Chiesa di San Siro, Verona: protetta dal protiro una chiara
iscrizione dice che in questa chiesa venne celebrata a Verona la prima messa.
CAPO XI
SOMMARIO. -
Controversia nel secolo XVIII - Studi recenti - Milano metropoli della
provincia d'Italia - Aussenzio vescovo di Milano: Valeriano vescovo di Aquileia
- Sant'Ambrogio: il caso della vergine Indicia - Milano depressa: Aquileia
innalzata - Documenti apocrifi - S. Siro - La Chiesa di Verona definitivamente
subordinata al patriarca di Aquileia.
E' una questione, che fu agitata con molto interesse dagli
scrittori aquileiesi e dai veronesi nella seconda metà del secolo XVIII, quando
stavano per scomparire il patriarcato e la sede stessa di Aquileja.
La questione era questa. Essendo indubitato che almeno dal secolo VII la Chiesa di Aquileja avea giurisdizione
metropolitica sopra le Chiese della Venetia
et Histria, e perciò anche su quella di Verona, quale è
l'origine storica e giuridica di questa giurisdizione?
Tra gli scrittori aquilejesi fu celebre G. Frane, Bernardo De Rubeis; il quale, mentre cercava la verità
nei documenti storici, non potè al tutto prescindere dall'amore del natio loco (1). Egli trasse l'origine storica e giuridica
della preminenza e giurisdizione della Chiesa
aquilejese da S. Marco evangelista, che primo predicò la fede in quelle
regioni, e dal suo discepolo e compagno Sant'Ermagora,
che sarebbe stato ordinato vescovo di Aquileja
da S. Pietro, ed anzi « protoepiscopus
provinciae Italiae» e da S. Pietro avrebbe ricevuto il « baculus pontificatus»: così narrano gli
Acta sancti Marci nella
seconda parte, detta anche Passio
sancti Ermagorae (2).
Questo santo avrebbe avuto da S. Pietro la missione di evangelizzare e fondar chiese nella Venetia et Histria: in
virtù di questa missione avrebbe mandato nelle regioni ad Occidente i santi Siro ed Ivenzio, i quali « Veronensem
... Bryxeanam et Laudensem (civitates) divinis operibus illustrarunt », come riferisce il Martyrologium Adonis (3).
Secondo questi dati, la Chiesa veronese, che si suppone
fondata nel secolo I, avrebbe avuto la fede, non da S. Pietro per opera di Sant'Euprepio,
ma da Sant'Ermagora (ordinato da S.
Pietro) per la predicazione di S. Siro:
di qui la sua subordinazione metropolitica fino dall'origine al vescovo, anzi «
protoepiscopus» di Aquileja. Tuttavia lo stesso De Rubeis non nega che nel corso dei tempi quella giurisdizione
della sua Aquileja abbia subito
alcune crisi, e neppur nega che nei racconti accennati vi siano dei punti
oscuri ed incerti.
Tra gli scrittori veronesi, Scipione Maffei concesse che fin dalla più alta antichità la Chiesa aquilejese avesse avuto qualche
preminenza sulle chiese, che le stanno ad oriente; ma su quelle, che le stanno
ad occidente, non ve la riconobbe, se non dai primi decenni del secolo V (4). Lasciamo da parte quanto su questa questione hanno scritto il
card. Noris, i Ballerini ed altri.
Recentemente si occupò di questa questione il ch.mo prof. Carlo
Cipolla, e con molta erudizione impugnò fin dalle radici le opinioni del De Rubeis (5). Contro il De Rubeis si schierò pure recentemente il ch.mo sac. Pio Paschini attualmente professore di
storia ecclesiastica nel pontificio Seminario romano; e dimostrò che la asserita
giurisdizione, anzi la fondazione stessa della Chiesa aquilejese nei tempi
apostolici, è una favola creata nei secoli posteriori da chi aveva tutto l'interesse di tener alto per fas et
nefas il prestigio di questa chiesa (6).
Noi restringeremo la
questione alla nostra Chiesa veronese. Fondata, come abbiamo provato,
verso la metà del secolo III, la nostra Chiesa non conobbe dapprincipio altro
superiore che il vescovo di Roma; e ciò sino a che l'impero romano fu
idolatra e persecutore del cristianesimo. Quando poi l'impero divenne
cristiano, per l'avviamento naturale delle cose ne venne che le
comunicazioni tra le città nell'ordine ecclesiastico seguissero le
comunicazioni tra di esse nell'ordine civile. Questo pare sia il principio, dal quale si
deve ripetere di fatto l'origine della giurisdizione metropolitica di una
Chiesa sulle altre, e particolarmente l'origine della giurisdizione della
Chiesa di Milano su varie Chiese della provincia d'Italia (7).
