EPOCA II - CAPO VI
SOMMARIO. - Nascita e
giovinezza - Giudizio della Croce - L'Epitafio: autore ed epoca - Termini della
vita di Pacifico - Arcidiacono - Chiese da lui erette o restaurate - Codici -
L'orologio notturno - La Glosa - La bussola - Testamento - Controversia De
natura peccati Adami - Epitafio accomoda tizio - Sepolcro.
Il nome Pacifico,
prettamente latino, è una rarissima eccezione fra i tanti nomi barbari che
si incontrano nei monumenti dei tre secoli VIII-X; esso ci indica che il nostro
Pacifico discendeva da famiglia già da secoli indigena fra di noi, la quale
poco o nulla avea risentito l'influsso degli idiomi barbarici. Dal primo dei due epitafi, che tosto
riporteremo, deve esser nato verso gli anni 776- 778. Dal secondo parrebbe che avesse avuto tre
nomi: Pacifico, Salomone, Ireneo;
ma è chiaro che il secondo ed il terzo sono posteriori esegesi del primo,
aggiunte al nome vero più tardi: il secondo ebraico, il terzo greco. Fu educato nella scuola annessa alla
cattedrale, ed ascritto ancor giovinetto tra i chierici della chiesa veronese.
Il Dalla Corte e
dietro a lui gli storici nostri posteriori riferiscono questo fatto di Pacifico ancor giovinetto e chierico (1). Dovendosi riparare e forse in parte costruire
le mura di Verona per ordine di Carlo Magno, sorse questione tra la «pars sancti Zenonis » ed il comune
quale parte della spesa dovesse esser sostenuta dal clero, se la terza parte o
la quarta. Riuscito vano l'accordo per
altre vie, per consenso di ambe le parti si ricorse ad una forma di giudizio di
Dio, detto giudizio della Croce.
Furono scelti due giovani chierici di vita innocente « duo juvenes clericos sino ullo crimine
existimatos »: dalla parte del clero Pacifico,
da quella del comune Aregao. Condotti nella chiesa di S. Giovanni in Fonte, doveano stare davanti
all'altare con le mani sollevate in forma di croce, finché il sacerdote
celebrando la Messa recitava il Passio
secondo S. Matteo; avrebbe vinto quella parte, il cui campione avrebbe
durato più a lungo in quella positura. Siccome Aregao dovette a metà del Passio abbassare le braccia e Pacifico resse sino alla fine, così la
questione fu risolta a favore del clero. L'anno del fatto è incerto; dovrebbe
esser non lungi dalla fine del secolo VIII, probabilmente l'anno 798.
Il Dalla Corte
dice che di questo fatto si avea documento nella cancelleria de rr. canonici in
una pergamena dell'anno 837(2): ma
più tardi a chi ricercava quel documento fu risposto « mernbranam ipsam in archivio
ipsius cathedralis jam a pluribus annis desiderari
»(3). I due campioni di quel
giudizio compariscono sottoscritti nel celebre atto (24 giugno 813) del vescovo Ratoldo: «Ego Pacificus archid. m.m. subscrip. »: indi «Ego Aregaus pbr. m.m. subscripsi et consensi» (4.)
Siccome quasi tutte le notizie sulle doti e sulle opere di Pacifico ci vengono dal suo epitafio; così sarà opportuno che lo
riportiamo intiero. Esso ora si trova nella cattedrale sopra la porta che
conduce alla corte sant'Elena: fu
illustrato da parecchi degli scrittori nostri (5); recentemente fu riprodotto in fac-simile dal sac. Antonio Spagnolo (6). Lo diamo sciogliendo i nessi e compiendo le abbreviature: i
versi sono in tutto simili a quelli del Ritmo
Pipiniano, e si possono opportunamente distribuire in terzine:
† Archidiaconus quiescit hic vero Pacificus
Sapientia praeclarus et forma praefulgida,
Nullus talis est inventus nostris in temporibus
Quod nec ullum advenire umquam tale credimus.
Ecclesiarum fundator, renovator optimus,
Zenonis, Proculi, Viti, Petri et Laurentii,
Dei quoque genitricis, nec non
et Georgii.
