La voce
«praeco» si spiega per predicatore e giudice. Du CANGE, Glossarium ad v. Proeco (ed. Fabre),
presso CIPOLLA, Il Velo di Classe, pag.
56.
19 - Oltre il P.
Mauro Sarti, la sostennero Dionisi, Biancolini, Cenci ed altri. Ne
riferiremo gli argomenti nell'ultimo capo di quest'epoca prima.
20 - CIPOLLA Il
Velo di Classe pag. 56, e Storia polit. di Verona pag. 58.
21 - DIONISI De Aldone
et Nottingo pag. 2 (Veronae 1758).
22 - DIONISI Dei
Santi Veronesi pag. 230 (Verona
1796).
23 - Presso
SPAGNOLO Opusc. cit. pag. 10
24 - UGHELLI Italia sacra Tom. V. col. 702, sequ.
25 - SPAGNOLO nel
Bollettino eccles. Anno 1915 pag. 89.
26 - Presso
DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 231; CAPPELLETTI Chiese d'Italia pag.
751.
27 - BAGATA Ss. Epp.
Veron. Antiqua Monum, 55 v. seg.
28 - Presso
BIANCOLINI Chiese di Verona II. 456; 8AGATA Op. cit. 27 v.
29 - 8IANCOLINI Chiese
di Verona II. 455, VIII. 220.
30 - G. TURRI Cenni
intorno alla vita di S. Maria Consolatrice (Verona 1881).
Riporta in italiano l'iscrizione posta sull'urna della santa
(alla pag. 5).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XVIII (a cura di A. Orlandì)
(a) pago 131. - Quanto alla questione della Cattedrale si
osserva prima di tutto che il vocabolo "cattedrale" venne in uso dopo
il Mille. Il vescovo Raterio verso l'anno 966-67 parla di "Ecclesia mater",
nel senso di chiesa principale dove officiava il vescovo (RATHERIUS, Synodica
in Opera, Verona, 1765, col. 421).
Quanto al senso di "chiesa principale" in cui
celebra il vescovo, in forza delle scoperte archeologiche nell'area del
canonicato e di S. Elena, sembra di dover concludere che in quest'area fin dai
tempi di S. Zeno fu la prima chiesa e quindi la sede del vescovo. Nel periodo
longobardico, quando erano stati distrutti gli edifici nell'area prericordata,
il vescovo certamente celebrò la liturgia in altre chiese, che poterono essere
S. Stefano o S. Pietro in Castello o altre. Ma nel secolo VIII, appena fu possibile, si
fece ritorno alla sede antica. Non si deve d'altra parte ignorare l'importanza
che ebbe la chiesa di S. Stefano, come chiesa cimiteriale, che accolse le
spoglie di molti vescovi e forse dei primi cristiani di Verona, cioè di quelli
che furono nella nostra città i primi "testimoni" della fede e perciò
degni di ogni venerazione, anche se non finirono la vita con morte violenta per
azioni di persecuzione.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI
STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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