A prova di tale
giurisdizione della Chiesa di Milano verso la metà del secolo IV non
porteremo che l'autorità di Sant'Atanasio; il quale nel libro De
fuga sua (a. 356) tra i vescovi cacciati in esilio memora il
vescovo di Milano « Dionysium episcopum metropoleos Italiae ».
Perciò pare che anche la Chiesa di
Verona verso la metà del secolo IV, oltre il vescovo di Roma,
riconoscesse come suo superiore gerarchico il vescovo di Milano.
Questa preminenza
del vescovo di Milano necessariamente subì una remora al tempo del vescovo
Aussenzio, che fu ariano e, come tale, condannato nel concilio di
Roma l'anno 372.
Contemporaneamente
ad ornar di qualche aureola la Chiesa di Aquileja, oltre l'importanza
politica della città, influì la perfetta ortodossia e santità del suo vescovo S.
Valeriano. Di qui avvenne che nella Epistola
synodica del concilio romano sono nominati due soli vescovi: « Damasus,
Valerianus et ceteri »; e nella lettera ai vescovi d'Oriente «Damasus,
Valerianus, Vitalianus, Aufidius ... »(5). Ma fu uno spostamento precario, prodotto da
circostanze speciali.
Aussenzio
morì nell'anno 372: due anni appresso fu elevato a quella sede Sant'Ambrogio;
e con esso la Chiesa di Milano ricuperò l'antico splendore ed insieme le
prerogative di preminenza. Durante l'episcopato di Sant'Ambrogio si ebbero
parecchie adunanze di vescovi, ora ad Aquileja, ora a Milano: ma sia nelle
assemblee di vescovi, sia in altri atti, la sede di Milano apparisce
sempre inferiore alla sola sede di Roma, superiore a tutte le altre della
provincia d'Italia; e ciò, non solo per la dignità personale di Sant'Ambrogio,
ma altresì per la dignità della sede. « La prima metropoli sorta dopo Roma
fu quella di Milano ... Milano coi suoi grandi vescovi suffraganei, al tempo di
Sant'Ambrogio e della residenza ivi trasferita degli imperatori d'occidente,
forma, vorremmo dire, una seconda Roma ». Così il P. Grisar e con
lui Duchesne, Hergenrother ed altri (6).
Un punto oscuro è il
concilio tenuto ad Aquileja l'anno 381; nel quale difficile è
discernere se presidente giurisdizionale sia stato Sant'Ambrogio o Valeriano:
pare che una presidenza onoraria sia stata permessa a Valeriano; mentre
l'effettiva fu di Sant'Ambrogio (7); ma la cosa è abbastanza
oscura. Ad ogni modo, quand'anche fosse
incerta la subordinazione metropolitica di altre Chiese della Venetia,
da un fatto particolare è certa la subordinazione della nostra Chiesa
veronese alla sede di Milano: il caso celebre della vergine Indicia diede
motivo a due lettere di Sant'Ambrogio, dalle quali evidentemente
apparisce la giurisdizione di lui sopra la Chiesa di Verona (8).
Nella prima delle
due lettere il Santo dice non potersi persuadere come i « carissimi nostri
veronenses » si lagnassero del giudizio pronunziato da lui insieme coi
suoi confratelli nella causa di Indicia; mentre il vescovo di Verona, Siagrio,
senza prove testimoniali avea condannato ad un esperimento ignominioso quella
giovane provata e consacrata dalla benedizione di S. Zeno. Di qui è chiaro che Sant'Ambrogio avea
pronunziato un giudizio nella causa di una vergine di Verona; la quale
condannata dal suo vescovo, era ricorsa, come a tribunale di appello, al
vescovo di Milano: egli adunque riconosceva in se stesso un'autorità
giurisdizionale sulla Chiesa di Verona, autorità riconosciuta pure dal vescovo
e dai fedeli di Verona.
Nella seconda
lettera Sant'Ambrogio rimprovera il vescovo nostro Siagrio,
perchè avesse troppo precipitosamente trattato la causa di Indicia.
Questo fatto e le lettere relative dicono apertamente che la Chiesa veronese in
quest'epoca era soggetta alla giurisdizione del vescovo di Milano.