Quidquid auro vel argento et metallis caeteris,
Quidquid lignis ex diversis et marmore candido
Nullus unquam sic peritus in tantis operibus.
Bis centenos terque senos codicesque fecerat,
Horologium nocturnum nullus ante viderat,
En invenit argumentum et primum fundaverat.
Glosam veteris et novi testamenti posuit,
Horologioque carmen spera e caeli optimam,
Plura alia grafia que prudens inveniet.
Tres et decim vixit lustra, trinos annos amplius
Quadraginta et tres annos fuit Archidiaconus,
Septimo vicesimo aetatis anno caesaris Lotharii.
Mole carnis est solutus, perrexit ad Dominum;
Nono sane kalendarum obiit Decembrium
Nocte sancta quae vocatur a nobis dominica.
Lugent quoque sacerdotes et ministri optimi,
Ejus morte nempe dolet infinitus populus.
Vestros pedes quasi tenens vosque precor cernuus,
O lectores, exorare quaeso pro Pacifico.
Per comune consenso degli eruditi la lapide è di poco
posteriore alla morte di Pacifico (7);
anzi dalla data apposta al secondo epitafio, di cui tosto ci occuperemo, deve
essere dell'anno 846.
Perciò l'autorità delle asserzioni del primo epitafio è
gravissima: fu scritto da qualche veronese ben conscio di quanto avea fatto
Pacifico; solo è da deplorare che non sia sempre ovvio il senso delle
espressioni. Daremo una qualsiasi esposizione delle parti più importanti (a).
Cominciamo col fissare anzitutto i termini della vita di Pacifico. Egli morì di domenica
nella notte seguente al giorno 23 novembre dell'anno ventesimosettimo
dell'imperatore Lotario. Ora quale è
questo anno secondo il computo dell'era volgare? Maffei,
Muratori, Tiraboschi ed altri dicevano esser l'anno 846: Da
Prato, Federici, Venturi ed altri voleano fosse l'anno 844: il sac. Luigi Trevisani, prefetto degli studii
nel nostro seminario, in una sua nota
manoscritta, che abbiamo presso di noi, diceva che i due caratteri, solare e
cronologico, attribuiti all'anno della morte di Pacifico si verificano
nell'anno 845(8).
Pacifico ha
vissuto sessantotto anni: perciò la sua nascita fu tra gli anni 776-778: non
insistiamo in voler assegnare una data precisa; essa dipende dall'anno della
morte.
Pacifico fu arcidiacono della chiesa veronese per
quarantatre anni: perciò la sua nomina a questa dignità sta tra gli anni 801-
803. V'ha peraltro una difficoltà. In un documento dell'anno 806 è detto
arcidiacono un certo Tisane (9); e non pare che nella nostra chiesa
fossero contemporaneamente due arcidiaconi (10).
Risponde il P. Da
Prato che il documento citato non è l'atto di una composizione avvenuta
l'anno 806; ma è l'autenticazione di una composizione avvenuta alcuni anni
prima tra la parte di S. Zeno
(vescovo Ratoldo e clero) ed il fisco regio, quando dopo la sentenza
data dagli scabini «ambulaverunt Tiso archidiaconus,
Ibingi diaconus, Donatus presbyter et Deusdedit presbyter »
(per la parte di S. Zeno), ed insieme
con essi «Paulus vice dominus» per
la parte regia, e determinarono i confini pattuiti nella composizione. Questo
fatto può esser avvenuto nell'anno 802, primo di Ratoldo; e nulla asta che l'anno stesso o l'anno seguente, defunto Tisane, sia stato eletto arcidiacono Pacifico.
Dopo aver detto in termini generali delle doti di Pacifico, sia quanto alle qualità
intellettuali e morali, sia anche quanto alle corporali, l'epitafio viene ad
accennare alcuni meriti di lui in particolare.
Pacifico ha
eretto o rinnovato, e coll'ingegno e con le offerte ha collaborato alla erezione
o rinnovazione di sette chiese.
La prima è quella di S.
Zeno; secondo alcuni quella eretta da Ratoldo
e Pipino; secondo altri quella di S.
Zeno in oratorio.
Seguono le chiese di S.
Procolo, S. Vito
adiacente alla precedente, S.
Pietro in Castello, S.
Lorenzo, S.
Maria Matricolare, S.
Giorgio. Quest'ultima dovrebbe
essere quella chiesa che Pacifico ottenne
dal vescovo Ratoldo di poter
fabbricare sopra un suo fondo, e fu poi consacrata dal patriarca Massenzio nell'anno 813 (11). E' vero che l'atto di Ratoldo è assai controverso; ma, anche se fabbricato in tempi
posteriori, dovrebbe aver come fondamento vero l'erezione di quella chiesa,
nella quale più tardi i canonici pretesero di essere esenti dalla giurisdizione
del vescovo di Verona (12).
Fornito di ingegno versatile, Pacifico architettò lavori di intaglio, scultura, pittura, in
marmo, metallo o legno: lavori, che egli certo fece per decorazione delle
chiese. Particolarmente a lui viene attribuito il merito di ben duecento e
diciotto codici, scritti o trascritti, o acquistati per la biblioteca annessa
alla residenza dei canonici. « Animadvertamus,
dice il Muratori, quam ingens, quam rarum et marmore dignum fuerit donum factum
a Pacifico: ... thesauri sane loco, neque immerito, tunc temporis id habitum
fuit (13).
Sulla natura e forma dell'orologio
notturno inventato da Pacifico,
han disputato i critici: mentre l'orologio a sole non potea segnar le ore se
non quando splende il sole, questo inventato da Pacifico segnava anche di
notte; si dubitava quale fosse la causa del moto: certo fu una novità molto
importante.
Erudito, com'era, nelle lingue ebraica e greca, compose una Glosa nella sacra
scrittura. Secondo Maffei e Giuliari, di questa Glosa sarebbe una parte la Glosa in Exodum coservata nella biblioteca capitolare. Il can.
Dionisi pensò che vi appartenesse un commento in libros Regum, che sta pure nella capitolare. Recentemente il sac. dott.
Mercati scrittore della Vaticana opinò che appartenga a qualcuna delle
glosse pubblicate a Coimbra
nell'anno 1827(14). Secondo il p. Da Prato, le parole dell'epitafio significano che Pacifico teneva lezioni orali sulla
sacra scrittura agli studiosi della « schola
sacerdotum ».
Nel verso seguente, secondo il p. Da Prato, si fa nuova menzione dell'orologio notturno; cosa a
dir vero inammissibile. Secondo l'opinione comune, qui si parla di qualche
altro meccanismo avente relazione con la sfera celeste: alcuni pensano che Pacifico abbia inventato una specie di
bussola per la direzione delle navi (15):
altri, escludendo la bussola, non sanno
quale istrumento sostituirvi (16).
Dopo aver detto della morte
di Pacifico, l'epitafio riferisce quanto lutto recò a Verona la perdita di
tanto uomo: piansero i sacerdoti, piansero gli ottimi ministri, pianse il
popolo tutto. Chiude mettendo sulle labbra del defunto un invito ed una
supplica a tutti i cittadini, che tutti vogliano pregare per lui.
Vestros pedes quasi
tenens, vosque precor cernuus,
O lectores, exorare
quaeso pro Pacifico.
Oltre che dall'epitafio, qualche cosa intorno a Pacifico possiamo rilevare dal suo
testamento, fatto in comune con la sorella
Ansa il giorno 9 settembre dell'anno 844 (17).
Da esso conosciamo come Pacifico
ave a moltissimi possedimenti nel contado veronese e fuori di esso, dei quali
disponeva in favore di opere pie, principalmente nella fondazione e
mantenimento di un ospitale (xenodochium)
da erigersi o piuttosto già eretto «in
vico Quintiano »; si nominano in particolare «claustra illa ubi oratorium sancti Joannis situm est ».