Defunto Sant'Ambrogio nel 4 aprile dell'anno 397, si trova ancora qualche accenno alla
giurisdizione metropolitica di Milano nel sinodo di Torino (398 o 401);
altro accenno si trova in una lettera di S. Vigilio vescovo di Trento a Simpliciano
vescovo della Chiesa milanese: ma sono accenni vaghi ed incerti. A deprimere la
supremazia della Chiesa di Milano, oltre la scomparsa di Sant'Ambrogio,
concorse un altro fatto assai grave: la traslazione della residenza imperiale da
Milano a Ravenna (404).
Allora sorge ed
emerge la supremazia della Chiesa di Aquileja, già celebre, e per
l'autorità che essa già esercitava sulla Chiese dell'Illyricum,
e per i meriti insigni di parecchi tra i suoi vescovi. In una lettera dell'imperatore
Onorio (408) il vescovo di Aquileja è nominato subito dopo quello di
Roma (9); Palladio, il biografo di S. Giovanni Crisostomo,
dopo una lettera di Innocenzo I, allega una lettera di Cromazio
vescovo di Aquileja, indi una di Venerio vescovo di Milano (10).
Da quest'epoca nei
documenti ecclesiastici non apparisce più la giurisdizione di Milano sulle
chiese della Venetia et Histria; così agli Acta
del sinodo convocato a Milano l'anno 451 non troviamo
sottoscritto il vescovo di Verona, nè alcun altro vescovo delle città poste ad
oriente di Verona (11). Per contrario comincia a trasparire la
giurisdizione metropolitica di Aquileja la cui sede al tempo di S.
Leone Magno (440-461) è detta metropoli (12), e
più tardi in una lettera di Pelagio I (555-560) viene equiparata alla
sede di Milano. Ciò per quanto spetta alla giurisdizione metropolitica: quanto
al titolo di Patriarca, esso fu dato al vescovo di Aquileja,
secondo alcuni prima, secondo altri dopo lo scisma dei « Tre Capitoli ».
Resta adunque
provato che la giurisdizione metropolitica di Aquileja sulle città della
Venetia, e quindi la subordinazione della Chiesa di Verona
al vescovo di Aquileja, non ha la sua origine, nè dai tempi apostolici, nè
dalla fondazione della nostra Chiesa verso la metà del secolo III. Resta pur
provato che, nè l'una, nè l'altra, fu originaria dallo scisma dei Tre
Capitoli, che avvenne un secolo dopo.
L'origine storica dell'una e dell'altra spetta alla prima metà del secolo V e
provenne dalla depressione civile e religiosa di Milano sul principio del secolo V, ed insieme dall'importanza
politica e religiosa di Aquileja e
dai meriti insigni di parecchi tra i suoi vescovi sulla fine del secolo IV e
sul principio del secolo V.
Che dire impertanto dei documenti accennati dapprincipio,
dai quali la subordinazione della nostra Chiesa a quella di Aquileja parrebbe
doversi ripetere dai tempi apostolici?
Togliamo la risposta dagli scrittori citati più sopra, Cipolla e Paschini. La predicazione di S.
Marco presso Aquileja e
l'ordinazione di Sant'Ermagora suo
discepolo da S. Pietro con la collazione del «baculus pontificatus» e la creazione di lui a «protoepiscopus » sono una favola
fabbricata nel secolo VII od VIII ed intrusa nell'opinione comune dai
patriarchi di Aquileja allo scopo di rialzare il prestigio della Chiesa aquilejana già troppo depressa,
non tanto per la distruzione della città, quanto per lo scisma dei Tre Capitoli e per le interne
dissensioni e per le controversie agitate talvolta con le armi con l'emula Grado. Così nel secolo VII od VIII furono fabbricati
gli Acta sancti Marci e
la Passio sancti Ermagorae;
da essi la notizia passò anzitutto nel De
Episcopis Metensibus di Paolo
Diacono aquilejese (13); e fu poi canonizzata nel concilio di Mantova (827), presieduto
nominalmente dai legati di Eugenio II,
ma diretto e dominato da Massenzio
patriarca di Aquileja (14). Indi
facilmente passò nel Martyrologium
Adonis (860 c.) (15),
nel Chronicon Patriarcharum Aquileiensium e negli altri
martirologi e cronache dei secoli XI e XII (c).