Dopo la morte sua e della sorella, i beni lasciati per
quell'ospitale siano amministrati dai suoi nipoti, ai quali raccomanda la cura
e custodia di quella chiesa e della sua ufficiatura. Agli stessi impone che nel
primo giorno di ogni mese «per omnes
kalendas » diano a mangiare a sessanta poveri; così pure a quaranta poveri ed a dieci preti
nell'anniversario della morte sua ed in quello della morte della sorella: alla
morte dei nipoti sostituisce loro la scuola dei sacerdoti. Altri beni lascia direttamente
agli stessi canonici, e pone l'ospitale e l'oratorio
di S. Giovanni ed un piccolo tesoro dello stesso «sub defensione scholae sacerdotum vel (et) praepositorum ejus ».
Verso la fine del secolo scorso fu pubblicato in Germania un altro documento, che
indirettamente riguarda il nostro Pacifico.
Sembra che nel secolo IX nelle nostre regioni, insieme con
le controversie intorno alla predestinazione,
siansi sollevate alcune questioni intorno alla natura del peccato di Adamo; sulle quali Pacifico si rivolse ad un monaco di
nome «Hildemarus », per averne
schiarimenti. Questo «Hildemarus »,
di origine Alemanno, secondo gli
studi di Ludovico Traube, fu monaco
ed Abate nel monastero di Clebate o Civate, ora Livate nella diocesi di
Milano (18).
Che Pacifico abbia chiesto a lui una esposizione della
dottrina sul peccato di Adamo apparisce dal titolo della risposta: «Hildemarus presbyter a Pacifico
archidiacono veronensi rogatus de schedula cujusdam de Adami primi hominis
peccato iniquius agente disserit ». E' chiara l'analogia di questo titolo con
quello della risposta di Rabano Mauro
al vescovo Nottingo; e giustamente
il Traube ritiene che anche le due
schedule, ossia i due errori, avessero qualche connessione tra di loro: si noti
che le due dissertazioni, di Rabano
e di Ildemaro, ambedue dirette a Verona, sono contemporanee (b).
La lettera di Ildemaro
fu pubblicata da Diimmler; ed ha
questo indirizzo: « Primo viro Pacifico,
vironensi videlicet archidiacono, Hildemarus, quamquam indignus, presbyter, salutem »(19). Dalla lettera di Ildemaro si comprende che la schedula confrontava il peccato di
Adamo con quello di Giuda, del quale diceva « non plus peccasse quam Adam ». Ildemaro
insegna che il peccato di Adamo era meno grave, ed insiste pure su un altro
punto, che, cioè, ad Adamo fu rimesso il peccato, mentre non fu rimesso a
Giuda.
Dalla lettera, o dal suo proemio apparisce che anche Rabano avea trattato « de liberatione et ereptione Adae primi hominis » per i meriti di
Gesù Cristo. Abbiamo qui una conferma di quanto notammo altrove, che il libro De praedestinatione fu
indirizzato a Nottingo tuttora
vescovo di Verona.
Da altro documento si ricava che Pacifico ha avuto parte nella erezione o nel restauro della chiesa
di Sant'Alessandro (ora S. Rocco) non lungi dall'oratorio di S. Giovanni Battista di Quinzano,
consacrata da un vescovo Wilprando
per la vacanza della sede vescovile (20).
Sotto la lapide contenente l'epitafio di Pacifico, su altra lapide si legge scolpito un
secondo epitafio in eleganti distici elegiaci, nei quali lo stesso Pacifico parla al lettore. Opinava il Maffei che questa elegia fosse opera
dello stesso Pacifico: ora consta
che essa è tolta dall'epitafio di Alcuino (21), adattato con alcune modificazioni ed omissioni a Pacifico, forse dallo stesso autore del
primo epitafio. Noi, omettendo alcune
questioni di importanza secondaria, diamo questi versi, quali si leggono sotto l'epigrafe di Pacifico.
Hic rogo pauxillum veniens subsiste viator,
Et mea scrutare pectore dieta tuo.
Quod nunc es, fueram, famosus in orbe viator,
Et quod nunc ego sum, tuque
futurus eris.
Delicias mundi pravo sectabar amore,
Nunc cinis et pulvis, vermibus
atque cibus.
Ouapropter potius animam curare memento
Quam carnem; quoniam haec manet, illa perit.
Cur tibi plura paras? quam parvo cernis in antro
Me tenet hic requies; sic tua parva fiet.
Ut flores pereunt vento veniente minaci,
Sic tua namque caro, gloria tota perit.
Tu mihi redde vicem, lector, rogo, carminis hujus,
Et dic: da veniam, Christe, tuo famulo.
Pacificus Salomon mihi nomen atque Ireneus,
Pro quo funde preces mente, legens titulum
Obsecro, nulla manus violet pia iura sepulcri,
Personet angelica donec ab arce tuba.
Qui iaces in tumulo terrae de pulvere surge,
Magnus adest iudex rnilibus innurneris.
Tolle hinc segnitiern, pone fastidia mentis,
Crede mihi, frater, doctior hinc redies.
Anno Dominicae Incarnationis DCCCXLVI, Ind. X.(22).
Quanto al luogo, dove fu sepolto il corpo di Pacifico non
abbiamo che poche notizie incerte. Il canonico Giuliari attesta che da alcuni rotoli dell'archivio capitolare
l'arcidiacono era stato sepolto nella cattedrale (23): d'altronde sappiamo che il luogo dovea esser quello, dove ora
è la sacrestia dei canonici, il
quale per conseguenza avrebbe appartenuto alla cattedrale esistente nel secolo
IX, quale era la chiesa di S. Maria
Matricolare. Lo stesso aggiunge che il sepolcro, che era in luogo alquanto
elevato, in ossequio alle costituzioni del vescovo
Giberti (1542-1543) venne posto sotterra. Nel 1625 per la costruzione della
sacristia fu rimosso di là il deposito di Pacifico.
Dopo varie peripezie, le lapidi contenenti gli epitafi
furono collocate sopra la porta, che dalla cattedrale mena alla corte dr
sant'Elena; degli altri elementi di quel deposito poco ci interessiamo (24); del luogo ove riposino le ceneri
di Pacifico, purtroppo, ora non si hanno notizie (c).
NOTE
1 - DALLA CORTE, Storia
di Verona, Lib. IV.
2 - PANVINIUS, Antiqu.
Veron., Lib. I, Cap. 24; DA PRATO, Sopra
l'Epitafio di Pacifico, Diss. II, Cap.
3.
3 - LUPI, Codex
diplomo Bergom., col. 1094; vedi anche col. 614 (Bergomi 1784). - Vedi
CIPOLLA, Fonti edite per la storia della ragione veneta, pag. 80.
4 - Presso
MAFFEI, Istoria teol., Append.,
pag. 96.
5 - DA PRATO, Sopra
l'Epitaffio di Pacifico, Diss. I, Cap. 2; MAFFEI, Verona illustr. II, pag. 61, segg. (Verona 1731).
6 - SPAGNOLO, in Nuovo
Arch. Ven., N. S., Tom. VIII, P. I (Venezia 1904).
7 - CIPOLLA, Il
velo di Classe, pag. 37. - Dubitavano dell'autenticità dell'epitafio
BIANCOLINI, Dissert. sui vescovi, pag. 183; BLUHME, Iter italic., I, 255.
8 - In margine
alla copia degli Elogi a lui regalata dallo stesso Federici.
9 - Presso
MAFFEI, Storia teol., Append., pag. 99; DA PRATO, Dissert. II, Capo II.
10 - Nel medio
evo in alcune chiese cattedrali, oltre l'« Archidiaconus urbanus» vi erano gli «Archidiaconi pagenses »; DUCANGE, Glossarium, ad v. Archidiaconus.
11 - Vedi Bollettino
eccles., giugno 1917, pag. 182.
12 - Il MOSCARDO,
Storia di Verona, pag. 84, dice che quella chiesa era dedicata in onore
di S. Giorgio e di S. Zenone. Ciò confermerebbe la nostra congettura di più
antica connessione tra questa località ed il culto di S. Zeno.
13 - MURATORI, Antiqu.
ital., Dissert. XLIII, col. 810. Vedi
anche BIANCHINI, Anast. Bibl. Proleg., III, Cap. XXXIV.
14 - CIPOLLA, Note
di storia veronese, Num. XV.