Verso quest'epoca fu introdotto nella nostra Chiesa il culto
di Sant'Ermagora (ora non
inopportunamente escluso). Il suo nome si trova nelle litanie conservate nella
nostra Biblioteca Capitolare dei secoli XI-XII; ma in altre spettanti al secolo
IX non si trova. Il patriarca aquilejese
Pellegrino, riconsacrando l'anno 1140 la chiesa di S. Giorgio, vi rinchiuderà
reliquie dei santi Ermagora e Fortunato; così pure faceva il patriarca Goffredo
nel consacrare l'anno 1185 la chiesa di S. Maria Antica: ma nel catalogo di
reliquie poste dal patriarca Andrea nella
chiesa di S. Giorgio da lui consacrata nella prima metà del secolo IX,
quelle di Sant'Ermagora non vi si
trovano (16).
Del tutto radicale è il prof. Paschini, il quale dubita persino dell'autenticità, ossia della
esistenza di Sant'Ermagora; e non è
il primo; giacchè prima di lui ne ave a mosso dubbi il Tillemont. Sant'Ermagora,
dato che sia autentico, potrebbe assegnarsi al secolo III (17).
Che dire adunque della missione
di S. Siro a Verona? - Naturalmente è assai dubbia essa pure, e ad ogni
modo non potrebbe assegnarsi che al secolo III. Diciamo assai dubbia la
missione di S. Siro da Sant'Ermagora;
non la sua predicazione in Verona, che ha l'appoggio di antiche tradizioni
veronesi. L'affresco, che si dice
rappresentare S. Sir
o, e sta nella grotta dietro il coro della chiesa attuale di S. Libera, secondo alcuni scrittori veronesi anche recenti sembra
appartenere al secolo IV od al V (18);
secondo altri però «non può risalire all'età romana» (19). Che egli abbia
predicato in Verona ed ivi celebrato
i divini misteri, ce lo attesta la Chronica
sancti Siri, di certo anteriore al secolo X e forse appartenente
al secolo VI.
Del culto poi prestato in Verona a S. Siro abbiamo tre
documenti efficacissimi: l'invocazione di lui in litanie dei secoli XI-XII; il
nome di lui inserito nel Carpsum
al giorno «XVII kal. jun. ». e
la chiesa ad onor di lui eretta da Giovanni
cancelliere di Berengario nell'anno 913 (20). Tutti questi documenti ci assicurano che S. Siro fu a Verona e nella sua dimora presso di noi ha ben
meritato della Chiesa veronese.
Dalla metà .del
secolo V la Chiesa veronese seguì le vicende della Chiesa di Aquileja e, purtroppo, si trovò poi con essa impigliata
nello scisma dei Tre Capitoli. Nel sinodo
di Grado (579), tenuto allo scopo di rivendicare l'ortodossia dei Tre Capitoli e così legalizzare la
ribellione ai decreti del papa Pelagio I,
troviamo sottoscritto « Solacius ep. sanctae veron. ecclesiae
». Troviamo pur sottoscritto il nostro vescovo
Giuniore agli Acta del
concilio apertamente scismatico di
Marano (590); da questo sinodo gli « humiles Venetiarum et secundae Rhetiae ... episcopi» mandarono un «libellus supplex» a sostegno dei Tre
Capitoli all'imperatore Maurizio, e tra i vescovi sottoscrittori si legge «Junior ep. veronensis ». - Di questa
prima pagina oscura nella storia della nostra Chiesa tratteremo a suo luogo (e).
NOTE
1 - DE RUBEIS,. De schism. Eccl. Aquil. e Monum. Ecclesiae
Aquilejensis. - Con lui sta pure CAPPELLETTI, Chiese d'Italia, VIII,
pag. 22, segg.
2 - Presso Acta
SS. Bolland., III, JuI. sub die 12. - Comm. praev. Num. 9 - Vedi
pure la Chronica sancti Siri presso PRELINI, S. Siro primo vescovo di
Pavia, VoI. I, pag. 181-190 (Pavia 1880).
3 - Martyrologium ADONIS, opera et
studio Dominici Georgii pag. 465 (Romae 1745).
4 - MAFFEI, Verona
illustrata, Libro IX.
5 - CIPOLLA, Della
giurisdizione metropolitica della Sede Milanese (Milano 1897).
6 - PASCHINI,
Sulle origini della Chiesa d'Aquileia presso Rivista di scienze
storiche, pagg. 24-32, 123-133, 187-197 (Pavia 1904).
7 - Tuttavia
nel concilio di Sardica (343) l'ordine dei vescovi dell'Italia sottoscritti
agli Acta (dopo i legati di Roma, ecc.) è questo: Verona, Aquileia,
Ravenna, Brescia, Milano.