15 - BOTTO, Salomone
Ireneo Pacifico inventore della Bussola, e Origine italiana della
Bussola nautica inventata dal Veronese Salomone Ireneo Pacifico, in Bollettino
della Soc. Afr. d'Italia (Napoli 1903, 1904).
16 - SPAGNOLO, L'arcid.
Pacifico di Verona inventore della Bussola?
in Nuovo Arch. Ven., N.
S., VIII, P. I (Venezia 1904).
17 - Presso
DIONISI, De duobus episcopis ... Doc.
III, pag. 75.
18 - TRAUBE in Abhandl.
der bayer Akad., III, Cl. XXI, III. 641; PIPER, Libri conirat. S. Galli
Faberiensis, pag. 384, tra i Monum. Germ., (Berolini 1884).
19 - DUEMMLER, Epistolae
Karolini aevi III, pag. 355; vedi anche pag. 320, Nota
2, tra i Monum. Germ. (Berol. 1893). Fu trascritta da un codice del secolo XI, conservato
prima nel monastero di S. Emmerano a Ratisbona ed ora nella Biblioteca di
Monaco. E' un documento finora sconosciuto agli scrittori di cose nostre.
20 - ANT. PIGHI, Il
santuario di S. Rocco, pag. 9 (Verona 1887).
21 - L'epitafio
di Alcuino si ha presso DUEMMLER, Poetae
aevi carolini, I, 350, seg., tra i Monum. Germ. (BeroI. 1880).
22 - Presso
FEDERICI, Op. cit., l'anno sarebbe MCCCXLVI: ma è uno sbaglio.
23 - GIULlARI, Storia
della bibliot. Capitolare, pag. 9-15, (Verona 1888).
24 - Vedi
SPAGNOLO, L'arcidiacono Pacifico ... , pag. 8-10.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAPO VI (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 199. -
Da quattro secoli Pacifico di Verona alimenta l'interesse di molti studiosi:
paleografì, filologi, storici, liturgisti, ciascuno dei quali, illustrando
secondo il proprio ambito e metodo la complessa attività del celebre
arcidiacono, arriva a precisare di tanto in tanto qualche punto tra i molti
rimasti ancora oscuri. Così la bibliografia riguardante questo personaggio si è
andata accrescendo. Per le notizie biografiche e l'attività complessiva di
Pacifico si veda: T. VENTURINI, Ricerche paleografiche intorno
all'Arcidiacono Pacifico di Verona, Verona, 1929, pp. XII-157, tav. 5.
(b) pag. 203. -
L'argomento fu ripreso recentemente dagli studiosi. A. CAMPANA, Il carteggio
di Vitale e Pacifico di Verona col monaco Ildemaro sulla sorte eterna di Adamo,
in Studi Storici Veronesi L.S., voI. III (1951-52), Verona, 1953,
pp. 5-18.
(c) pag. 205. -
Sembra opportuno completare la recente bibliografia su Pacifico, almeno quanto
alle pubblicazioni più notevoli: A. CAMPANA, Veronensia, in Miscellanea
Giovanni Mercati II (Studi e Testi, 122) Città del Vaticano, 1946, pp.
57-91; M. CARRARA, Nota pacifichiana. L'orologio notturno e il carme dello Zodiaco,
in Atti e Memorie dell'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di
Verona, vol. CXXXII (serie VI, V. VII, 1955-56), Verona, 1957, pp. 145-149;
V. FAINELLI, Grandi benefattori: il Vescovo Ratoldo e l'arcidiacono
Pacifico, in Zenonis Cathedra, Verona, 1955, pp. 23-27; G. G.
MEERSSEMAN - E. ADDA, Manuale di computo mnemotecnico dell'arcidiacono
Pacifico di Verona, (Italia sacra 6), Padova, 1966, pp. XIV-193; G. G.
MEERSSEMAN - E. ADDA - J. DESHUSSES, L'Orazione dell'Arcidiacono Pacifico e
il Carpsum del cantore Stefano. Studi e testi sulla liturgia di Verona dal IX
all'XI secolo, Friburgo, 1974.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI
STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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