5 - MANSI, Concil.
Coll., III, 455, 459.
6 - GRISAR, Roma
alla fine del mondo antico, P. I., pag. 474 (Roma 1899); DUCHESNE, Origines
du culte chrétien, pagg. 30, 32 (Edit. III); HERGENRÖTHER Storia univ. della Chiesa, VoI.
II, pag. 151 (Roma 1904); GIULlARI, S. Zen.
Serm. Commnent., pag. XIII.
7 - CIPOLLA, Op.
cit., pag. 46, seqq.
8 - S.
AMBROSI Ep Mediol. Opera, Tom. V, pag. 335, seqq. (MedioI. 1881).
9 - « Duas
epistolas subdidi, scilicet Romani et Aquilejensis Episcopi ». presso BARONIUS, Ann. ecci., ad
a. 405, XIV.
10 - PALLADIUS,
Opera S. Jo. Chrys., Tom. XIII, pag. 13 (Venetiis 1741 (a). Vedi anche BARONIUS, Annal. eccles., ad
a. 405, XV.
11 - Si legge
sottoscritto il vescovo di Brescia, che pur apparteneva alla Venetia; ma
probabilmente per motivi particolari. CIPOLLA, Op cit., pag. 68, nota 3.
12 - LEONIS M.,
Opera, pag. 589 (Ed. BalI. 1753); DE RUBEIS, Monum. Eccl. Aquil., pag. 163, seqq, (b).
13 - Presso Monum.
Germ. Hist. Sript. II, pag. 261 (d).
14 - LABBE Cane.
Coll. Tom. IX, col. 658; DE RUBEIS Monum. Eccl. Aquil. - Vedi PASCHINI Rivista pag. 128,
seg.
15 - Cf. GRISAR Analecta
Rom. Pag. 238, seg.; PASCHINI Rivista 102, seg.
16 - Si trova
presso UGHELLI Italia sacra V. 787, e LANA Dissert. sopra l'epoca di S.
Zeno pag. 62. - L'Ughelli pone questa consacrazione nell'a. 828; SIMEONI Verona ... pag. 78 la pone
nell'a. 813. Ma il patriarcato di Andrea fu verso gli anni 834-845. CAPPELLETTI
Chiese d'Italia IX. Pag. 129.
17 - PASCHINI, Rivista
... pag.94; vedi pure pag. 286, Nota
1.
18 - Sac. ANT.
PIGHI in Verona Fedele 1904 sotto il giorno 5 ottobre.
19 -CIPOLLA Storia
... di Verona pag. 38. - Altri documenti presso SALVARO Chiesa dei 55.
Siro e Libera pag. 3-7 (Verona 1882).
20 - BIANCOLINI Chiese
II, pag. 709, segg.; SALVARO Opusc. cit.; SPAGNOLO Tre calendari
medioevo veron. pag. 64, 81.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XI (a cura di A. Orlandì )
(a) pag. 83, nota
10. - PALLADIUS, Dialogus historicus de vite et conversatione beati Joannis
Chrysostomi, in JOANNES Chrys., Opera ... P.G. 47, 15.
(b) pag. 83, nota
12. - Cfr. P. L. 54, 593-597.
(c) pag. 84. -
Cfr. P. PASCHINI, Storia del Friuli, Udine, 1975 (III ed.), pp. 34-35,
n. 9 e lO.
(d) pag. 84, nota
13. - Cfr. P.L. 95, 699 e 711B.
(e) pag. 86. -
Sulla questione della giurisdizione metropolitica di Aquileia, vanno ricordati
alcuni scritti posteriori all'opera del Pighi. A. GRAZIOLI, La giurisdizione
metropolitica di Milano a Verona all'epoca di S. Ambrogio in « La
Scuola Cattolica », A. LXVIII (1940), pp. 373-379. - G. C. MENI S, Le
giurisdizioni metropolitiche di Aquileia e di Milano nell'antichità, in «
Aquilea e Milano », Udine, 1973, pp. 271-294 (coll. Antichità altoadriatiche
IV). - P. PASCHINI, Storia del Friuli, Udine, 1975, pp. 73-79.
Inoltre va segnalato che è in preparazione ad Udine ed in
altri centri friulani la celebrazione del XVI centenario del citato concilio di
Aquileia (381-1981). Gli studi, le relazioni e gli atti a cui la celebrazione
darà origine, potranno contribuire a fare luce sulle dibattute questioni.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI
STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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